52. LE ULTIME NOTTI D'ORIENTE

L'odore di disinfettante mi faceva aumentare la nausea. Soffocai un conato di vomito. Cercai d'inspirare con calma. Avevo male ovunque, ma a parte quello... beh, stavo meglio di quanto avrei pensato. Una pallida figura era in piedi vicino alla finestra. La tapparella era stata abbassata in modo tale che non filtrasse la luce, ma io la vedevo comunque. Lauren.

-Questa volta ci è mancato poco- commentò la mia defunta amica –dovresti essere più prudente- si spinse in avanti, come se fosse curiosa di vedermi in faccia.

La ignorai e diedi un'occhiata alla flebo. Era a metà circa. Non che mi sentissi meglio.

La porta si aprì all'improvviso e io potei vedere Ethan, pallidissimo, un mazzo di rose rosse tra le braccia. Gli sorrisi, gli angoli della bocca che mi facevano male. Ogni movimento del viso era una vera tortura, ma volevo che lui capisse che ero felice di vederlo. –Ehi, sei passato a prendere i fiori?- chiesi. La mia voce uscì flebile.

-Non potevo presentarmi a mano vuote- si avvicinò e notai che sembrava molto stanca. Era pallido e tremava. –Mi sono spaventato... io avrei dovuto avere più cura di te-

-Il medico ha detto che non è grave- lo rassicurai –potrebbero dimettermi già in serata-

-Sì, me lo ha detto... ho prenotato un hotel qua vicino- si sedette sul bordo del letto.

-Niente notte in tenda?- scherzai.

-No, per il momento no- era stranamente cupo. Beh, forse stranamente no. Doveva essersi preoccupato molto.

-Non fare così... sono cose che succedono- allungai una mano, sforzandomi di non farla tremare troppo. Le mie unghie smaltate di fucsia brillarono. Agganciai le mie dita alle sue. Era una bellissima sensazione. Mi faceva sentire finalmente completa. –Sono felice di essere venuta nel deserto con te- avevo un groppo in gola. Lo ignorai, dovevo continuare. –Perfino essermi persa con te, beh, è stato fantastico-

Notai che un sorriso compariva sul viso di Ethan e questo mi scaldò il cuore. –Persi, non ci siamo proprio persi-

-Oh, non mentire- gli strinsi leggermente la mano –ci siamo proprio persi-

Lui rise. –No, no-

-Sì invece- risi e la mia risata risultò strana in quell'ambiente così asettico. Sembrava quasi fuori luogo.

Ethan si sporse in avanti e mi baciò, teneramente, le labbra. Quando si tirò indietro gli sorrisi. –L'albergo in cui ho prenotato non è distante-

-Davvero?- chiesi con un sorriso.

-Sì, ci fermeremo per qualche giorno... hai bisogno di riposo e di seguire delle cure-

Annuii. –Credo che sia indispensabile- ammisi. Non me la sentivo certo di salire su un aereo. Stavo ancora troppo male.

-Se vuoi però puoi passare la notte qua-

Scossi la testa tanto violentemente da provocarmi una vertigine. –No, assolutamente no, non mi piacciono gli ospedali-

-Ottimo- mi sorrise –aspetteremo fino a questa sera, poi potrai uscire-

La stanza che aveva preso Ethan era molto grande con un enorme letto rotondo e un bagno con la vasca idromassaggio. Se fossi stata meglio probabilmente avrei lanciato un grido di gioia. Notai che aveva anche un ampio terrazzo. Mi fece sedere subito su un'ampia poltrona, in cui sprofondai. Ero esausta e le tempie mi pulsavano dolorosamente.

-Forse dovevamo venire qua subito, il posto per osservare le stelle c'è- dissi, cercando di assumere un tono allegro. Non mi piaceva il silenzio di Ethan. Restai in attesa di un qualche suo commento, ma non ne arrivò nessuno.

-Ordino la cena- disse invece –la faccio portare in camera, così non dovrai scendere-

-Ottima idea, così staremo solo noi due, sarà una cenetta romantica- in realtà ero abbastanza certa che non sarei riuscita a raggiungere la sala da pranzo. Sebbene stessi meglio mi sentivo molto stanca.

Ethan non commentò. La cosa non mi piacque. Perché non era più allegro? Cosa stava succedendo?

La cena trascorse tranquilla. Ethan si sforzò di parlare, ma notai una cosa. Il senso di colpa. Brillava nel suo  sguardo inquieto. Si riteneva responsabile per quello che mi era successo, compresi. Cercai di concentrarmi sul mio piatto – del riso ai formaggi – ma non ci riuscii. Mi preoccupava il comportamento di Ethan. Avrei dovuto dirgli che era tutta colpa mia. Non gli avevo neppure parlato del mio peggioramento.

Decidemmo di andare a dormire presto. Io ero esausta. Ethan si affrettò a coprire tutte le finestre con grande cura.

I giorni seguenti passarono lentamente, trascinandosi uno dopo l'altra. Con la complicità di Izzy riuscii a non far sapere ai miei genitori la gravità della situazione.

-Tu che menti ai tuoi per un ragazzo... attendi i quattro cavalieri dell'apocalisse- ironizzò Izzy, con una strana sfumatura nella voce.

-Ammetto che hai ragione-

-Io ho sempre... un attimo- sentii un rumore... conati- compresi.

-Non stai bene?- le chiesi quando torno al cellulare.

-Solo un po' di nausea... ce l'ho da qualche giorno... nulla di serio- eppure notai una certa preoccupazione vibrarle nella voce.

-Oh, mi dispiace-

-E poi c'è un'altra cosa- sospirò, come se volesse prendere tempo. Potevo immaginare il suo bel viso contratto. -Sally, non mi piace-

L'affermazione mi sorprese. -Sì?-

-Non lo so, ha qualcosa... bah, probabilmente esagero- e lasciò cadere così il discorso.

L'ultima sera prima di partire uscimmo sul terrazzo. Mi sentivo molto meglio. Le medicine avevano fatto effetto e i segni sulla mia pelle stavano guarendo senza lasciare le cicatrici. Era una cosa ottima, ne ero davvero felice. La cosa che mi turbava però era lo sguardo di Ethan, il modo in cui mi trattava ora, con molta più attenzione, come se fossi una bambola di porcellana, capace di andare in mille pezzi da un momento all'altro. Per l'ultima notte Ethan aveva preparato degli sdrai per accomodarci e osservare le stelle.

Provai a parlare, ma Ethan rimaneva in silenzio, riflessivo. La paura mi artigliava lo stomaco. Tutto ciò che temevo si stava realizzando.

-Qualcosa non va?- chiesi, quando il suo silenzio divenne pesante come un macigno.

-Ci ho pensato molto in questi giorni- iniziò, evitando di guardarmi. Pessima cosa, perché non mi guardava?

-A cosa?- tentai, sforzandomi di mantenere un tono leggero. L'aria mi graffiava la pelle.

-Io... non sono adatto a te... sono sbagliato-

-Non è vero- protestai, spingendomi su un gomito per guardarlo in viso.

I capelli gli ricadevano sul volto, così non potevo vedere la sua espressione. -Hai bisogno di qualcuno che sappia prendersi cura di te... io non sono adatto-

-Non sono una bambola di porcellana!- protestai, furiosa. La rabbia vibrava in ogni parte di me. Perché mi diceva queste cose?

-Tu hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te, io non so badare neppure a me stesso- aveva gli occhi lucidi.

-Non dire sciocchezze!- urlai, il cuore che mi esplodeva nel petto.

-John tiene molto a te- continuò Ethan, come se non mi stesse ascoltando.

La dichiarazione mi sorprese. –Io non voglio John-

-Dovresti-

Scossi confusa la testa. Perché mi faceva questo? Perché mi feriva in quel modo?

-Io distruggo tutto quello che tocco- aggiunse, il tono amaro.

Aprii la bocca per controbattere, ma non uscì nulla. Non potevo più parlare. Il mio incubo era diventato realtà.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Il rapporto si sta facendo più complicato. La reazione di Ethan può lasciare interdetti, ma c'è un legame con il suo passato.

A presto

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