³³. 𝘗𝘢𝘳𝘢𝘭𝘭𝘦𝘭𝘦

All'esterno il clima non sembrava essere dei migliori. La pioggia cadeva a secchiate, nonostante la temperatura fosse innaturalmente alta. Già solo quello, un tempo, sarebbe bastato a fargli decidere di mandare tutto all'aria e di chiudersi in casa con un buon libro. Ma quel giorno si era ripromesso di trascinarsi fuori.

Florian si guardò allo specchio sbeccato che, molto tempo prima, Eddie gli aveva appeso all'interno dell'armadio. Aveva indossato un maglione grigio a collo alto, e dei jeans blu dal taglio dritto. Aveva persino provato a dare una forma alla barba e ai capelli, ed Eddie gli aveva prestato del profumo. Si annusò i polsi con espressione dubbiosa, rivolgendo poi un sorriso tentennante al sé stesso riflesso. Non aveva assolutamente idea di cosa stesse facendo.

Era passata una settimana da quando aveva baciato Dianne in biblioteca, ed era di nuovo domenica. Non erano riusciti a trovare altre occasioni per vedersi, essendo la donna oberata di lavoro. Un paio di volte si erano telefonati, al colmo dell'imbarazzo. Tuttavia, persino sentirne solo la voce per pochi minuti gli aveva causato un turbinio di emozioni.

Erano riusciti a darsi un appuntamento per quella sera, in biblioteca. Ian non sapeva bene come avrebbe dovuto comportarsi, e qualunque ipotetico "passo successivo" gli metteva un'angoscia tale da fargli desiderare di sprofondare nel pavimento. Per miracolo, in suo soccorso era giunto Eddie. Il ragazzo aveva percepito fino a che punto il suo co-abitante stesse perdendo la testa quando lo aveva visto seduto sul letto, circondato dalla pila dei vestiti che aveva scartato sino a quel momento.

"Chiedile se le va di stare insieme a te. È così difficile?" gli aveva detto Eddie, esasperato.

"", aveva risposto Florian, senza neanche pensarci.

Il ragazzo aveva alzato gli occhi al cielo, poi aveva pescato un paio di indumenti dalla pila, lanciandoglieli addosso. "Glielo chiederai, oppure ti ci manderò a calci".

Florian non aveva dubbi che lo avrebbe fatto.

Sospirò leggermente, osservando il proprio sguardo irrequieto nello specchio. Le sue iridi grigie, tuttavia, gli restituirono un certo bagliore di entusiasmo. Cercò di aggrapparsi unicamente a quello, poi richiuse l'armadio celandosi alla propria vista.

***

- Credi che si sia scollato dallo specchio? - chiese Eddie al guidatore.

- Ne dubito fortemente - rispose Rein, mentre stringeva forte il volante in mezzo alla bufera.

I tergicristalli si muovevano in un arco ipnotico, cercando di spazzare via la pioggia senza successo. Uno strato d'acqua andava immediatamente a ricoprire quello che veniva eliminato, in un susseguirsi di azioni che si ripeteva all'infinito. Le luci dei semafori e del Quadrante si riflettevano sui vetri sottoforma di ammassi colorati, distorti dalla pioggia torrenziale.

- Gli avevo detto di comprarle dei fiori veri, ma questo diluvio disintegrerebbe anche quelli di plastica - disse Eddie, sconfortato.

- Sempre ammesso che riesca a uscire di casa - rispose Rein.

- Sempre ammesso quello.

Eddie sbuffò. Sentì l'ansia per il suo co-abitante saldarsi inestricabilmente a quella per il compito che lui e il suo amico stavano andando a svolgere. Si sarebbero visti con la LaBo di nome Emma in meno di due ore.

Posò lo sguardo sul navigatore olografico, che avevano posizionato di fronte al cambio. Mancava ancora un bel pezzo di strada. Forse c'è il tempo per ascoltare un po' di musica, si disse. Valutò se inserire un CD nel lettore, tuttavia pensò che non sarebbe stato opportuno distrarre Rein, dato che era la prima volta che guidava con una pioggia del genere.

- Sei consapevole di stare guidando in mezzo a una tormenta, vero? - gli disse, rivolgendogli un ghigno.

- Zitto. Se non me lo ricordi riesco a non capacitarmene. E se non me ne capacito riesco a farlo - rispose Rein.

Il ragazzo teneva le braccia rigide sul volante, ma molto meno rispetto alla prima volta in cui Eddie lo aveva fatto guidare.

- Come vuoi.

Eddie fissò l'espressione dell'amico, sorridendogli lievemente. Sembrava essere parecchio distante, probabilmente preso dalla concentrazione. A un certo livello si sentì fiero di lui.

Scoccò un'altra occhiata al navigatore, pinzando l'ologramma con due dita per zoomare la strada. Ancora venti chilometri.

***

Per merito di un qualche miracolo, Florian riuscì a uscire dalla propria stanza. Col cuore in gola si avvolse una grossa sciarpa attorno al collo, e prese l'ombrello dall'attaccapanni. I suoi passi risuonavano più pesanti a ogni falcata, mentre scendeva le scale dell'androne. Tuttavia, si sforzò comunque di avanzare.

Andiamo, non fare il ragazzino, si disse. In un certo senso, però, quell'ingiustificato timore lo fece sentire vivo. Le sue mani rigide aprirono il pesante portone di legno, e si premurò di posare bene i piedi per non scivolare sui piccoli gradini di marmo che lo separavano dal marciapiede.

La pioggia prese a sferzarlo da tutti i lati. Sopra di lui la calotta traslucida dell'ombrello ad aria compressa iniziò diligentemente a svolgere il proprio lavoro. Florian aveva sempre trovato piuttosto affascinanti quegli oggetti. Ne aveva letto il funzionamento sui libri di elettronica che gli affollavano la biblioteca, anche se li avrebbe scambiati volentieri con qualche romanzo in più.

Si diresse barcollando verso il luogo in cui Dianne sarebbe passata a prenderlo, stando bene attento a non farsi inghiottire da qualche pozzanghera. Sembrava che i suoi grossi anfibi neri in ecopelle stessero resistendo al diluvio. Fu felice di averli scovati al mercatino di memorabilia del passato, in assoluto uno dei suoi luoghi preferiti di Malthesia.

Aveva saccheggiato quel mercatino di ogni disco in vinile, CD o cassetta che fosse di suo gradimento. Tuttavia, per quanto avesse spulciato, non era riuscito a scovare alcuna seconda copia di uno dei suoi album preferiti, "Disintegration", la cui versione in vinile aveva ormai usurato da tempo. Incredibilmente era giunto in suo soccorso Rein, che era riuscito a procurarglielo sottoforma di musicassetta. Florian gliene era stato grato, soprattutto perché quell'album conteneva la canzone che avrebbe voluto imparare a suonare.

Ci aveva messo tutta la settimana, ma alla fine ci era riuscito. L'aveva ascoltata sino alla nausea, udendo il rumore sordo dei tasti del walkman talmente tante volte da aver iniziato a odiarlo. Ogni secondo che passava aveva pregato che la cassetta non si stesse smagnetizzando. Aveva continuato a riavvolgerla sulla traccia numero quattro, ascoltando le note che gli mancavano, sin quando non era riuscito a completare l'intera melodia a orecchio. Quella canzone non aveva nulla a che vedere col ciarpame che passava su Neursic.

Tutto quello per poter riuscire a suonarla a Dianne, usando il pianoforte della biblioteca. Ricordando ciò che stava andando a fare, Florian non poté fare a meno di agitarsi. Sono davvero un ragazzino, si disse. Tuttavia, quel pensiero non lo disturbò più di tanto.

Si diresse con un sorriso verso il fondo della strada, sperando che Dianne non fosse già lì ad aspettarlo.

***

- Non vuole proprio smettere - disse Eddie, tenendo il naso incollato al finestrino. Il navigatore diceva che mancavano dieci chilometri alla meta. - Credi che lei sia già lì?

Rein non gli rispose. Eddie pensò che probabilmente era troppo concentrato a guidare, e si voltò a guardarlo. La sua espressione sembrava piuttosto angosciata, e gli fece chiedere se non si fosse sbagliato a pensare che ormai si sentisse a proprio agio al posto del conducente.

- Allora?

- Cosa? - rispose Rein, risvegliandosi all'improvviso.

- Credi che Emma sia arrivata al punto d'incontro?

Il ragazzo strizzò gli occhi, passandosi pigramente una mano sul viso.

- Non penso, in fondo siamo in largo anticipo.

- In effetti.

Eddie continuò a osservarlo con la coda dell'occhio, e gli parve che qualcosa nel suo sguardo stesse tremolando. Non dirmi che ha ancora paura di essere aggredito da qualcuno.

Si strinse nelle spalle, sentendo un tremito accapponargli la pelle. La felpa viola che aveva indossato non lo teneva abbastanza al riparo dal freddo, ma cercò di non rabbrividire più del dovuto. Si portò la massa di capelli biondi all'interno del cappuccio, lasciando che gli riscaldassero il collo col loro volume.

- Lo sai che noi siamo in due e lei è una sola, vero? - disse all'amico.

- Lo so - rispose Rein. Il suo sguardo si posava perfettamente dritto davanti a sé, osservando un punto lontano.

- Al massimo è lei che dovrebbe diffidare di noi. Vedrai che andrà tutto bene. In caso, la stendo io - gli disse, facendo scrocchiare le nocche della mano sinistra.

Rein fece un impercettibile sorriso. Eddie fu felice di essere riuscito nel proprio intento, e si rivolse nuovamente a guardare le gocce di pioggia fare a gara sul finestrino.

***

Dianne non era ancora arrivata, e Florian non poté fare a meno di esserne leggermente sollevato. Avrebbe avuto ancora qualche minuto per mettere insieme ciò che voleva dirle, ripetendoselo in mente come un mantra.

Da quando ti conosco... No, da quando sei entrata nella mia vita... Oh, al diavolo. Sembrava un'agonia senza fine. Per un momento fu tentato di far parlare unicamente la canzone che avrebbe dovuto suonarle, anche se la sola melodia priva di testo non sarebbe stata capace di trasmettere i suoi sentimenti. A meno che non si fosse messo a cantare. Il solo pensiero lo fece rabbrividire.

A qualche metro dal luogo d'incontro notò uno strano assiepamento di persone, schiacciato sotto la veranda di un'attività commerciale. Florian cercò di sporgere leggermente la testa oltre la coltre di gocce che scivolavano via sull'ombrello. Seppur a fatica, iniziò a distinguere delle parole.

- Non ho fatto nulla! - stava dicendo un uomo. La sua figura spuntò dal centro del raggruppamento: era un anziano pingue, con i capelli radi. Florian non ricordava di averlo mai visto da quelle parti. Nel quartiere si conoscevano tutti: d'altronde, non raggiungeva le cinquanta unità. Eppure, giudicando dal suo abbigliamento, sembrava essere un manovale delle industrie Joy, che avevano un distaccamento proprio nella zona A.

- Lei è stato segnalato per Disallineamento. Deve venire con noi - disse una glaciale voce di donna.

Tra le persone racchiuse a guardare sotto ai loro ombrelli, Florian notò un gruppo di Sorveglianti, con gli immancabili caschi rossi premuti sulla testa. Non li aveva notati a causa della folla, ma adesso riusciva a scorgere chiaramente le calotte cremisi scintillare sotto la pioggia.

Ian sentì un filo d'ansia farsi strada nel proprio petto. Allora stanno davvero facendo delle purghe. Devo assolutamente dirlo a Dianne.

Cercò di fare il vago, evitando di rivolgere ancora lo sguardo verso quella porzione di strada. Si appoggiò a un lampione, sentendo il proprio timore incanalarsi nel desiderio di una stecca Joy, che da un po' di tempo non aveva più a portata di mano. Le persone attorno all'uomo sembravano spighe di grano impazzite, e alcune lo tenevano mentre si dimenava, altre davano le spalle ai Sorveglianti, tentando di allontanarli. Tutta la scena aveva un non so che di irreale, e Ian desiderò solo andare via il prima possibile.

Dalla piccola massa si alzò un lieve urlo, e un paio di persone caddero a terra, inzuppandosi sotto la pioggia scrosciante. Con la coda dell'occhio, Florian vide l'uomo dai capelli radi correre lontano dai Sorveglianti.

***

Sette chilometri, lesse Eddie sul navigatore. Ci siamo quasi.

Nonostante lo avesse rassicurato, il suo compagno di viaggio non sembrava essere particolarmente loquace, così Eddie aveva deciso di lasciarlo ai propri pensieri. Anche lui iniziò a rimuginare, fantasticando su cosa dire a Emma, e sulla possibile associazione di LaBo che avrebbero potuto mettere in piedi. Persone che la pensano come noi. La sola idea lo riempiva di entusiasmo.

Da quando aveva concluso gli studi all'Accademia, ormai più di un anno prima, non aveva mai avuto l'occasione di confrontarsi seriamente con qualche coetaneo. Non che all'interno della struttura gli fosse permesso parlare di argomenti "fuori studio". I professori dicevano che i club pomeridiani erano solo una perdita di tempo, e che gli avrebbero tolto delle ore utili a riempirsi di conoscenza.

"Voi siete speciali, non lo dimenticate mai", dicevano sempre. "Che scemenze", aveva commentato una volta Rein, stravaccato su un ramo della quercia. "Noi LaBo non siamo speciali perché lo siamo, siamo speciali perché serviamo a loro". Eddie non aveva potuto far altro che dargli ragione.

Gli piaceva quando riuscivano a parlare in quel modo, senza filtri. Era una cosa che non aveva mai sperimentato con nessuno, tranne che in pochissime occasioni con Florian. Il suo co-abitante era riluttante a esprimersi sugli eventi precedenti all'Espiazione, anche se ultimamente le sue uscite con Dianne lo stavano aiutando a "sciogliersi" anche da quel punto di vista.

Chissà quando me la farà conoscere, pensò. Magari riusciremo a cenare tutti insieme. Aveva iniziato a includere anche Rein nell'equazione, come fosse stato "uno di famiglia". A volte pensava che non gli sarebbe dispiaciuto abitare anche con lui, averlo attorno tutti i giorni.

Eddie sentì il solito breve formicolio in fondo allo stomaco, e si sfregò il viso per distrarsi. Non era una sensazione sgradevole, ma ancora non era riuscito a identificarne l'origine.

- Mancano cinque chilometri - disse ad alta voce. Tuttavia, l'altro LaBo non gli rispose per l'ennesima volta. Il suo silenzio stava iniziando a diventare esasperante.

- Che hai, stasera? - gli chiese.

Eddie si voltò verso di lui, osservandolo di sbieco. L'espressione che aveva addosso lo fece rimanere interdetto: il viso di Rein era inondato dalle lacrime.

***

Florian non realizzò che l'uomo stesse correndo proprio verso di lui se non quando se lo fu ritrovato a un palmo.

- Fermo! - gli intimarono due Sorveglianti, seguiti a rotta di collo dalle altre persone. I Caschi Rossi erano privi di ombrelli, e l'acqua iniziò a inzupparli sino alle ossa.

L'uomo si congelò di fronte a Ian, alzando le mani in segno di resa. Ormai gli stava a un metro; poteva sentire il suo fiato condensato che gli lambiva il viso, come fosse stato un animale braccato. Sembrava che nella mano destra avesse qualcosa di lucido. Florian cercò di fare qualche passo indietro, con cautela. Un Sorvegliante, intanto, aveva estratto un manganello elettrificato.

L'anziano aveva un'espressione alienata a deformargli il viso. Osservò Florian senza vederlo davvero, trapassandolo col proprio sguardo. In uno scatto fulmineo, ruotò intorno a lui e gli puntò un coltello alla gola. Florian sentì la lama farsi strada tra le falde della sua sciarpa, congelandogli la pelle.

- Toccatemi e lo ammazzo.

***

L'espressione di Rein lo fece ammutolire. Eddie realizzò, a un tratto, di non averlo mai visto piangere. Quell'aura di spavalderia, che lo aveva sempre contraddistinto, sembrava essersi esaurita tra le sue mani in un attimo.

Le lacrime gli scorrevano sul viso senza sosta, bagnandogli le ciglia e rimanendovi attaccate in alcune porzioni, simili alle gocce di rugiada mattutina messe a riposare sui petali di un fiore.

Eddie sentì un'ondata di freddo attraversarlo di colpo. Mentre piangeva, Rein non faceva alcun rumore. Alcun rumore. Come quando se lo trovava alle spalle all'improvviso, furtivo come solo lui sapeva essere.

Si sentì mancare il fiato. Tutto questo non ha senso. Una grossa parte della sua inquietudine scaturì dal fatto che, nonostante Rein fosse in quelle condizioni, stesse continuando a guidare alla perfezione.

Cercò di riscuotersi a fatica dal proprio torpore. Doveva parlargli, doveva capire.

- Perché stai piangendo? - fu tutto quello che riuscì a chiedergli.

Rein non disse una parola, e di tutta risposta tirò il freno a mano.

***

Un Sorvegliante si avvicinò verso di loro con circospezione, un passo alla volta. - Metta giù quel coltello - disse all'aggressore. Il manganello era ancora tra le sue mani, e spandeva leggeri guizzi blu nell'aria immobile. - Lentamente.

Di tutta risposta l'anziano strinse ancora di più il braccio attorno alle spalle di Florian. La sua forza era stranamente sproporzionata al suo aspetto. Ian sentì mancargli il respiro per via della compressione. Fa' qualcosa, disse una voce in fondo alla sua mente. Era la voce di Eddie.

Cosa facciamo quando qualcuno ci blocca alle spalle? Stava dicendo. Florian ricordò il pomeriggio assolato in cui il ragazzo gli aveva insegnato le basi dell'autodifesa.

Gli pestiamo il piede, gli rispose nella sua mente. E così fece.

Non ci fu reazione. L'anziano continuò a stringerlo con forza, ricacciandogli il fiato nei polmoni.

Tuttavia, quell'attimo di distrazione servì comunque a qualcosa. Il Sorvegliante di fronte a loro fece uno scatto in avanti, spingendo il manganello elettrificato nel fianco dell'uomo col coltello.

E cosa fa l'elettricità da un corpo umano a un altro? Chiese ancora la voce di Eddie.

Si propaga, rispose Florian.

Poi vide solamente lampi azzurri.

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