Capitolo IV
Cosa ne sapevo io della magia?
Avevo sempre preferito il fumo negli occhi. Mi ci muovevo meglio. Per esperienza o semplice attitudine.
La magia non mi piaceva. Davvero, no.
Le fatine, poi, le detestavo.
Troppo ine, troppo colorate. E quelle alucce insettoidi? Ma che bleah!
Alla Sirenetta preferivo Ursula e quel suo look cazzuto. Nonostante le rosse non mi dispiacessero affatto.
A quella mosciona di Biancaneve, Grimilde e la sua mela avvelenata. A patto che ci fosse la glassa.
Insomma, io non credevo alla magia.
Credevo, piuttosto, al mio naso. Ma non ai miei occhi. Alla dislocazione a sinistra del complemento oggetto. Ai cannoli della pasticceria di fronte a casa mia.
Alle citazioni di Bukowski, neanche un po'.
Credevo alla potenza demiurgica dei puntini di sospensione.
Al rossetto rosso dopo Natale e ai nastri rossi, tutto l'anno.
Alla cellulite e al solipsismo stilistico, sì.
Alla sorellanza, mi sarebbe pure piaciuto credere.
All'amore, forse non ci credevo più.
Credevo però a quelle cinque, lucide, parole, che Leonardo aveva appena pronunciato e che dalla sedia quasi mi fecero scivolare giù in terra. Nella grazia ritrovata di questo mio sogno incarnato trovai la magia. Questa era Magia.
"Dove vuoi che le metta?"
«Sui capezzoli. Ma prima succhiali. Fai in modo che ogni succhiotto diffonda in lei il piacere» disse Francesco dando istruzioni a Leonardo.
Ero sul punto di esplodere. Lui stava facendo di tutto per farmi superare il limite di sopportazione e ora Leonardo si era lanciato in suo aiuto per collaborare a quella tortura sensuale. Avere le mani di entrambi su di me, i loro corpi sul mio, andava bene oltre le fantasie più sfrenate.
Ansimavo, emettendo gemiti a ogni respiro, mentre Francesco continuava a darmi piacere, stuzzicandomi il clitoride e sfiorandomi il collo con il suo alito caldo. Mi stava facendo soffrire. Volevo urlare, ma mi trattenni. Mi stava ricordando con ogni mezzo che era il genere d'uomo che poteva entrarmi in testa, capire ciò di cui avevo bisogno, sventolarmelo davanti al naso finché non avessi cominciato a implorarlo in ginocchio, sottomettendomi, e infine usarmi per soddisfare tutte le sue fantasie. Fantasie che erano anche le mie.
Leonardo prese un'altra sedia e si sedette davanti a me, dimostrando di essere diventato parte integrante del gioco.
«Eccellente» mormorò, protendendosi, «Inarca la schiena, tesoro. Dammi il tuo seno.»
Obbedii senza riuscire a reprimere un mugolio. Mi strinse e attirò a sé. Non si avventò sui capezzoli come avevo sperato, ma prese tempo, mi scostò i capelli che mi erano caduti sul viso e sui seni, e mi appoggiò una mano dietro la nuca. Si fece strada fino alle labbra e prese possesso della mia bocca, divorandola. Mi sciolsi, annaspando in quel bacio, mentre Francesco si occupava del clitoride con spietata maestria.
Quando trattenni il respiro, lui ritirò le dita, strappandomi un gemito disperato.
Il sudore mi imperlava la pelle.
Leonardo drizzò la testa e mi dedicò un sorrisetto trionfante. Poi, come se non bastasse, si dedicò ai miei seni, pizzicandone i capezzoli. Ne strinse uno tra le labbra. Un'ondata di piacere si diffuse dall'areola, incendiandomi mentre raggiungeva la vagina. Pensavo di aver raggiunto il limite di sopportazione, rimanendo come sospesa sul filo del rasoio, ma adesso il desiderio di raggiungere il piacere si moltiplicò.
Incapace di fermarmi, gli passai le mani tra i capelli e lo attirai a me, sperando che mi divorasse di più. O di meno. Qualunque cosa pur di soddisfare quel bisogno inesorabile che mi stava facendo impazzire.
Invece, Leonardo si allontanò e osservò il proprio operato. Strinse le labbra e mi mostrò la graffetta. Trattenni sulla punta della lingua una protesta. Doveva essere doloroso o l'idea non li avrebbe neanche sfiorati.
«Per favore...» implorai.
Francesco si irrigidì e mi ringhiò all'orecchio «Accetta la punizione. Non ci hai lasciato scelta. Adesso è il tuo turno.»
«Proprio così» concordò Leonardo, prendendomi un seno e applicando la prima graffetta. Mi strinse il capezzolo. Faceva male, ma la pressione costante mi provocò una sensazione che si diffuse come scarica elettrica fino al clitoride, strappandomi un gemito.
Francesco mi pizzicò rudemente l'altro capezzolo. Tolta la graffetta, Leonardo lo prese subito tra le labbra calde e lo succhiò. Affondai le dita nelle cosce di Francesco per godere di tutte le sensazioni possibili. L'eccitazione crebbe raggiungendo livelli vertiginosi che mi lasciarono esterefatta. Gemetti. Mugolai. Nessuno dei due uomini si curò di me. Erano troppo concentrati.
Francesco riprese a toccarmi il clitoride con dita bramose e movimenti circolari ancora più lenti. Era una tortura. Non riuscivo a resistere."
«Leo... Francesco» ansimai, «io...»
«Fa male e ti senti andare a fuoco?»
L'alito caldo mi sfiorò l'orecchio.
Leonardo applicò la graffetta sull'altro capezzolo, impedendomi di rispondere. La pressione esercitata non fece altro che moltiplicare in modo esponenziale le sensazioni di piacere. Il sangue mi scorreva nelle vene come lava incandescente e la vagina pulsava per il bisogno di appagare il desiderio represso.
Leonardo cominciò a giocare con le graffette: prima le chiuse delicatamente sulle gemme dei miei seni, torcendoli e stringendoli, poi usò le dita per sfregarmi i capezzoli già recettivi agli stimoli, facendoli irrigidire sempre di più.
Prese possesso della mia bocca con un bacio intenso, da darmi il capogiro passandomi le dita tra i capelli ed esplorandomi a fondo con la lingua.
Mi gettai tra le due braccia. Le graffette sui capezzoli urtarono il suo petto e una nuova ondata di piacere e dolore mi pervase da capo a piedi, lasciandomi senza fiato.
Francesco ne approfittò per togliere la camicia e rimanere a petto nudo, poi si appoggiò di nuovo contro la schiena. La pelle formicolò al contatto e sibilai. Mille sensazioni diverse si abbatterono contemporaneamente su di me: la pressione delle graffette sui capezzoli, il sapore del bacio di Leonardo, la solidità del petto irsuto di Francesco contro la schiena e il lento scivolare delle sue dita verso il sesso.
Consumata da un desiderio bruciante, non potevo tirarmi indietro né opporre resistenza. Non potevo fare altro che arrendermi, sperando che il piacere promesso da ogni loro tocco mi venisse finalmente offerto.
«Hai bisogno di noi, non è così? Stai andando in pezzi. Sento il battito del tuo cuore. Sento il tuo respiro. Posso addirittura assaporare la tua eccitazione.»
«Ti faremo urlare per noi, tesoro» aggiunse Leonardo.
«Per favore...»
Sentii il tono di supplica nella voce, ma non me ne preoccupai. Andava bene tutto, purché mi arrecassero sollievo, spronandoli ad andare avanti e a soddisfare il bisogno che cresceva.
«Ma non ora. Andiamo. Ci serve un letto» disse Leonardo.
Il battito cardiaco accelerò. Interpretai il possible significato delle parole e una dozzina di scene diverse invasero le mie fantasie, ma una fra tante – quella in cui due uomini mi offrivano tutto il loro desiderio e facevano sesso con me – mi inebriò di nuova passione e speranza.
Francesco si fece strada tra le mie cosce, accarezzandomi con le mani calde, prima che le dita scivolassero di nuovo nella mia fessura bagnata e riprendessero a stuzzicare il clitoride. Ero a un passo da un orgasmo che mi avrebbe mandato fuori di testa.
Inarcai la schiena e gemetti, dominata da un bisogno così acuto che vidi una serie di punti neri che mi danzavano davanti agli occhi. Mi avvicinai alla cieca verso Leonardo, premendogli le labbra contro la bocca in un bacio che mi permise di divorare la bramosia, sentire il battito del suo cuore contro il mio e il ruggito del sangue che pulsava nelle orecchie.
«Cazzo, sì» mormorò, dopo essersi scostato e avermi fatto alzare.
Una volta in piedi, Francesco mi afferrò per le spalle e mi fece votare. Mi prese il viso tra le mani e mi fissò dritta negli occhi.
«Ti scoperò fino a farti urlare. Puoi ancora dire di no. È la tua ultima occasione.»
«Perché dovrei? Ho bisogno di te.»
Scosse la testa.
«Sei una brava ragazza, non siamo adatti per te.»
«So cosa sto facendo» protestai. «Mi fido di te.»
Aggrottò la fronte.
«Non sono un amante gentile.»
«Non voglio gentilezza! Fammi venire e ogni secondo sarà stupendo.»
«Solo se fai la brava» mi ricordò Leonardo. Si fece strada fino ai capezzoli e giocherellò con le graffette. La pressione alimentò il piacere sottostante, a cui si dedicò un attimo dopo con altre carezze leggere, quel tanto che bastava per farmi tremare le ginocchia e ribollire il sangue nelle vene, ma non abbastanza per farmi raggiungere il culmine.
Francesco si protese verso la mia bocca con le labbra socchiuse. Mi sciolsi contro di lui, sentendomi accarezzare dai suoi occhi e dalle mani di Leonardo. Mi sentivo bella. Da quanto tempo desideravo sentirmi così? Sfiorai le labbra di Francesco. Non ebbe bisogno di altri incoraggiamenti. Mi attese a metà strada e prese possesso della bocca, esplorandomi con la lingua e suggendola come un assetato. Sprofondai in quel bacio e annegai nella vertiginosa palude del desiderio che mi trascinava a fondo.
Leonardo mi accarezzò il torace, giocherellò con le graffette e mi affondò i denti nel collo. Venni percorsa da un brivido e sentii che un'esaltazione febbrile mi assaliva. Niente era mai stato così perfetto. Era più di una fantasia che diventava realtà. Adoravo averli entrambi con me, che mi desideravano e collaboravano per darmi piacere; ciò mi faceva sentire nel posto giusto.
Appartenevo a loro. Certo se la vita, il destino o il cielo mi avesse concesso quel senso di completezza per il resto dei miei giorni, avrei fatto di tutto per assicurarmi che anche Leonardo e Francesco provassero quella meravigliosa sensazione. Che assurdità! Avevo solo quel momento. Il domani era colmo di incertezze e le probabilità giocavano tutte a mio sfavore. Meglio che approfittassi di quegli istanti splendidi finché ero ancora in tempo.
Francesco sollevò la testa e respirò a fondo, il petto che si sollevava e si abbassava pesantemente. Distolse lo sguardo da me e lanciò un'occhiata a Leonardo.
«E adesso?»
Trattenni il fiato. La speranza era appesa a un filo. Non osavo parlare o emettere un solo suono per paura di svegliarmi da quel sogno.
«La voglio quanto te» puntualizzò Leonardo.
«Più di qualsiasi altra cosa» giurò Francesco, divorandomi con quei suoi occhi scurissimi. Mi aggrappai alle sue spalle e oscillai verso di lui, che mi permette le dita contro i fianchi.
«Tesoro?» Leonardo mi fece voltare verso di sé.
Gli occhi blu tradivano una certa preoccupazione. Gli presi il viso tra le mani. «Voglio essere di entrambi.»
Il senso di sollievo gli si dipinse sul volto. Mi baciò lentamente, facendo evaporare le ultime remore. Un'ondata crescente di desiderio si diffuse da me a loro e viceversa. Impossibile non sentirla. Era giusto. Era il momento.
Francesco mi prese in braccio e mi portò in camera da letto. Non sapevo di chi era, se dell'uno o dell'altro, ma il grande letto in ferro battuto mi fece aggrovigliare lo stomaco, più di quello che già era.
Mentre lui mi adagiava sul materasso, Leonardo sparse una manciata di preservativi sul letto, poi si spostò al mio fianco avvicinandosi in cerca di un altro bacio. Ricambiai, sentendo l'altro lato del materasso che si infossava sotto il peso di Francesco. La sua erezione premeva contro la gamba attraverso i pantaloni, dura e calda.
Gemetti, afferrando i capelli di Leonardo con una mano e le spalle di Francesco con l'altra.
Avrebbe dovuto essere strano. Avrei dovuto sentirmi nervosa. Invece, no.
E loro erano sulla stessa lunghezza d'onda, come se, appena sfiorate le lenzuola, avessero cominciato a condividere pensieri e desideri. Nessun problema, nessun conflitto.
L'eccitazione derivava sia dalle attenzioni che mi avevano dedicato che dal mancato raggiungimento dell'orgasmo, ma era anche causata dai loro odori che si mescolavano nelle narici, dal modo in cui la pelle veniva riscaldata dalla duplice pressione dei loro corpi, dai baci appassionati con cui si contendevano le mie labbra.
Non c'era niente di sbagliato.
Francesco scostò la bocca e scese verso i seni, lanciando un'occhiata maliziosa a Leonardo, che sogghignò. Nell'attimo in cui tolse le mollette e si chinò per succhiare la carne, gridai, inarcando la schiena. Il sangue tornò a fluire nei capezzoli chiusi tra le loro labbra. Li succhiarono e la sensazione di piacere si tramutò in una specie di carezza destinata al mio sesso.
La fantasia si trasformò in realtà. Leonardo mi infilò due dita nella vagina e Francesco stuzzicò il clitoride. Dei, stavo per andare a fuoco!
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