Capitolo 23 - I tre anni perduti

Non appena attraversammo la morbida fessura del Taglio nel tempo, quest'ultima si richiuse alle nostre spalle, sparendo in un bagliore bianco. 

Non troppo diverso, tuttavia, dal candore in cui tutti noi ci ritrovammo. Uno spazio completamente vuoto, che sembrava estendersi intorno a me e ai ragazzi all'infinito. 

«Che razza di posto è questo?» si lasciò sfuggire Areck, facendo sparire la sua lanterna, lì dentro completamente inutile.
Zhore strinse un lembo della salopette di sua sorella, quando il suo sguardo si posò sul pavimento, anch'esso bianchissimo e luminoso, che s'increspava, sotto le sue scarpe, in cerchietti trasparenti, come se uno strato sottile d'acqua lo ricoprisse per intero.

«Vi do il benvenuto nel Midnight, a come sarà tra circa una decina d'anni» spiegò Nana, senza un minimo d'entusiasmo, «Ovvero il nulla assoluto, visto che a quanto pare non esisterà più. Da questa parte.»

La Portinaia fece per allontanarsi, e gli Skreenight le andarono dietro, anche se con passo piuttosto incerto.

Non si riuscivano a distinguere le pareti dal soffitto, né il soffitto dal pavimento, sembrava tutto mischiato e quel candore gelido confondeva la vista.
Non facemmo molta strada, in realtà. Poco più avanti c'erano delle scale, dai gradini trasparenti e lucidi. Scendevano a chiocciola e quasi non si distinguevano dal resto.

«Attento a dove metti i piedi» sussurrò Rinae a Steiyn, subito dietro di lui, trattenendolo per una spalla.
«Che fastidio» si lamentò lui, mentre si sforzava di capire dove stavano gli scalini, cercandoli a tentoni con le suole dei suoi anfibi, quando non sapeva più dove guardare. 

«Era da un sacco di tempo che non mi capitava di scendere delle scale, da spettro» ridacchiò Hiroshi, poco più dietro, accanto al Cacciatore.
Heyel alzò un sopracciglio: «E perché non le attraversi come hai fatto prima?»
L'altro fece spallucce: «Non ci riesco. Si vede che dentro questo tipo di portali non posso muovermi liberamente.» Sta di fatto che l'espressione disinteressata del suo interlocutore catturò l'attenzione dello spettro, che non riuscì a trattenersi: «Sei ancora incazzato per quello che è successo in quel Timely, non è vero?»
Il Cacciatore lo fulminò con un'occhiataccia, tuttavia esitò qualche secondo, il tempo di capire dove mettere i piedi: «No...» sospirò, seccato, «Ho solo altre cose per la testa.»

«Ragà. Là sotto» fece Steiyn, interrompendoli, indicando verso il basso, alla sua sinistra.
Areck seguì il dito del ragazzino, stringendo quel suo unico occhio in una fessura: c'era una macchia scura, in fondo alle scale e il suo cervello quasi ringraziò, alla vista di un qualcosa di diverso, e soprattutto di non bianco.

Attraverso i gradini trasparenti appariva solo come una forma indefinita, ma una volta arrivati alla fine della rampa, gli Skreenight si resero conto che si trattava di una vecchia scrivania di legno. Era scura, ingombrante e vuota, un vero e proprio pugno in un occhio dentro tutto quel chiarore, tanto da non sembrare minimante appartenere al portale. I ragazzi furono ben felici di lasciarsi alle spalle la gradinata, quindi, guidati dalla Portinaia, si avvicinarono al tavolo.
Su quest'ultimo, c'era seduta una persona.

Era un ragazzo giovane, se non erro in quel periodo credo fosse appena maggiorenne; se ne stava stravaccato lì sopra, con le gambe incrociate e gli avambracci appoggiati sul bordo del lato lungo. Aveva i capelli rosso fuoco, corti e mossi, tutti spettinati, dello stesso colore delle sue iridi. Indossava una felpa scura e un paio di jeans scoloriti, sopra una maglietta grigia, con su disegnato il logo di un famoso rhythm game.

Non appena vide arrivare il gruppo, fu veloce a rimettersi dritto con la schiena. Non abbastanza, comunque, poiché Nana fu ancora più rapida ad afferrarlo per il bavero, con rabbia, facendomi quasi cadere dalla sua spalla.
«Ti ho detto mille volte di non sederti sui tavoli, scendi!» esclamò la Portinaia, costringendolo, con uno strattone, a mettere i piedi a terra.
«Oh, come on!» alzò i palmi lui, un po' scocciato, nonostante sembrasse abituato ad essere sgridato dalla ragazzina. «Sono venuto da Denver, mica dietro l'angolo. Il tempo di pranzare, e sono corso. E sono pure arrivato un po' in anticipo, non sei contenta?»
«Ho la faccia di una che ti sembra contenta?» ringhiò Nana, mostrandogli un'espressione schifata. Quindi lo lasciò andare, pulendosi una mano sul pantalone, mentre con l'altra indicava i ragazzi.

«Sono andata a prenderli nel presente, che Victor li vuole tutti nel suo ufficio personale. Prima, però, lui stesso mi ha chiesto espressamente di avvisarlo che non manchi nessuno di loro, quindi mi serve che tu ti renda utile.»
Il giovane deglutì rumorosamente, sotto gli sguardi interrogativi dei maghi, che lo fissavano con curiosità: «Ehm... che cosa dovrei fare?»

Nana gli si riavvicinò con fare minaccioso, tirandolo a sé, alla sua altezza.
«Ascoltami bene: mi allontano dieci minuti, il tempo di andare e tornare. Non devi fare assolutamente niente, devi solo tenerli d'occhio. Hai capito? Dieci minuti. Non c'è niente di difficile» quindi si avvicinò di più col viso, e le sue iridi parvero oscurarsi, la sua voce incupirsi, «Gli altri devono ancora arrivare, sennò col cavolo che lo chiedevo a te. Ti consiglio di non combinare cazzate. Tutto chiaro?»
Lui annuì, intimorito dalle parole della Portinaia: «Don't worry, I can do this», quindi la sua voce s'assottigliò, facendosi quasi ridicola, «Please, don't kill me...»

Nana lo spinse via, lasciando la presa dalla sua t-shirt.
Dalla tasca estrasse un triangolino di ferro: lo tenne dritto, davanti a sé. Poi, con un movimento brusco del bracciò, fendé l'aria in obliquo. Quest'ultima si squarciò, rivelando un passaggio dritto e luminoso, assolutamente identico a quello che avevamo attraversato tutti poco prima, per entrare lì.

«Voi non vi muovete. Io torno subito» concluse, voltandosi indietro qualche secondo, verso i presenti. Dopodiché, io e lei attraversammo insieme il Taglio nel tempo. L'apertura sparì in un lampo bianco subito dopo, abbandonando la sala candida in un silenzio pressoché imbarazzante, da cui io fui molto contenta di allontanarmi.

«Dì la verità» dissi a Nana, quando, uscendo dal portale, ci ritrovammo nella stanza al quinto piano del Midnight, ma nel presente, «Tu non hai alcuna intenzione di andare da Victor, non è vero?»

La ragazzina si voltò verso di me, sorridendomi con un ghigno inquietante: «Dopo. Prima voglio assicurarmi con i miei occhi che la strega Bianca si trovi davvero qui, come dicevano Victor e Malika. Portami da lei.»
«Sai, non mi sembra una buona idea lasciare Tyler da solo con gli Skreenight.»
«Peggio per lui, non mi interessa. Ho cose più importanti, adesso. Il resto deve aspettare.»

Mi sarebbe piaciuto esprimere la mia disapprovazione, ma il mio aspetto da civetta non mi permetteva di sospirare, né di fare molto altro. Mi staccai dalla spalla della Portinaia, quindi volai in direzione della vetrata semiaperta, verso il ponte sospeso sul mare, per poi virare sulla destra, in un corridoio secondario più in basso, che ci avrebbe condotte direttamente al settimo piano, e quindi all'ottavo.

- - -

Non appena il Taglio si richiuse, il ragazzo con i capelli rossi si guardò intorno con circospezione: quindi, con un saltello, si risedette comodamente al centro del tavolo, mandando totalmente all'aria la sgridata che si era preso poco prima.

Gli Skreenight si lanciarono delle occhiatine imbarazzate, tra di loro, non sapendo bene che fare.

«E... quindi?» si lamentò la dragonessa, rivolgendosi allo sconosciuto, «dobbiamo aspettare qui e basta?»
«Yup» annuì il giovane, mettendosi a giocherellare col laccio della sua felpa.
«E che siamo, in fila alle poste?» sbuffò lei, allargando le braccia, con fare scocciato.

«Tu chi saresti? Posso chiedertelo?» provò Steiyn, avvicinandosi un po'al ragazzo.
L'altro sembrò contento di sentirselo domandare: «Oh, io sono Tyler, piacere» gli sorrise, stringendogli la mano, «Sono il Portinaio numero cinque
L'Evocatore non seppe se trovarlo simpatico o sospetto, gli uscì una smorfia confusa. 

«Certo che sono giovani, questi Portinai» sussurrò Hiroshi a Rinae, che ricambiò l'osservazione annuendo discretamente.
«Non sono tutti così giovani» lo corresse Heyel, che continuava ad avere un atteggiamento più preoccupato rispetto agli altri.

«A differenza dei tuoi colleghi tu non hai alcun potere. Dico bene, Tyler?» gli domandò Zhore, dondolandosi un po' sulle punte. Quella sua domanda risuonò molto più simile ad una minaccia che ad una curiosità, nei confronti del giovane, che a sua volta si strinse nelle spalle, ridacchiando nervosamente: «Ah? Si nota così tanto, dal suono del mio potere magico?» si portò una mano dietro la nuca, sforzandosi di ostentare una sicurezza che in realtà non aveva, «Che sfiga, eh? Sfortunatamente Portinai si nasce, anche se non si è maghi e anche se non si ha alcuna voglia di esserlo. Ho solo il potere di gestire il mio portale, purtroppo.»

«Oh, ma davvero?» fece Areck, schioccandosi rumorosamente le nocche e lanciando un sorrisetto d'intesa alla sorellina, «Questa sì che è una notizia interessante.»
«Non c'è di che» le rispose l'Indovina, restando inquietantemente seria.

Gli Skreenight si scambiarono alcune occhiate, stavolta più complici.

Quel tizio non aveva poteri, dunque non poteva difendersi in alcun modo.
E loro erano in sei.

Venne in mente a tutti la stessa idea, tuttavia si ritrovarono anche tutti ad essere molto prudenti: il fatto che quel Portinaio sembrasse un comunissimo ragazzo impacciato non convinse pienamente nessuno di loro, anche perché il suono del suo potere magico riuscivano (tranne Steiyn) a percepirlo chiaramente all'unisono.
Per quanto ne sapevano, poteva benissimo nascondere delle armi, o avere altri mezzi per proteggersi. Dunque decisero, dicendoselo solo con lo sguardo, di portare ancora un po' di pazienza.

«Eh, sono l'unico purtroppo, tra i Portinai, a non essere figlio di maghi» ridacchiò il ragazzo, nervoso, stropicciandosi le mani sudate.
«E dimmi, Tyler» provò la dragonessa, avvicinandosi a lui e facendosi più suadente, mettendogli un braccio intorno alle spalle, «Tu per caso sapresti dirci che fine hanno fatto le metà dei nostri Elementwin?» gli chiese, sventolandogli davanti agli occhi il suo medaglione, «O dove gli altri tuoi colleghi li tengono nascosti? Si trovano dentro questo castello, le altre metà, non è vero? Scommetto che tu lo sai.»

Il giovane dapprima arrossì, poi provò a scansarsi leggermente dalla presa bollente della Skreenight, «Ah, io... non credo di potervi dire questo genere di cose. Sapete, il mio Capo non sarebbe molto contento.»
«Ma certo» lo assecondò Areck, appoggiandosi ancora di più all'altro, «perché tu sei un bravo Portinaio, giusto? È così, no? Sei un bravo ragazzo, un bravo ragazzo che non usa nemmeno le armi, non è vero? Scommetto che non hai mai nemmeno provato a fumarti una sigaretta» gli disse, facendo apparire il suo pacchetto metallico. Lo aprì e glielo porse, ma lui rifiutò, alzando un palmo, imbarazzato: «Già, infatti. Thanks lo stesso, eh. Fai come se avessi accettato.»

Heyel trovò quella scena assolutamente ridicola: alzò gli occhi al cielo, infastidito. 

«È per questo che Nana ti tratta così?» osservò Steiyn, facendo leva con le braccia sul bordo della scrivania e sedendosi accanto a Tyler, «Solo perché sei l'unico a non avere i poteri?»
«Yup...» ammise il ragazzo, ora più amareggiato, togliendosi con delicatezza il braccio di Areck di dosso, che a sua volta lo lasciò fare, «Incredibile, non è vero? Poteri, non poteri, streghe, umani... al giorno d'oggi è tristissimo che ci sia ancora questo tipo di discriminazione, non pensi anche tu? Mi chiedo come sia possibile che nel duemiladiciassette la gente stia ancora a giudicare questo genere di cose. Ognuno è quello che è, chi se ne frega se sei un mago oppure no.»

Areck afferrò una sigaretta con i denti, sfilandola dal pacchetto: tuttavia, nel riflettere meglio su quella frase, si bloccò. 

«Duemilaquattordici, vorrai dire» lo corresse, guardandolo come se fosse scemo, «Mi sa che tutto sto via vai nei Tagli nel tempo ti fa male, caro mio.»

Tyler ebbe come un fremito, ed un brivido di paura gli scivolò lungo la schiena, facendolo annaspare.
«Ah! Eh... certo, sì...» deglutì, per poi cominciare a ridere nervosamente, «Sì, volevo dire duemilaquattordici, ovvio...! Era quello che volevo dire, eh già. Stupidi Tagli che mi fanno perdere la cognizione del tempo...! Sono proprio sbadato, my gosh

Steiyn s'accigliò un po', nel sentirlo giustificarsi con tutta quella insistenza.

«No, ehi, aspetta un secondo» intervenne Hiroshi, avvicinandosi di più. All'inizio parve se la volesse prendere con il Portinaio, ma in realtà ce l'aveva con la dragonessa.
«Che c'è?» gli fece lei, non riuscendo ad afferrare il problema.
Lui la scrutò, confuso: non capiva se stesse scherzando o cosa.
«Duemilaquattordici? Ma che stai dicendo? Sei seria?»
I due si studiarono l'un l'altro per qualche secondo, poi lo sguardo dello spettro cercò approvazione altrove, facendo il giro su ciascun Skreenight. Non la trovò neanche per sbaglio.
«Ragazzi...? State scherzando?» provò, quando gli arrivò solo il silenzio più assoluto, come risposta.
Areck si avvicinò a Hiroshi, irritata, con la sigaretta spenta ancora in bocca: «Che cosa vai farneticando? Ti sembro imbecille, per caso? Ti pare che non so in che anno siamo?»

Tyler si strinse nelle spalle: avrebbe voluto sprofondare, si coprì il viso con un palmo.
Stavolta sì, che l'aveva combinata grossa. 

«Non ho detto questo» insistette lo spettro, innervosendosi a sua volta, «Oggi è il venti settembre duemiladiciassette. Perché hai detto che è il duemilaquattordici? Anche voi lo pensate?»

Steiyn quasi sbiancò, a quella domanda.
Un dubbio orribile, cominciò ad insinuarsi nella sua testa.

«Ma allora insisti, eh?» ringhiò la dragonessa, avvicinandosi ad Hiroshi con fare provocatorio.
«Ora basta, finitela» intervenne Heyel, mettendosi in mezzo ai due.
«Dai, calmiamoci tutti un attimo» gli fece eco Rinae, agitando le mani e sorridendo imbarazzata, «Siamo nel duemilaquattordici e punto, non c'è motivo di mettersi a litigare per questo.»
«È quello che stavo cercando di spiegargli» s'accigliò Areck, incrociando le braccia.

Il Cacciatore si rivolse allo spettro: «Cos'è? Per voi fantasmi il tempo dentro i Tagli funziona in modo diverso, o una roba del genere?»
«Cosa? No!» esclamò lo spettro, sentendo gli sguardi degli altri premergli addosso, «Smettetela di fissarmi come se fossi impazzito, su di me il tempo scorre esattamente come su di voi! Quindi fatela finita.»
La dragonessa agitò il capo: «E allora perché diavolo continui a dire che siamo nel duemiladiciassette?»
L'altro parve innervosirsi ancora di più: «Ma perché è la verità!»

«Il Capo mi ammazza... mi ammazza...» sussurrò Tyler, accucciandosi su sé stesso e premendosi entrambi i palmi sulla fronte.
Steiyn, che era accanto a lui, se ne accorse, mentre i suoi dubbi cominciavano a trasformarsi sempre più velocemente in una conferma.

«Adesso statemi bene a sentire» fece Hiroshi, cercando di ritrovare la calma, «Io nel castello ci sono entrato stanotte, ok? Voi invece eravate già dentro I Timely, quindi non lo potete sapere in che anno siamo, visto che il tempo dentro quel tipo di portali è come se fosse bloccato.»
«Non è bloccato, in realtà» lo corresse Rinae, «è solo estremamente più lento rispetto a fuori.»
«Come ti pare» le fece lui, seccamente, «Resta il fatto che voi non dovreste ricordare nulla di come siete entrati nei Timely, no? Perché è il portale stesso a cancellare quella parte della memoria del suo prigioniero. Quindi, non dovreste ricordare neanche quando, ci siete entrati.»

Quell'ultima affermazione fu capace di far piombare il silenzio più assoluto, dentro quella stanza bianchissima. 

I maghi si guardarono l'un l'altro, disorientati.
Il ragionamento dello spettro stava cominciando ad avere un senso.

Fu Areck a rompere il ghiaccio, tuttavia.
Le partì una risata sguaiata, così inaspettata da lasciare tutti gli altri sgomenti.

«Ma che cazzo stai a dire? Ma che è? Tu stai completamente fuori! Quello che dici è ridicolo, andiamo! Tu sei l'unico che pensa di essere nel duemiladiciassette, sei tu quello che ha qualche problema, bello, non noi!» quindi si rivolse alla sorellina, che fino a quel momento non aveva osato spiccicare parola, «Diglielo anche tu, Zhore. Questa cosa non è possibile, no?»

La bimba non osò alzare lo sguardo, restò praticamente immobile, a fissarsi le scarpette lucide.

Areck s'accigliò davanti a quella reazione: «Beh? Zhore...?»
«Ecco, guardate voi stessi» continuò Hiroshi, che in quel momento ebbe un'idea: dalla sua scatola-inventario tirò fuori il suo cellulare, quindi lo mostrò a tutti. «Non ho la rete dati, ma ho delle foto che ho scattato l'anno scorso. Tieni, controlla» insistette, porgendolo alla dragonessa, «controlla il calendario, le foto, le chiamate, quello che ti pare. Altre prove non ne ho, mi dispiace. Ma poi, spiegatemi, che motivo avrei per mentirvi?»

La ragazza afferrò il telefono, ed Heyel e Rinae si sporsero a loro volta, per guardare. Il blocco schermo segnava da poco le nove di sera, doveva avere l'orario italiano. Sotto l'orologio, la data era proprio quella detta da Hiroshi, il venti settembre duemiladiciassette. 

Heyel le tolse improvvisamente il telefono di mano, cominciando a smanettare con il dispositivo, alla ricerca di qualunque tipo di indizio in grado di smentire lo spettro:
«No, aspetta... No, no, no, non può essere, aspetta! Non può essere così.»

Areck restò come paralizzata, non riuscì a protestare nel vedersi togliere il cellulare dalle mani in quel modo brusco. Esitò, per poi tornare a guardare la sorella, che stavolta si decise a dire qualcosa.

«Era giusto che lo veniste a sapere in questo momento» sentenziò la bimba, sottovoce, chiudendo gli occhi: «Mi dispiace.»

La sigaretta spenta cadde dalle labbra della dragonessa, rotolando accanto alle sue scarpe: «Cosa...?» riuscì, soltanto, a sussurrare.

Steiyn si portò una mano alla fronte, sconvolto quanto gli altri: «M-ma questo significa... che noi cinque siamo rimasti rinchiusi dentro i Timely per... per tre anni

Rinae si coprì la bocca con un palmo, per poi lasciarsi cadere in ginocchio: «No... non ci credo, no! I miei genitori...» cominciò a singhiozzare, lasciandosi prendere totalmente dal panico, «Per tutto questo tempo... oh, mio Dio...!»
«Rinae?» esclamò il ragazzino, scendendo giù dal tavolo e raggiungendola, preoccupato. S'inginocchiò accanto a lei, ma la giovane sentì il bisogno di stringerlo a sé, poiché cominciò a piangere: «Che cosa avranno pensato, per tutto questo tempo...? Forse ci credono morti! Saranno disperati...!»
Steiyn l'abbracciò, nell'inutile tentativo di consolarla, facendosi venire gli occhi lucidi a sua volta.

Tyler provò ad approfittare di quel momento: scivolò sulla destra del tavolo, ma non appena fece per posare un piede a terra, si sentì improvvisamente afferrare per la maglietta, e poi sbattere, di prepotenza, con la schiena sul legno duro della scrivania. La cosa lo stupì a tal punto da fargli chiudere gli occhi. Non appena li riaprì, si ritrovò il viso della dragonessa ad un palmo dal suo, contratto in una furia animalesca:
«Voi! Luridi figli di puttana! Che cosa avete fatto?»

Il Portinaio alzò le mani, completamente terrorizzato alla vista dei canini affilati, in bella mostra nel ringhio della giovane, «I-io non...» riuscì solo a balbettare.
«Io ti ammazzo!!» gridò lei, accecata dalla rabbia, e gli avrebbe messo le mani attorno al collo se il Cacciatore non l'avesse afferrata per il busto, tirandola su, allontanandola: «No! Ferma, calmati! Smettila, smettila!»
«Lasciami andare!» si divincolò la dragonessa, sbattendo i piedi come una matta, «Lasciami andare, o ammazzo anche te! Lasciami, ho detto!! Si sono presi tre anni della mia vita, maledetti bastardi! Ho mia madre e i miei amici, là fuori! E loro sono tre anni che non hanno idea di che fine io e mia sorella abbiamo fatto? Stiamo scherzando?!»

Tyler fece per rialzarsi, ma fu bloccato nuovamente con la schiena sul tavolo, da una mano gelida e incredibilmente pesante.

«Eh no, dolcezza. Ti consiglio di restare dove sei» lo minacciò Hiroshi, ostentando una tranquillità inquietante, «Adesso tu ci racconterai un po' di cose, che ne dici?»

Il Portinaio deglutì rumorosamente, restando immobile.
Lo spettro fece apparire i suoi guanti neri intorno alle sue mani, continuando a tenere ben fermo l'altro: «Allora? Cos'è questa storia? Perché voi Portinai avete tenuto loro cinque dentro i Timely per tre anni? A quale scopo?»

Tyler voltò il viso di lato, nel tentativo di scansarsi: «No, please! Non posso dirvi queste cose, altrimenti il mio Capo mi ammazza! Mi ammazza!»
Hiroshi strinse i denti: «Forse non ti è chiaro: se non ti ammazza lui, lo facciamo noi.»

Il Portinaio provò a divincolarsi, a tirarsi su, ma si sentì afferrare per entrambe le spalle, e rimettere giù, ancora una volta. Alzò lo sguardo, respirando con affanno: Heyel era dall'altro lato del tavolo, lo teneva fermo insieme allo spettro, che adesso si era staccato da lui, tirandosi un lembo dei guanti per farli aderire per bene alle dita. Si portò una mano sotto il gilet, poi sotto la camicia, lì all'altezza del cuore, dove le cuciture fattegli da Eveline non avevano il potere di fermare del tutto il suo sangue, e dove qualche goccia continuava sempre a fuoriuscire, nonostante la ragazza gli richiudesse la ferita ogni volta. Posò quindi le dita umide sulle gambe di ferro del tavolo, e con il suo potere di Evocatore ne tirò fuori un grosso coltello.
Lo puntò alla gola di Tyler, che alla vista della lama cominciò a tremare di paura.

«Riformulo la domanda» s'irritò Hiroshi, scandendo per bene le parole, «Perché voi Portinai avete tenuto loro cinque dentro i Timely, per tre anni?»
«Farai meglio a rispondere, schifoso pezzo di merda!» ruggì Areck, accanto allo spettro, sbattendo i pugni sulla scrivania con una tale forza che l'intero tavolo sobbalzò.
«Aspetta! Che volete fargli?» s'intromise anche Steiyn, strattonando Hiroshi per il braccio, lì dove la sua mano stringeva l'arma.
«Vogliamo solo farlo parlare, stai indietro» lo tranquillizzò Heyel, nonostante la sua espressione non lasciasse intendere affatto tranquillità, né alcuna intenzione di volerci andare piano, col Portinaio.

Steiyn non fu molto convinto, quella cosa non gli piacque per niente. Ma d'altronde, loro tutti, se erano arrivati a quella situazione, era anche perché non avevano avuto poi molta possibilità di scelta.

«No! No, vi prego!» si lamentò Tyler, e i suoi occhi scarlatti iniziarono a riempirsi di lacrime, «Io non c'entro niente! Gli altri Portinai non mi hanno nemmeno mandato a cercarvi! Sono stati loro a rapirvi e a mettervi dentro i Timely, io non ho fatto niente, davvero! Io non ho nemmeno i poteri!»

«Non ce ne frega niente, se sei stato tu oppure no» gli ringhiò contro Hiroshi, «Ci devi dire a cosa vi sono serviti questi tre anni. Cosa avete fatto, durante questo lasso di tempo? E cosa c'entra il mio corpo, in tutta questa storia?»

«No, non posso! Non posso! Please! Lasciatemi andare!» gridò il Portinaio, cercando ancora una volta di liberarsi dalla stretta dei due Skreenight, che invece lo tenevano ben piantato con la schiena al tavolo.

Lo spettro non ci vide più: afferrò bruscamente il braccio destro del giovane, stendendolo e tenendogli la mano col palmo all'insù. Fu proprio lì, che conficcò il coltello, con un gesto secco, sprezzante.

Tyler cacciò un urlo strozzato, quando sentì le ossa rompersi sotto la forza del colpo, con uno scricchiolio raccapricciante, che si diramò in una scarica di dolore insopportabile, in tutto il suo corpo. Scoppiò a piangere senza alcun contegno, mentre Heyel lo teneva fermo e Hiroshi continuava ad urlargli contro: «Parla! O te ne infilo un altro tra gli occhi!»

Steiyn s'impressionò a quella scena, tuttavia strinse i pugni: loro cinque erano stati rapiti, strappati alle loro famiglie per tre anni, privati della memoria e trascinati dall'altra parte del mondo. Meritavano, tutti loro, di sapere quantomeno il perché.

«Va bene!! Ti dico tutto quello che vuoi sapere!» gridò il Portinaio, tra i singhiozzi, «Ti prego! Ti dico tutto! Ti dico tutto! Ti prego, non uccidermi!»
«Perché ci avete tenuto dentro i Timely per tre anni? A cosa vi servono i nostri Elementwin? Rispondi!» insistette il Cacciatore, stringendogli le spalle e costringendolo a guardarlo, e la sua voce piena fece tremare l'aria.

Tyler si sforzò di lottare contro il dolore, respirando affannosamente. Si prese qualche secondo, cercando aria, tra i gemiti: «Ok! Ok! Noi...! Noi... avevamo bisogno di tempo! I vostri medaglioni ci servono... per costruire il settimo Everlasting!» disse, tremando come una foglia. 

Lo spettro ritrovò la calma, tirandosi un po' indietro: «Come sarebbe? Il settimo Everlasting?»

«No! Questo non è possibile!» esclamò Rinae, che era rimasta a terra, in ginocchio. Scattò in piedi, avvicinandosi a sua volta al Portinaio: «Un Everlasting si costruisce col sangue di cento streghe, da sempre, da quando esiste il primo Everlasting! Lo sanno tutti! Sta mentendo!»
«No! Lo giuro!» gridò il ragazzo, agitandosi, «La formula è cambiata! Sono state le streghe stesse a crearne una nuova! Per noi! Per non... per non farci più fare del male ad altri membri della loro razza! Ci hanno fornito una formula più semplice apposta! Erano secoli che cercavano di crearla, e alla fine ci sono riuscite, ci sono riuscite davvero!»

«Una formula con il potere degli Elementwin, anziché con il sangue delle streghe?» s'incupì Rinae, «Per uccidere sei Skreenight, al posto loro?»
«No! Non vi avremmo mai uccisi! Ci servivano solo i vostri medaglioni, i vostri medaglioni e basta!»
«Ma senza i nostri medaglioni noi moriamo!» intervenne Heyel, «Bella formula del cazzo!»
«E invece no, ti sto dicendo!» continuò il Portinaio, con voce tremante, «La formula... permette a voi Skreenight di rinunciare al vostro medaglione e... e così facendo, di perdere i vostri poteri! Ma a voi non succede niente! Tornate semplicemente ad essere... come... come eravate prima di diventare Skreenight! Perdete i poteri e basta... credetemi, sto dicendo la verità!»

Areck alzò i palmi: «Woh, aspetta! Frena un secondo! Non ci sto capendo più niente!» quindi si rivolse alla Specialista, «Gli Everlasting sarebbero i portali alla quale i Portinai fanno da guardiani, giusto?»
La ragazza annuì, deglutendo: «Proprio quelli.»
«Quei portali che... hanno il potere di realizzare i desideri di chi li attraversa, giusto?» chiese la dragonessa, ancora, già più calma rispetto a prima.
«Sì!» le rispose Tyler, «Se non ci fossimo noi Portinai, a proteggerli, chiunque li attraverserebbe senza alcun controllo. Il nostro compito è quello di decidere chi, e in che modo, può passare... lo facciamo attraverso un contratto... in cui, la persona che vuole attraversare, accetta di donare un tributo... pari al valore del desiderio che ha intenzione di esprimere.»

Steiyn si stupì, nel sentire le parole del Portinaio. 

Dunque bisognava firmare un contratto, per attraversare un Everlasting.
Quel dettaglio gli era nuovo, ma d'altronde non era cosa troppo comune sentir parlare di quell'argomento. Non erano poi molte, le persone che avevano davvero il coraggio di oltrepassare un Everlasting, nonostante l'intero pianeta fosse libero di usufruirne quotidianamente. Anche per quello, i Portinai non avevano alcun problema con le lingue, né con la creazione di portali, di qualunque genere essi fossero.
Questo spiegava perché ci fossero ben due Blast Off, dentro il Midnight, e il fatto che Nana possedesse addirittura un Taglio nel tempo.

Gli Everlasting, le porte in grado di realizzare i desideri. 

Steiyn aveva sentito dire a Rinae, che li aveva studiati sui suoi libri universitari, che questi portali non si sapeva nemmeno che forma avessero, essendo completamente invisibili all'occhio umano, e che i Portinai li tenessero nascosti in luoghi accessibili esclusivamente con il loro consenso. Inoltre, si diceva che tali porte fossero delle vere e proprie "creature", in grado di pensare, di comunicare con il proprio Portinaio, e di contrattare loro stesse lo scambio con chi desiderava attraversarli. 

Steiyn, però, non aveva mai sentito parlare di un settimo Everlasting.

«Aspetta un secondo» intervenne il Cacciatore, facendosi un po' scettico, «Io sapevo che un Everlasting fosse un portale immortale. Voglio dire, anche se il Portinaio ad esso assegnato muore, credevo che l'Everlasting continuasse comunque ad esistere, finché non nasce un nuovo Portinaio, alla quale viene assegnato successivamente.»
«Sì, è così che funziona infatti» confermò Zhore, sporgendosi sul bordo del tavolo e tirandosi un po' su, per vedere meglio.
«Ma... » fece Steiyn, continuando la frase di Heyel, «allora a che cosa vi serve crearne un settimo?»

Tyler si sforzò di non muovere troppo la mano: «Noi Portinai... per natura, nasciamo per fare da guardiani agli Everlasting. Siamo destinati a questo e... e non abbiamo scelta. Nel momento in cui nasce un Portinaio nuovo... è dovere degli altri Portinai creare un nuovo Everlasting per il nuovo arrivato.»

«Ah, giusto» annuì la dragonessa, che finalmente stava cominciando a fare ordine mentale, «La ragazzina di prima. Ha detto di essere la settima Portinaia, no?»

Tyler annuì, dolorante: «Solitamente... è cosa rara che questo accada... è un evento importantissimo, inusuale anche per noi. Di Portinaio... ne nasce uno ogni volta che uno dei portali esistenti resta scoperto... ma un Portinaio in più, significa che bisogna creare un Everlasting in più, completamente da zero... perché ci può essere un solo Portinaio per Everlasting, e... insomma, funziona così, noi... noi non possiamo farci niente. È il nostro compito.»

Calò il silenzio, per qualche secondo. I ragazzi si guardarono l'un l'altro, amareggiati.

«Per la questione dei tre anni, please... parlatene direttamente col nostro Capo» continuò il ragazzo, che nonostante sembrasse più calmo, ora respirava con più fatica. Era evidentemente esausto.

«Ce le ha lui, le metà dei nostri Elementwin?» gli chiese Steiyn, ma parlò un po' per tutti.
«Io... non lo so, non lo so dove sono... dovete andare da lui...» singhiozzò Tyler, debolmente.
«Ascolta» gli fece il ragazzino, appoggiandosi sulla scrivania con gli avambracci, «Heyel è un Guaritore. Se lui ti cura la mano, tu ci accompagneresti dal tuo Capo?» 

Tyler esitò: fece scorrere lo sguardo sull'espressione cupa del Cacciatore, per poi incontrare quella più arrabbiata della dragonessa, quella inespressiva di Zhore, subito accanto, e fare il giro, sul viso disgustato dello spettro, e sui tratti orientali di Rinae, che si asciugava le guance bagnate. Gli occhi scuri e speranzosi dell'Evocatore, tuttavia, furono gli unici ad ispirargli un po' di fiducia. 

Il Capo Portinaio si sarebbe arrabbiato, oh se si sarebbe arrabbiato.
Ma d'altronde lui lo sapeva, che gli Skreenight erano tutti fuori dai Timely, no?
Era lui stesso che ci voleva parlare, era stato lui stesso a chiedere a Nana di portarglieli.
In quel frangente, poi, ciò che Tyler voleva di più in assoluto era far smettere quel dolore insopportabile.

«Ok, I'm in, basta che mi togliete quest'affare, non ce la faccio più...» annuì il ragazzo, docilmente, «Vi ci porto io, dal Capo Portinaio.»

- - -

Le iridi scarlatte di Nana fecero capolino dalla fessura fatta di pietra, poco più sopra l'angolo in cui la parete s'incontrava col pavimento, in quel che era un cunicolo conosciuto solo ai Portinai. Da quella posizione, la piccola stanza all'ottavo piano del castello le era visibile quasi interamente. 

Io scesi dalla sua spalla, zampettando sul pavimento polveroso, sistemandomi meglio, infine, su un mattone un po' più sporgente.

«Voglio proprio vedere, come finirà male tutta questa faccenda» le dissi, con aria stanca, lisciandomi le penne di un'ala col becco.
«Shh!» mi rispose la ragazzina, afferrando i bordi della fessura rettangolare con entrambe le mani e osservandoci attraverso con tutta la sua concentrazione.

Davanti ai suoi occhi, Eveline ed Evangeline stavano parlando nella loro lingua.

Discutevano tra loro già da quando eravamo arrivate, ma se dapprima la conversazione era parsa più calma e colloquiale, ora si faceva poco alla volta sempre più dinamica: i toni delle due streghe stavano cominciando ad alzarsi ed inasprirsi. 

«Tanto non lo capisci, quello che si stanno dicendo» insistetti, inclinando un po' di lato la testa, «Torniamo indietro, dai. Victor ti sta aspettando.»

Nana si voltò verso di me, lentamente: il suo viso brillava di follia e soddisfazione.
«Cross, ma non capisci? Questa è la notte più bella della mia vita!»


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