Capitolo 28 - Nero su Bianco

«Ah, credo di aver sbagliato linea temporale...» si lamentò Rinae, quando ebbe messo piede oltre il Taglio nel tempo, stringendo il triangolino di ferro tra le dita. 

Era la prima volta che le capitava di usare un portale del genere, aveva sospettato che avrebbe dovuto fare un po' di pratica prima di riuscire a capire bene come fare per scegliere tra presente, futuro e passato. Sta di fatto che la sala davanti ai suoi occhi si mostrava molto diversa rispetto a come se l'era lasciata alle spalle, seguendo Junichi. 

«Ma che... cosa diavolo è successo qui dentro?» sussurrò Steiyn a sua volta, nell'attraversare il passaggio. Strizzò gli occhi, nella penombra di quel che restava dell'ufficio del Capo Portinaio, tra la polvere e la cenere verdissima, che fluttuava sopra alcune fiamme morenti. L'aria lì dentro sembrava come essersi cristallizzata, quando il Taglio si richiuse in un flash: solo il ritmo incessante della pioggia faceva intuire lo scorrere del tempo, fuori dalla vetrata distrutta, in cima al primo pianerottolo. 

Quello, insieme ad una sagoma scura, che in quel momento si sollevò col busto, accorgendosi della presenza dei due maghi, rivelando una seconda sagoma, sdraiata davanti a lei.

«Areck...?» provò Rinae, riconoscendola. Restituì il triangolino a Steiyn, con fare distratto, quindi iniziò ad avvicinarsi alla dragonessa, salendo frettolosamente i primi gradini, per poi rallentare, gradualmente, man mano che si avvicinava alla cima. Il ragazzino le andò dietro, ma con meno energia. 

C'era qualcosa che non andava.
Una strana inquietudine riempiva l'ambiente, tenendolo sospeso in uno strano silenzio.

La Specialista non arrivò nemmeno a salire completamente la rampa: si bloccò qualche gradino prima, non appena le figure dei due Skreenight apparvero più nitide davanti a lei, nel buio. Si portò istintivamente le mani sulla bocca, trasalendo. 

«Areck?» chiamò Steiyn, più deciso, arrivando sugli ultimi gradini.
La dragonessa gli rispose con un'espressione persa nel vuoto, mentre si asciugava una guancia con un avambraccio. 

Sotto di lei, Heyel era sdraiato sulla schiena, immobile. La debole luce emanata dal medaglione della giovane gli illuminava parzialmente il viso.

L'Evocatore dapprima aggrottò le sopracciglia, senza capire. Poi, nel rendersi conto che il petto del Cacciatore non faceva il minimo movimento, i suoi occhi si spalancarono gradualmente, appannandogli la vista. Il suo respiro accelerò e il suo medaglione cominciò ad illuminarsi, sotto la sua maglietta. 

Rinae cadde in ginocchio, sconvolta da quel che stava vedendo e anche il suo Elementwin scintillò, tra le pieghe del suo abito stropicciato.

«Steiyn...» provò Areck, con un filo di voce.
Ma lui aveva già cominciato ad indietreggiare, a tremare.
Ebbe uno scatto, quindi corse via, giù per la scalinata, in quella che fu una reazione impulsiva, irrazionale.

«Steiyn!» alzò la voce la dragonessa, inutilmente.

Il ragazzino afferrò il triangolino di metallo, aprendo il Taglio con brusco movimento orizzontale: saltò dentro lo squarcio senza dare il tempo alle due ragazze di fare nulla.
«Steiyn! No!» gridò Rinae, a sua volta, ma il portale si richiuse sulla sua voce spezzata, che s'infranse sulle pareti dell'ampia sala vuota, dissolvendosi nel nero.

Steiyn atterrò con un balzo sul pavimento mattonato del castello, nel presente.
Il portale scomparve alle sue spalle, in un bagliore accecante, facendo piombare anche quella sala nel buio, quando sparì. 

Il ragazzo rallentò la sua corsa, trovandosi davanti il muro umido della torre. Si appoggiò con una mano ad esso, respirando con affanno.
Si stava sentendo male.

Si strinse un braccio intorno al busto, quando gli sembrò che il suo stomaco si stesse rivoltando completamente.Tossì, mentre la nausea s'incastrava nella sua gola e la testa cominciava a girargli.

Heyel era morto. 

Era successo un'altra volta.
Lui che non avrebbe mai più voluto veder morire nessuno, e invece ecco che era successo un'altra volta.

Appoggiò la testa alla parete, cercando aria avidamente, sforzandosi di non mettersi a piangere.
Come era stato possibile che accadesse una cosa del genere?

Certo, quella notte era stata pericolosa per tutti, lui stesso aveva creduto più volte di non avere scampo, ma una parte delle sue speranze si era sempre adagiata sulla cosa, come se morire per davvero fosse una probabilità così distante, così offuscata. 

Non poteva succedere per davvero, no? 

Ne era stato così sicuro da avere provato paura solo concettualmente, di quella possibilità, rassicurato dal fatto che non fosse da solo, dentro quel castello. 

In quel momento, tuttavia, la morte riapparve all'improvviso davanti ai suoi occhi in tutta la sua semplicità.

Proprio come quella volta. Semplice ed irremovibile.
Aveva sottovalutato tutto. Tutto quanto.

Steiyn si staccò dal muro, lentamente: si sentiva così pesante.
Il suo medaglione illuminava ogni angolo intorno a lui, accompagnato dalla luce spettrale delle due piatte mezzelune, che incombevano fuori dalla vetrata in frantumi. 

Lo sguardo affaticato del giovane risalì lungo tutta la torre, attraversando per intero il profilo del primo pianerottolo ed inseguendo le due scalinate subito più in alto, dove c'era il secondo, fermandosi, infine, sulla porticina di legno, lì al centro.

In quel momento, lo Skreenight sentì vibrare un suono piuttosto grave, che si espanse da dietro quella piccola entrata chiusa, facendo tremare il pavimento sotto le sue scarpe.

Eveline. 

Era con Evangeline, esattamente lì dietro.

Steiyn strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche: una rabbia crescente iniziò a ribollirgli nel sangue, trasformando la sua tristezza in un bisogno di sfogarsi incontrollabile, che ora non aspettava altro che venire fuori, ed esplodere, in tutta la sua violenza. 

Strinse i denti, incamminandosi verso la scalinata più vicina. 

Non avrebbe permesso che qualcun altro morisse.
Né Eveline, né Evangeline, né nessun'altro.
Quella folle guerra doveva finire.

- - -

Eveline si tirò indietro, scostando la sua spada gigantesca alla sua destra e riprendendo fiato. Era stanca. 

Aveva tentato di ragionare con la sua gemella, di parlarle, sta di fatto che la strega davanti a lei non sembrava voler sentire ragioni. Ansimava a sua volta, con la sua spada buia e appuntita che le ricopriva interamente il braccio destro, fatta della pietra lucente in cui il suo potere oscuro riusciva a cristallizzarsi. 

«Fonderci non è sbagliato come credi tu» insisteva la strega Nera, guardando l'altra con fare speranzoso, «Perché non riesci a capire? Noi due siamo nate per stare insieme, è una cosa così... naturale!»

Eveline strinse i denti, carica di rabbia: «Io non ti appartengo, Evangeline. Io non appartengo a nessuno.»
La gemella le rivolse un'occhiata triste, sorridendole con amarezza: «Questa è una bugia che ti racconti da troppo tempo.»

Le armi delle due streghe si scontrarono in uno schiocco, che fece vibrare i mattoni della stanza dell'ottavo piano dove si trovavano. La forma circolare del suo perimetro oscillò sotto l'onda d'urto, riecheggiando in un eco cupo, che si diramò lungo i muri altissimi, e salì, su per la torre puntellata di piccole finestre squadrate, dalla quale filtravano i raggi bianchi dell'esterno, dritti come lame affilate.

Evangeline tirò un fendente obliquo sulla sua gemella, che parò il colpo proprio come aveva parato tutti gli altri suoi colpi fino a quel momento: contrattaccò, e la sua spada si ritrovò ad essere respinta per l'ennesima volta. 

La forza delle due giovani non era la stessa, tuttavia si equilibrava, rendendo vano ogni tentativo da parte di entrambe di prevalere l'una sull'altra. 

«Mezzotaglio!» gridò Eveline nella sua lingua, caricando uno dei suoi colpi migliori.
«Semicerchio!» rispose Evangeline, alzando una barriera semicircolare intorno a sé, che l'avvolse in una cupola resistente: questa assorbì l'impatto scaturito dalla lama dell'altra, crepandosi contro la violenza del colpo solo all'ultimo, quando esso si dissolse.
I frantumi della cupola scoppiarono sul pavimento mattonato, poi la strega Nera scattò in avanti, e la punta della sua arma prese di striscio la strega Bianca su un braccio, costringendola ad indietreggiare.

«Inversione!» pronunciò Evangeline, spalancando un palmo davanti a sé.
La spada di Eveline si scompose sotto le sue dita: la lama perse completamente il filo, diventando all'improvviso pesantissima, al contrario dell'elsa, che invece divenne tagliente, ferendo la ragazza, che non fece in tempo a mollare la presa. La lasciò cadere, quindi provò a riafferrarla, inutilmente: se fino a quel momento lei era stata l'unica in grado di tenerla in mano, ora non riusciva più nemmeno a spostarla. 

Indietreggiò con un movimento brusco, stringendosi i palmi per il dolore, e il sangue scolò lungo le sue braccia, gocciolandole dai gomiti.
Evangeline era stata più furba di lei, alla fine. Si lasciò scappare un sorriso nervoso: «Benissimo, mettiamo un punto a questa faccenda. Purificazione!» esclamò, decisa. 

Nonostante la sua spada giacesse sul pavimento, inutilizzabile, Eveline non aveva alcuna intenzione di arrendersi. 

I topi che uscirono dai suoi palmi, stavolta, vennero fuori scarlatti come il suo sangue. In pochi secondi invasero per intero lo spazio della torre, travolgendo tutto ciò che incontrarono. Si arrampicarono sulla lama di pietra di Evangeline, divorandogliela, in un'onda rossa di squittii che fece oscillare le pareti dell'intera sala.

La strega Nera s'impressionò, nel vedere la sua spada sparire sotto i denti dei piccoli roditori: scattò all'indietro, inorridita dall'idea che quest'ultimi potessero spingersi oltre, arrivando a rosicchiare anche la pelle del suo braccio. 

«Semicerchio!» enunciò, ancora una volta, e la barriera trasparente la protesse dalla quantità folle di animali che ora riempivano ogni angolo della stanza.
Evangeline roteò le braccia, posando le dita sulla protezione che aveva appena evocato, prima che si rompesse: «Inversione!», esclamò, colta da un'intuizione.

La barriera si capovolse, assumendo la forma di una conca. I topi, che fino a quel momento ci si erano avventati contro, si ritrovarono a terminare la loro corsa sbalzati dal lato opposto, seguendo con le loro zampe la parete ricurva dell'incantesimo di Evangeline, che li stava respingendo indietro come un'onda, deviando ed invertendo il loro percorso. 

«No! Semicerchio!» esclamò Eveline, di risposta, ritrovandosi a ricevere il suo stesso incantesimo contro. I roditori zampettarono sulla sua protezione come impazziti, scontrandosi e calpestandosi gli uni contro gli altri, in un ammasso informe e soffocante. 

La barriera resse pochissimo, molto meno di quel che Eveline si sarebbe aspettata, e infine i suoi stessi topi la travolsero, facendola sparire qualche secondo sotto un'ondata cremisi: la ragazza sentì la sua schiena scontrarsi sul pavimento gelido, e graffiarsi, contro i mattoni ruvidi.

Evangeline non aspettò: ben due spade presero forma lungo le sue braccia, più piccole rispetto a l'unica che aveva avuto poco prima. Balzò sopra la conca, per poi scaraventarsi in direzione della sua gemella. 

«Mezzotaglio», sussurrò, stringendo i denti.

Eveline fece appena in tempo a cacciare un urlo. Poi un boato, seguito da un'onda d'urto verticale, che fracassò muro, pavimento, e tutto ciò che incontrò sul suo passaggio. 

Gli animaletti volarono in ogni direzione, la barriera si ruppe, e la torre fu attraversata da uno squarcio, che aprì una parte della parete, facendo entrare la luce delle due mezzelune ovunque, in quel frangente così vicine da tremare a loro volta, sotto la potenza di quell'attacco. 

L'ottavo piano si svuotò dei roditori, che per la maggior parte finirono per essere sbalzati fuori dalla torre, e la polvere invase qualunque cosa, inghiottendo le figure delle due ragazze, che per qualche secondo scomparvero nella notte.

Eveline si scostò le braccia dal viso, riaprendo di poco gli occhi.
Davanti alle sue iridi trasparenti, i mattoni del pavimento si erano allungati, diramandosi sopra di lei come una rete. 

Cosa? Lei non aveva fatto niente del genere.

Evangeline fece un passo indietro, sorpresa quanto la sua gemella, facendo sparire le sue spade e riprendendo fiato. 

Entrambe le streghe si voltarono verso la porticina in legno, ora spalancata. 

Davanti l'uscio, la figura minuta di Steiyn venne subito allo scoperto, accompagnata dalla polvere, che nel mentre si abbassava, sospinta via dal vento salmastro. L'Evocatore si rialzò, poiché un istante prima la sua mano destra era stata costretta a toccare terra: il suo Elementwin sfolgorava sul suo petto, accendendogli il viso di rabbia.

- - -

I passi svelti della piccola Portinaia risuonarono alle mie orecchie inconfondibili come sempre, quand'essi riecheggiarono ovattati sul pavimento a scacchi del corridoio, poco prima che Nana arrivasse nei pressi del mio pianoforte. 

«Mostrami le due streghe» mi ordinò, col suo solito fare prepotente, che stonava così male su quel suo viso delicato.

Alzai gli occhi al cielo, interrompendo la melodia che stavo suonando e cominciandone subito una diversa: così facendo, le immagini dentro l'acqua del mio strumento cambiarono, spostandosi dagli Skreenight alle due ragazze che in quel momento si stavano dando battaglia all'ottavo piano del Midnight.

Nana si sporse sul pianoforte afferrandone avidamente i bordi con entrambi i palmi: un sorriso soddisfatto s'allargò sulla sua faccia e i suoi occhietti rossi si spalancarono quasi, riempiendosi di una contentezza malsana. 

«Si uniranno, si uniranno senz'altro. Oh sì, che si uniranno, ma guardale. Io già le vedo, che si uniranno. Lo faranno, ne sono sicura. Si sta realizzando tutto, una cosa dopo l'altra, con un ordine che sembra quasi inquietante.»
«Dammi retta, l'unica cosa davvero inquietante, qui, sei tu» puntualizzai, prendendola in giro come si prende in giro una vecchia amica, «E questa roba che stai architettando finirà per ritorcersi contro di te dopo due secondi che l'avrai realizzata, fidati di questa povera civetta scema. Ne ho viste a dozzine, di storie contorte come la tua, dentro quell'acqua.»

«Fa silenzio» sibilò lei, per tutta risposta, totalmente assorta nelle immagini liquide, che increspavano di riflessi argentei i contorni paffuti del suo viso da bimba, «Lo spettro è sistemato e le due streghe stanno per riunirsi. Stanotte mi riprenderò ciò che mi spetta di diritto.»

- - -

«Tu! Stanne fuori!» gridò Evangeline, puntando il dito contro lo Skreenight e andando su tutte le furie, nel vederlo arrivare.
«No, aspetta! Ferma!» provò lui, mettendo i palmi avanti.

La spada più grande riavvolse il braccio della strega Nera, che scattò verso il ragazzino, senza dargli il tempo di obbiettare. Steiyn sentì il potere oscuro di Evangeline impregnare completamente l'aria, sta di fatto che non se ne curò. La lama della sua avversaria strisciò sul suo arco, cozzandogli contro non appena lui lo tirò fuori: e lo ingrandì, lo ingrandì tantissimo, molto più del solito, in modo da respingere la ragazza, costringendola a farsi indietro e lasciando che il suo attacco sfumasse in uno schiocco.

L'arma dell'Evocatore tornò della giusta grandezza tra le sue dita, nello stesso istante Evangeline scattò nuovamente in avanti, verso di lui. Steiyn fece appena in tempo a scoccare una freccia luminosa verso la giovane, tirandola fuori direttamente dalla pietra del suo Elementwin, ma la strega la colpì con la sua lama, scansandola via dalla sua traiettoria. Fece lo stesso con quelle che Steiyn gli lanciò pochi istanti dopo, fracassandole una dopo l'altra, distruggendole o sviandole, e nessuna di queste riuscì a raggiungerla in alcun modo. 

«Quanto sei debole» lo schernì lei, con disgusto, avvicinandosi all'altro senza troppe difficoltà.
«Steiyn! Fammi una spada!» esclamò Eveline, che nel frattempo si era rialzata, e correva, verso i due.

Il ragazzino non se lo lasciò ripetere: un'impugnatura molto simile a quella che la strega Bianca già conosceva emerse da una parete. La strega l'afferrò senza pensare, estraendo da lì una grossa lama molto simile alla sua, per poi scaraventarsi contro la sua rivale, con un balzo.

Evangeline fece appena in tempo a percepire il potere magico dell'altra risuonare in un sibilo, quindi si voltò di scatto, parando di striscio l'arma improvvisata di Eveline, che non le aveva concesso un solo secondo.
La spada fatta di mattoni si ruppe in mille pezzi dopo un solo colpo, sgretolandosi su Evangeline, che non fece in tempo a fare molto, se non ripararsi il viso dietro la sua spada.

Dopodiché, una freccia la colpì con violenza, attraversandole un fianco, proprio nel momento in cui lei fu costretta a voltarsi, facendola gridare di dolore.
La strega Nera si mosse d'istinto, in preda ad uno scatto d'ira: colpì alla cieca, ma riuscì a ferire Eveline ad una gamba, che però riuscì a scansarsi, cadendo di schiena. 

Evangeline strinse i denti, quindi tirò fuori la freccia dalla sua pelle con uno strattone e il suo sangue sgorgò fuori dalla ferita aperta, tagliandole il respiro. Sussurrò qualcosa nella sua lingua, e le sue dita si illuminarono di una luce azzurrina: le premette sul foro lasciato dalla freccia, e le bende anti-dolore avvolsero sia il suo fianco che parte del suo busto. 

Eveline si rannicchiò a terra, premendosi le mani sulla ferita aperta, che nel mentre gocciolava sul pavimento. A differenza di quelle della sua rivale, le sue bende anti-dolore, in quel momento, facevano fatica a fuoriuscire dalle sue mani. Avere l'emblema così piccolo era una vera tortura, i suoi incantesimi erano lenti, pesanti, come se un liquido denso li tenesse incastrati tra le sue dita, impedendogli di fluire come al solito.

Evangeline si voltò verso lo Skreenight, accecata dall'ira: protese una mano verso di lui, spalancandola, e tutto il suo potere oscuro si riversò addosso al ragazzino, che non fece in tempo a scansarsi, ritrovandosi schiacciato a terra. A quanto pare lei se n'era accorta, che lui riusciva a sentirne il peso.

«Non saresti dovuto salire fin qui» lo minacciò, facendo ancora più pressione su di lui.

Steiyn puntò i pugni a terra, stringendoli fino a sbiancarsi le nocche: stavolta non avrebbe ceduto. Non importava quanto sarebbe stato forte il potere dell'altra, non importava che quella fosse una strega.

Prese un profondo respiro, quindi trattenne il fiato, schiacciato dalla densità di quella magia, e tutto sembrò come bloccarsi intorno a lui, rallentare, stringersi intorno alla sua gola, ed occupare l'aria come se la stanza intera si stesse riempiendo di un liquido denso, compatto.

Riaprì gli occhi, ed essi scintillarono di energia e determinazione, perforando la strega, che s'accigliò, non aspettandosi tutta quella forza d'animo da un mago così giovane. Dovette impegnarsi di più, cominciando a percepire chiaramente che il ragazzo aveva intenzione di opporre resistenza. 

L'Evocatore riuscì a tirarsi un po' su, quindi le sue mani affondarono nei mattoni neri del pavimento, poi quest'ultimo cominciò a tremare. 

Evangeline allargò le sue dita più che poté, e queste si tinsero di oscurità. La luce proveniente dal medaglione dello Skreenight divenne accecante, glitchando fastidiosamente sopra il suo petto. Poi Steiyn si sollevò, inarcando la schiena, come se stesse raccogliendo tutte le sue energie: scaraventò i palmi a terra, con una violenza tale che la pietra sotto le sue mani si spaccò in mille pezzi. Il pavimento si alzò a mo' di onda, davanti alla strega, incredula, che fu costretta ad interrompere il suo incantesimo, per difendersi. 

«Semicerchio...!» esclamò, ma la sua barriera si ruppe non appena lei la evocò, sotto il peso dei mattoni neri, che la distrussero subito, ed avvolsero Evangeline per intero, schiacciandola in un groviglio di polvere e detriti.

Eveline alzò debolmente il viso, trasalendo, quando fu costretta a tirarsi indietro a sua volta. Sembrava che il terreno fosse diventato liquido, s'alzava e s'abbassava, increspandosi sotto il potere magico del ragazzino ed infrangendosi sulle pareti come un mare agitato, continuando ad avvolgere la strega Nera in molteplici strati di pietra, senza darle alcuna possibilità di fuggire.

Steiyn strinse gli occhi, sentendo chiaramente un rivolo di sangue colargli sul mento, e il suo sapore metallico gli riempì la bocca, distraendolo per un istante da quel che stava facendo. 

Che cosa stava facendo?

Non avrebbe dovuto porre fine a quello scontro? Perché allora ne aveva preso parte?
Era necessario, sfogarsi in quel modo, contro quella ragazza? 

La stava... uccidendo?

«Steiyn!» lo chiamò Eveline, nel tentativo di farlo smettere. Ormai Evangeline nemmeno si riusciva più a distinguere, circondata dalla massa informe di mattoni, tutto quell'accanirsi era inutile.

Il ragazzo si pentì immediatamente e tutta la sua rabbia lasciò all'improvviso posto alla ragione. Con un gesto brusco delle braccia interruppe il suo incantesimo, cosa che in parte gli si rivoltò contro, scatenando un'onda d'urto violentissima, che lo scaraventò indietro, verso la parete alle sue spalle. Si ritrovò schiacciato a terra, ad annaspare sul pavimento. 

Provò a rialzarsi, e l'aria tornò a riempirgli i polmoni, arrivando così in gran quantità da offuscargli la vista. Appoggiò i pugni chiusi a terra, tossendo, nel tentativo di tirarsi su. Il suo corpo non ce la faceva più, il suo potere altrettanto, ma stavolta si obbligò a tenere gli occhi aperti. Alzò il viso, tremando, sentendo le goccioline di sudore scendergli lungo le tempie.

Davanti a lui, la trappola di pietra che aveva creato aveva cominciato a sgretolarsi. Dapprima debolmente, poi le spaccature presero a farsi più larghe, frantumandosi dappertutto. 

Una mano strisciò lungo una delle fessure che si vennero ad aprire: Evangeline uscì dalla montagna di mattoni accatastati, scansandosi la polvere di dosso, con un gesto sprezzante. I suoi inquietanti occhi gialli perforarono con un'occhiata traboccante d'odio lo Skreenight difronte a lei, facendola tremare di rabbia.

Si avventò verso il ragazzino disegnando ampi passi, sotto i suoi tacchi alti.
Non le importava che ormai avesse consumato quasi del tutto il suo potere oscuro: l'avrebbe stritolato a mani nude, se necessario. Voleva solo quello, afferrarlo con le sue mani e distruggerlo con la mera forza bruta.

«Tu... maledetto, schifosissimo microbo...» sibilò, furiosa, «Come ti permetti a metterti in mezzo tra me e la mia gemella? Io ti ammazzo, giuro che ti ammazzo...!»

Evangeline si sentì afferrare per le spalle: cadde di schiena, spinta da Eveline, che in quel momento la teneva stretta per il busto, per bloccarla e non farla avvicinare all'Evocatore. Quello della strega Bianca sembrava un gesto disperato: entrambe le giovani erano stremate, non ce la facevano più. 

«Lascialo in pace!» gridò Eveline, stringendo la sua gemella a sé e costringendola a stare a terra, «Lui che cosa c'entra? È solo un ragazzino!»
«Non me ne importa niente! Togliti di mezzo!» protestò l'altra, cercando di liberarsi dalla presa.

Steiyn fece leva con le braccia, nello sforzo di rialzarsi, ma non riuscì a muovere un solo muscolo. Il suo medaglione aveva ricominciato a glitchare, e lui si sentiva mancare ad ogni interferenza.
Il respiro gli si accorciava sempre di più, mentre si sforzava di tenere gli occhi puntati sulle due streghe, che avevano cominciato a spingersi, riafferrarsi, tirarsi pugni, calci, e poi di nuovo a terra, entrambe esauste ed entrambe intenzionate a non darla vinta l'una all'altra fino all'ultimo.

«Smettetela!» esclamò l'Evocatore, nel ritrovarsi davanti quella scena, e la sua voce s'increspò nel pianto.

«Perché non volete capire?» si lamentò a sua volta Evangeline, mentre cercava di tenere ferma Eveline con il suo peso, sotto di sé, «Perché non mi vuoi?!» urlò, afferrando l'altra per la felpa.

L'altra si scostò la presa della strega Nera di dosso, nel tentativo di rialzarsi: «Perché devi costringermi? Io non voglio unirmi a te! Mi fai paura! Non mi unirò mai a te!»
«Ti prego, ascoltami... ti prego...!» insistette Evangeline, afferrando i polsi della ragazza, «Io ho bisogno di stare con te! Io mi ricordo com'era essere intera! Rivoglio quella sensazione! Rivoglio la vecchia me stessa! Solo così potrò ricordare cosa accadde, prima dei miei sei anni! Solo così potrò!» 

Eveline smise di dimenarsi, fermandosi qualche secondo a guardare la giovane scoppiare a piangere davanti a lei. 

«Prima dei... tuoi sei anni?» le chiese, con un filo di voce.

L'altra ebbe una reazione istintiva, più violenta: spinse la sua gemella, quindi cominciò a colpirla sull'emblema, come se stesse cercando di afferrare qualcosa sulla sua guancia, qualcosa che sembrava vedere solo lei.
«Ridammi il mio potere magico!» pianse, disperata, «Ridammi i miei ricordi!»

Ed Eveline gridava, cercando di allontanare la giovane dal suo viso, proteggendosi con le braccia, raggomitolandosi a terra e scalciando, ma ormai aveva a stento la forza di muoversi, era distrutta, non ne poteva più. Era tutta la notte che usava i suoi poteri, che combatteva, e come se non bastasse il suo Yang si era fatto così piccolo, rendendole le cose ancora più difficili.

«Lasciala stare!» esclamò Steiyn: provò a rialzarsi, ancora una volta, ma l'ennesima interferenza nella luce del suo medaglione lo costrinse a non muoversi.
Cercò il suo arco con lo sguardo, e lo vide, parecchio distante, in mezzo alla polvere.

Pensò di evocarne un altro, tirandolo fuori dal pavimento, senza curarsi del fatto che forse delle corde di pietra non avrebbero potuto funzionare. Si tirò su, in ginocchio, quindi cominciò a far spuntare una parte dell'oggetto, ma non fece in tempo a fare altro. 

Davanti ai suoi occhi, Evangeline ed Eveline erano riuscite a rialzarsi, insieme. In quel momento cercavano di graffiarsi l'emblema a vicenda, in quel che a Steiyn apparve come la scena più sbagliata alla quale potesse assistere. 

La strega Nera sembrava avere più forza della sua rivale: la strattonò con forza, in un ultimo gesto disperato. Afferrò lo Yang sulla sua guancia con tutta la mano, e tirò, pronunciando qualcosa nella sua lingua. 

Fu così che il potere magico di Eveline fuoriuscì dal suo corpo, mostrandosi in una sagoma candida, trasparente, scintillante, che a sua volta afferrò Evangeline per i polsi, per sorreggersi, restare in piedi e non cadere. 

A cadere, infatti, fu il corpo della strega Bianca, pesantissimo. 

Steiyn sentì mancargli un battito.
Nella sua mente, l'immagine di sua madre si sovrappose crudelmente a quella del corpo di Eveline, che finì a terra, proprio lì davanti a lui, con gli occhi ancora socchiusi. Quasi gli sembrò di udire l'eco dei fuochi d'artificio, in lontananza, tanto quella scena gli parve familiare.

Una strega, senza il suo potere magico, non può sopravvivere.

Il ragazzo si premette con forza le mani sulle tempie: era come se tutta la sua vita gli stesse implodendo dentro la testa. 

Urlò. Con tutte le forze che gli restavano. 

Fu un'azione che gli venne d'istinto, in parte spinta dalla disperazione, in parte trascinata da un desiderio liberatorio, come se così facendo fosse riuscito a spazzare via quel ricordo devastante, in uno sfogo senza ritegno, senza controllo. 

Il suo stesso potere si espanse intorno a lui, riecheggiando sulle pareti: il pavimento si crepò sotto il suo peso, bruciandogli le ginocchia, e i vetri delle piccole finestre si spaccarono uno dopo l'altro, travolti dalla potenza dell'onda d'urto. 

La cosa fu talmente intensa per lui, che ne restò ferito in modo irrimediabile: il suo medaglione ebbe come uno scatto, poi la luce intensa che emanava si spense bruscamente, in un flash candido, caldo come un sospiro. 

Una crepa, si ramificò sull'alabastro bianco del suo Elementwin, spezzandogli il fiato.

«No...» singhiozzò, senza più forze.

Perché le persone continuavano a morire davanti a lui?
Che cosa aveva fatto per meritarsi tanto dolore?

Eveline non poteva essere morta sul serio, si rifiutava di crederlo!

Avrebbe voluto avvicinarsi di più, provare a fare qualcosa, a svegliarla... forse si era solo addormentata, forse era solo vittima dell'ennesima stregoneria. 

«Eveline...?» provò lui, ancora, scoppiando a piangere.

La strega Bianca era immobile, sdraiata sulla schiena.
Non dava più alcun segno di vita. 

Il suo potere magico era uscito dal suo corpo, non c'era più modo di tornare indietro.

«Finalmente...» sussurrò Evangeline, con voce dolce, carica di gratitudine, ignorando lo Skreenight. Si portò le mani sulla bocca, commuovendosi davanti alla sagoma del potere magico della sua gemella, lì in piedi davanti a lei. Dopo tutti quegli anni trascorsi a cercarlo, desiderarlo, eccola lì la sua metà, quel lato di sé stessa che aveva dimenticato.

Steiyn, nel sentire la voce sincera della strega Nera, aggrottò le sopracciglia, più confuso che mai. Alzò il viso bagnato, osservando la scena davanti a sé, nel silenzio della polvere.

La sagoma perlescente di Eveline sorrise ad Evangeline. 

Quindi, le si avvicinò, e le due si abbracciarono, stringendosi l'una con l'altra, teneramente.

Il ragazzo restò a bocca aperta, sconvolto.
Non era possibile.

La sagoma sollevò Evangeline, prendendola in braccio, in un gesto spensierato, un gesto felice.

E la strega Nera scoppiò a ridere, ritrovandosi con i piedi staccati da terra: baciò sul viso la figura iridescente, sulla fronte, sulle guance, con dolcezza. 

Le due giovani si fusero l'una dentro l'altra, continuando ad abbracciarsi, a desiderarsi, nel mentre il corpo di Eveline spariva in un bagliore candido, disperdendosi intorno alle due sotto forma di pulviscolo, come se anch'esso volesse prendere parte a quella magia.

Infine, l'aria si spostò con una folata calda, morbidissima, sollevando un po' di polvere. 

Restò un'unica ragazza, in piedi, al centro della stanza distrutta. 

In quel momento si stringeva il busto, sorridendo e saltellando felice. 

Era tornata ad essere quel che si era sempre sentita di essere: una persona unica, completa.
Ora lo sapeva. Ora poteva ricordare tutto. 

Aprì gli occhi, lucidi di commozione, rivelandone uno bianco e uno giallo.

Ora era una strega di sangue puro, ma non le importava. Ciò che aveva sempre desiderato era solo tornare ad essere sé stessa. Quel vuoto incolmabile che aveva sentito riecheggiare nel suo cuore, fino a quel momento, era finalmente sparito. Per sempre, riempito dalla sua stessa presenza, consistenza. 

Era così felice! Persino la stanchezza era sparita, tutta insieme, lasciando posto a l'unica cosa a lei sconosciuta: quel suo potere infinito, spaventoso, che le scorreva tra le fibre dei muscoli, facendola sentire così bene, così in forze. Anche le sue ferite erano tutte sparite, non aveva più niente.

Inspirò a fondo, godendosi il vento fresco che entrava nella torre come se lo stesse sentendo per la prima volta. 

Si voltò verso il ragazzino, che era rimasto in ginocchio, privo di energie, ad osservarla ricomporsi. Lei si chinò alla sua altezza, posandogli entrambe le mani sulle spalle, e i suoi lineamenti rotondi si illuminarono sotto i glitch scomposti emanati dal medaglione dello Skreenight. 

«Eveline...?» sussurrò lui, appoggiandosi a lei con la fronte, «Sei... lì dentro...?»

La strega lo tirò un po' su, annuendo e regalandogli un sorriso colmo di gratitudine: «Steiyn, grazie. Non so se sarei riuscita a capire che questa era davvero la cosa giusta, per me, se non ci fossi stato tu ad aiutarmi.»

Il ragazzo si asciugò il viso con un polso: «Io... non ho fatto niente...»
L'altra ridacchiò, inarcando un po' le sopracciglia all'indietro: «Dici? Solo tu potevi venire a ficcare il naso in uno scontro tra due streghe furiose, così, senza farti il minimo problema.» 

Lui sorrise a quella battuta, ma in quel momento una lacrima gli scivolò sul viso.
Tutto ciò era stato davvero troppo, non riusciva ancora a riprendersi.

La giovane gli prese l'Elementwin, posandolo sul suo palmo aperto, e le sue dita si tinsero di azzurro, in quel che era un incantesimo a lei familiare, se pur potenziato dalle sue nuove capacità magiche. 

Non ebbe nemmeno bisogno di pronunciare la formula nella sua lingua.
Invece, si ritrovò a dire: «Evangeline aveva ragione. Non era vero che la strega Nera prevale sulla Bianca, era davvero una cosa inventata da voi umani per non far riunire le mezzestreghe. Nero su Bianco non esiste, è solo un racconto di fantasia.»

Il medaglione fu avvolto dalle bende azzurrine, tra le dita della ragazza, ed esse divennero trasparenti, per poi sparire, infine, come risucchiate dal gioiello stesso. L'Elementwin smise di glitchare, spegnendosi poco a poco, in un bagliore soffuso. 

«Ecco fatto» disse la strega, soddisfatta, «Quella crepa non si aprirà più di un solo millimetro.»

Steiyn prese delicatamente il gioiello, osservandolo meglio: non si era sbagliato, allora. C'era davvero, una crepa, sul suo Elementwin. Lì, proprio al centro, correva obliqua tra un cratere e l'altro, ma adesso non minacciava più di spaccargli in mille pezzi il medaglione, se solo lui si fosse azzardato a fare un'altra volta uno sforzo del genere.

La ragazza non diede tempo all'Evocatore di aggiungere nulla: si sporse sul suo orecchio, sussurrandovi dentro.
«Grazie, per essere rimasto con me. Ora però riposati.»

Steiyn s'accigliò, scostandosi lievemente: «Cosa...? No, aspet...» provò a dire, ma i suoi occhi si chiusero contro la sua volontà, non dandogli modo di replicare. Lei lasciò che lui le cadesse addosso, quindi l'aiutò a stendersi su un fianco, accompagnandolo con le braccia. 

Il sibilo di un potere magico che Eveline aveva già sentito irruppe nella stanza, in quell'istante, alle sue spalle. Una sagoma minuta emerse dal pavimento distrutto, così leggera che non scostò neanche la polvere.

«Tu non hai idea di quanto io abbia atteso questo momento» sogghignò Nana, sfregandosi le mani per l'eccitazione, e le sue iridi scintillarono di follia scarlatta, nel viola della stanza.

La strega si voltò, lentamente. Tra i suoi occhi di colore diverso riaffiorò, invece, uno sconforto a lei purtroppo familiare: 

«Ora ho capito chi sei. Mi ricordo di te, Ada


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