Capitolo 7 - La ragazza drago
Una volta superato il passaggio all'interno del libro, Steiyn ed Eveline si ritrovarono nel castello.
Il volume riassunse le sue dimensioni originali quando si richiuse, cadendo sul pavimento di mattoni squadrati. La strega lo raccolse, quindi lo fece sparire in una nuvola di fumo, come se avesse voluto metterlo da parte in uno zaino invisibile.
I due ragazzi erano riapparsi in uno stretto corridoio, fiancheggiato sulla destra da delle piccole finestre ad arco: la luna spaccata a metà, all'esterno delle mura della fortezza, faceva da unica fonte di luce, inondando il tutto di un pallore tremolante. Tuttavia, lo spettacolo davanti ai loro occhi si rivelò tutt'altro che piacevole.
Il corridoio, infatti, era completamente ingombrato da decine e decine di cadaveri di Animy. Il sangue dei mostri strisciava tra le larghe fughe del pavimento, mischiandosi con la polvere del luogo.
Steiyn si fece sfuggire una smorfia di disgusto a quell'odore metallico, non se l'era aspettato: «Ma cosa...?»
«In questo castello ci sono più mostri di quel che avrei immaginato» fece Eveline, scostandone uno col piede, per passare.
«Beh, a quanto pare qualcuno ci ha preceduti» intuì il ragazzino, facendosi improvvisamente sospettoso.
La strega pensò a Hiroshi. Era stato lui, le aveva sgombrato la strada, come faceva sempre, glielo aveva anche detto al telefono.
Alla fine del corridoio, dall'uscio semiaperto di una porta di legno, s'intravedeva, invece, una luce diversa, più calda e vibrante. I due non esitarono a raggiungerla.
Si ritrovarono in una stanzetta piccola e quadrata, senza finestre. Un'unica fiaccola accesa illuminava debolmente le pareti: quest'ultime parevano aver subìto i danni di un incendio, poiché erano totalmente annerite. Inoltre, su di esse c'erano i segni di gigantesche unghiate, che le trapassavano da lato a lato, arrivando fin sul soffitto.
Eveline si strinse nelle spalle, deglutendo: «Spero che la cosa che ha fatto questo non si trovi dentro il nostro prossimo Timely Door.»
Il portale era proprio davanti a loro, occupava un angolo della piccola stanza, con la sua forma a semicerchio: non era sospeso a mezz'aria come il precedente, ma se ne stava appoggiato al muro, così, come se fosse stato buttato lì a caso, senza la minima cura.
Eveline scostò col pollice lo spesso strato di fuliggine sulla parte superiore del contorno dell'oggetto, rivelando una scritta.
«Caldhera» lesse Steiyn, dubbioso.
La strega si pulì le dita sul retro del jeans. Quindi, si tolse la piccola chiave dal collo e la punta di quest'ultima cambiò per lei, fin quando non raggiunse la forma corretta. La ragazza la infilò nello spazio vuoto che il contorno del Timely lasciava al suo centro e questo bastò. Ne uscì una calda folata e la fiaccola che illuminava la stanza si spense.
Dal centro del portale iniziò a fuoriuscire del vapore bollente. Eveline porse una mano allo Skreenight, che era rimasto dietro di lei: «Andiamo» l'incitò.
Lui non esitò ad afferrarle il palmo. Si portò un braccio davanti agli occhi quando la temperatura divenne insopportabile, chiudendoli e lasciandosi guidare dalla strega.
- - -
Un lungo, interminabile ponte di cemento, sorretto da larghi piloni, lungo la quale s'intrecciavano più strati di catene, si sdraiava sopra una gigantesca pozza di lava incandescente. Ai lati era attraversato da una ringhiera malandata e arrugginita, in gran parte distrutta. Il cielo, di un intenso blu scuro, contrastava notevolmente con la lava cremisi e quasi sembrava un enorme e fresco oceano, nella quale due scintillanti stelle rosse facevano da isole.
Il caldo era soffocante, sopra quel tappeto di fuoco e fiamme, quando il semicerchio del Timely si mostrò alle spalle dei due ragazzi. Tuttavia, quel ponte non finiva affatto. E se mai finiva, da qualche parte, la strega e lo Skreenight avrebbero dovuto attraversarlo ben oltre l'orizzonte. Faceva un caldo bestiale, ed Eveline non poté fare a meno di notare quella spaventosa differenza di temperatura, facendosi inutilmente aria sventolandosi un palmo davanti al viso.
«Non ci posso credere! Che cos'è questo posto?» esclamò Steiyn, quindi prese a fare avanti e indietro, andando da una parte e l'altra del ponte. A differenza della ragazza lui sembrava entusiasta alla vista della lava. Doveva essere la prima volta che la vedeva in vita sua: «Che spettacolo! È fantastico! Guarda, fa le bolle!»
Eveline, che già stava iniziando a sudare, si passò una mano sul viso, piuttosto scocciata: «Cosa cavolo c'è di fantastico? È caldo casomai, vorrai dire caldo, Steiyn, non fantastico.»
«Sì ma... caldo in modo... fantastico?» fece lui, stringendosi nelle spalle e lasciandosi scappare un sorrisetto ironico.
«Ma che ...?» lei strinse le labbra, cercando di trattenere una risata: «Sei... sei proprio un ragazzino scemo, non significa niente questa cosa.»
Steiyn si fermò a guardarla, mentre lei girava il capo e si portava i palmi sulla bocca per non farsi sentire che rideva, si fermò, o meglio, fu il suo sguardo a fermarsi su di lei. Come se gli piacesse, quel suo modo di ridere e di nascondersi.
Eveline se ne accorse, dei suoi occhi verdi, che la fissavano curiosi, velati da un sottile strato di pensieri.
«Scusa, scusa, non volevo offenderti eh» ridacchiò lei, per giustificarsi.
«Figurati», le sorrise lui.
L'altra, tuttavia, s'accigliò quasi subito: «Perché... mi fissi così, adesso?»
«Ah!» arrossì lui, facendo spallucce e girandosi altrove: «Niente io, mi veniva in mente... tu sembri... no, niente, lascia stare» e si portò avanti a lei, con passo svelto: «Andiamo?»
La strega esitò. Quindi si voltò.
La sagoma argentata del portale, appoggiato a terra e alla ringhiera del ponte, stonava con tutto il resto, che era un continuo luccichio di luce rossa e vapore. Si sentiva strana, come se un calore differente le stesse provenendo dall'interno e in quel momento le infiammasse le guance. O forse no, forse era solo che lì faceva troppo caldo e punto. Sta di fatto che era strano. Cosa le stava accadendo?
«Steiyn...?» fece, e l'altro si bloccò nel sentirsi chiamare, senza però voltarsi, ma lei continuò: «Steiyn, tu credi che una strega come me, potrebbe...»
Lui si era aspettato altro in realtà, rimase molto stranito.
Nel girarsi tornò indietro, avvicinandosi lentamente alla giovane.
Inclinò il viso di lato: «Potrebbe cosa?»
Eveline si strinse le dita sulla fronte, strizzando gli occhi: «Niente, deve essere tutto questo caldo. Per un attimo mi è sembrato come di... non so, ho avuto una sensazione strana.»
Il ragazzino s'incupì: «Senti dei mostri nelle vicinanze?»
Lei sorrise: «No, quelli mi sa che riesci a sentirli solo tu.»
L'altro però sembrava più preoccupato: «E allora cosa?»
«Ma ti interessa davvero?» s'intristì la giovane, improvvisamente.
Lui la afferrò per un polso, troppo curioso per tirarsi indietro: «Eveline, una strega potrebbe... cosa? Continua.»
Gli occhi ghiacciati di lei parvero sciogliersi col caldo di quel luogo quando divennero improvvisamente lucidi, persi come nel vuoto: «Potrebbe... provare sentimenti umani, secondo te?»
Steiyn restò completamente spiazzato da quella frase: «P-perché... mi chiedi questa cosa?»
Eveline si scostò bruscamente dalla sua presa, con uno strattone, quindi agitò il capo con forza: «No! Ma cosa vado a pensare? Io non posso, non si può e basta. Ah, ma dai... ma cosa mi viene in mente? Fai finta che non ti ho detto nulla.»
Quando lei fece per fare qualche passo, però, lo Skreenight le si parò davanti: «No, ferma, aspetta un attimo.»
La strega si scansò così tanto che lui non riuscì neanche ad avvicinarla.
«Si può sapere di che cavolo stai parlando? Che ti prende, adesso?» esclamò lui quando la giovane si allontanò.
«Ma perché devo sempre parlare a sproposito...» si passò una mano tra i capelli lei, parlando tra sé, a bassa voce: «Lascia stare, per favore!» gli rispose, quindi, seccata.
Steiyn però capì. In quel momento.
La sua espressione cambiò, e da accigliata divenne incredula: «Aspetta un secondo... Eveline?» la chiamò, poco distante, avvicinandosi poi a passi svelti.
Eveline si girò, annoiata: «Senti, non mi va di...»
«Tu non dovresti provare sentimenti umani?» la interruppe lui, stringendo gli occhi, come se avesse voluto studiarla.
Lei s'incupì e lui capì di aver fatto centro.
«Sul serio? Mi spieghi perché?»
«Smettila!»
«È perché sei una strega? Cioè, è solo per questo? Non ti sembra una cosa un po' superficiale?»
«No!» urlò l'altra, aggredendolo, «Ma ti pare che sia solo per questo?»
«E allora perché? Spiegati quando inizi un discorso!» fece lui, rispondendole a tono.
La ragazza per poco non gli tirò uno schiaffo, si trattenne al limite, stringendo il palmo sospeso a mezz'aria in un pugno. Quindi respirò a fondo, sforzandosi di non lasciarsi sfuggire di mano la sua rabbia e scandendo per bene ogni parola: «Tu... non sai niente.»
Il ragazzino non si fece incantare, anzi, strinse i denti a sua volta, avvicinandosi a lei col viso: «Sai che ti dico? Me ne frego che sei una strega, tu non mi fai alcuna paura.»
«Ah sì?» lo schernì la giovane, guardandolo dall'alto, con superiorità: «Povero scemo.»
Lui sorrise, con aria di sfida: «Scommetto che se incominci a provare cose umane come amore o affetto i tuoi poteri di strega ne risentono. È così? Ti va in squilibrio il potere oscuro? Ci ho preso?»
Lo sguardo di Eveline divenne di pietra, ma non gli rispose, si fece solo un po' indietro.
Anche lui si fece più scuro in volto: «Hai paura?»
«Di cosa?»
«Di perdere i tuoi poteri?»
Quello scricciolo di ragazzino sapeva essere diretto come un proiettile.
Lei non riuscì più a resistergli, agitò il capo e prese a singhiozzare, tirandosi ancora più indietro: «Io... io muoio senza i miei poteri. È così che funziona, non posso farci niente.»
«Ma tu non li vuoi!» si fece triste anche lui, insistendo: «Guardati, non li vuoi.»
«Sì che li voglio, li devo volere!» si asciugò gli occhi con le maniche della camicia, «E anche potendo cambiare non avrei scelta, ci sono nata così.»
«Anch'io non ho avuto scelta» disse Steiyn, amaramente, stringendo tra le dita il mezzo medaglione che portava appeso al collo, che in quel momento cominciò ad illuminarsi, «Io però decido da solo quello che voglio essere, a prescindere dai miei poteri.»
La strega agitò il capo, e le parole le uscirono per sfogo, in quello che fu un sussurro: «I miei poteri mi servono per tenere in questa dimensione una persona. Li devo volere e basta. Se si affievolissero saremmo in due a morire», quindi tirò su col naso, per riprendersi: «Ora basta, ti prego. Andiamo e basta.»
Steiyn non riuscì a risponderle, la guardò allontanarsi di qualche metro. Le parole gli restarono bloccate a metà tra la gola e lo stomaco.
Dunque, Eveline teneva in equilibrio il suo potere magico non solo per se stessa, ma anche per qualcuno. Per qualcuno! E da chissà quanto tempo, forse anche da tutta una vita.
Si sentì improvvisamente uno stupido. Lui non sapeva niente di niente. Come aveva potuto pensare di immischiarsi in quel modo? Neanche la conosceva, no? Cosa cavolo stava cercando di dimostrare?
L'Elementwin brillò ancora più intensamente sul suo petto.
Una strana sensazione di angoscia calò su di lui pesante come un macigno, ma forse, forse si sentiva solo incastrato nel fatto che quella bella strega gli ricordasse così tanto...
«Steiyn!» gridò la ragazza, correndo verso di lui all'improvviso: «Dietro di te!»
Lo Skreenight non fece in tempo a pensare: si voltò di scatto, ma fu lento.
Non vide cosa lo colpì.
Non vide proprio nulla, per qualche istante. Sentì la sua schiena sbattere contro la ringhiera al limitare del ponte, e quest'ultima piegarsi sotto il suo peso, per poi ricadere in avanti, di faccia sul pavimento. Un bruciore terribile gli incendiò il petto, facendolo gridare di dolore. L'odore del suo stesso sangue si fece intenso come una raffica di spilli, oscurandogli la vista. Si sforzò comunque di riaprire gli occhi, puntando i pugni a terra e stringendo i denti.
Un gruppo compatto di Animy stava risalendo su per il ponte, uscendo dalla lava, circondando completamente entrambi i ragazzi.
Uno di questi era particolarmente grosso, gigantesco, tanto da occupare tutta la larghezza dell'asfalto, sovrastava gli altri ruggendo alla strega, che comunque non sembrava avere troppe difficoltà nel tenergli testa, mentre si districava tra gli altri mostri. Aveva tirato fuori la spada prima che Steiyn avesse potuto rendersene conto e in quel frangente scagliava fendenti da tutti i lati, roteando la lama come se fosse stata avvolta da un vortice: mozzava teste e arti, colpendo in orizzontale, e ributtando a calci le creature nella lava, da dove erano usciti. Correva leggera, saltando sulla ringhiera sottile, spostandosi tra un Animy e un altro neanche fosse stata priva di peso.
Colpì tutte le creature più piccole con una freddezza glaciale nello sguardo, tenendo a bada quella più grossa lanciandogli le altre sopra. Quest'ultima, tuttavia, parve improvvisamente perdere la pazienza e con un ruggito così potente da far tremare tutti i pilastri, si rivoltò contro la ragazza, che se la vide spuntare di fianco, improvvisamente.
Trasalì, quando una freccia di pietra si conficcò nella testa dell'animale. Non se l'era aspettato minimamente!
Ne seguirono immediatamente delle altre, che andarono ad infilarsi nel collo e nella gola dell'Animy, fin quando quest'ultimo non cadde a terra, rompendo mezzo pavimento e facendo un fracasso incredibile. Il pilone non resse e l'asfalto si crepò tutto, spezzandosi. Una parte del ponte si piegò su un lato, accartocciandosi su sé stessa.
«Eveline!» gridò Steiyn, tendendo una mano davanti a sé, nel vedere la ragazza sparire nella polvere. Il grosso Animy sprofondò nella lava, insieme alle macerie che vennero giù, in un rombo ovattato. Lo Skreenight si voltò di scatto, terrorizzato, quando si sentì toccare una spalla, e con l'arco ancora stretto tra le dita fece per difendersi.
«Steiyn!» esclamò la strega, scostando l'arma: quindi afferrò il ragazzo, per allontanarlo dal bordo oramai crollato del ponte. L'altro provò a rimettersi in piedi, ma il respiro gli era diventato cortissimo. Tossì, facendosi aria nella polvere col braccio, mentre lei cercava di tenerlo su. Lui però non riuscì più a fare alcun passo, si lasciò cadere su un lato.
Quando l'aria tornò un po' più chiara, Eveline lo vide meglio: il corpo del giovane era stato preso di striscio dagli artigli giganteschi dell'Animy più grande. Tre larghe unghiate gli partivano dal collo, finendogli fin sotto il petto. La strega agì con velocità: sussurrò una sfilza di parole nella sua lingua, premendo con forza i palmi sulle ferite dello Skreenight, che si lamentava sotto quel peso. Dopodiché, una luce azzurrina si fece spazio tra le dita della ragazza, avvolgendo il busto e parte del collo dello Skreenight, stingendosi, infine, in una sorta di tessuto, sotto i vestiti di lui.
Steiyn sentì il respiro tornargli più regolare, nel riaprire completamente gli occhi. Vide la giovane asciugarsi il sudore con una manica, poi sospirare: «Io non sono una Guaritrice, non posso curarti, ma questo dovrebbe tenere a bada il dolore per un po'.»
L'altro si mise a sedere, un po' alla volta, toccandosi il petto: nel guardarsi notò che lei l'aveva avvolto con delle strane bende celesti, si intravedevano dallo strappo che le unghiate gli avevano lasciato sulla maglietta. L'Elementwin brillava di luce bianca sul suo petto, quando lui si accorse di avere un graffio sanguinante anche sul naso: fece per toccarsi ma Eveline gli picchiò la mano, per allontanargliela. Fece apparire un cerotto azzurrino e ce lo mise sopra. Il dolore sparì anche lì.
«Ecco fatto» sospirò di sollievo la ragazza, rilassandosi con le spalle.
La polvere si diradò quasi completamente, intorno a loro, mostrando grosse crepe sull'asfalto, insieme ad una parte del ponte che si interrompeva nel vuoto, poco distante. I due ragazzi si persero nell'osservare a cosa sarebbero potuti andare incontro se fossero stati meno svelti, in qualche secondo di silenzio, in cui fu udibile solo lo scoppiettio della lava, più in basso.
«Mi dispiace, per prima» ammise poi, con un filo di voce, lo Skreenight.
La strega si voltò a guardarlo, sorpresa da quelle parole.
«E ti ringrazio, per adesso» continuò lui, abbassando lo sguardo.
Eveline gli sorrise, pensando a quante volte si stessero aiutando a vicenda, quella sera.
«Sai? Sei la seconda persona che incontro, che non ha paura di me», gli disse, con gli occhi colmi di gratitudine, stringendosi nelle spalle. Lui le sorrise a sua volta, arrossendo, stropicciandosi il viso.
Poi, lei incominciò a sentire un certo suono, nell'aria.
Indicò alla sua destra: «Ehi, guarda...»
La polvere, ormai sparendo quasi del tutto, stava rivelando qualcosa.
Steiyn osservò con attenzione: lì dove il ponte era crollato era apparsa una scala di legno, tutta storta, che si snodava a salire fin sopra quella che sembrava una casetta, di legno anche quella, molto piccola, sospesa a mezz'aria nel vuoto lasciato dal pilone mancante. Una struttura nel bel mezzo del fuoco, avvolta da una nube straordinariamente fresca e minacciosa, come se appartenesse ad un ambiente a parte: pareva l'ingresso per un altro mondo.
Dunque non serviva attraversare il ponte, era necessario romperlo per accedere alla zona segreta del portale. I due ragazzi si lanciarono un'occhiata d'intesa, quasi si lessero nel pensiero, quando insieme capirono quale fosse la prossima cosa da fare.
- - -
I gradini malandati che conducevano all'ingresso della casetta scricchiolarono sotto le suole delle scarpe di Eveline, quando lei vi mise piede, ed una brezza fresca le scompigliò i capelli sul viso. Le sembrò come se fosse tornata a respirare: si prese qualche secondo, nel godersi quell'aria piacevole.
C'erano dei sottili pilastri neri a sorreggere il piccolo e storto sottotetto dell'ingresso. La porta, invece, era fatta di un legno più scuro e più robusto di quello della scala, come se fosse stata cambiata di recente. I ragazzi la aprirono, lentamente, ed i cardini cigolarono in modo fastidioso.
La strega avanzò per prima: il rumore dei suoi tacchi bassi non rimbombò affatto sulle pareti nodose. Era una stanzetta piccola, buia, nella quale la pochissima luce che c'era entrava dai numerosi buchi che stavano sul legno del soffitto e delle pareti, illuminando il tutto con dei sottilissimi raggi rossi e vibranti.
Eveline indicò un angolo buio della stanza, a destra.
Steiyn riuscì a mettere a fuoco solo dopo qualche secondo, ma nel farlo trasalì per lo stupore.
C'era una ragazza.
Aveva le mani legate sopra la testa con del filo spinato e delle catene, che si intrecciavano, arrampicandosi su buona parte del soffitto e della parete alle sue spalle. Se ne stava seduta sul pavimento malandato, forse dormiva. Aveva i capelli rossi come il sangue, più corti da una parte, più lunghi e ondulati dall'altra.
Steiyn fu il primo ad avvicinarsi, cautamente, ma nel farlo per poco non inciampò su qualcosa di più sporgente rispetto al pavimento. Si guardò sotto i piedi e si accorse che quello su cui stava camminando era un portale. Un Timely Door, lì, buttato a terra.
«Eveline, quello... ?»
«Sì, Steiyn. È l'uscita.»
«Davvero? Pensavo che per uscire da qui saremmo dovuti tornare da dove siamo entrati.»
«Non per forza: i Timely Door possono contenere uscite extra secondarie al loro interno, perfino altri ingressi di altri Timely Door, è una cosa che va a discrezione di chi li crea.»
«Ehi, voi...»
Sia il mago che la strega si voltarono di scatto nell'udire quella bella voce corposa.
Era stata l'altra ragazza a parlare.
In quel momento provò ad alzare il viso, per riprendersi. Aveva una benda su un occhio, il destro, ma non aprì mai l'altro. A quanto pare stava facendo fatica a svegliarsi.
Steiyn s'avvicinò a lei, cercando di liberarle le mani.
«Ehilà? Signorina? Tutto bene?» chiese a voce bassa per non infastidirla, sporgendosi alla sua altezza.
La giovane gli rispose solo con dei lamenti, come se non avesse alcuna voglia di starlo a sentire.
Era una ragazza dalla carnagione scura e dai lineamenti tondeggianti e morbidi. Indossava una maglietta nera semitrasparente e dei pantaloncini beige con la salopette. Ai piedi portava delle grosse scarpe nere, con dei ganci al posto delle stringhe e al collo un medaglione candido spezzato in due.
Steiyn restò a bocca aperta: «Un'altra Skreenight...» sussurrò, parlando a sé stesso, quindi la sua frase divenne un'esclamazione: «Eveline! Questa tizia è una Skreenight!»
La strega roteò gli occhi al cielo, annoiata. Lo sapeva già che avrebbero incontrato altri Skreenight, in quel castello, infatti non gli diede troppo peso.
«Senti...» disse la Skreenight, al ragazzino, «fai il bravo, fammi un favore...»
«Un favore?» ripeté lui, curioso.
«Sì... » abbassò il viso la ragazza, «Nella tasca a sinistra del mio pantalone ci sono delle Marlboro. Me ne sfili una? Sto proprio in astinenza...»
Steiyn agitò il capo, paziente, mentre lei cercava in una maniera stranissima di arrivarci da sola con la bocca: «Certo, come no, sei mezza addormentata, ci manca solo che ti metti a fumare» la rimproverò, tirandole in su la testa con un palmo.
Eveline, nel frattempo, si inginocchiò sul portale, osservandolo meglio, e con una mano tolse via la polvere dalla cima del contorno. Era proprio un'uscita, c'era incisa la scritta "Exit".
Si tolse quindi la chiave dal collo, e la punta del piccolo oggetto iniziò a cambiare. Sarebbero usciti in un batter d'occhio.
Sta di fatto che, in quel momento, un boato fece tremare tutte le pareti: sembrava che qualcosa si fosse come schiantato sul soffitto.
Quindi, iniziò a piovere.
Così, all'improvviso. Si sentiva il ticchettio dei goccioloni sul tetto semidistrutto. E dire che fino a quell'istante aveva fatto un caldo incredibile.
«Sta piovendo?» esclamò il ragazzo quando l'acqua fredda iniziò a farsi largo tra i buchi, per poi gocciolargli sulle mani.
«Steiyn!» Eveline indicò il foro più grande sulla parete e lui ci guardò in mezzo.
All'orizzonte, un'enorme onda di acqua e fango si avvicinava imponente verso di loro, sfolgorando sulla lava e alzando un vapore fittissimo.
«Che cosa?! Quella roba ci spazzerà via in un secondo!» si agitò lui, andando improvvisamente nel panico. Non riuscì neanche a finire di parlare che un secondo boato li fece sobbalzare entrambi. Stavano cadendo dei fulmini vicinissimi.
«Eveline, quella cosa ci ammazza!»
«Zitto! Il Timely si sta autodistruggendo, ma noi andremo via prima!»
«No! È troppo veloce!»
«Sbrigati allora! Libera la ragazza che io apro il portale!»
La strega infilò con sicurezza la minuscola chiave nello spazio vuoto che stava in mezzo al contorno del Timely Door, fino a quando da quest'ultimo non ne uscì un forte bagliore candido, che per un attimo avvolse tutta la stanza.
Poi il pavimento tremò per la terza volta sotto la forza dell'ennesimo boato. Steiyn sentì l'acqua gelida pizzicargli le braccia mentre cercava in qualche modo di slegare i polsi della Skreenight. Si tagliò le dita con il filo spinato, quindi decise di provare in modo diverso. Picchiò un palmo sul legno della parete, e con il suo potere ci tirò fuori un'accetta. La scaraventò sulle catene, ma quest'ultima si ruppe nel tentativo: quel legno doveva essere completamente marcio.
Eveline tirò fuori la chiave dal portale, ed esso si riempì di sabbia. Provò quindi ad affondarci una mano e, quando sentì che dall'altra parte c'era il vuoto, capì immediatamente che aveva funzionato.
«Steiyn, il Timely è aperto!»
Il ragazzo buttò via l'arnese: «Aiutami, Eveline!»
«Ok, spostati!» disse lei, e senza aggiungere altro la sua enorme spada venne fuori dalle sue mani come se fosse sempre stata parte integrante delle sue dita: «Gli do un colpo secco» aggiunse, convinta.
Sta di fatto che la strega barcollò all'ennesimo boato, e il peso della sua spada gigantesca sembrò come volersi prendere la rivincita su quelle sue dita sottili. Stavolta era l'onda di fango, ad essere arrivata: si era schiantata contro i piloni del ponte, spegnendo parte della lava in nuvole dense di vapore.
Accadde in quel frangente. Le catene intorno alle mani della Skreenight presero immediatamente fuoco, fregandosene altamente della pioggia, che continuava a gocciolare attraverso i buchi nel tetto, fin quando non si sciolsero sui suoi polsi, raggiungendo una temperatura altissima.
La ragazza aprì quel suo unico occhio, completamente.
Si era svegliata.
Quest'ultimo era di un verde accecante, chiarissimo, con la pupilla allungata, come quella dei gatti. Anzi no, perdonatemi.
Sembrava l'occhio di un drago.
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