Capitolo 9 - Thorena sul mare
La pioggia non voleva smettere di cadere, facendo inclinare paurosamente il galeone, prima da un lato, poi dall'altro.
Eveline fu la prima a mettere piede oltre il portale. Immediatamente, si rese conto di trovarsi sul ponte di una nave: a stento riusciva a mantenersi in equilibrio. L'acqua che veniva giù dal cielo l'aggredì, pungendole il viso.
Steiyn e Areck la raggiunsero un istante dopo, lasciandosi il semicerchio del Timely alle loro spalle, incastrato nel muro di quello che doveva essere l'ingresso della stiva. Un brivido gelido li prese tutti dritto in gola, quando si accorsero di non essere soli: intorno ai tre ragazzi vi erano migliaia e migliaia di Animy.
Ce n'erano talmente tanti che l'intera nave traboccava, e quando si inclinava ne faceva cadere una gran quantità in mare. Sì, perché sotto di loro stava il mare, che con le sue onde nere riusciva a raggiungere il ponte dove si trovavano i ragazzi.
Sta di fatto che l'intero galeone non toccava affatto l'acqua: galleggiava sospeso tra le dense nuvole buie che ricoprivano il cielo, su una nebbia compatta e grigia, parecchi metri sopra la spuma ruggente.
«Semicerchio!» gridò Eveline nella sua lingua, un secondo prima che i mostri riuscissero ad avvicinarsi a loro, e con quella singola parola alzò una barriera semitrasparente intorno a tutti e tre, avvolgendoli in una cupola. Gli Animy ci si scagliarono sopra a ondate, sbattendo gli artigli e i denti contro la parete lucida creata dalla ragazza.
«Cosa!? Cosa sono questi?» esclamò ad alta voce Areck.
«Animy!» le rispose Eveline, che continuava a tenere i palmi aperti davanti a sé, «Sono creature fatte di potere oscuro! Non è la prima volta che ci capita di incontrarli!»
Steiyn si stringeva il busto tra le braccia: quella sensazione, ancora, forte come quando Eveline aveva perso il controllo nella biblioteca. A quanto pare, lui era l'unico che riusciva a sentirla: capì che doveva essere un qualcosa che aveva a che fare con il potere oscuro, e in quel momento ce n'era così tanto intorno a loro da spezzargli il fiato.
Fece un passo indietro, fin quando la sua schiena non toccò la parete della barriera. Ingrandì l'arco, ma le mani gli tremavano: «Non ne abbiamo mai incontrati così tanti... che cosa facciamo adesso?»
«Il mio incantesimo terrà ancora qualche minuto...» strinse i denti la strega, mentre la sua barriera incassava i colpi dei mostri, restringendosi sulle loro teste ad ogni impatto. Il ponte era davvero molto grande, in quel momento coperto quasi per intero dal buio del pelo dei grossi Animy, che circondavano i tre tutt'intorno. Pioveva con violenza, i goccioloni di pioggia picchiettavano sul legno rovinato delle murate come se avessero voluto bucarle, e le vele gridavano in balia della tempesta.
«Calma, calma!» esordì Areck, «Eveline, ho un'idea! Al tre, apri la barriera e ci dividiamo in direzioni diverse! Pronti?»
«Tu sei pazza!» la aggredì la strega, digrignando i denti: «Come puoi pensare di combattere contro questa roba? Dobbiamo scappare e basta! Sono troppi anche per me che ho il potere magico trenta volte più del vostro, figuratevi voi due che avete pure il medaglione rotto a metà! È un suicidio!»
«Che cosa? E dove vorresti scappare, sentiamo! Qui non c'è niente! Sveglia, siamo finiti su una nave, col mare sotto!»
«Sei una povera scema se pensi di sopravvivere in questo inferno! Dobbiamo tornare indietro, dentro il Timely!»
«Sei stupida? Con quei cosi schifosi che fino a qualche secondo fa hanno tentato di ucciderci?»
«Sempre meglio di tutti questi Animy!»
«Basta! Smettetela!» esclamò il ragazzo, lasciando le due sospese in un attimo di esitazione. Ansimava visibilmente, con una mano appoggiato alla parete della barriera: si sentiva come se qualcosa di pesantissimo gli premesse addosso, togliendogli l'aria, accendendogli l'Elementwin sul petto.
«Areck ha ragione, Eveline» fece quindi, più calmo: «Siamo finiti in una trappola gigantesca, lo vedi anche tu. Tornare indietro non ha senso se tanto dobbiamo comunque andare avanti, e poi tu sei una strega, ce la farai di sicuro.»
La ragazza aveva voglia di prenderlo a schiaffi: «Ma sei stupido? Io ce la faccio, certo! Siete voi che non ce la farete mai! Non lo vedi quanti Animy sono? Vi uccideranno! Tutti e due!»
«Apri questa fottuta barriera!» ruggì Areck, schioccandosi le nocche, «Non ci ucciderà proprio nessuno, per chi ci hai presi? E poi da quando ad una strega come te gliene frega qualcosa dell'incolumità di qualcun'altro?»
L'altra esitò. Era vero... da quand'era che aveva cominciato ad importargli in quel modo?
«Eveline» fece Steiyn, con un filo di voce e gli occhi traboccanti di coraggio: «Devi fidarti di noi.»
La giovane parve riflettere. Per un istante si sentì solo il rombo dell'oceano e gli artigli dei mostri che stridevano contro le pareti lucenti, crepandole. Agitò la testa, come se volesse respingere indietro nella sua mente un pensiero orribile. La barriera cominciò a spaccarsi, in alcuni punti.
«Va bene» fece quindi, infine, con tono secco: «Tre direzioni diverse, al mio tre. Stringete i denti.»
La protezione che circondava i tre ragazzi si frantumò in mille scintille.
L'enorme spada di Eveline fu la prima cosa ad apparire nella pioggia: la strega roteò l'arma intorno a sé senza alcuna esitazione, falciando in orizzontale tutti i mostri che stavano intorno alla barriera.
Steiyn saltò sui corpi degli Animy caduti a terra: tirò fuori una freccia dal suo stesso medaglione, incoccandola, puntando all'albero di trinchetto e centrandolo in pieno. Corse in quella direzione, schivando artigli, denti affilati e montagne di pelo bagnato e appiccicoso, tirando altre frecce all'albero, a formare una sorta di scaletta storta, sulla quale si arrampicò con velocità. Le frecce brillavano lievemente, esattamente come il suo Elementwin: essendo fatte dello stesso materiale era come se fossero in qualche modo collegate al gioiello.
Areck fece apparire il suo lampione e con quello diede fuoco a mezzo ponte: dalla lanterna in cima alla sua asta partì una fiammata verde gigantesca, che avvolse i mostri in un turbine di ruggiti e calore. Tuttavia, la pioggia fittissima non era dalla sua parte e il fuoco della dragonessa durò pochissimo, dandole appena il tempo di dirigersi verso l'altro lato della nave.
Una dozzina di Animy la colsero alle spalle, ma le frecce che vennero dopo furono più veloci, prendendoli tutti dritti nel cranio. La Skreenight ebbe appena il tempo di ringraziare il ragazzino con lo sguardo, che in quel momento era salito fin sul pennone, e da lì lanciava quante più frecce poteva sui mostri, anche due, tre alla volta, senza fermarsi, tirandole fuori dal legno marcio dell'albero, coprendo le spalle alle ragazze.
Eveline continuava a roteare in aria la sua enorme spada, colpendo tutti gli Animy che aveva intorno, schizzando sangue ovunque. Erano incontabili. Sembravano non finire mai nonostante un gran numero continuasse comunque a cadere in mare, spinto via dalla nave stessa.
Anche Areck sapeva come difendersi: con l'asta ne colpiva tantissimi, tutti insieme, con movimenti imprevedibili. Li stordiva, per poi bruciarli, sputandoci delle fiammate sopra, incurante della pioggia che in pochi secondi gliele spegneva.
Steiyn incoccò l'ennesima freccia: aveva pensato bene, dall'alto riusciva a puntare con più precisione, nonostante il galeone col suo dondolio costante minacciasse di fargli perdere l'equilibrio, e il peso dell'acqua che veniva giù da quell'ammasso di nuvoloni scuri gli appesantisse le braccia e gli appannasse la vista. Poco alla volta, sembrava che si stesse cominciando ad abituare anche al potere oscuro, nonostante quello continuasse a premergli sulle spalle come un macigno.
Più sotto, le due ragazze erano finite schiena contro schiena.
«Quanti ne hai presi, strega?» Areck doveva urlare per farsi sentire, mentre continuava a difendersi dagli attacchi dei mostri.
L'altra per poco non le lanciò la spada contro: «Finiscila! Non è una gara!»
«Io duecentotrentasette!» fu la risposta della dragonessa, quindi con un colpo d'asta spaccò il muso dell'ennesimo Animy, cacciando una risata isterica: «Duecentotrentotto!»
«Basta! Smettila di contarli, sei ridicola!»
«Stronzate! Uccidere mostri senz'anima è liberatorio, lo sanno tutti, e tu non lo vuoi ammettere!»
Eveline strinse più forte l'elsa della sua spada: sentì la rabbia mischiarsi all'adrenalina del momento, e risalirle su, fino al cervello. Forse... in quella situazione sarebbe stato un bene far uscire il suo potere oscuro di strega? Fu l'ultima cosa che pensò, poi i suoi occhi si tinsero di un giallo accecante, contro la sua volontà.
«Ora ti insegno una cosa, dolcezza» disse alla Skreenight, trafiggendola con un'occhiata malvagia. Areck non si aspettò quel cambio di voce, si bloccò di colpo.
La strega alzò la lama, con un movimento obliquo.
«Mezzotaglio», sussurrò.
Il colpo riecheggiò nella tempesta, spaccando la pioggia in due, quando Eveline mosse la spada in un fendente orizzontale. Gli Animy che si trovarono lungo la sua traiettoria non ebbero neanche il tempo di reagire, che il legno marcio del ponte s' inzuppò di sangue per un lungo attimo, strappandosi in più punti, poi le onde nere del mare lavarono via tutto l'attimo dopo, legno e corpi. Metà del nemico fu abbattuta da quel singolo colpo, in quel che fu un velocissimo istante.
Gli Animy rimasti smisero di attaccare, improvvisamente. Si limitarono a circondare entrambe le ragazze, girando intorno alle due e digrignando i denti, aspettando il momento giusto per riavvicinarsi alla strega.
Anche Steiyn si fermò, restando come pietrificato da quella scena.
«Ops, mi sa che ho perso il conto» sorrise Eveline, con un ghigno.
Areck rabbrividì, quindi la scrutò meglio in volto, nel riprendere fiato, non riuscendo quasi a riconoscerla: «Tu... chi diavolo sei?»
Per tutta risposta la strega puntò la sua lama alla gola della Skreenight: «Ora è il tuo turno, mezzodrago», la schernì.
«Mezzodrago... a chi?!» esclamò la giovane, ruggendo fragorosamente, come se qualcosa di animalesco si fosse improvvisamente risvegliato in lei.
«Areck, no!» gridò Steiyn, poco più in alto, ma non servì a nulla.
Le due cominciarono a menar le mani, circondate dai mostri.
«Ti ammazzo, mezza strega! Come ti permetti a darmi del mezzodrago?»
Eveline le rise in faccia, mentre la Skreenight tentava invano di colpirla con la sua asta. Da qualunque lato provasse a prenderla l'altra si difendeva con la sua spada, schivava tutto, con una leggerezza e una facilità tali da non farla sembrare umana.
Stava giocando. Non si stava neanche impegnando a muovere la sua lama. Voleva soltanto umiliare la dragonessa, prenderla in giro, davanti al suo pubblico di Animy.
«Sono un drago! Un drago! Hai capito?» gridò Areck, accecata dalla rabbia, continuando a colpire a vuoto.
Con un piccolo movimento, infine, Eveline la disarmò.
Areck cadde in ginocchio, esausta, e il suo lampione fu sbalzato poco distante. La pioggia era così fitta che si poteva tagliare. La strega trascinò la sua spada sul legno del ponte e le sue scarpe scricchiolarono sul pavimento zuppo. Guardava la Skreenight con superiorità, dall'alto della sua posizione e del suo ego.
Una freccia per poco non le si conficcò nella testa, ma lei l'afferrò al volo, prima che potesse colpirla. Steiyn era in piedi sul pennone, in quel momento abbassò l'arco, sul suo viso un'espressione disperata: «Ti prego, torna in te...» disse, piano, parlando tra sé.
Eveline lo guardò con rabbia, digrignando i denti.
Areck, però, approfittò di quel momento: si alzò di scatto e colpì l'altra in faccia, con uno schiaffo, graffiandola sulla guancia sinistra, dove la strega aveva il sigillo a forma di Yang. Una goccia di sangue rigò il viso della giovane, che un secondo dopo cacciò un urlo disumano.
Doveva essere quello lì, il suo punto debole.
Il suo grido scaturì un'onda d'urto così forte che la dragonessa fu sbalzata dall'altra parte della nave, andando a sbattere contro l'impavesata. Gli Animy si abbassarono, tutti insieme, nel sentire quel suono agghiacciante, quindi si fecero indietro, scappando, infine, in tutte le direzioni e ammassandosi in un caos confuso.
Eveline chiuse gli occhi, e l'intero galeone s'inclinò spaventosamente all'indietro.
Sembrava quasi che si sarebbe capovolto. Un numero incontabile di mostri finì in mare.
Steiyn non riuscì a reggersi al pennone, non fece in tempo a pensare, che si ritrovò a cadere giù per il ponte: sbatté la schiena più volte, poi una mano prese al volo la sua. Spalancò gli occhi, accorgendosi di trovarsi sospeso sull'oceano in tempesta.
«Steiyn! Ti tengo!» gli urlò la strega, tenendolo stretto con tutte le sue energie. I suoi occhi erano tornati del suo bianco naturale. Sta di fatto che la pioggia rendeva le mani di entrambi scivolose peggio dell'olio.
«Ci sono! Ci sono quasi!» provò a gridare lui, cercando di aiutarsi anche con i piedi.
«Areck!» chiamò la strega, «Aiutami Areck! Non ce la faccio da sola! Mi scivola!»
Nel risentire la solita voce di Eveline, la dragonessa provò a rimettersi in piedi, tenendosi la testa. Aveva male ovunque, cercò di mettersi dritta, ma non sapeva neanche lei in quale lato del ponte era andata a finire. Nel guardarsi intorno, si accorse di trovarsi aggrappata all'albero maestro e poco distante vide Eveline che stringeva Steiyn per il polso, tenendosi a sua volta al legno del ponte con l'altra mano.
Il galeone era rimasto in un'innaturale posizione verticale.
Nel frattempo, due scheletriche ali nere iniziarono a prendere forma, uscendo dalla schiena della Skreenight, lentamente. La ragazza si scrollò le spalle, sotto la pioggia, stringendo i denti a quello sforzo.
«Non ce la faccio più...» disse piano Steiyn, aggrappandosi al braccio di Eveline con tutta la forza che gli era rimasta. La strega non aveva altri appigli, ancora un altro po' e sarebbe finita giù con lui. Il taglio sulla sua guancia le faceva lacrimare gli occhi per quanto le faceva male, nonostante fosse solo un graffio piccolissimo, e le ferite al fianco sinistro non avevano mai smesso di sanguinarle.
Accadde in quell'istante, la mano del ragazzino scivolò via dalla sua. Per un frangente, il tempo parve congelarsi. Eveline gridò qualcosa, ma l'altro non fece in tempo a capire.
L'impatto con l'acqua fu fortissimo, il giovane se la sentì premere su tutto il corpo, come una scarica elettrica, e diramarsi lungo tutta la sua schiena, facendolo urlare per il dolore.
Nero.
Steiyn non aveva mai visto un mare più nero di quello, si sentì come se si fosse immerso nel vuoto. C'erano solo lui e il freddo tagliente di quell'oceano senza pietà.
Poi però, il suo Elementwin si accese sul suo petto, scintillando del buio.
Il ragazzino a muoversi, ma in quel momento si rese conto di non riuscire più a respirare: i suoi stessi battiti gli rimbombavano nella testa, facendogli male alle tempie.
Ad un certo punto non capì più se quel che sentiva fosse reale o meno, non distinse più sé stesso dall'acqua, non sentì più né le gambe né le braccia e il sapore del sale si sostituì a tutto il resto.
I suoi occhi si chiusero contro la sua volontà, ma qualcosa di molto caldo lo afferrò all'improvviso.
- - -
La dragonessa acchiappò Steiyn per il busto, con poca premura in realtà, quindi lo tirò fuori dall'acqua. Quelle sue ali pazzesche si fecero largo nella tempesta: le sbatteva lentamente, con regolarità, e ogni volta spostava tutte le goccioline della pioggia intorno.
Fece un breve giro sopra il galeone, circondata dai fulmini e da quelle nuvole così compatte, stringendo con sicurezza il giovane sotto il braccio.
Nel frattempo, il galeone stava tornando dritto: tutti gli Animy rimasti erano caduti in mare, dal primo all'ultimo, mischiandosi con il nero delle onde, tra gli echi dei ruggiti soffocati.
Non ne rimase neanche uno a bordo, la nave si era svuotata completamente.
Areck atterrò a prua. Posò il ragazzo sul ponte, riprendendo fiato. Era esausta.
Le ali cominciarono a rincastrarsi dentro le sue scapole.
«Steiyn? Ehi! Svegliati, Steiyn!»
Lei lo chiamava, picchiettandogli un palmo sul viso, ma il ragazzino non le rispondeva: era di ghiaccio e il suo medaglione emanava una luce bianca fortissima.
La dragonessa esitò, fermandosi di colpo.
Posò un orecchio sul petto di lui: non riusciva a capire se respirasse o no, il bussare incessante della pioggia copriva qualunque altro suono. Restò così qualche secondo, appoggiata a lui, chiudendo gli occhi: «Svegliati, forza... avanti, ti prego! Io... non so che altro fare... se non scaldarti...» sussurrò, infine, stringendolo a sé.
Steiyn ebbe come un sussulto, all'improvviso, e la ragazza si scostò con un movimento brusco non appena se ne accorse. Quindi lui cominciò a tossire, annaspando, girandosi su un lato.
Lei sospirò di sollievo, stropicciandosi il viso con un palmo.
Il ragazzino si mise a sedere, respirando avidamente, e lei gli mise una mano su una spalla: «Steiyn! Forza, riprenditi! Coraggio! Ti sei fatto un volo che non hai idea, cavoli! Non hai idea!»
Lui non le rispose, esitò a lungo. Si guardò i palmi bagnati, che in quel momento tremavano fortissimo. Guardò Areck con un'espressione assurda, sembrava che col pensiero stesse cercando di spiegarle lo spavento che si era preso. Lei, nel vederlo tremare in quel modo, non seppe bene cosa dirgli. La sua espressione divenne un miscuglio di preoccupazione e tristezza: «Steiyn... stai bene?»
L'altro le rispose con un filo di voce, gli tremava perfino la mandibola: «Stavo... per morire...»
Areck si fece trascinare dall'istinto: l'abbracciò, sorprendendolo con quel suo gesto improvviso. «Calma, va tutto bene. È tutto ok, ti ho salvato. Possiamo salvarci a vicenda se vuoi. Basta che non ci arrendiamo.»
Lui la strinse, singhiozzando.
Forse l'aveva giudicata troppo in fretta: era una brava ragazza, infondo, nonostante le apparenze e quel suo modo sconsiderato di porsi. Lei aspettò che lui si riprendesse, concedendogli qualche momento.
«Areck, grazie...» le sussurrò, infine, quando la stretta si sciolse.
Lei gli sorrise, per tirarlo su di morale.
«Cos'è... successo?» chiese poi lui, nel vedere il ponte completamente vuoto.
La luce bianca dell'Elementwin si spense lentamente sul suo petto, un po' alla volta.
«Credo che qualunque cosa ci fosse su questa nave sia caduta giù», fu la risposta di lei, nel girare lo sguardo intorno «Guarda, non sono rimaste neanche le funi e i barili.»
«Qualunque... cosa...?!» Steiyn s'allarmò, come se fosse tornato improvvisamente in sé: «Areck, dov'è Eveline?» esclamò, afferrando la Skreenight per le spalle.
Lei parve ricordarsi della strega solo in quel momento.
Nell'aprire di poco gli occhi, tutto ciò che Eveline vide fu la striscia semibuia e offuscata delle murate della nave. Se ne stava seduta sul legno del ponte, con la schiena e la testa appoggiate alla base dell'albero maestro. Provò a toccarsi la guancia sinistra, quella con l'emblema a forma di Yang, dove Areck l'aveva colpita. Si sentiva come se quella ferita minuscola le stesse prendendo fuoco in faccia.
Eveline sapeva che si sarebbe richiusa molto in fretta, nonostante il dolore. Era l'unico punto del suo corpo capace di rigenerarsi subito, essendo anche l'unico punto debole dei suoi poteri. Anche il suo fianco non era messo benissimo, ma quello già era così prima di arrivare sul galeone, continuava a sanguinarle copiosamente e non accennava a smettere. Non aveva avuto il tempo di curarsi o di creare le bende anti-dolore che aveva fatto anche a Steiyn, a Caldhera.
Steiyn. Si chiese se Areck l'avesse aiutato.
Si chiese cosa fosse successo, perché la nave si fosse inclinata in quel modo.
Poi si sentì chiamare.
Eveline si sforzò di aprire meglio gli occhi, e le vide, le due figure sfocate degli Skreenight, correre verso di lei. Steiyn arrivò per primo. Era così vicino, ma la sua voce era così lontana. Non capiva cosa le stesse dicendo, ma un po' era sollevata di sapere che stesse bene. Lei sapeva che quella ferita sul viso non le avrebbe dato tregua finché non si sarebbe richiusa completamente.
Tuttavia, le serviva ancora un po' di tempo. Chiuse gli occhi.
Sognò un luogo a lei molto familiare, avvolto nella neve di dicembre.
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