Capitolo 3 - Hiroshi detto Jack
Davanti agli occhi del mondo era un edificio aperto a tutti gli studenti curiosi di imparare la magia, attraverso l'alchimia e la scienza, venissero pure da ogni angolo del globo conosciuto; ma dietro le quinte no, nelle sfarzose segrete era frequentato da streghe e creature oscure, da gente che era costretta con la forza a stare lì, poiché, così facendo, le istituzioni avrebbero tenuto a bada più facilmente chi non era destinato a seguire le regole.
La Black Nocturne, istituto scolastico per maghi e maghe in superficie, vera e propria prigione per le streghe nei bassifondi, si spostava da un luogo all'altro come un'isola sospesa tra le nuvole. Il Midnight non era nulla in confronto, avrebbe potuto essere una delle sue torri per quanto era piccolo messo in proporzione.
Essendoci centinaia e centinaia di studenti provenienti dalle più svariate nazionalità, l'edificio era impregnato da un incantesimo linguistico, che permetteva agli alunni di parlare e capire ben sette lingue diverse quando si trovavano tra le sue mura, ovvero cinese, inglese, francese, tedesco, italiano, giapponese e russo (esclusa la propria, naturalmente).
Nell'ala ovest, poi, c'era la biblioteca. Minuscola, poiché erano in pochi a frequentarla, poiché gli studenti preferivano usare i computer delle aule di informatica anziché sfogliare pagine e volumi.
Nel duemilasette, però, la scuola fu costretta a chiudere i battenti, a causa di alcuni gravi fatti accaduti al suo interno.
Tuttavia, Eveline continuava ugualmente a frequentare di nascosto la piccola biblioteca situata nell'ala nord. Due giorni prima della notte del Midnight, infatti, la strega era lì che gironzolava, nel cortile deserto oramai in rovina, quando qualcuno la colse di sorpresa.
«Konbanwa, piccola libraia. Sempre qui, anche di notte eh?»
Eveline per poco non si fece prendere un colpo.
Fu attraversata da un brivido gelido e pungente nel sentire quella voce flebile, anche se il tono del suo amico era tranquillo e leggero. Ma il suo viso no, quello dava sempre l'impressione che non avesse dormito affatto.
Era un ragazzo di media statura, i capelli corti e scuri, i tratti affilati, orientali. Quella sera, come suo solito, indossava un abito piuttosto elegante: camicia nera, gilet e pantalone scuro.
«Ma cosa vuoi? Mi segui?» gli rispose lei, guardandolo come se avesse voluto tirargli una ginocchiata in fronte.
«Pensavo che avessi smesso di venire qui di nascosto.»
«Non parlarmi come se fossi ancora una ragazzina», alzò gli occhi al cielo, scocciata.
«In realtà ti cercavo» ammise Hiroshi.
Eveline esitò a lungo.
Al di là della grata arrugginita, che faceva da recinto alla struttura abbandonata, il portone semidistrutto della biblioteca riportò indietro nel tempo la memoria della strega, e con quella si trascinò anche il suo sguardo: quest'ultimo fece il giro su quel che un tempo era stato il verdeggiante giardino puntellato di fontane, su quel luogo per lei intriso di ricordi e di carta.
«Cosa vuoi?» insistette, mantenendo un tono distaccato.
«Questa volta ho scoperto qualcosa che ti piacerà», fu la risposta dell'amico, ben più allegra.
Eveline alzò un sopracciglio: «Ovvero?»
Nel trovare divertente la curiosità della strega, il giovane prese a fare avanti e indietro davanti a lei, le mani dietro la schiena: «Hai mai sentito parlare del Midnight?»
Lei incrociò le braccia, con fare annoiato, nel guardarlo muoversi: «Sì, ho letto qualcosa.»
«Ed era interessante, quel che hai letto?»
«Che vuoi dire?»
Lui si fermò: «Voglio dire: ci andresti?»
L'altra, a quel punto, socchiuse gli occhi e lo scrutò: «E perché dovrei andarci? Cosa c'è lì dentro? Hai scoperto qualcosa?»
«Sì, io ci sono già entrato, l'altro giorno. E ho trovato un libro», fece poi Hiroshi nell'avvicinarsi alla ragazza, «Uno di quei libri antichi che ti piacciono tanto, e si trova proprio lì dentro. Potresti provare ad entrarci e dare un'occhiatina, che dici?»
Eveline aggrottò le sopracciglia, nonostante lui le stesse ad un palmo dal naso: «È uno di quei libri, Jack?»
Lui fece spallucce: «Ovviamente.»
La strega esitò, non sembrava molto convinta. Conoscendo il suo amico, l'aveva capito subito che lui non le stava dicendo tutto.
«Dì la verità, cos'altro c'è lì dentro?»
Lui le regalò un sorrisetto malizioso: «Ma come sei sospettosa...» le disse, puntando quei suoi occhi color ghiaccio in quelli altrettanto ghiacciati di lei.
Eveline gli sorrise a sua volta, sarcastica: «Non fare il vago, Jack.»
«Sei curiosa? Dovresti andarci, allora» la stuzzicò.
«Va bene», annuì la ragazza, allontanandosi un po' da lui, che un attimo prima si era avvicinato a tal punto da sfiorarle il viso con la fronte: «Io nel Midnight ci vado, ma tu vieni con me» decise, per entrambi.
«Mi sta bene» concluse lui, soddisfatto «Ci vediamo lì dentro fra due giorni.»
Sembrava che quella conversazione fosse finita lì, perché il giovane fece per girare i tacchi e andarsene, quando, ad un certo punto, si voltò verso la strega, come se si fosse ricordato di una cosa importante: «Ah, ascolta.»
Lei sospirò, un po' seccata.
I due si guardarono più a lungo del previsto, poi fu lui a parlare:
«Portati una grossa spada», le disse.
Eveline esitò: «Aspetta... perché?»
«Quel castello è pieno di mostri. La gente del luogo li chiama Animy, ho sentito dire che assomigliano a dei grossi gatti e che fanno la guardia ad alcune sale» spiegò, mentre si allontanava.
«Mi prendi in giro?» esclamò la ragazza, ma Hiroshi era già distante. Lei odiava quando lui se ne andava via così.
«Va bene, ho capito! Grazie tante!» esclamò, risentita «Come al solito me la caverò da sola!» quindi sospirò, e il suo sguardo si fece un po' triste: «Io... me la caverò da sola come sempre.»
- - -
Eveline riprese fiato, seduta sul pavimento dell'ingresso, fatto di mattoni mal accostati l'uno accanto all'altro. Lo Skreenight le era proprio affianco, cercava in qualche modo di rialzarsi.
Alle loro spalle, il Timely Door si spense lentamente: piano piano tutta la stanza si scurì, proprio come la giovane l'aveva trovata all'inizio, in chiaroscuro. Lei fu la prima a rimettersi in piedi, e con riluttanza si scrollò le maniche della camicia, facendo mille goccioline intorno.
«Tutto ok?» chiese poi al ragazzino, ma senza prestargli troppa attenzione.
Lui si tirò su a sedere, guardandosi intorno sempre più confuso: «Credo... di sì.»
La strega se ne andò verso il portone d'ingresso e aprì una delle due ante completamente. La luce che entrò illuminò la piccola stanza solo in parte.
«Guarda che non mi riferivo alle tue condizioni fisiche» puntualizzò lei.
Per tutta risposta, lo Skreenight si portò una mano sulla fronte: «Lo so» fece, in un sospiro.
«Oh, andiamo! Possibile che non ricordi proprio niente? Nemmeno il fatto che ti trovassi dentro un portale e non in una vera foresta?»
«No, no! Cosa dovrei dirti?» parve irritarsi lui.
Eveline s'affacciò sull'uscio, appoggiandosi con una spalla al muro. Fuori pioveva ancora. «Scusa, sto solo cercando di capire.»
Il giovane non le rispose: si alzò anche lui e la raggiunse.
L'odore del mare lo travolse. Sotto di loro, in lontananza, il porto giapponese brillava come un gioiello.
«Tu sai dove ci troviamo, non è vero?», provò a chiederle.
A quel punto lei sorrise, citando le parole esatte dette da Hiroshi, qualche giorno prima: «Hai mai sentito parlare del Midnight?»
Il ragazzo alzò un sopracciglio: «Midnight? Ma che cavolo di nome è?»
La voce di lei si gonfiò di autorità e di ironia: «Il Midnight, sì. Il leggendario castello fantasma del grande alchimista Jack Settevite, che nelle notti di mezzaluna appare nei pressi del porto di Hakodate!»
Lui agitò la testa: «No, mai sentito.»
«Già» fece la strega, ridacchiando «sappi che ci siamo dentro.»
«Aspetta, aspetta... Hakodate, hai detto? Siamo in Giappone?» sgranò gli occhi lui, e un brivido gli rigò la schiena, facendogli tremare un po' la voce.
Eveline annuì, quindi attese qualche secondo che l'altro metabolizzasse la cosa: gli occhi del ragazzino scorrevano in un punto indefinito tra le luci della città, in lontananza, alla ricerca di chissà quale tipo di pensiero o soluzione.
«Tu di dove sei?» chiese la strega, piuttosto divertita dalla reazione dello Skreenight.
«Io... abito a Milano...»
«Beh, lontanuccio, in effetti.»
A quel punto, però, accadde che lui parve improvvisamente ricordarsi di qualcosa. Si picchiò una mano sulla fronte: «Oh, porca miseria! Non è possibile!»
Eveline si incuriosì.
Il ragazzino cominciò ad agitarsi, a toccarsi il petto e le tasche. Si portò le mani al collo, controllandosi più volte sotto la maglietta, ma non trovò nulla di nulla: «Sono... sono morto! Oh, cavoli, stavolta sono morto sul serio!» esclamò, andando completamente nel panico, «Come ho fatto a non accorgermene? Dimmi che non è vero! Non ci credo! Non voglio crederci!»
Prese a camminare avanti e indietro, non sapendo che cosa fare.
Eveline si guardò intorno, confusa: «Ehm... mi spieghi cos'è successo adesso?»
Quando lui alzò lo sguardo, la strega si accorse che aveva gli occhi lucidi.
«Non sono stato capace neanche di tenerlo segreto... e ora? Che cosa faccio? Cosa faccio?» si lamentò, in preda all'agitazione.
Fu in quel momento, che lei iniziò a comprendere. Fece un passo indietro, e la penombra della stanza la avvolse poco poco, donandole un'espressione un po' inquietante.
«Hai... perso qualcosa?» chiese.
Lui agitò la testa, come per scrollarsi di dosso tutta l'ansia: «Ho perso... l'unica cosa che non avrei mai potuto permettermi di perdere. Come ho fatto a non accorgermene subito?»
«Che cos'è? Posso chiedertelo?» mentì, lo sapeva benissimo cos'era.
«Il medaglione. Ho perso il mio medaglione...»
«Che medaglione?»
«L'Elementwin.»
«Oh. Ed è... una cosa grave?»
L'altro sospirò: «Io sono uno Skreenight. Quel medaglione è la fonte di tutti i miei poteri.»
«Aspetta, fammi capire», nel parlare Eveline agitò le mani, per stopparlo un attimo.
Quindi, iniziò a gironzolare dentro la stanza: «Devo aver letto qualcosa sugli Skreenight: sono quel tipo di maghi il cui potere magico è racchiuso dentro un medaglione di forma circolare, giusto?»
«Giusto.»
«E tu sei uno Skreenight, ma hai perso il tuo medaglione.»
«Sì...»
«Sei stato intrappolato in un Timely Door e non ricordi assolutamente nulla, né come ci sei finito né che fine abbia fatto il tuo medaglione.»
«Sono morto senza quel medaglione!» s'agitò lui, infastidito dalla calma disarmante della strega «Il mio corpo dipende da quel gioiello, il potere magico contenuto lì dentro è come una droga per me, e adesso... non so neanche quanto tempo mi rimane! Morirò sicuramente!»
«Ascolta... »
«Rientriamo nel portale! Forse l'ho perso lì dentro!» esclamò, dopodiché fece uno scatto verso il contorno del semicerchio, oramai spento.
«Non dire assurdità!» lo bloccò lei, mettendosi in mezzo, «Una volta chiuso, il Timely si autodistrugge! Non si entra più!»
Il ragazzino si portò una mano sulla fronte, rassegnato: «Io... io... glielo avevo promesso... come ho potuto essere così stupido? Glielo avevo promesso...» sospirò, sedendosi a terra, stancamente.
«Come ...?» provò lei, incerta.
Lui voltò lo sguardo altrove, distratto dalla sua preoccupazione: «Una cosa sola, dovevo fare: proteggere quel segreto e basta. E invece non ho saputo neanche tenerlo addosso! Non so neanche che cosa ci faccio qui... non mi ricordo, non capisco...» si lamentò, tenendosi la testa tra le dita.
Eveline si fermò a guardarlo, per un lungo istante.
Fu allora, che decise.
Sembrò come arrendersi all'ingenuità di quel ragazzino, o forse un po' gli faceva pena. Si sfilò il mezzo medaglione dalla tasca del jeans, prendendolo dalla catena.
Lo tenne così, sospeso davanti a lui, aspettando che alzasse lo sguardo e lo vedesse.
In balia di quel momento, il rumore del mare che si rifletteva nel cielo sovrastò ogni altro.
Non appena si accorse del gioiello, lo Skreenight trasalì: «Cosa...? Aspetta, mi prendi in giro?»
«È colpa tua che non mi lasci parlare», gli sorrise lei.
Lui afferrò l'oggetto al volo, rigirandoselo tra le dita, e la sua espressione preoccupata si distese quasi subito: «Si può sapere da quanto tempo ce l'hai? Dove l'hai trovato?»
«Era nel portale» fece spallucce lei, mentendo a metà.
Il ragazzino lo indossò, e la fredda catena di ferro gli scivolò sul petto. Il mezzo medaglione si accese di luce propria per un frangente, quando venne a contatto col suo corpo, e qualcosa di incandescente sembrò scorrergli sotto la pelle per un breve istante, cosa che lo fece sospirare di sollievo.
Tuttavia, lui non sembrò completamente soddisfatto: «È solo una metà...» constatò, tenendo il gioiello in bella vista sul palmo.
«Già,» gli fece eco la strega, osservando anche lei l'oggetto.
In quel frangente, lui sembrò perdersi in chissà quale riflessione complicata, di nuovo, sta di fatto che la ragazza, a quel punto, gli porse la mano destra: «Comunque, io sono Eveline.»
Lo Skreenight restò un po' sorpreso. Esitò, nel guardarla, ma infine cedette a quegli occhi marmorei e le sorrise. Quindi gliela strinse.
«Steiyn. Mi chiamo Steiyn.»
La strega non ricordava nemmeno più quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva stretto la mano a qualcuno per presentarsi. O forse mentiva a sé stessa, forse non le era neanche mai successa una cosa del genere.
«Steiyn. Dov'è l'altra metà del tuo medaglione?» gli chiese, facendosi più seria.
Lo sguardo dello Skreenight si accese di determinazione: «È proprio quello che voglio scoprire.»
Eveline sospirò: «Beh... buona fortuna, allora.»
Steiyn lasciò la presa, voltando lo sguardo con un po' di imbarazzo: «Senti... non è che ti andrebbe di venire con me?» azzardò, un po' titubante.
Eveline esitò: «Oh. Credevo che volessi vedertela da solo.»
«No, è che tu... tu mi sembri più pratica con i portali e con i castelli e, insomma...»
«Non ti preoccupare» gli sorrise, con tono gentile «Per me è ok, penso si possa fare.»
«Davvero?» si stupì lui, ma ne fu subito soddisfatto, anche perché l'idea di dover girare da solo per un inquietante castello buio, dall'altra parte del mondo per giunta, non l'entusiasmava neanche un po'.
«Beh, io sto cercando dei tesori e tu stai cercando metà del tuo potere: forse possiamo cercare insieme» concluse la ragazza, facendo spallucce.
«È perfetto» annuì lui, con gratitudine.
«In due si fa prima, no?»
«Aspetta però, Eveline. Ma tu... che stai cercando esattamente?»
«Beh, nulla in particolare, in realtà. Più che altro dipende cosa ha da offrimi il luogo in questione. Non so quello che potrei trovare.»
Steiyn parve pensarci qualche secondo: «Ah, pensavo cercassi qualcosa di specifico.»
«Ecco, in effetti... una cosa un po' specifica ci sarebbe anche.»
«Ah sì? E di che si tratta?»
Lei tornò indietro con la mente, ripensando a Hiroshi e a due giorni prima, a quando aveva parlato con lui nel giardino della biblioteca:
«Si tratta di un libro.»
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