"Ma era bellissimo!"

Il caso volle che lo stesso post sul mio profilo social che aveva precedentemente colpito Mariangela, catturasse anche l'attenzione di sua cognata, la Dott.ssa Laura Dell'Edera. Ella mi contattò chiedendomi di sentirci telefonicamente, per potermi fornire le informazioni che aveva appreso dal marito.

Ricostruimmo un po' le vicende storiche di villa Montone Gabrielli e della mutazione del cognome da "Gabrieli" in "Gabrielli", voluta a quanto pare dal colto Monsignore.

Quanto a Guido, mi confessò di saperne ben poco, se non che il nonno di suo marito (il Colonnello) ne avesse pianto la perdita fino alla fine dei suoi giorni. Nessun accenno alle memorie che a questo punto, non sapevo neanche se fossero state realmente scritte, o fossero rimaste solo un qualcosa di intenzionale.

La Dott.ssa Dell'Edera aggiunse di conservare anche alcuni libri di scuola appartenuti al giovane, recanti la sua firma, apposta in una calligrafia ancora infantile.

"Dottoressa, e di foto di Guido? Ne esistono? Lei ne conserva per caso qualcuna?" – le chiesi istintivamente. "Sì, dovrei averne una dei quattro fratelli Gabrielli, che fotografai a mia volta tempo fa, ma dovrei reperirla tra i miei file. Se dovessi trovarla, sarebbe mia premura inviargliela" - fu la sua risposta.

La ringraziai cordialmente, ci augurammo reciprocamente Buone feste (era il 21 dicembre, vi ricorda nulla?) e riagganciammo la chiamata. A sera, presso il fruttivendolo, stavo ultimando la spesa e sullo smartphone mi arrivò la notifica di una mail ricevuta. Era della Dott.ssa Dell'Edera che aveva ritrovato tra i propri file la foto in questione e me la inviava. Restai senza parole.

L'immagine era in bianco e nero, o meglio in tonalità seppia, ma i lineamenti erano così chiari, che sembrava fosse stata scattata qualche istante prima, se non fosse stato per l'abbigliamento, chiaro segnale di un'epoca lontana.

"Accidenti, ma era bellissimo!" – mi scappò ad alta voce.

Mia mamma, che mi accompagnava, la fruttivendola e altre persone presenti, si voltarono all'unisono, rivolgendomi uno sguardo stranito.

Realizzai, vergognandomene come se non ci fosse un domani, di aver "pensato ad alta voce", come si suol dire. Una volta uscite dal negozio e avviateci verso casa, mia madre, perplessa mi disse: "Ma a chi ti riferivi dal fruttivendolo?"

"Ehm... ti ricordi che oggi ho sentito al telefono la Dottoressa Dell'Edera per le ricerche su quel ragazzo, Guido Gabrielli? Mi è arrivata una sua foto"- le spiegai.

Quando fummo a casa, sullo schermo ben più grande del pc, gliela mostrai.

Da sinistra c'era Guido, il fratello maggiore, fiero e impettito nella sua divisa che, evidentemente, doveva essere quella dei collegiali. Alto, slanciato, con capelli foltissimi e lisci, impeccabilmente pettinati. Pur non esistendo (ovviamente) all'epoca le foto a colori, evinsi facilmente che i capelli dovessero essere o di un castano chiarissimo, oppure di un biondo miele. Certamente non era moro. Labbra e naso erano perfettamente disegnati; gli occhi grandi e quasi sicuramente scuri.

Uno sguardo deciso e incredibilmente fiero di quelli di fronte ai quali è impossibile restare indifferenti. Essendo stata scattata la foto approssimativamente nel 1920, Guido vi appariva ritratto nello splendore dei suoi 18 anni. Confrontando la foto con quella inviatami da Ferruccio Ciulli, che pur ne era la miniatura ritagliata, sembrava che vi fossero ritratte due persone completamente diverse.

Accanto a Guido, in piedi su una sedia, la sorellina Maria Vittoria. Una vera e propria bambola nel suo vestitino bianco, con tanto di colletto di pizzo. I capelli a caschetto, le labbra a cuoricino e lo sguardo tra il tenerissimo e il furbetto. Sulla stessa sedia che vedeva in piedi la piccola, che da brava signorinella reggeva con la manina il vestitino, era seduto, a gambe accavallate Antonio, che avrà avuto a occhio e croce 5 o 6 anni. Di fianco a lui, in doppiopetto scuro, il giovane Mario, di tre anni minore di Guido.

"Ma tu guarda il caso: non fu proprio in questo periodo pre festivo che l'Architetto Ciulli ti inviò la foto,lo scorso anno?"- mi fece notare mia madre. Avevo, naturalmente, ancora salvata la conversazione whatsapp. Guardai la data: 21 dicembre 2018. Una coincidenza di quelle che fanno riflettere e sorridere.

La foto merita comunque di essere condivisa per la bellezza di questo quadretto familiare, quindi ve la propongo. Soffermatevi, se potete, sull'intensità dello sguardo di Guido, che sembra bucare l'obiettivo della macchina e sulla sconfinata dolcezza di quella principessina tra i tre fratelli maggiori. Restiamo ancora in tema di foto: dovete sapere che nel settembre del 2018 (poco prima che prendessero il "la" le ricerche) avevo iniziato a collaborare con la redazione di una testata giornalistica locale online, Noci24. Voi direte: "E che c'entra ora questa cosa con la storia di Guido?". Presto detto! Un pomeriggio, ero lì che spremevo ancora google come un limone per quanto potesse riguardare Villa Montone, e vidi apparire, nel corso della ricerca per immagini, una foto che mi lasciò a bocca spalancata.

Era scattata all'interno della cappelletta di famiglia, annessa al complesso masserizio e raffigurava una lapide commemorativa con il nome di Guido, seguito da un' incisione quasi identica (solo più estesa) a quella apposta sulla lapide vera e propria, dietro cui erano murate le sue spoglie.

"Guido Gabrielli, figlio di Giovanni e Beatrice Re David, nato in Taranto il 22 aprile 1903, pregustava il possesso di Montone ove condurre sposa la fanciulla amata, quando fiero morbo l'uccise il 13 aprile 1924, in questa stanzetta, dopo un anno di ansie e di speranze.
Bello, uomo, per senno, per cuore, da tutti adorato e pianto".

Da restarci allibiti. Anzi: doppiamente allibiti: ancora di più per il fatto che la foto recasse il logo di Noci24.

Lo stesso logo che anch'io  avevo imparato ad apporre su tutte le foto scattate da noi della redazione, e che sarebbero poi state inserite a corredo dei pezzi redatti. Aprii la foto e fui rimandata per l'appunto a un articolo risalente nientemeno che al 2016.

In redazione io non c'ero ancora, ma qualcuno dei miei colleghi aveva presieduto a questo evento culturale e fotografico: "Invasioni digitali a Villa Montone- Gabrielli".

Scorsi quelle righe, che tuttavia sulla storia della villa e di Guido nulla aggiungevano a quanto non sapessi già, per andare a leggere la firma del collega o della collega che avesse redatto il pezzo. Interpellai privatamente la persona in questione, alla quale avevo già accennato qualcosina in merito a queste mie ricerche.

Mi dissi: "Se ha fotografato proprio quella lapide, significa che l'avrà particolarmente colpita. Magari avrà chiesto per proprio conto e le saranno state date delle informazioni".

"Marica, mi dispiace ma non ricordo assolutamente nulla. È passato troppo tempo!" – fu la sua tristissima risposta.

Dopo tutto, è vero: ci sono cose che si ascoltano perché si deve essere lì in quel determinato momento, per "dovere". Se quelle cose però non c'interessano e non ci coinvolgono, l'ascolto è distratto, e tutto ci scivola di dosso, come pioggia su un impermeabile.

Mi sovvenne un pensiero molto triste: a quante persone Giovanni Gabrielli, sua moglie Beatrice e i loro figli avevano cercato di raccontare la storia di Guido? E quanti avevano finto di essere interessati e di compatirli, di comprendere perfettamente cosa provassero?

Non è forse così anche al giorno d'oggi? Quanti "Poverino/a, credimi, ti capisco appieno"- ci sentiamo dire quando abbiamo voglia magari di sfogare un po' del nostro dolore? Ha sempre funzionato e continua a funzionare così, ieri come oggi. Solo che ieri, forse, un pizzico di solidarietà e sincerità, di umanità in più, esistevano. Oggi? Mah...

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