⁴⁸. 𝘚𝘵𝘢𝘯𝘻𝘢 𝘉𝘪𝘢𝘯𝘤𝘢
– Preparati, Edin. Hai visite.
La voce rimbombò nella sua cella, ridestandolo di colpo dal lieve sonno che gli aveva appesantito gli occhi. Non aveva molto da fare lì dentro, oltre a dormire, riflettere e osservare Eve. Eddie l'aveva notata parlare al vuoto un paio di volte, senza riuscire a udirne la voce. Evidentemente dovevano aver spento l'interfono che gli permetteva di ascoltare le conversazioni tra la ragazza e i dottori, celandogliele per un qualche motivo.
Non ebbe bisogno di impegnarsi per comprendere se la voce che gli aveva parlato fosse quella di Iris o di Saryu, dal momento che solo la dottoressa Svart lo chiamava col suo vero nome.
Eddie sentì un moto di irritazione sbocciargli nel petto, e strizzò gli occhi per svegliarsi completamente.
Senza avere il tempo di tirarsi a sedere, vide la porta aprirsi, e l'uomo chiamato Xander affacciarsi sullo stipite. Quando un paio di ore prima l'aveva aiutato a lavarsi, Eddie aveva potuto constatare quanto fosse forte e massiccio, e con grande rammarico aveva dovuto realizzare che in una lotta corpo a corpo non avrebbe affatto avuto la meglio, cosa che accadeva di rado. Un altro ostacolo alla libertà.
Xander stava tamburellando il proprio piede per terra, attendendo che Eddie si rinfilasse la sua maglietta bianca. Lui lo osservò con la coda nell'occhio, notando quanto l'uomo sembrasse avere i nervi a fior di pelle. Quando si fu vestito, Xander lo mise maldestramente in piedi, senza dire una parola. Eddie si sentì sollevare, e d'istinto serrò gli occhi.
– Dove stiamo andando? – provò a chiedergli.
L'uomo stette in silenzio, trascinandoselo quasi a peso morto lungo il corridoio. Eddie sapeva che avrebbe dovuto approfittarne per memorizzare la piantina dell'ala, eppure l'ansia che esalava da Xander ebbe il potere di distrarlo da quel compito.
– Ora vedrai – tuonò l'uomo, facendo vibrare l'aria con la sua voce profonda. Qualcosa nel suo tono gli mise i brividi. Di chi mai dovrebbe avere paura un armadio del genere?
Non passò molto prima che Eddie sentisse una porta aprirsi davanti a sé, percependone lo spostamento d'aria. Sentì l'uomo adagiarlo su una sedia, prima di udire i suoi passi che si allontanavano in fretta.
– Grazie, Xander. Puoi andare.
A parlare era stata una voce maschile poco lontana da Eddie, il quale aveva ancora gli occhi serrati. Sembrava una voce familiare, e nonostante avesse pronunciato poche parole, notò comunque che grondava di una fredda autorevolezza.
Eddie si assestò meglio sulla propria sedia, decidendo infine di aprire gli occhi. Mise a fuoco la persona che aveva appena parlato, e sentì il proprio cuore mancare un paio di battiti.
Di fronte a lui stava il Presidente della Chiesa del Giudizio, Karl Abramizde. L'uomo teneva le mani intrecciate sul tavolo bianco che li separava, indossando un sorriso tirato e incredibilmente fasullo.
Ai lati del Presidente vi erano un paio di Sorveglianti, coi caschi rossi a coprirgli il viso e i manganelli elettrificati ben saldi tra le mani. Nella stanza non c'era nient'altro, a parte una telecamera e un altoparlante, dietro ai quali Eddie immaginò si celasse la costante presenza di Iris Svart.
Sentì la gola seccarsi, e le mani imperlarsi di sudore. Il suo corpo si fece più pesante, incollandosi alla sedia sulla quale Xander l'aveva posato in fretta, come un sacco di spazzatura. Per istinto si appiattì sullo schienale, cercando di mettere la maggiore distanza possibile tra lui e quell'uomo dall'espressione inumana.
Abramizde lo osservò, continuando a sorridergli placidamente. Eddie notò come la sua pelle non mostrasse alcuna ruga, né alcuna piaga del morbo di Met. La sua figura, tuttavia, era chiaramente quella di un uomo che aveva superato i settant'anni. In quel momento, l'idea che lui e gli altri oligarchi avessero tenuto per sé la cura per il morbo non gli sembrò una semplice ipotesi, quanto una lucida certezza.
– Piacere di conoscerti, Edin – disse l'uomo, scandendo ogni parola come se avesse voluto imprimergliela a fuoco sulla pelle. Il suo tono affilato lo colpì, ed Eddie non poté far altro che rimanere in silenzio.
– È da tempo che sento parlare di te, e ora che finalmente sei qui non potevo non venire a trovarti. Come stai?
Eddie si risvegliò leggermente a quelle parole, percependo una nota di dissonante irritazione fargli stringere i pugni. Mi sta prendendo in giro. Quel semplice pensiero bastò a fargli tornare la voce.
– Non c'è male, a parte il fatto che sono ferito e recluso.
Abramizde gli sorrise, senza lasciarsi sfiorare dal suo sarcasmo.
– Fossi in te non parlerei di "reclusione", quanto di opportunità.
Eddie soffiò dell'aria dal naso, rivolgendogli un sorriso ironico. Tuttavia, evitò di rispondergli acidamente, inquietato dalle armi imbracciate dai Sorveglianti. Una parte di lui sapeva che lo volevano vivo, ma non poté comunque fare a meno di preoccuparsi.
– Mi dispiace per la tua ferita. Avremmo voluto vederti completamente in salute, ma purtroppo le cose non sono andate come speravamo. Ci siamo affidati alla persona sbagliata per farti avvicinare a noi. A proposito, mi rammarico per la tua perdita. Il giovane Svart era un ragazzo molto intelligente, anche se alla fine ha preferito remarci contro.
Eddie ci mise qualche secondo a capire che stava parlando di Rein, e sentì le braccia punteggiarsi di pelle d'oca.
– Rein è ancora vivo – disse, incurante di quanto il suo tono sembrasse stridulo.
Il Presidente lo squadrò, vestendo una maschera di costernazione. Tuttavia, Eddie avrebbe giurato di averlo visto vacillare, prima di celarsi dietro all'ennesima espressione modulata.
– Non ti biasimo per volerti aggrappare a questa... Convinzione. In fondo eravate molto legati, praticamente dalla nascita. Suppongo che la dottoressa Svart ti abbia raccontato tutta la storia.
Eddie si prese un attimo prima di rispondergli, continuando a stringere i pugni sotto al tavolo. – Sì, lo ha fatto. – Gli risuonarono in mente le parole del sé stesso del giorno precedente, incredulo e sconvolto da quelle rivelazioni. "Mia madre ha salvato Rein". Gli sembrava fosse accaduto una vita prima.
– Bene. Tuttavia, sono sicuro che tu abbia ancora delle domande da farci. Sono venuto qui per rispondere a esse, oltre che ovviamente per conoscerti da vicino.
Quella frase lo spiazzò. Ancora una volta, si chiese come mai dovesse essere il Presidente in persona a porsi di fronte a lui in quel modo, e non la dottoressa Svart, che si ostinava a parlargli tramite interfono senza lasciarsi vedere.
Abramizde continuò a parlare. – Innanzitutto, partirei dal perché tu sia qui, in questo Laboratorio. Ti è stato spiegato?
Eddie strizzò gli occhi, feriti dalle luci intense della stanza. – Sì.
– E cioè?
– Sono l'ultimo maschio non sterile. E dal momento che Eve è l'ultima femmina fertile, suppongo voi vogliate... Farmi riprodurre con lei. – Eddie sentì un conato risalirgli dalla bocca dello stomaco, e dovette impiegare tutte le proprie forze per impedirsi di vomitare di fronte al Presidente della Chiesa. – Siete dei folli se pensate che non mi opporrò.
Abramizde ignorò la sua ultima frase come fosse stata una mosca fastidiosa, scansandola a mezz'aria.
– È esatto. Vedi, Edin, tu ed Eve siete speciali.
A lui vennero in mente ancora una volta le parole di Rein. – No, io non sono speciale. Siete stati voi a scegliere la direzione che avrebbe preso la mia vita, senza che io potessi farci nulla.
Il Presidente serrò la mascella, accusando i colpi di quelle parole. Nonostante ciò, la maschera di cortesia non si mosse dal suo viso.
– Come dicevo prima, questa è solo la tua interpretazione dei fatti. Noi tutti consideriamo invece il tuo ruolo come di grande importanza, e la tua condizione come un'opportunità. È vero, sei stato trascinato in una questione più grande di te. Tuttavia, non vuol dire che una volta al suo interno tu non possa giovarne, aprendoti all'ignoto e al progresso. In quanto esseri umani, siamo mossi da questo spasmo. Ricordi il motto dell'Accademia LaBo?
Eddie non gli rispose, tuttavia le parole che aveva mandato a mente da ormai dodici anni esalarono comunque dai meandri della sua mente: "completarsi attraverso la conoscenza".
Abramizde sorrise, probabilmente intuendo a cosa stesse pensando.
– Non erano parole vuote. Quando abbiamo scelto quella dicitura, sapevamo quanto sarebbe stata utile alla vostra formazione. Non solo come LaBo addestrati a sopravvivere, ma come esseri umani completi.
Il Presidente fece una breve pausa, passandosi le dita sulla pelle sotto agli occhi, priva di qualsivoglia borsa od occhiaia.
– In fondo è questo ciò che ci ha sempre permesso di progredire: la tensione verso la conoscenza. Un istinto primordiale che ci ha fatti spingere sempre più in là, per comprendere ciò che siamo e ciò che ci circonda. Siamo sbarcati sulla Luna e su Marte, abbiamo creato auto sospese, ottimizzato la tecnologia, curato la maggior parte delle malattie. – Abramizde si fermò il tempo di un sospiro.
– Tuttavia, queste imprese le abbiamo sempre compiute senza curarci delle conseguenze. E, come ben sai, i nostri sensi di colpa ci hanno portati a prendere l'irrevocabile decisione di cancellarci dalla faccia di questa prosciugata Terra. Nonostante ciò, perdere l'opportunità di riprodurci non ci ha affatto resi più saggi. Le persone sarebbero allo sbando, se noi in quanto Chiesa del Giudizio non tenessimo sopita la loro vera natura. Non sei d'accordo?
Eddie impiegò qualche secondo a comprendere che Abramizde volesse davvero una risposta. Si sforzò di concentrarsi, annebbiato dal mal di testa.
– Mi sta chiedendo se sono d'accordo con le continue violenze della vostra dittatura?
Il Presidente lo trapassò con lo sguardo, sino a provocargli un acuto dolore sul retro della nuca, come se gli avesse premuto la mano sulla ferita.
– Di nuovo, questa è solo la tua visione, Edin. Con l'Espiazione abbiamo dato voce alla maggioranza delle persone, che non ne potevano più di vedere gli egoisti procreatori generare torme di eredi, gettandoli su un pianeta privo di risorse solo per un capriccio personale. Tuttavia, nonostante questa lucida consapevolezza, gli esseri umani prima o poi tornano sempre sui propri passi, desiderando di ricominciare a perpetrarsi. E allora, cosa avremmo potuto fare noi, se non utilizzare ogni mezzo per mantenere la pace?
Eddie fissò gli occhi cerulei di Abramizde, cercando di non distogliere lo sguardo. Erano stretti e freddi, e sembravano lo specchio inverso dei suoi caldi occhi blu.
– Vi sbagliate. Voi non avete a cuore il benessere delle persone, né la pace. Avete reso obbligatoria la sterilizzazione solo per ottenere potere e consenso, e avete fatto sparire chiunque la pensasse in maniera diversa.
Eddie ricordò le immagini viste in olovideo, così come il dolore negli occhi di Florian ogni qualvolta avessero parlato dell'Espiazione. Nonostante ai LaBo fosse stata inculcata l'ideologia della Chiesa del Giudizio, il resto della conoscenza appresa gli aveva fatto sviluppare un affilato pensiero critico. Inoltre, l'aver conosciuto Ian, così come l'aver testimoniato gli eventi successivi all'Incidente del Quadrante, nel suo caso avevano aggiunto all'equazione un certo astio verso la Chiesa. Continuò a parlare all'uomo, sputando le parole come fossero acido.
– Le persone se la sarebbero cavata anche senza di voi. Senza Sorveglianti, senza purghe di Disallineati, senza le repressioni delle sommosse. Ho visto cosa avete fatto, dopo che la vita di Eve è rispuntata sul Quadrante. Non l'ho dimenticato. Nessuno lo ha fatto.
Il Presidente lo fissò con interesse, per poi scoppiare in una breve risata, che gli gonfiò il busto quasi studiatamente.
– Sei un bravo ragazzo, Edin, forse troppo. Ma sei un ingenuo se credi che le persone si sarebbero autoregolate da sé, senza alcun tipo di coercizione. Dai a un bambino una pistola, e ti farà saltare la testa. Di' alle persone che non hanno nulla da perdere perché condannate all'estinzione, e vedrai che la prima cosa che faranno sarà spaccare le vetrine dei negozi e darsi all'anarchia.
Eddie rimase inaspettatamente turbato da quelle parole. Ripensò a quando aveva salvato il ragazzo Pre dal negozio in fiamme. Quella notte, mentre cercava di prendere sonno, aveva pensato a quanto gli sciacalli che avevano saccheggiato le botteghe non fossero affatto coinvolti nelle sommosse, quanto piuttosto avessero semplicemente approfittato della situazione.
Abramizde sembrò notare qualcosa, e soppesò il suo sguardo prima di proseguire. – Sai, oltre che dalla conoscenza, credo che gli esseri umani siano mossi da un'altra cosa: la violenza. La voglia di soverchiarsi l'un l'altro sino ad annientarsi del tutto. Siamo molto poliedrici: possiamo elevarci ad altezze vertiginose, ma anche cadere con altrettanta rapidità. Fino a ora abbiamo perseguito la conoscenza e il progresso unitamente alla violenza, uccidendoci l'un l'altro e uccidendo il pianeta. E qui arriviamo al nocciolo della questione: è possibile scindere le due cose?
Eddie non seppe come ribattere, e il Presidente ne approfittò per proseguire.
– Eri bravo in Accademia, Edin. Ricordami in cosa consiste il nostro culto del Reset.
Lui continuò a non rispondere, e vide uno dei due Sorveglianti trafiggerlo con gli occhi, muovendo leggermente l'arma che imbracciava. Capì che il silenzio prolungato non era affatto un'opzione.
– Il Resettismo immagina un paradiso post-morte che prevede una Terra riequilibrata nelle sue risorse, pura e incontaminata, nella quale ritrovare i propri cari defunti e vivere in felicità.
Eddie parlò tutto in un fiato, e gli sembrò quasi di aver riportato per filo e per segno le nozioni di un qualche manuale studiato tempo prima.
– Bene, in sostanza il succo è questo. Avrai intuito anche tu che si tratta di un culto giovane che abbiamo messo in piedi con scopi puramente strumentali, per assecondare i più reconditi desideri delle persone.
Eddie sgranò gli occhi, allibito. Aveva sempre saputo quanto quel culto facesse acqua da tutte le parti, ma un conto era pensarlo nel profondo della propria mente, un altro era sentire quelle parole provenire dalla bocca di colui che ne era il fautore.
– Tuttavia, c'è qualcosa che ho voluto conservare, di questo oppio per i popoli. Ed è l'idea che gli fa da sfondo, quella che ipotizza un pianeta mondato da tutto ciò che l'ha afflitto negli ultimi duecento anni. Virus, guerre, catastrofi climatiche. Riesci a seguirmi?
Lui si sentì mancare il fiato, osservando incredulo l'inquietante immagine che i pezzi del puzzle stavano componendo davanti ai suoi occhi. Vide Abramizde sorridere, gustandosi la sua reazione.
– Io voglio portare il paradiso del Reset in terra – disse. – Voglio azzerare l'umanità.
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