¹⁴. 𝘙𝘪𝘧𝘶𝘨𝘪𝘰

Camminarono per mezzo chilometro senza dirsi nulla, sgusciando furtivi tra gli alti grattacieli. Il cielo si era velato già da un po', ma il clima non accennava a rinfrescarsi. I due ragazzi, così come chiunque altro, erano ormai da tempo abituati agli sbalzi termici e agli eventi atmosferici estremi. L'aria secca che gli incollava i vestiti addosso aveva finito per accompagnarli nel loro vagabondaggio, tra i detriti e i lampioni divelti.

Rein si fermò davanti a un vicolo tra due palazzi di media grandezza, e imboccò delle strette scalette che scendevano verso il basso. Si fermò dopo qualche metro senza dire nulla, facendosi da parte.

Eddie rimase assolutamente senza fiato. Al termine di quelle scale si estendeva uno specchio di acqua cristallina, che occupava lo spazio davanti a loro a perdita d'occhio.

Sapeva che Malthesia aveva una zona marittima, ma gli era capitato di riuscire a scorgerla solo da lontano, durante i compiti esterni per conto dell'Accademia. Ciò che stava guardando in quel momento era una veste nuova del mare, illuminato dal Sole di mezzogiorno che vi formava pozze di luce al centro.

Mise a fuoco meglio, e notò che in alcuni punti l'acqua era trafitta da tetti appuntiti e comignoli di pietra, che spuntavano dalla superficie come pinne di squalo minacciose. Saranno stati sommersi con l'innalzamento delle acque, si disse. Vestigia di un passato dimenticato, in cui gli esseri umani potevano permettersi ancora di andare a vivere a qualche chilometro dalla costa.

Eddie abbassò lo sguardo e vide che, poco lontano dai suoi piedi, l'acqua lambiva il cemento con le sue propaggini trasparenti. Iniziò a scendere le scale. Arrivato al gradino più lontano, si accovacciò e immerse le dita nell'acqua. Bollente. Non si aspettava qualcosa di diverso, nonostante fosse ottobre. Asciugò la mano sulla felpa e si girò verso l'altro ragazzo, che si era gustato il suo stupore sino a quel momento.

- È questo il posto che volevi mostrarmi? -

- Quasi - rispose Rein, con un sorriso enigmatico. Salì nuovamente le scale tra i due palazzi, e arrivato al primo gradino girò bruscamente a sinistra, infilandosi in una piccola porta di legno ritagliata in un portone più grande.

Eddie rimase senza fiato una seconda volta: al centro della stanza c'era un enorme albero dalla folta chioma, con un tronco spesso quanto un'automobile. I suoi rami si intrecciavano occupando l'intera ampiezza del soffitto, saldandosi inestricabilmente gli uni agli altri. Il Sole approfittava del fatto che al palazzo mancasse il tetto, e riempiva la stanza filtrando tra le foglie e tra le poche travi di legno, che combattevano una vana lotta contro lo scorrere del tempo.

Si avvicinò all'albero e posò una mano sulla corteccia, ruvida e vigorosa. Poteva sentire tutta la forza che quell'albero, una quercia, portava con sé da chissà quante centinaia di anni. Attorno alla sua base si trovava un cerchio di massi ormai divelto dalle radici, che avevano spaccato il pavimento e si dirigevano robuste verso le pareti.

Rein si avvicinò a sua volta all'albero e, con grande sorpresa di Eddie, iniziò a scalarlo senza alcuna difficoltà. Scelse una rientranza nella corteccia e ci infilò un piede, facendo forza per tirarsi su. Arrivato a circa tre metri d'altezza, tirò fuori un vecchio pallone da volley da una cavità. Eddie notò che vi erano anche dei fogli di carta nascosti, ma si trattenne dal chiedere cosa fossero.

Avrebbe voluto scalare anche lui la quercia, e rimase deluso quando vide che il ragazzo stava già ridiscendendo con un salto. Arrivato a terra, fece rimbalzare il pallone un paio di volte. La sua camicia chiara si era impolverata un po', ma sembrava che non gli importasse. Rivolse infine lo sguardo verso di Eddie e gli lanciò il pallone, che lui afferrò prontamente.

- Benvenuto nel mio rifugio - gli disse, allargando le braccia con fare teatrale.

Eddie non seppe cosa dire. Il suo stupore era ormai trasparito da tempo, e aveva la testa piena di domande.

- Come mai mi hai portato proprio qui? - chiese.

- "Mi piace osservare la natura" - disse Rein, facendogli il verso e ingrossando la voce per rendere l'impressione più realistica. Eddie si stropicciò i capelli, arrossendo. Rein lo notò, e la cosa sembrò imbarazzarlo leggermente di rimando.

- È un buon posto per parlare lontano da occhi indiscreti - aggiunse in fretta. - Qui non ci sono telecamere, e questi palazzi non sono mappati. Suppongo che sia perché un luogo del genere non ha alcuna utilità pratica. -

Eddie annuì. Avrebbe voluto chiedergli come avesse scovato quel posto la prima volta, ma ormai lo aveva inquadrato, e sapeva che avrebbe ottenuto solamente una risposta vaga.

- Già. Nessuno verrebbe mai in questo posto sporco e abbandonato - rispose. La polvere che invadeva quell'androne lo stava facendo soffocare, e seppur la vista fosse estremamente gradevole, non poté fare a meno di pensare che avrebbe dovuto lavarsi per bene una volta tornato a casa.

- Non dire blasfemie - gli rispose Rein. Tirò via il pallone dalle sue mani, ricominciando a farlo rimbalzare per terra. - I posti abbandonati hanno qualcosa in più. -

- Per quale motivo? - chiese Eddie, confuso.

Rein alzò uno sguardo ferino su di lui, come se lo avesse accusato di qualcosa.

- Si può stare in pace da soli, senza nessuno che venga a blaterare di "aggregazione" e "socialità". E poi sono posti interessanti. Tempo fa qualcuno qui è stato felice, e ha vissuto una vita intera senza immaginare il futuro in cui viviamo. Tra queste mura qualcuno ha giocato, cucinato, studiato, messo al mondo dei figli. -

Rein si interruppe, abbassando lo sguardo. Sentì di aver detto troppo, ma decise di continuare.

- Quando sono qui posso non essere me stesso e diventare qualcun altro. Non sono più un abitante di Malthesia, né un LaBo. Niente obblighi, niente doveri. Lo capisci? -

Rein lo stava fissando, attendendo una risposta. A Eddie venne in mente la prima volta che aveva parlato di cose del genere con Florian. Del bisogno di stare da soli, una sensazione che aveva provato poche volte in vita sua, ma che dopo tanto tempo era riuscito a comprendere.

- Sì - rispose infine. - Lo capisco. -

- Bene - disse lui, rigettandogli la palla in grembo. Eddie la fece rimbalzare sul terreno. I due stettero per un po' in silenzio pensando a cosa poter dire, giocando a passarsi il pallone. A un occhio esterno sarebbero sembrati dei semplici adolescenti che si godevano il proprio tempo libero.

- Nessuno ha detto nulla, oggi - disse a un tratto Eddie, rompendo il silenzio. Il pallone fece un rumore sordo sul pavimento di pietra, e riprese il suo movimento.

- Ho notato la stessa cosa - rispose Rein. - Hai visto quelle facce vuote giù in strada. Nessuna domanda. Anche Abramizde non ha emanato alcun comunicato. -

Eddie aveva completamente dimenticato di accendere la olovisione per controllare se fosse stato detto qualcosa sul Quadrante. Raccolse quell'informazione facendo finta di nulla.

- Pensi che sia un bene o un male? - chiese al ragazzo.

- Non lo so. Da un lato, se confermasse che il Quadrante ha commesso un semplice errore, dovrebbe giustificare le repressioni di ieri notte. Dall'altro, se facesse finta di nulla, sono sicuro che ci sarebbero di nuovo delle rivolte. -

- Eppure ieri parlavi di quanto le persone fossero remissive e sottomesse - gli rispose Eddie.

- Già. Però, come hai detto tu, il fatto che non stiano facendo nulla non significa che approvino il silenzio della Chiesa sulla questione. -

Eddie si stupì che le sue parole potessero aver stimolato quel ragionamento, e si sentì leggermente lusingato.

Prima ancora di pensare a come poter ribattere, il suo flusso di pensieri fu interrotto da un forte ronzio proveniente dall'esterno. Il pallone gli cadde dalle mani, e insieme a Rein sgusciò fuori dal portone di legno, attirato da quel suono.

Uno degli enormi schermi attaccati alla facciata di uno dei grattacieli si era come rianimato, e su di esso avevano iniziato a comparire delle figure, prendendo forma un pixel alla volta. I due ragazzi videro stagliarsi sulle loro teste un'enorme riproduzione del logo della Chiesa del Giudizio, due mani che si stringevano con sullo sfondo il globo stilizzato della Terra. Si scambiarono brevemente un'occhiata, rimanendo in attesa.

Il logo scomparve dopo qualche istante, lasciando spazio a un'immagine del viso di Karl Abramizde, Presidente ad interim della Chiesa del Giudizio.

Il suo volto sembrava segnato dall'età, ma non quanto avrebbe dovuto esserlo. Giravano voci sul fatto che avesse più di settant'anni, e che quindi fosse in età fuori-Conclusione. Nessuno era mai stato in grado di provarlo, e sollevare un'accusa del genere gli sarebbe costato caro.

Lo sguardo affabile del Presidente cozzava col resto della sua espressione, resa dura dalla mascella squadrata, che teneva contratta. Non aveva un filo di barba, e la sua pelle diafana era di un'uniformità innaturale. L'ovale del suo viso occupava un terzo dello spazio dello schermo. Per il resto era visibile solo lo sfondo del suo studio, una semplice parete bianca.

Abramizde iniziò a parlare, e i due LaBo trattennero il fiato.

- Carissimi concittadini, vi auguro un buon pomeriggio. "Pace e prosperità" a tutti voi - disse, mettendo la mano destra sul cuore e poi puntando l'indice e il medio uniti verso la telecamera. Eddie ricordò infastidito le migliaia di volte in cui aveva dovuto compiere il gesto della "pace sociale" in Accademia, in fila con gli altri camerati all'inizio di ogni nuova giornata.

- Oggi il clima è mite, nonostante sia autunno inoltrato. Le piogge di ieri hanno allagato una sezione ribassata della zona C, a ridosso della vecchia costa. Siamo al lavoro per liberare le case colpite dall'alluvione. Chiunque si trovi nel perimetro interessato è pregato di raggiungere l'hub di Levatrici Spirituali più vicino al proprio quartiere. Lì troverà un pasto caldo, gentilmente offerto dalla vostra Chiesa, e tutto il conforto necessario. -

Il Presidente fece una pausa, poi continuò a parlare.

- Nonostante le piogge di ieri siano state un disastro per molti, vi invito a guardare alla giornata presente con rinnovata gratitudine, augurandoci che una cosa del genere non si debba ripetere mai più. -

Mentre pronunciava quelle parole, il suo sguardo si era fatto severo. Eddie e Rein si scambiarono un'altra occhiata, e capirono immediatamente come quelle frasi nascondessero in realtà un monito per i rivoltosi, e come quella della "pioggia" fosse una metafora ben costruita per minacciare chi si sarebbe ostinato a cercare la verità sul Quadrante.

- Detto questo, auguro a tutti i miei amati concittadini una splendida giornata, e li esorto a perseguire sempre la produttività e a compiere i propri doveri. Ancora pace e prosperità a tutti voi, e ricordate che uniti resisteremo, divisi crolleremo. -

Nell'ultimo segmento la sua espressione era ritornata a una tranquilla e cordiale indifferenza. La comunicazione registrata si ripeté, come di consueto, nelle altre lingue diverse dall'Inglese Standard. In quel momento, di certo, il monito travisato si stava riverberando in tutto il mondo, seppur corredato da notizie del giorno differenti.

Terminata la comunicazione nelle varie lingue, l'ologiornale proseguì con le immagini dell'alluvione nella zona C.

I due ragazzi rimasero senza parole. Eddie sentì una bolla d'ansia gonfiarglisi nel petto: la Chiesa aveva appena negato l'accaduto del giorno precedente. L'immagine della donna che aveva visto trascinare via dai Sorveglianti si materializzò davanti ai suoi occhi, crudele quanto la prima volta.

Probabilmente la Chiesa aveva deciso di indagare per conto proprio sul Quadrante, e questo significava che quel cambiamento non era dipeso da lei. Oppure, avendo causato lei stessa il malfunzionamento, aveva deciso di glissare sull'accaduto e di far sparire chiunque avesse osato fare troppe domande.

Le mani di Eddie tremavano ormai da qualche minuto. Si girò verso Rein, cercando un sostegno, una parola di conforto, qualsiasi cosa.

Il ragazzo, tuttavia, stava ancora fissando lo schermo. Un ghigno beffardo gli aveva deformato le labbra, e nei suoi occhi lampeggiava una luce folle.

- Hai sbagliato, caro Karl. Hai sbagliato tremendamente - lo sentì dire tra sé e sé, continuando a sorridere. Rein si voltò verso di lui, ignorando il suo sguardo spaventato.

- Credo che sarà difficile tornare a casa. -

Eddie non rispose, e sentì un brivido scavargli la schiena.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top