Capitolo 8 - Mai fidarsi di una strega
Nel passare dal portale d'uscita, Eveline si accorse che il Timely Door all'interno della casetta andava a sbucare a sua volta sul pavimento del Midnight, dove il bordo argentato dell'oggetto sembrava essere stato incastrato tra le mattonelle, al centro di una stanza.
I tre uscirono da Caldhera appena in tempo, tanto da vedersela distruggere alle loro spalle. Videro chiaramente l'acqua e il fango travolgere la piccola struttura sulla lava, e con essa tutto il resto del ponte. Poi le immagini dentro il portale divennero più sfocate, fin quando non sparirono del tutto e il contorno a semicerchio scricchiolò, spaccandosi in alcuni punti, per poi spegnersi definitivamente.
La sala dove si ritrovarono era una sorta di atrio, che faceva da ingresso ad un'altra stanza. A farle da entrata c'era una piccola porticina di legno, a forma di arco e con dei vecchi rilievi di ferro. L'atrio in questione, invece, era di forma triangolare, con due balconi sui lati più lunghi e la porticina sul lato corto, lo stesso lato dove c'erano anche le scale, a sinistra scendevano, a destra salivano.
«Oh, ma dai, Areck. Che problema ti crea, me lo spieghi?»
A parlare era Steiyn, affacciato ad uno dei due balconi. Fuori dal castello la pioggerellina fine aveva deciso di prendersi una pausa. La ragazza prese il pacchetto di sigarette da una tasca e ne sfilò via una con i denti. La accese soffiandoci sopra una piccola fiamma: «Scusa, è che io le streghe proprio non le sopporto.»
«Ok, ma non ti sembra un po' razzista come cosa?»
«Frega niente. Mai fidarsi di una strega. Le streghe fanno schifo e basta, tutte quante.»
Lui agitò la testa, come per scartare quello che la ragazza gli diceva: «Secondo me la vedi in maniera troppo drastica.»
«Cambiando discorso: posso sapere finalmente dove diavolo ci troviamo?» chiese, un po' nervosa.
«Ah, giusto, hai ragione. Hakodate, se non erro.»
«In Giappone? Ma scherzi?» s'agitò.
«Per niente», lo disse alzando lo sguardo al cielo, nella speranza di scorgere qualche stella. Non se ne vedeva neanche una.
«Mi spieghi perché sono finita in questo castello? E perché il mio medaglione somiglia tanto a quella mezzaluna lì?» esclamò, indicando i due semicerchi che illuminavano loro e il cielo intero.
Steiyn si strinse nelle spalle: «Davvero, ne so quanto te. Neanche avevo pensato che ci potessero essere altri Skreenight qui, oltre a me. Questa situazione si sta facendo strana.»
Areck lo squadrò: «Anche io ho avuto una sensazione strana, sai?»
«In che senso?» si voltò a guardarla lui.
«Sì. Come se... come se mi fossi dimenticata qualcosa di parecchio importante.»
«È vero! E per quanto ti sforzi quel qualcosa non riesce proprio a tornarti in mente! È una gran seccatura!»
Lei esitò, prendendosi qualche momento, per pensare.
«Tu di dove sei?» gli chiese, soffiando via il fumo nel fargli quella domanda fuori tema.
Il giovane esitò: «Io, ehm... sono nato a Roma. Poi sono successe varie cose e... al momento abito a Milano con quella che considero la mia sorellastra.»
«Oh, ma dai? Anche io sono di Milano! Cioè, ci abito da poco, tipo 3 anni circa.»
«Ah sì?»
«Sì... diciamo che anche a me sono successe delle cose, ecco. E mi sono trasferita con mia sorella, che poi sarebbe la mia sorellastra.»
«Eh? Sul serio? Tutti e due con una sorellastra?»
Areck scoppiò a ridere, tenendosi la pancia per lo sforzo, e Steiyn sorrise a quella reazione un po' sguaiata.
«Eh, va beh, ho un po' di casini in famiglia, io! Te, invece? Come sei messo?» la giovane si interruppe, tuttavia, nell'accorgersi di aver posto una domanda forse un po' troppo personale all'altro, quando lo sguardo di lui si spense nel sentirla. Dunque, lei si corresse quasi subito: «Ah, come non detto, lascia stare» sventolò un palmo in aria, come se si volesse scusare.
Steiyn si prese qualche secondo prima di tornare parlare, perdendosi in ricordi solo suoi e sviando un po' il discorso: «Che strano... è la prima volta che mi capita di avere così tanto in comune con qualcuno dopo solo due minuti che ci ho parlato. Tua sorella è alta un metro e ottanta e tinge i capelli di fucsia?»
Areck per poco non scoppiò di nuovo a ridere, facendosi andare il fumo di traverso: «Cosa? Quando mai! Mia sorella è più bassa di te, e credimi, per essere più bassi di te ce ne vuole!»
Lui sbuffò a quella battuta, ma non se la prese a male, anzi sorrise tra sé.
Steiyn s'incuriosì, quindi prese ad osservare meglio la giovane, facendo scorrere lo sguardo lungo tutta la sua figura: era più alta di lui, e piuttosto formosa.
«Che tipo di Skreenight sei?» le chiese, con la sua consueta curiosità.
«Sono una Skreenight Trasformatrice» fece lei, tutta fiera.
«Uh, davvero? Sembra una figata! Cosa vuol dire? Che puoi trasformare le cose?»
«No, no, molto meglio: io trasformo me stessa» gli rispose, quindi buttò giù dal balconcino il mozzicone finito. Steiyn parve aver intuito dove l'altra voleva andare a parare, ma lasciò che fosse lei a finire la frase.
«Sono una dragonessa» continuò, difatti, «Ovvero, il mio potere è che posso diventare un drago.»
Gli occhi di lui brillarono a quella dichiarazione: quante domande voleva farle!
«Dai, che spettacolo! E fai tutte le cose che fanno i draghi, tipo sputi fuoco?»
L'altra se la tirò tantissimo, fece un'espressione tutta sofisticata, spolverandosi le spalle: «Talvolta sì, mio piccolo Medagliere, talvolta sì.»
«Ma puoi trasformarti anche solo in parte? Tipo solo le zampe o solo le ali?»
«Sì, ma certo» fece spallucce.
«Ti prego, fammi vedere! Anche solo un dito, sono troppo curioso!» provò, ma la Skreenight non sembrò molto entusiasta all'idea: «Ehm, forse adesso è meglio di no... ho anche l'Elementwin a metà, capiscimi. Poi non è una cosa molto semplice da fare, richiede tanto potere magico tutto insieme. Ecco, ad esempio, hai visto che mi manca l'occhio destro? Questo l'ho perso la prima volta che ho provato a trasformarmi. Avevo circa la tua età. O forse no, mi sa che ero più piccola. Comunque, non ti descrivo la scena, ti lascio solo immaginare.»
L'entusiasmo del ragazzino si smorzò in una smorfia un po' schifata.
«Tu che potere hai, invece?» lo incalzò lei, curiosa.
Steiyn le mostrò i palmi, i dorsi delle mani e le braccia fino al gomito, pieni zeppi di cerotti di ogni forma, misura e colore: «Sono uno Skreenight Evocatore. Con il mio sangue posso evocare oggetti da altri oggetti o materiali. Posso anche ingrandire o rimpicciolire le cose. Solo gli oggetti però, con le persone e con gli animali non funziona. Le uniche cose vive sulle quali posso usare i miei poteri sono solo il legno e alcuni tipi di piante.»
«Mhm, interessante» fece la dragonessa, abbassandosi un po' per studiare più da vicino le ferite dell'altro, «E quanti anni hai detto che hai?»
«Dodici, ma non l'avevo detto» fece, chiedendosi perché quella notte tutti quanti si soffermassero sempre su quella stessa domanda.
«Non sei un po' piccolo per fare le evocazioni?» sorrise lei, ridacchiando tra sé.
«Nah» disse lui, con aria ironica, massaggiandosi i polsi «sono un professionista.»
«E quelle lì?» chiese l'altra, indicando la maglietta strappata sul petto di lui, dalla quale si intravedevano le bende azzurrine.
Steiyn vi mise una mano sopra: «Ah, queste. Me le ha messe Eveline quando eravamo nel portale dove abbiamo trovato te. C'erano degli Animy che ci hanno dato qualche problema.»
«Animy? Che sarebbero?»
«Ehm... dei mostri? Sembrano delle tigri nere gigantesche senza la pelle della faccia.»
Areck sospirò: «Fantastico, ci mancavano pure i mostri, bene. Quindi la cosa è più incasinata di quel che pensassi.»
«Già. Mi chiedo che se ne faccia questo Jack Settevite delle metà dei nostri Elementwin.»
«Jack Settevite? Mai sentito, chi sarebbe?»
«È lui il proprietario del castello. Eveline dice che è un alchimista molto potente e famoso qui.»
«Quello che dice quella strega non mi interessa. Di certo non ho bisogno di lei per risalire queste quattro torri ammuffite: un colpo d'ali e arrivo in cima.»
Steiyn s'accigliò: «Non pensi che sia più prudente vedere se ci sono altri Timely Door sparsi per le sale del castello? Forse ci sono altri Skreenight, come noi, che sono stati rinchiusi nei portali. Non possiamo mica lasciarli qui, non ti pare?»
«E perché dovrebbe fregarmene qualcosa?» fece lei, alzando un sopracciglio.
Il ragazzino le lanciò un'occhiata di rimprovero: «Intanto, non mi sembra corretto. E poi magari così capiamo perché cavolo siamo stati presi anche noi. Andare totalmente alla cieca verso un nemico sconosciuto è stupido. Che poi, più siamo ad andare e meglio è, non pensi?»
La ragazza parve rifletterci qualche istante: «Mhm, forse hai ragione. D'altronde, senza le altre metà dei medaglioni non possiamo nemmeno andarcene da qui. Mi sento come se mi mancasse metà corpo.»
Steiyn assunse una posa riflessiva, ma non seppe cosa risponderle.
Eveline era rimasta nell'atrio, seduta sul contorno del Timely, ormai chiuso, mentre cercava di fare il punto della situazione.
Dunque, Hiroshi le aveva detto di salire fino al quarto piano del castello perché voleva parlarle in privato. C'erano degli Skreenight intrappolati dentro dei portali, e dei medaglioni chiamati Elementwin, di cui ciò che restava era solo una metà. E poi? Cos'altro? Ah, un mago di nome Jack Settevite, cui si sapeva solo essere un potentissimo alchimista, nonché il padrone del luogo in cui si trovavano.
Era inconcepibile, non riusciva proprio a capire dove il suo amico stesse cercando di condurla.
In quel momento, il suo sguardo si posò sulla porticina di legno, alla sua destra.
Quanti altri Skreenight avrebbe incontrato quella notte?
E gli Animy? Chi li creava?
Jack Settevite?
Per quale motivo? Per fare la guardia agli Skreenight prigionieri?
«Non tormentarti inutilmente. Da quanto ho capito ciò che sta accadendo in questo castello non ti riguarda nemmeno un po'.»
La bella voce corposa della Skreenight la colse impreparata, quando rientrò nella stanza.
La strega le lanciò uno sguardo indifferente: «Come hai detto che ti chiami, tu?»
«Areck. Dragonessa, per te» e nel parlare le mostrò dei canini particolarmente sviluppati.
«Areck ...» esitò l'altra, scandendo bene nella testa le lettere di quel nome. Poi fece: «Dimmi Areck, hai intenzione di starmi a quella distanza fino a quando non arriveremo all'ultimo piano del Midnight?»
«E a te che importa?» la guardò con sospetto la giovane, «Tu con questa faccenda dei portali e dei medaglioni non c'entri niente, no? È una cosa che riguarda solo noi Skreenight, o sbaglio?»
«Non sbagli» ammise lei, squadrandola.
«Dunque, cos'è che cerchi?» la scrutò l'altra, ma Steiyn le rispose prima che Eveline potesse farlo, rientrando anche lui nella stanza: «Cerca dei tesori, come noi cerchiamo le metà dei nostri medaglioni. Tutto qua.»
«Oh, ma dai?» fece la dragonessa, con tono sarcastico: «Toh, guarda, anche il mio medaglione somiglia tanto a un tesoro! Non sarà che...?»
«Senti, il tuo coso lì non mi interessa» la fulminò con lo sguardo la strega, interrompendola, «Sto salendo per altri motivi, che comunque non ti direi. Quindi, siccome qui quella che apre i Timely sono io, se vuoi proseguire in compagnia ti conviene tacere e lasciarmi fare. Sempre se li volete aiutare, questi Skreenight. Altrimenti, per quel che me ne frega, io avrei le mie cose da fare.»
La dragonessa sbuffò del fumo dal naso, un po' seccata.
«Ci spieghi come fai a sapere che in questo castello ci sono altri Skreenight, oltre noi due?», le chiese, dopo qualche secondo di riflessione.
Steiyn ripensò di nuovo alla famosa telefonata: stava quasi per aprire bocca, ma Eveline fu più svelta, e con uno sguardo di rimprovero lo fece tacere.
La Skreenight, però, se ne accorse: «Beh? Vi siete messi d'accordo per complottare alle mie spalle?»
«Senti, come lei lo sa non è così importante» fece il ragazzino, grattandosi la nuca, «Ora pensiamo a cosa fare, piuttosto. Dovremmo trovare un altro Timely, no? Magari salendo quelle scale?» ed indicò la rampa tutta storta che partiva alla destra della stanza, snodandosi nei mattoni di quel che doveva essere il piano superiore.
Eveline, tuttavia, lo fermò con un cenno del palmo: «Aspetta, prima voglio controllare quella porta lì» e fece cenno verso la porticina di legno al centro delle due rampe.
- - -
Al di là dell'uscio a forma di arco c'era una stanza ancor più piccola dell'atrio. Aveva una sola finestra, minuscola e circolare, messa in alto, dalla quale entrava la luce delle due mezzelune, che illuminava perfettamente l'ambiente da cima a fondo.
Al suo interno, c'erano mensole appese dappertutto, stracolme di provette e bottiglie piene di liquidi di qualunque colore, e un grosso tavolo sul fondo, ricoperto anch'esso di ampolle di ogni forma e di ogni dimensione. Brillavano all'unisono, appoggiate perfino sul pavimento, sotto i raggi pallidi, facendosi luce a vicenda. Era un bello spettacolo, ma più che un laboratorio sembrava un caotico ripostiglio.
«Interessante» sussurrò piano la strega, parlando quasi a se stessa, quando il legno della porticina cigolò fastidiosamente, mostrando ai tre il contenuto dell'ambiente.
«Beh, mi chiedevo se ci fossero delle stanze così, in effetti» concluse Steiyn, nell'entrare a sua volta, afferrando con curiosità una delle tante boccette dal contenuto improbabile «Infondo, questo è pur sempre il castello di un'alchimista, no?»
«Qui non c'è niente che somigli ad un portale», disse Areck, che per poco non inciampò su un mucchio di provette: «Ma porca ...»
Eveline dovette darle ragione. Mentre si districava nel caos di vetro, il suo sguardo fece il giro completo tutt'intorno, più volte: «Beh effettivamente, in mezzo a tutto questo casino dove lo vai a mettere un Timely Door alto più di un metro e mez...»
Steiyn la interruppe, toccandole un braccio.
Poi, quando ebbe la sua attenzione, indicò il soffitto.
Eccolo lì, il portale, con la sua forma semicircolare d'argento, lì attaccato al tetto. Perché cavolo metterlo così in alto?
I due rimasero a guardarlo straniti per qualche secondo, poi qualcosa interruppe i loro pensieri: si sentì il fracasso di molte cose frantumarsi.
«Areck!» esclamò la strega, stavolta più irritata.
La Skreenight alzò i palmi: aveva urtato una pila di bottiglie con un fianco, e questa era caduta su altre bottiglie ancora, creando un effetto domino che aveva distrutto una decina di ampolle contemporaneamente.
«Ehm, scusate... non ci passavo» mostrò tutti i denti la dragonessa, imbarazzata.
«No! Cosa hai fatto!» s'allarmò Eveline.
Il liquido fuoriuscito dai contenitori si era mischiato, spargendosi sulle mattonelle del pavimento e da quest'ultimo stava prendendo forma qualcosa: ne uscì una sorta di essere antropomorfo, liquido e fangoso. Emetteva un odore nauseabondo e aveva le braccia lunghissime e sproporzionate, che si fecero subito largo nell'ambiente, fregandosene altamente di ciò che avevano intorno.
Aveva la testa tutta storta, senza occhi, ma con un naso così grande da occupargli tutta la faccia e una bocca stretta e gocciolante, dalla quale uscivano versi agghiaccianti. Date le sue dimensioni sproporzionate, fece letteralmente un casino, distruggendo qualunque cosa, nonostante fosse con metà busto incastrato dentro il pavimento.
«Cosa cazz... ?» provò la dragonessa, voltandosi lentamente, nel ritrovarselo alle spalle.
«Steiyn, ingrandisci qualcosa!» gridò Eveline, facendo apparire la sua spada, «Dobbiamo arrivare al portale, veloce!»
Il ragazzino neanche le rispose: si strappò dei cerotti dal palmo, quindi picchiò le dita sul tavolo che stava in fondo alla stanzetta, salendoci sopra, e quello cominciò ad espandersi, rovesciando a terra tutto ciò che c'era appoggiato sopra.
La strega non esitò a calare la sua lama sull'essere, arrivandogli di lato, ma quello si scansò prima, sentendo il suo odore. Con le braccia fece un movimento orizzontale che lei non riuscì ad evitare, travolgendo il contenuto di mezza stanza. Lei si ritrovò letteralmente scaraventata sulla parete opposta: nel cadere a terra sentì chiaramente i vetri che c'erano sul pavimento scricchiolarle sotto la pelle e tagliarle un fianco.
Sta di fatto che qualcosa colpì la creatura, prendendola in piena faccia: Areck impugnava quello che sembrava essere un lampione da giardino, con tanto di asta e una lanterna sulla sua cima, dalla quale fuoriuscivano delle fiamme così verdi che guardarle dava fastidio agli occhi.
«Chi ha voglia di mostro alla brace?!» esclamò la dragonessa, ridendo fragorosamente: agitò l'asta con un movimento verticale e le fiamme scoppiarono fuori dall'arma, scintillando sulla creatura e arrampicandosi su per il suo corpo gocciolante, che a contatto con il calore s'indurì tutto, crepandosi e spaccandosi. L'essere cacciò un urlo disumano, mentre la Skreenight lo prendeva a colpi in testa col suo arnese, appiccando il fuoco praticamente ovunque.
Eveline si rimise in piedi quasi subito, irrigidendosi per il dolore: aveva ferite su tutto il lato sinistro del corpo, le sentì pungere come aghi. C'era qualcosa che non andava, quella sera, non era abituata ad essere colpita così facilmente da dei mostri.
Nel guardare a che punto era arrivato Steiyn si accorse che il tavolino era diventato alto più di sei metri, occupando quasi tutto lo spazio rimasto libero dentro la stanza.
Il suo sguardo si spostò sul pavimento: altre pozioni avevano cominciato a mischiarsi, molti dei quali avevano iniziato a generare altre creature simili alla prima. Tuttavia, gran parte dei liquidi avevano preso fuoco, quindi molti di questi esseri stavano già bruciando ancor prima di venir fuori completamente.
Areck, d'altro canto, sembrava quasi divertirsi a menar le mani: nel guardarla tirare colpi al mostro con tutta quella violenza Eveline pensò che non avrebbe affatto voluto ritrovarsi nella sua traiettoria.
«Ehi, dragonessa! Andiamo via!» le urlò, indicando il tavolo, e l'altra la raggiunse quasi subito, quindi le due presero ad arrampicarsi lungo le gambe del mobile, che essendo molto decorate erano anche piene di sporgenze.
La creatura, prese a muoversi compulsivamente, spaccando con le braccia mezzo pavimento, mentre le sue dita continuavano a bruciare. Aveva il naso schiacciato a terra e con quello cercava spasmodicamente i ragazzi, strofinandosi su tutto ciò che trovava. Quando capì che i tre stavano in cima a qualcosa, più in alto, dove neanche le sue lunghe braccia riuscivano ad arrivare, decise di volersi staccare dal pavimento, tirandosi verso l'alto, incurante del fatto che la cosa contribuisse a spezzargli il corpo.
«Eveline, perdi sangue!» esclamò Steiyn quando le due giovani raggiunsero la cima del tavolo, ma lei non lo guardò neanche: si sfilò la chiave dal collo e la puntò al centro del contorno del portale, lì sopra la sua testa, ed essa cominciò a cambiare forma sulla punta. Quando assunse quella giusta, la ragazza fece per infilarla nel Timely, ma per poco non incespicò: il tavolo ebbe un urto, colpito da qualcosa.
Areck si sporse: le creature che si spingevano verso di loro adesso erano diventate almeno una dozzina, le loro lunghe braccia si intrecciavano lungo le gambe del mobile, avvolte nelle fiamme. La prima, quella più grande, aveva staccato il suo busto dal pavimento e aveva incominciato ad avanzare, risalendo il tavolo, strisciando sulle articolazioni ossute.
Il centro del Timely cominciò a gocciolare acqua, sul viso della strega, quando in cima al suo contorno apparve una scritta incisa di nero: "Thorena".
«Dentro!» gridò Eveline, afferrando il bordo d'argento con entrambi i palmi e facendosi leva verso l'alto, fin quando non scomparve completamente, assorbita dal velo d'acqua.
I due ragazzi la seguirono un istante dopo. Dopodiché, il peso dei mostri misto alle fiamme distrusse una delle gambe del tavolo, che non resse alla gravità e, piegandosi di lato, finì rovinosamente a terra, travolgendo tutte le creature, e con loro il resto della stanza fu assorbito dal fuoco verde, crepitando nel buio della notte giapponese.
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