Il necrologio e la rondine
Grazie alle dritte di due fidati amici, frugando nell'archivio della Gazzetta del Mezzogiorno, che al tempo si chiamava "Corriere delle Puglie", riuscii a reperire il necrologio di Guidino che la famiglia fece pubblicare. Anche in questo caso, parole che toccano il cuore: leggete voi stessi.
"Mentre i fiori sbocciano al tepore dell'incipiente primavera, Guido Gabrielli, di Giovanni e Beatrice Re David, nella primavera della vita reclinava il capo, lasciando nello strazio i genitori, i fratelli, i parenti, gli amici tutti. Non s'inviano partecipazioni. Noci, 13 aprile 1924"
Ed eccoci giunti alla fine: questa di Guidino fu la storia vera, che nacque e morì in primavera. Colonnello, Guidiello, ecco che io ho tenuto fede alla mia promessa: ho provato a raccontare questa storia che si è avviluppata al cuore, come quel gelsomino rampicante che ancora adorna la vostra dimora di Montone.
Se l'abbia fatto nel modo giusto, questo non lo so. Non penso, tuttavia, di aver mancato di rispetto né alla vostra memoria né di aver arrecato torto alcuno ai vostri famigliari. Del resto, se non aveste entrambi voluto che la storia fosse raccontata, che Guido fosse in qualche modo strappato alle dita fameliche del tempo, eterno distruttore, non avreste fatto in modo che io riuscissi a raccogliere le informazioni necessarie, avreste posto sul mio cammino una serie ben maggiore di ostacoli.
E suvvia, quante probabilità c'erano che si potesse ricostruire in dettaglio una storia così lontana? Non la storia di Napoleone Bonaparte, Alessandro Magno o un qualsivoglia personaggio che veda il suo nome sui libri di scuola, ma di un ragazzo, seppur di ottima e rinomata famiglia, morto a soli vent'anni?
E io ringrazio lei, Colonnello, per aver lasciato quelle pagine sigillate dalle sue lacrime, e ringrazio chi ha impedito che andassero al macero, che fossero inghiottite dal buco nero dell'oblio. Sai, Guidiello, sono passate tantissime delle tue amate primavere da quel 13 aprile, e ogni anno le rondini tornano a farti festa. Entrano nella cappella dove riposi, si esibiscono nelle loro chiassose giravolte e volano via, per poi rientrare e ancora uscire.
Un giorno di settembre, una mi cadde letteralmente ai piedi mentre uscivo, dopo averti salutato. Probabilmente, per la creaturina, le prime prove di volo non erano andate bene: aveva sbattuto contro la stessa vetrata da cui quel raggio mi indicò la tua lapide e, stordita, era caduta al suolo.
Gli occhietti già velati di disperazione, propri di chi è consapevole di una fine inesorabile, in totale solitudine.
Avevo una paura terribile di prendere in mano quella creatura tanto fragile: ne erano passati di anni quando le mie mani di bambina, assieme a quelle rugose del nonno, avevano ridato il volo a tanti piccoli di rondine, caduti dai nidi. Temevo di non ricordare più come si facesse, ma una possibilità quell'esserino la meritava.
La presi, la sollevai da terra e subito quel velo di morte scomparve dai suoi occhietti. Si attaccò saldamente al mio dito. La accarezzai un po' sulla testolina per tranquillizzarla. Non so perché, prima di lanciarla verso l'alto, la poggiai accanto alla tua lapide. Le chiesi di salutarti, se avesse potuto, quando avrebbe sfiorato il cielo.
Quel simbolo alato di primavera, per me in quel momento rappresentava te: una rondine caduta, che però non aveva più potuto volare.
La rondinina caduta all'uscita dalla cappella dove riposa Guido
Non sono mai stata, al tuo contrario, una grande fan della primavera, ma la cosa che mi rallegra di quel periodo è che le rondini non ti lascino mai da solo, che ti facciano costantemente festa. Avrei potuto concentrarmi su altri esponenti illustri della famiglia Gabrielli, a cominciare da Monsignor Vito e dal poeta Antonio, tuo diretto zio. Ma loro hanno potuto sbocciare pienamente; gli è stato concesso il tempo di lasciare dietro di sé moltissime e concrete tracce. Tu invece eri un bocciolo: e quando un bocciolo cade prima di sbocciare, ci si chiede che profumo avrebbe avuto, di quali colori sarebbero stati i suoi petali, quante e quali persone avrebbe potuto rendere felici.
E adesso che quella penna, restata a lungo bloccata nell'incertezza e nel timore, ha lasciato defluire di getto tutte le emozioni che mi hai regalato, posso dire missione compiuta? Forse non proprio!
Il tempo è impietoso, è un "eterno distruttore" (per dirla con le parole del tuo papà) e sicuramente cancellerà presto o tardi anche le mie parole, ma...almeno avrò l'illusione di tenerti un po' più in vita. Perchè ho sempre creduto che fossimo fatti di energie, oltre che di carne. E fino a quando c'è qualcuno che pensa a chi non c'è più, che lo ricorda e che lo fa ricordare, le energie continuano a fluire, a interscambiarsi e... si è vivi!
Spero che, d'ora in avanti, quando i coraggiosi che si svegliano all'alba per andare a correre, passeranno nei pressi di Villa Montone, oltre ad ammirarne la bellezza, indirizzeranno un pensiero anche a te, ai tuoi genitori, al tuo fratellino Ninì.
Buon volo Guidiello, rondinotto che nascesti e moristi in primavera e che nella primavera eterna rivivi. Ci credi che solo l'anno scorso feci caso al fatto che quella imponente costruzione, visibile da casa mia, che ogni sera brillava in lontananza, fosse proprio Villa Montone-Gabrielli? La nasconde solo la nebbia in autunno e nei primi giorni d'inverno.
Non sono riusciti ancora a oscurarla nemmeno i palazzi in costruzione che stanno nascendo. Ogni sera esco fuori dalla porta e guardo quella luce all'orizzonte. Orizzonte che m'appare come la linea di confine, tanto sottile da sembrare inesistente, tra il mio e il tuo tempo. E oltre quella linea, ti soffio un ogni sera un bacio della buona notte, immaginando che siate tu e i tuoi cari a tenere accese quelle luci, che abitiate ancora quel luogo da fiaba. Ora che tutti i tasselli in qualche modo sono si sono debitamente incastrati, mi manca solo una cosa che vorrei conoscere di te: il tuo sorriso! Quel sorriso intelligente di cui parlavano in molti, tra coloro ti hanno pianto assieme ai tuoi genitori. Magari, chissà, salterà fuori una foto che ti ritragga meno impettito, con il sorriso da tutti decantato, lì eternato in bella mostra.
Consentimi però, di concludere queste mie pagine con una foto. La foto della tua lapide, dove il cuore ha portato i miei passi in ogni stagione. Col mite tepore e con il profumo della tua tanto adorata primavera; con la croccantezza delle foglie autunnali, con la pioggia, il vento e il rigore dell'inverno, al canto di qualche pettirosso nascosto tra le foglie; e in fine con l'odiata e sfiancante calura estiva. Ho cercato di non mancare un giorno, così come per gli altri miei cari, perché caro ormai mi eri diventato. Ho voluto portare su quella lapide un ingrandimento della foto inviatami dalla Dott.ssa Dell'Edera. Volevo che chi entrasse in cappella, sapesse quanto fossi bello. Ti ho voluto donare un Angioletto, e incredibilmente c'era anche dove agganciarlo alla sommità di quel marmo. Stavo smontando l'albero di Natale, come faccio sempre passata la Candelora, e mi ritrovai tra le mani quell'Angioletto tutto argentato, che ben si sposava col colore del marmo. Pensai: "Questo è per Gudiello", e invece di conservarlo assieme agli altri, lo portai a farti compagnia.
In mano ha una lanterna, per farti eterna luce, e sul petto gli ho applicato una coccinella adesiva: dicono che sia messaggera tra il mondo dei vivi e quello di chi non c'è più. E siccome, quando viene sera, a cimitero le luci elettriche le spengono, un lumino e quell'Angioletto, avrebbero segnalato agli altri Angeli che lì ci fosse qualcuno che continuasse ad essere amato.
E posso farti una confidenza? Dietro quel marmo io non ho mai immaginato delle fredde ossa macilente, ma un bellissimo giovane dormiente, in attesa della primavera che finalmente lo risvegli. E che male c'è se una ragazza che di certo non è una principessa, viene a lasciarti ogni giorno un bacio, pur sapendo che nessuno di essi potrà mai farti riaprire gli occhi? Una favola tutta nostra questa avventura di ricerca e di immotivato, incomprensibile amore. Ma delle favole, si ha veramente tanto bisogno al giorno d'oggi. Devo dire che è stata come una caccia al tesoro: frastagliata sì di ostacoli e difficoltà, in seguito ai quali è sopraggiunta anche la voglia di lasciar perdere, ma anche di continue emozioni e sorprese. E non so perché, ma è una cosa che sento: questa storia potrebbe continuare a riservarmi sorprese anche dopo la stesura. Magari, a lettura ultimata, qualcuno potrebbe voler aggiungere dei tasselli, soprattutto le persone più anziane che abbiano non dico testimonianza diretta (son passati 98 anni dalla morte di Guido quindi le testimonianze dirette posso sognarmele) ma almeno lucide e attendibili sulla base di quanto tramandato da nonni, zii, genitori ecc. Staremo a vedere: la curiosità resta più accesa che mai!
La tomba di Guido com'era e com'è oggi
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