⁶⁹. 𝘙𝘦𝘪𝘦𝘵𝘵𝘪

– A che pensi?

Florian stava affacciato da una delle balconate, coi gomiti appoggiati alla ringhiera. Le sue mani sottili sporgevano verso il vuoto, e le nuove garze che gli avvolgevano le braccia scintillavano bianche come l'avorio. Yae si costrinse a non ricordare quanto lo spessore delle sue cicatrici, quando lo avevano medicato in infermeria, l'avesse lasciata interdetta.

– A nulla in particolare – rispose lui.

Lei raccolse quella risposta senza ribattere. Si affiancò all'uomo, poggiando la schiena sul corrimano. Da lassù potevano vedere la piazza principale della città sotterranea, l'unica zona del Lethe nella quale giungesse un po' di Sole, grazie al lucernario incastonato nell'altissimo soffitto. La piazza aveva una pianta tonda, e attorno a essa correvano delle pareti intarsiate di scale e parapetti, come quello che occupavano in quel momento. Yae aveva visto Florian salirci, e nonostante l'idea di disturbarlo non l'avesse fatta impazzire, aveva deciso di seguirlo. Da quando era giunto, cinque giorni prima, aveva avuto pochissime occasioni di parlarci, sebbene l'uomo al suo arrivo avesse chiesto proprio di lei.

Con la coda dell'occhio guardò la piazza in basso, nella quale un drappello di persone si stava agitando emanando grida di entusiasmo. Yae sbuffò leggermente, scuotendo la testa. Florian parve accorgersi di quel movimento, e il suo volto si distese in un piccolo sorriso.

– Credi che ne avranno ancora per molto? – le chiese, gettando a sua volta un'occhiata al variopinto gruppo.

– Non lo so – gli rispose lei, incurvando la testa all'indietro. – Ma spero che ci diano un taglio, prima che qualcuno si faccia davvero male.

Quella situazione aveva avuto origine un paio d'ore prima, anche se Yae non aveva la più pallida idea di come ci fossero arrivati.

Dopo la loro sessione di addestramento, Ann aveva avuto un diverbio con Willas. Poco dopo il suo arrivo, il ragazzo era stato inquadrato come istruttore, forte dell'esperienza nel Corpo Sorveglianti. Nonostante il Leader non avesse ancora avuto un colloquio coi nuovi arrivati, preso dal ritorno di sua figlia, aveva dato disposizioni affinché Willas potesse contribuire ad addestrare gli aspiranti soldati che affollavano il Lethe, Yae e Ann comprese.

Quando si erano recati al poligono, tuttavia, Ann si era rifiutata di farsi aiutare da lui, spiazzandolo. Osservando la scena, Yae aveva subito compreso il motivo di quell'astio, ricordando come la madre di Ann fosse stata uccisa proprio da un Sorvegliante, mentre rubava delle medicine.

Il ragazzo era stato sostituito da un altro istruttore, e Ann aveva continuato a non rivolgergli la parola sino a quando non si erano ritrovati di nuovo assieme, a mensa. Si erano seduti tutti a una delle lunghe tavolate comuni, e la ragazza si era messa a parlare con Florian dell'allevamento del Lethe, catturando la sua attenzione.

"Io non ce la farei. Una volta guardai il filmato di una macellazione, risalente a quando ancora potevamo permetterci di mangiare gli animali. Non riuscii neanche a finirlo", aveva detto lui ad Ann.

"Anche a me fa abbastanza schifo", aveva risposto lei. "Ma per riuscirci, di solito immagino che si tratti di un fantoccio di plastica, di una cosa sintetica. Un po' come ci disse Klaus."

"Chi?" aveva chiesto Yae, che nonostante abitasse nel Lethe da più di due mesi, non ricordava nessuno con quel nome.

"È un vecchio amico di Liese. Lo avrai notato di sicuro, ha una macchia rossa sulla testa e un occhio di vetro. Ci allenava lui, qualche anno fa."

Yae aveva scrollato le spalle, portando le bacchette a raccogliere un altro po' di riso. Ann aveva continuato il proprio discorso, gesticolando animatamente.

"Comunque, lui una volta disse che il segreto per riuscire a combattere senza freni è considerare il corpo umano come un involucro di carne sintetica." Ann si era interrotta un momento, masticando un pezzo di falafel. "Magari funziona così anche quando bisogna uccidere. In fondo il corpo umano è un guscio davvero scadente, possiamo distruggerlo in un istante."

Yae aveva visto Florian impallidire, e Willas scoccargli delle occhiate preoccupate, che si erano subito trasformate in degli sguardi di rimprovero per Ann. "Come puoi dirlo così a cuor leggero?" le aveva chiesto, stizzito.

Ann aveva puntato gli occhi su quel ragazzo altissimo, disgustata dal semplice fatto che lui le avesse rivolto la parola. "Dico solo che potrebbe essere facile, non che mi piacerebbe provarci. Anche se non credo che quelli come te si facciano troppe remore, Sorvegliante."

Willas si era subito scurito in volto. "Non chiamarmi così."

"Perché no? È quello che sei", aveva continuato Ann, tenendogli testa.

"Non più, da quando ho messo piede qui", aveva risposto il ragazzo, caustico. "Adesso anch'io sono un fuggitivo. Mangio il vostro cibo, mi avete dato i vostri vestiti. Ho tradito il mio Giuramento, e sto addestrando dei ribelli. Non sono più Sorvegliante di quanto non lo sia tu."

Ann era rimasta in silenzio qualche istante, e Yae l'aveva infine vista alzarsi in piedi, stillando fiele.

"Potrai anche aver cambiato involucro, ma la sostanza rimane quella. Ce l'hai scritto nella carne. E il sangue sulle tue mani non può essere lavato in nessun modo."

Da quel momento in poi, avevano continuato a battibeccare a voce sempre più alta, facendo voltare tutte le persone che stavano pranzando nell'androne. A un certo punto lo scontro era diventato fisico, e si era spostato nella piazza, acquisendo anche un pubblico. Non aveva idea di chi dei due lo avesse deciso, ma Yae sospettava che fosse stata Ann a proporre di "risolverla alla vecchia maniera". Quel pensiero la fece inaspettatamente sorridere. Potrebbe persino funzionare.

Yae posò una mano sulla ringhiera, tornando presente a se stessa. Sospirò via i propri pensieri, vedendo il suo fiato condensarsi in una piccola nuvola bianca. – Forse sarebbe meglio andare a controllare – disse a Florian. – Ormai è passato un bel po'.

– Non preoccuparti, sanno quello che fanno – le rispose lui, tranquillo. Il vento del ricircolo gli stava scompigliando dolcemente i ricci, facendoli sollevare a brevi riprese. Ogni tanto le urla del pubblico assiepato attorno ai due si facevano più forti, raggiungendoli sin lassù. – Tra l'altro, sembra che stiano dando un bello spettacolo.

Yae sorrise, scrutando lo sguardo dell'uomo, nascosto sotto agli occhiali. I suoi occhi grigi le ricordavano quelli di Eve, e con essi la ferita nel petto che ancora non era riuscita a rimarginare.

– Già, panem et circenses –, rispose. – Le persone hanno bisogno di intrattenersi, ogni tanto.

Florian stirò le mani verso l'esterno, sgranchendosi. – Beh, per fortuna che la tua ragazza ha provveduto.

Lei si irrigidì, leggermente in imbarazzo. – Non è la mia ragazza.

– Non ci hai mai pensato? – ribatté lui, osservandola con la coda dell'occhio.

Non seppe come rispondere a quella domanda. Imitò i movimenti dell'uomo, distendendosi a propria volta. – Al momento non posso permettermi di pensarci.

Sperò che il discorso si concludesse lì. Si sedette sulla piattaforma, incastrando le gambe nella ringhiera. I suoi piedi fluttuavano nel vuoto, sovrapponendosi all'immensità della piazza. Non passò molto prima che Florian la copiasse, mettendosi seduto accanto a lei.

– Sai, secondo me dovresti rifletterci – disse lui, mormorando. – Non puoi mai sapere quando la vita deciderà di portarti via qualcuno.

Yae vide una fitta di dolore cristallizzarsi nel suo sguardo, contaminandolo. Rifletté su quanto quell'uomo le facesse provare un nodo in gola di tristezza e solitudine. Il racconto di come la Chiesa si fosse presa gioco di lui, probabilmente per ordine di Iris, l'aveva lasciata completamente interdetta. Florian le aveva detto tutto la prima sera, appena avevano avuto un momento per parlare a quattr'occhi. A sua volta, Yae gli aveva raccontato tutta la storia del Progetto, sconvolgendolo ancora di più di quanto avesse fatto lui poco prima.

Gli aveva anche spiegato come sotto lo pseudonimo di S. K. si celasse la psicologa Saryu Kumar, autrice del messaggio che l'aveva portato nel Lethe. La grafia corrispondeva, e Yae era stata felice di constatare come anche la sua collega fosse passata dalla loro parte. Aveva riconosciuto anche il tratto di Hermes, nel disegno di Eddie, e Florian le aveva detto come quel ragazzo, a loro, si fosse presentato col nome di "Rein". Con suo grande rammarico, Ian le aveva riferito che nemmeno lui conosceva la sorte del LaBo.

Sussurrando nel buio, Yae aveva infine messo Florian in guardia dal dire alcunché al Leader o agli altri Risveglisti, ragguagliandolo sulla sua menzogna di copertura, secondo la quale era fuggita da un allevamento clandestino. Ian aveva compreso immediatamente quanto potesse essere pericoloso rivelare l'esistenza di un paio di persone fertili a un'umanità che si stava avviando verso il baratro dell'estinzione. Tuttavia, sapevano entrambi che celare la verità sarebbe stato sempre più difficile.

L'aria fresca dei sotterranei si posò anche sul suo viso, spazzandole via dalla fronte due ciuffetti ondulati che avevano iniziato ad allungarsi. Yae stette in silenzio, osservando ancora un po' lo sguardo malinconico di Florian. A un tratto lo vide scuotere la testa, col volto aperto in un flebile sorriso.

– Che cosa c'è? – gli chiese, sorpresa.

– Niente. È che ancora non riesco a crederci – rispose lui, arricciando una ciocca sull'indice. – Eddie, padre di una nuova umanità... Una dottoressa visionaria, una ragazza fertile rinchiusa in una Stanza Bianca... Mi sembra tutto così assurdo.

– Lo è – rispose lei, non sapendo cos'altro dirgli. – Sapevo che sarebbe stato difficile accettarlo.

Lui si passò una mano sul volto, arrossato da delle cicatrici da ustione. – Beh, stanotte ho dormito quasi decentemente. Forse sto iniziando ad abituarmici.

Yae strinse le grate della ringhiera, dondolando i piedi. – Pensare al Progetto non ti fa dormire?

– Non è solo quello. – Florian sembrò esitare un istante, prima di proseguire. – C'è un sogno che continua a tormentarmi.

Lei tentennò a sua volta, cercando un po' di coraggio. – Ti va di raccontarmelo?

Lo sentì prendere un grosso respiro, tremolando. L'uomo piantò lo sguardo verso il lucernario, lasciando che le decorazioni in ferro battuto si riflettessero nelle lenti dei suoi occhiali.

– Mi trovo in una stanza, e di fronte a me ci sono Eddie e Dianne, legati. A un certo punto compare Jonas, che inizia a ferirli. Gli taglia le braccia con un coltello, e gli brucia la faccia con un accendino. Io provo ad alzarmi, ma delle corde mi tengono incollato al pavimento. Jonas mi insulta, e anche loro fanno lo stesso. Poi carica una pistola e li uccide.

Yae ammutolì, a disagio. Si guardò le unghie tagliate corte, con i polpastrelli spellati dal gelo. – Quell'uomo è uno stronzo anche nei sogni.

Ian si fece una risata amara, sbuffando un po' d'aria dal naso. Lei ne fu leggermente rincuorata. Si mise le mani nella tasca frontale della felpa, cercando invano di riscaldarle.

– Capisco perché continui a fare questo incubo – proseguì. – Ed è normale sentirsi impotenti. Ma sei stato raggirato da sin troppe persone, e non è giusto che ti addossi alcuna colpa.

L'uomo smorzò il proprio sorriso, facendo vagare gli occhi in qualsiasi punto che non fosse lei. – Eppure, mi chiedo se avessi potuto evitare questa situazione, proteggendoli in qualche modo. E ogni giorno mi pesa sapere di essere qui, al sicuro, mentre loro stanno soffrendo.

Yae lo scrutò, indurendo la mascella. – Beh, non siamo esattamente al sicuro. E poi anche tu stai soffrendo.

– Non quanto loro – rispose lui, laconico. – Non sapere cosa gli stia accadendo mi consuma. Anche se a questo punto non so neanche se Dianne esista realmente – concluse, con un sorriso tirato.

– Di questo ne abbiamo già parlato, Ian. Se Jonas e Iris sono riusciti a far sparire Eddie, è molto probabile che siano riusciti a far sparire anche lei. Possono aver pagato chiunque per dirti che non è mai esistita, e guarda caso anche il tuo psichiatra è scomparso nel nulla. La Chiesa del Giudizio non aspetta altro che far svanire dissidenti e Disallineati...

Lui non le sembrò particolarmente convinto. – Ma ci sono troppe, troppe cose che non quadrano. La sua casa, l'anagramma. Il fatto che io sia l'unico ad averla conosciuta. Ho chiesto anche a Willas, che il giorno dopo il Quadrante ci aveva fermati a un posto di blocco. Ha detto di non aver visto nessuno in auto oltre a me.

– Sì, ma ha detto anche che i vetri erano oscurati, e che era sotto l'effetto dell'Easy. – Yae gli posò una mano sul braccio, stando attenta a non stringere sulle garze. – Non devi dubitare. Non lasciare che ti ingannino ancora una volta.

Florian aspettò che quelle parole si depositassero in lui, rassegnato. – A volte penso che i due mesi passati con lei siano stati solo un bel sogno.

Lei scorse i suoi occhi farsi lucidi, e si affrettò a rispondergli. – Allora rendilo reale. Pensala, parlale, scrivi qualcosa per lei. Dille quello che stai dicendo a me, magari ti aiuterà a trattenerla.

Florian spostò finalmente lo sguardo su di lei, colmo di un'amara gentilezza. – Potrei provarci.

Stettero entrambi in silenzio per un po', ascoltando il rumore del vento. Le urla di giubilo si erano interrotte, in basso. Yae pensò che probabilmente il combattimento aveva avuto un vincitore.

– Hai notato una cosa? – chiese a un tratto.

Florian si voltò verso di lei, inclinando la testa. – Cosa?

– Hai detto che nel tuo sogno Eddie e Dianne vengono tagliati e bruciati. Ma io conosco un'altra persona che ha le braccia ferite e il volto ustionato.

L'uomo sgranò gli occhi, invaso dal peso di quei dettagli. – Non ci avevo pensato – disse. Lo vide fissare la piazza, lasciando che il suo sguardo si perdesse oltre l'abisso. – Magari riflette la mia paura che possano finire come me.

Yae si strinse nella felpa, colta da un brivido. – Può darsi –, rispose. – Ma personalmente credo sia indice di quanta poca pietà tu abbia per te stesso. Anche se sai di stare soffrendo, ti comporti come se la cosa non ti riguardasse, come se potessi sopportarlo. Per questo le ferite sono le tue, ma si trovano sul corpo di qualcun altro. È l'unico modo in cui riesci a vederle come tali.

Florian si irrigidì. Lo vide stringersi un polso, a disagio. – Anche Nicholas mi diceva sempre qualcosa del genere. Che non mi curo di me stesso. – Lasciò la presa, sorridendo mestamente. – Se anche un'altra psicologa me lo fa notare, vorrà dire che dovrò starci attento.

Yae fu felice che l'uomo si ricordasse del suo percorso accademico, prima della fuga. – Sarà meglio per te – gli disse, puntandogli un indice contro. – Perché ti terrò d'occhio, "pericoloso Disallineato".

Florian rise, rilassandosi un po' al ricordo della comunicazione che i Sorveglianti avevano diramato quando lui era fuggito dall'ospedale, e che lei gli aveva detto essere giunta anche nel Lethe.

All'interno della piazza risuonò una campanella, che col suo rintocco annunciò la fine della pausa pranzo, e il ritorno alle rispettive mansioni. Il Leader, non avendo ancora incontrato Florian di persona, aveva incaricato alcuni Risveglisti di assegnargli qualsiasi compito rientrasse nelle sue capacità. L'uomo era stato immediatamente rinchiuso nella sezione Comunicazioni, avendo spifferato la propria passione per gli oggetti analogici, fondamentali in un ambiente sotterraneo privo di connessione internet.

Yae si alzò in piedi, scrollandosi un po' di polvere dai jeans. Vide le persone che si erano assiepate attorno ad Ann e Willas diradarsi in mille direzioni diverse, come piccole formiche operaie addestrate e scattanti. Florian si sollevò a propria volta, stirando la schiena. Le sembrò un po' meno abbattuto rispetto a quando si era seduta accanto a lui, e sperò che non fosse solo un'impressione.

– Direi che è ora di rientrare – gli disse, mettendo un piede su un gradino. – Andiamo a vedere chi ha vinto?

– Andiamo – disse Florian. Tentennò un istante, prima di proseguire. – Ti ringrazio, Yae. Per le tue parole.

Lei lo guardò un po' meravigliata, lasciandosi ferire dal suo sguardo buono.

– Le meritavi – gli rispose, decisa. – Sei una brava persona, Florian, e quello che ti hanno fatto è disumano. Ma hai degli alleati dalla tua parte, adesso. Persone che hai aiutato, che hai ispirato.

Yae si soffermò un istante, prima di proseguire. – Lo aveva scritto Saryu, nel biglietto: "un giorno torneremo interi". Credo che non avesse tutti i torti.

Florian tirò fuori il ritratto dalla tasca, stringendolo tra le dita. – Lo spero tanto.

Iniziarono a scendere le scale in silenzio, sentendo solo il rumore delle proprie scarpe sulle grate d'acciaio. Le parve che il peso di tutto ciò che si erano detti si stesse diradando a ogni passo compiuto, rimanendo ad aleggiare sui gradini.

– Allora – sentì dire a Ian, poco più in alto, – vogliamo scommettere sul vincitore?

Yae non ebbe il tempo di rispondergli, che vide diverse figure fare capolino in fondo alle scale. Riconobbe la sagoma di Ann, con un sorriso a trentadue denti (dente più, dente meno), e un Willas curvo verso la parete, con Elsinore accanto a lui impegnata a spezzare delle tavolette di ghiaccio istantaneo. Il ragazzo sembrava stremato, ed era pieno di bozzi e contusioni. Yae vide Ann dargli un'amichevole pacca sulla spalla, ricevendo in cambio un sorriso sarcastico.

Non ci credo, pensò. Hanno davvero risolto in questo modo.

Ann si sbracciò per farsi vedere da loro, sollevando un pollice in su in direzione di Yae. Lei si sentì arrossire leggermente, e gettò lo sguardo sulle proprie scarpe.

– Mi sa che non ci sarà bisogno di scommettere –, disse Florian.

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