2. SCONTRO CON IZZY
Izzy era in piedi davanti alla porta spalancata, un sorriso divertito e crudele sul viso. La prima cosa che chiunque pensava quando vedeva Izzy era che Barbie doveva essere la sua gemella. Altissima, snella, con il seno prosperoso, aveva il corpo di una bambola. I capelli biondi ,che scendevano in morbidi boccoli, e gli occhi azzurri non facevano altro che aumentare questa somiglianza. Ci volevano circa dieci secondi però per comprendere che Izzy era sì la gemella di Barbie, ma la gemella cattiva. Mia cugina fece una smorfia, arricciando il nasino perfetto. Indossava una maglietta a maniche corte che le lasciava scoperta la pancia e una minigonna che le arrivava sopra le ginocchia.
-Cosa ci fa qua la nostra vampira?- chiese sprezzante.
-Hai visto qualcuno fuori?- domandai, ignorando la sua provocazione. Non aveva importanza, volevo capire chi avesse lasciato la lettera.
-Qualcuno? È una strada- mi fissò con attenzione -Non stai ricominciando a fare la matta, vero?- sapevo a cosa si riferiva e la cosa, stranamente, non mi ferì. Poco dopo la morte di Lauren, beh, avevo avuto delle allucinazioni. I medici avevano dato la colpa sia allo stress sia alla mia malattia.
-Non importa- mi diressi rapidamente verso la finestra. Dovevo capire se c'era qualcuno là fuori. Ethan. No, non dovevo illudermi. Poteva essere stato chiunque.
Sentii Izzy seguirmi, le scarpette animalier con i tacchi che rimbombavano sul pavimento. -Non quando siamo solo noi due in casa-
Spostai le tende e guardai fuori, incurante dei raggi del sole che mi sfioravano la pelle. Nessuno, la strada era vuota. Mi tirai indietro, il cuore in gola.
-Quella cos'è?- chiese Izzy curiosa, poi sentii che la lettera mi veniva sfilata dalla mano. Mi voltai di scatto.
-Lasciala, è per me- controbattei
-Per te?- mia cugina guardò il foglio con curiosità. I braccialetti tintinnarono e si spostarono, rivelando le cicatrici che aveva al polso, un ricordo dell'incidente. -Oh che carino! Una dolcissima lettera d'amore-
-Lasciala- mi buttai in avanti, cercando di prenderla. Izzy però fu più rapida e si tirò indietro.
-Non vuoi che la legga?- chiese, divertita.
-Non è per te-
-Come sei scortese! Resto sempre tua cugina e la tua unica amica-
-Tu non sei mia amica- ruggii.
-Allora sei proprio sola- continuò a fissare la lettera -un ammiratore segreto... sei certa che non sia per me?-
Mi avventai su di lei, afferrandola per il braccio. Izzy mi spintonò via. Barcollai, rischiando di cadere. Non mi fermai, mi gettai di nuovo in avanti e l'afferrai per i capelli. Mia cugina imprecò, una cosa che l'allontanava dallo stereotipo di bambola. Lottammo per alcuni istanti, io che cercavo di farla cadere, poi Izzy mi colpì con una gomitata allo stomaco e si liberò.
-Te lo faccio vedere io!- urlò, quindi fece a pezzi la lettera davanti ai miei occhi. Mi sentii tremendamente impotente, mentre lasciava cadere a terra i pezzi. Si voltò e corse via senza aggiungere altro.
Sentii le lacrime scivolarmi lungo le guance. Mi chinai a raccogliere i pezzettini di carta, il mio vestito di pizzo che frusciava. Sarebbe stato difficile rimetterli insieme, pensai, con disperazione. E fu in quel momento che l'occhio mi cadde sul nome di un sito e un nickname. Luver. Il mio cuore fece un balzo e sorrisi. Forse c'era un modo per rintracciare il ragazzo. E poi la scelta del nickname non era casuale.
Ci misi diverse ore a mettere insieme i pezzi della lettera, ma alla fine ci riuscii. Ero una ragazza determinata, dopotutto. Seduta sul letto le parole iniziarono a prendere forma sotto i miei occhi. Parole meravigliose, come non ne avevo mai sentite. Alcuni punti però erano danneggiati irrimediabilmente. L'ultima parte della lettera era praticamente illeggibile. Sospirai. Quello che avevo letto era bastato comunque a scaldarmi il cuore.
Io e Lauren ci prendevamo costantemente in giro riguardo alle mille stupidaggini che si fanno per trovare un fidanzato. Camminare sui tacchi per esempio. Oppure passare ore a provarsi i vestiti, alla ricerca di quello perfetto. O, peggio ancora, passeggiare avanti e indietro per la strada nella speranza che il ragazzo carino che abita in fondo alla via si decida a uscire anche se ci sono venti centimetri di neve. Questa era una cosa che aveva fatto Lauren. Il cuore mi si strinse in una morsa.
Mi mancava Lauren. In fondo una come me non aveva grandi possibilità di fare amicizia. Chi vorrebbe essere amica di una che non può esporsi alla luce diretta del sole? Che è percorsa all'improvviso di dolori lancinanti? Che si veste e si comporta come una vampira? Nessuna, proprio nessuna. Avevo accettato questa cosa già da tempo. Ciò che non riuscivo ad accettare era il fatto che, beh, probabilmente nessuno si sarebbe mai innamorato di me. I ragazzi a scuola semplicemente mi evitavano. Qualcuno mi fissava con compassione. Una volta avevo sentito quel balordo, lo so, è un termine desueto ma efficacie, di William Nyx sostenere che ero una bella ragazza, ma troppo problematica. Quello stesso pomeriggio, per caso, la pallina da tennis gli era volata sul naso. Un piccolo incidente di cui io e Lauren avevamo riso. In fondo anch'io avevo il diritto di amare e di essere amata.
Quando mi era stata diagnosticata la porfiria, il mio primo desiderio era stato quello di chiudermi in camera e non uscire più. Fine dei giochi, fine di tutto. La mia vita era finita. Non che fosse mai stata una vita particolarmente intensa, ero sempre stata ciò che mia cugina definiva una sfigata. Goffa, timida e appassionata di conoscenza. Non era poi proprio un'uscita di scena la mia, perché sul palco del liceo io avevo avuto al massimo il ruolo di comparsa.
La mia idea di chiudermi in casa si era scontrata con i miei genitori, che per una volta erano stati compatti. Secondo loro dovevo continuare la mia vita normalmente. Lauren era della stessa idea.
-Non puoi murarti viva- aveva insistito.
Perfino Izzy, la cui vocazione era quella di rendermi infelice, mi aveva detto che dovevo darmi una mossa, che non potevo starmene semplicemente a letto, aspettando il miracolo. Da quel momento in avanti avevo dovuto convivere con gli sguardi pieni di compassione della gente. Perlomeno Izzy era stata l'unica che aveva continuato a trattarmi come prima. Nemica prima e nemica dopo. Coerente fino all'assurdo. In compenso Michael, il suo fidanzato, nonché capo della squadra di football -praticamente Ken, sì, insomma, un cliché vivente- aveva preso il mio caso a cuore. Si era perfino attivato per trovarmi un accompagnatore per il ballo di fine anno. Un po' umiliante. Comunque alla fine al ballo non ci ero andata.
E così era iniziata la mia nuova vita, che poi non era troppo diversa dalla vecchia. Almeno ora avevo una scusa per non giocare a pallavolo e, mentre i nostri compagni uscivano all'aperto, io e Lauren passavamo il tempo nella palestra polverosa a giocare a volano e a ridere come pazze. Ogni tanto andavamo a sbirciare Ethan Bryne che si esercitava per il torneo di scacchi. A guardarlo si poteva credere tutto tranne che giocasse a scacchi. Alto più di un metro e ottanta, biondo scuro, occhi grigi come la tempesta, bello da impazzire... okay, forse penserete che sto delirando, ma non è così. Ethan Bryne mi faceva sempre sognare ad occhi aperti. Era la mia anima gemella, solo che lui ancora non lo sapeva. E probabilmente non l'avrebbe mai saputo. Beh, onestamente io non avrei creduto alle anime gemelle se non avessi incontrato lui. Era la stessa frase che c'era scritta sulla lettera, mi ritrovai a pensare.
-Bello e pure intelligente- era stato il commento di Lauren, intenta a fissare Ethan, lo sguardo perso sulla scacchiera -perché non gli proponi una partita? Sai giocare bene anche tu-
-Mi batterebbe subito- e poi come avrebbe potuto volere una come me?
-Non importa se ti batte oppure no, l'importante è tentare... e poi potresti sempre chiedergli d'insegnarti a giocare-
Non avevo mai giocato quella partita che forse mi avrebbe cambiato la vita. Non ce n'era stato il tempo. No, sono una bugiarda. C'era stato tutto il tempo del mondo, ma io non ero mai riuscita ad affrontarlo. Perfino le insistenze di Lauren non erano servite a nulla. Non ce l'avevo fatta. Semplice e triste.
Il giorno del diploma c'era stata l'ultima possibilità di affrontarlo. La cerimonia si era svolta in palestra, una gentilezza nei confronti della piccola vampira della scuola. Io ero passata accanto a Ethan un paio di volte, osservandolo da sotto il mio cappello nero.
-Vai da lui- mi aveva detto Lauren
-E cosa gli dico?-
-Non lo so, ma una volta ti ha parlato-
Certo, durante una festa, quando Lauren mi aveva spinta contro di lui per avere una scusa per parlargli. Per poco non avevo fatto una gaffe storica e non mi ero rotta il naso. Ci mancava solo quello. Ethan era stato gentile, fin troppo. Mi aveva detto qualcosa, un complimento forse, ma la musica era troppo alta e non avevo sentito bene. Certamente un gesto di compassione. Non sapevo se Ethan fosse a conoscenza del mio... ecco, chiamiamolo vampirismo -mi piace di più che il termine malattia - ma certamente non avrebbe mai frequentato una come me. Una sfigata. Meglio stare con i piedi per terra quindi. Io ed Ethan Bryne appartenevamo a due pianeti diversi. L'unica cosa che potevo fare era immaginare un amore che non avrebbe mai potuto esserci.
Fissai la lettera. Poteva essere di Ethan? Il cuore fece un balzo. Non lo sapevo, però valeva fare un tentativo, no? Oh, sentivo la testa esplodermi. C'era anche un'altra cosa che dovevo affrontare. Mi morsi le labbra. Il college. I miei erano stati del parere di farmi andare fino a quando c'era Lauren. Erano certi che una vita normale mi avrebbe fatto bene, da quando però la mia migliore amica era scomparsa, beh, avevano cambiato idea. Mia madre sosteneva che il college fosse troppo pericoloso per me. Mio padre si diceva d'accordo. Inspirai a fondo. Dovevo affrontarli, dovevo dirgli che io al college volevo andarci. Inspirai a fondo. Dovevo trovare il coraggio che non avevo mai avuto.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa pensate di Izzy? E del resto del capitolo? La lettera ricevuta da Vicky è ovviamente quella che si trova all'inizio di questo romanzo (poi vedrò se spostarla).
A presto!
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