⁹². 𝘉𝘶𝘨𝘪𝘢𝘳𝘥𝘰
L'uomo senza casco che si era rivolto a Florian teneva il volto fisso su di loro. La sua espressione sembrava vibrare a più riprese, come l'aria prima della pioggia. Eddie fece rimbalzare il proprio sguardo tra i due, preoccupato. Il soldato che lo aveva immobilizzato continuava a scavargli le scapole con la pistola.
– Oliver – iniziò Willas, in ginocchio accanto a lui. – Non farai sul serio.
Eddie lo guardò con la coda dell'occhio, registrando le sue iridi verdi infuocate dallo sdegno. Willas Dresner. Ricordava bene il suo nome, da quando Ian gli aveva raccontato dei posti di blocco vicino alla biblioteca. Trovarlo lì lo aveva confuso più del previsto.
– Certo che sì, ex-Sorvegliante. Ve l'avevo detto, che nel Lethe la sincerità è fondamentale – rispose il soldato oltre al vetro, parlando nell'interfono.
– Il tradimento ha un prezzo, e il vostro è solo rimandato. Prendetelo come un ringraziamento per aver salvato mia figlia.
Willas si zittì, pugnalato da un pensiero. Eddie lo osservò brevemente, riportando poi lo sguardo sull'uomo chiamato Oliver. A un tratto, comprese ogni cosa.
Oliver. Come Oliver Krassner. Il leader del Lethe.
Si guardò attorno, scrutando i soldati in mimetica come se li stesse notando per la prima volta. Allora esiste davvero. Aveva perso il conto di quante volte, nella sua breve vita, avesse sentito vociferare di quella sacca di resistenza al Regime. Nascosta, sconosciuta, imprendibile come fumo negli occhi. Eppure, quei ribelli erano lì davanti a lui, e avevano aiutato Ian a raggiungere il Laboratorio.
No, si interruppe, lucido. È Ian che ha aiutato loro ad arrivare fin qui. Averlo visto entrare con il badge di Saryu in mano non aveva fatto altro che confermargli un legame fra loro. Sei stata tu a dirgli dov'ero. Quel pensiero gli riscaldò un po' il cuore, salvo poi essere subito inquinato dal resto della faccenda, resa chiara dalle parole di Krassner. Ovvero che i ribelli avevano usato Florian come un cavallo di Troia.
Con quell'idea in testa, si girò a osservarlo, turbato. Il suo co-abitante sembrava aver perso l'uso della parola. Se ne stava fermo al suo fianco, con lo sguardo gettato a terra. Nonostante la pistola alla schiena, Eddie si arrischiò a incatenare le proprie dita alle sue, sperando di trasmettergli le quattro parole che gli stavano rimbombando in testa: non è colpa tua.
– Adesso statevene buoni e in silenzio. Ho un'altra questione in sospeso.
Il capo dei ribelli si scostò dal vetro, muovendo qualche passo verso la figura di Abramizde, accasciato su una sedia a un lato della sala. Eddie lo vide tirargli via il bavaglio dalla bocca con uno strattone. La maschera di mitezza che aveva sfoggiato sino a quel momento sembrò scollarsi dal suo viso, lasciando spazio a un fuoco liquido che rischiava di bruciarlo.
– Karl – disse, tagliente.
– Oliver – rispose il Presidente, pacato. – Credevo che i ratti vivessero nelle fogne.
Krassner sorrise. – Purtroppo per te, ogni tanto escono in superficie.
Qualcosa deformò il viso del Presidente, segnato dal silicone anti-età. Tuttavia, durò solo il tempo di un respiro, subito sostituito dalla sua solita espressione indifferente.
– Non sai cosa stai facendo, Leader. Perderai. La scorta che avevo mandato da Davis sta già tornando qui con i rinforzi. Tu e questa manciata di soldatini non potrete fare nulla.
Krassner incrociò le braccia, piantando i suoi occhi castani in quelli color ghiaccio dell'uomo. – Non credevo mi facessi così sprovveduto. È da quando ti ho fatto legare a quella sedia che ho dato ordine al resto dei miei ratti di uscire dalle loro tane. Presto devasteranno la capitale.
Il Leader si curvò verso Abramizde, serrandogli il viso tra le tenaglie delle sue dita. – Saremo la tua peste nera, Karl.
Il volto del Presidente si congelò in uno spasmo di furore, perdendo ancora una volta la sua calma cristallina. Si dibatté tenacemente sotto la presa dell'altro, sin quando Krassner non lo lasciò andare, divertito.
– Veniamo agli affari, Presidente – iniziò. – Uno dei miei plotoni si sta già introducendo nel quartier generale della Chiesa del Giudizio. Stando alle informazioni che abbiamo raccolto, per attivare gli schermi delle comunicazioni unificate servono i tuoi dati biometrici o la tua password. Spero che sarai abbastanza lungimirante da fornircela.
Abramizde fu scosso da un accenno di tosse, e tremò sulla sua sedia. – Cos'è, vuoi trasmettere la mia morte in mondovisione?
– Non proprio – disse Krassner, gioviale. – Anche se l'idea sembra allettante. Magari potrei anche appenderti a testa in giù.
Si interruppe, recuperando lo scampolo di un pensiero. – No. Ho qualcosa di meglio per il mondo. Registrazioni di anziani senza morbo di Met, che vivono liberi nel Lethe da anni. Immagini di documenti che provano come sia stata la Chiesa a creare ad hoc questa malattia, obbligando le persone ad affidarsi alle Conclusioni. Prove del tuo piano per "resettare" l'umanità, iniziando dagli anziani e dai Disallineati. E, appena i miei ci avranno messo le mani sopra, le foto del Progetto e di questo Laboratorio. – Krassner scoccò un'occhiata a Iris, genuflessa nella Stanza Bianca e inerte come un guscio vuoto.
– Saranno tutti felici di sapere che pianificavi di far ripartire l'umanità per conto tuo, utilizzando questi due ragazzini fertili. A quel punto, il meccanismo perfetto della Chiesa collasserà su se stesso. Io non sarò che il tuo orologiaio.
Nella stanza non volava una mosca. I due uomini continuarono a pugnalarsi coi loro sguardi, incollati da un filo di tensione.
– Sei astuto – rispose Abramizde. – Me ne compiaccio. Ma sarò morto prima che tu riesca a estorcermi quelle credenziali. E non puoi usare i miei dati biometrici, a meno che tu non voglia portarmi di peso al quartier generale, impresa alquanto difficile. – L'uomo proruppe in una breve risata, un suono agghiacciante che gli scavò sin dentro le ossa. – Credo proprio che tu abbia dimenticato di calcolare qualche variabile.
Krassner sbuffò, spossato. Fece un cenno a uno dei suoi soldati, che gli si avvicinò prontamente. Sembrava avere qualcosa in mano, un oggetto che Eddie non riuscì a identificare.
– Immaginavo avresti risposto così. E hai ragione, non posso portarti al quartier generale – disse, sollevando le spalle. – Non tutto, almeno.
Il Leader si avventò contro Abramizde, facendo scattare l'oggetto che aveva in mano. Eddie vide una serie di artigli ricurvi fuoriuscire da esso, simili alle zampe rattrappite di un ragno. Prima ancora che potesse chiedersi a cosa servisse, Krassner l'aveva conficcato nell'occhio del Presidente, con gli artigli di metallo a ornargli il resto della faccia. L'uomo iniziò a gridare e a dibattersi come un animale, nonostante i latrati delle sue urla fossero sovrastati dall'inquietante stridio della rotazione delle lame.
– Tenetelo fermo – ordinò il capo dei ribelli. I soldati obbedirono e compressero l'uomo sulla sedia, bloccando i suoi spasmi con le loro braccia possenti. L'arma intanto continuava a riempire il silenzio coi suoi cigolii acuti, che gli punteggiarono la pelle con una fitta pelle d'oca. Eddie poté quasi sentire l'odore della carne scavata dal metallo, lucida e putrescente come una carcassa al Sole. Senza volerlo, serrò la mascella. Delle flebili gocce scarlatte dipinsero il vetro tra loro, sporcando anche la sua vista.
È un incubo, pensò. Avrebbe voluto chiudere gli occhi, avrebbe dovuto chiudere gli occhi. Eppure, una parte di lui si sentiva morbosamente attratta da quello che stava accadendo nella sala. La persona più potente e importante del mondo, ridotta a un ammasso di pelle frastagliata.
Quando finì, il Leader sollevò l'arma dal viso del Presidente, porgendola a uno dei suoi soldati. Quest'ultimo fece sgusciare il bulbo oculare all'interno di una custodia trasparente. Eddie sentì Willas trattenere un conato di vomito. L'iride color ghiaccio li fissò col proprio sguardo vitreo, sin quando il soldato che la custodiva non scomparve.
– Ecco fatto – disse il Leader, battendo leggermente le mani sporche di sangue. – Veloce e indolore. Almeno per me.
Il corpo di Abramizde era ancora scosso dalle contrazioni, seppur stesse lottando per mantenere una parvenza di contegno.
– Dannato... Folle – mormorò, a mezza voce. Sputò un coagulo di sangue per terra, tremando. I suoi denti scintillarono come guglie aguzze e inumane. Del viso non era rimasta che una maschera di dolore, un cielo scarlatto con una Luna nuova a decorarlo.
– Hai fegato, Oliver... Devo ammetterlo. Anche tu non temi la violenza. In questo, io e te siamo uguali – disse, incurvando le labbra. – In un'altra vita saremmo andati d'accordo.
Krassner si adombrò, stringendosi le mani in un nodo. – Non esiste accordo tra mostri ed esseri umani.
Abramizde spezzò l'aria con la propria risata roca, resa acquosa dal sangue che gli occludeva la bocca.
– Tu... Tu sei davvero convinto di essere ancora un essere umano? Dopo tutte le persone che hai ucciso? Dopo avermi rubato i ragazzini per sfruttarli a modo tuo?
Eddie si pietrificò all'istante, scrutato dall'orbita vuota del Presidente. Anche Krassner gli rivolse uno sguardo vacuo, che lo bruciò più del previsto.
– Io non gli farò del male, se è questo che credi. Vivranno liberi sotto la mia protezione, a patto che forniscano all'umanità ciò che le serve per rinnovarsi – disse, severo. – Purtroppo, è un sacrificio necessario. Non mi lascerò sfuggire l'opportunità di riparare ciò che tu hai distrutto.
– Che io ho distrutto? – eruppe Abramizde. – Le persone erano d'accordo, e lo sai. L'80% di loro si era già recato a farsi sterilizzare spontaneamente. Il consenso era quasi unanime, io gli ho solo dato una piccola spinta.
Il Leader si accese di colpo, e percorse la stanza a grandi falcate. Sotto gli occhi scioccati di tutti, assestò un calcio nello stomaco di Abramizde, strappandogli via l'aria dai polmoni.
– Non parlarmi di consenso! – strillò, in preda alla collera. – Dovrei ucciderti anche solo per quello che hai fatto a mia figlia, pezzo di merda!
L'uomo avvicinò le gambe al petto, raggomitolandosi per sopprimere il dolore. Tuttavia, dalla sua bocca non uscirono lamenti, quanto invece una voce gracchiante di ilarità.
– Vuoi davvero parlare di Elsinore, Oliver? Vuoi davvero umiliarti così?
– Non osare dire il suo nome – sibilò il Leader. – Non le ho permesso di venire qui a guardarti crollare, altrimenti puoi star certo che ti avrebbe già piantato una pallottola in testa.
– È strano – rispose l'altro, placido, – perché avrei giurato che quel piccolo soldato sullo stipite fosse proprio lei.
Krassner ammutolì di colpo, voltandosi al rallentatore verso la porta della sala trasparente. Eddie osservò un soldato minuto farsi avanti, camminando lentamente verso il centro della stanza. Lo vide sfilarsi via il casco dalla testa, rivelando il volto di una ragazzina con dei sottili capelli castani. Aveva un'espressione imperscrutabile, e i suoi tratti somatici erano molto simili a quelli di Krassner.
– Elsi – sussurrò il Leader, scioccato. – Vi avevo detto di tenerla lontana da questa stanza – aggiunse poi a denti stretti, rivolgendosi al resto dei soldati.
– Elsinore, cara – disse il Presidente, sollevando una mano verso di lei. – Speravo tanto di rivederti. Sono felice che tuo padre ti abbia condotta ancora una volta da me.
Krassner si avvicinò all'uomo, scosso. Eddie lo vide tirare fuori la pistola dalla propria fondina, puntandogliela tremante alla testa.
– Non dire un'altra parola, bastardo – mormorò.
Abramizde lo ignorò, e continuò invece a rivolgersi alla ragazza. – Mi stupisce che tu gli stia così vicino, cara. Lo hai già perdonato?
L'uomo fece guizzare i denti verso il braccio del Leader che teneva la pistola, scoprendogli bruscamente il polso. Krassner fu preso alla sprovvista, e rimase immobile per un istante.
– Sono state queste cicatrici a impietosirti? È così che ha provato a cavarsela, con un suicidio fallito?
– Basta – disse il Leader, celando la propria pelle incisa. – Taci, verme.
Il Presidente sorrise, passando poi a scrutare i gesti che la ragazza aveva iniziato a disegnare in aria. Con suo grande stupore, Eddie realizzò che stava parlando in linguaggio dei segni. Nonostante l'avesse imparato anni prima in Accademia, non aveva mai visto nessuno adoperarlo.
– Che cosa sta dicendo, papà? – chiese la ragazza, smarrita. Tuttavia, non ottenne risposta.
– Tua figlia ti ha fatto una domanda, Oliver – disse il Presidente, maligno. Quando anche i suoi occhi incontrarono lo sguardo perplesso del Leader, il suo volto cremisi si aprì nell'ennesima risata.
– Non hai neanche imparato la sua lingua. Come vedi, alla fine sono davvero l'unico che le abbia voluto bene.
– Fa' silenzio. Ne ho abbastanza di te – rispose l'uomo, premendogli più a fondo la pistola sulla tempia. In un impeto di rabbia, raccolse il bavaglio di tessuto da cui lo aveva liberato qualche minuto prima, riposizionandolo al proprio posto. La stoffa si sporcò immediatamente di sangue, mimetizzandosi col resto del suo viso tumefatto.
Krassner si girò verso i soldati, lanciandogli un'occhiata feroce. – Adesso lo ucciderò, quindi voglio che Elsi non guardi. Chiamatemi Liese. Fategliela scortare fuori da qui.
– Sono qui, Oliver – disse una voce femminile, sollevandosi dal silenzio. Un'altra persona si scostò il casco dal capo, svelando il volto bruno di un'anziana, con i capelli raccolti in delle spesse trecce bianche. Eddie notò che il suo viso non era segnato dal morbo di Met, e ne rimase sbalordito. Abramizde sembrò avere la stessa reazione.
La donna di nome Liese prese sottobraccio la figlia del Leader, conducendola malvolentieri fuori. Lei scoccò un'ultima occhiata di sbieco al Presidente, ancora frastornata dalle sue parole.
Quando furono usciti, Krassner tirò un lungo sospiro stremato. Si allontanò dal Presidente, distendendo un olo-tablet sul davanzale del vetro.
– È ora di mettere fine a questa pagliacciata. Daniel – disse, rivolgendosi a un soldato dietro di lui, – quanti, sinora?
Daniel si accostò a lui, esaminando lo schermo olografico da sopra la sua spalla. – Jonas Kersson, Xander Lee e Iris Svart sono nostri prigionieri – disse, puntando un dito verso la Stanza. – Per quanto riguarda gli altri membri del Laboratorio, li abbiamo abbattuti tutti.
Eddie sentì il cuore saltare un battito. Saryu.
Krassner raccolse quelle informazioni rimanendo impassibile. – Che mi dici dei traditori, invece?
Il ragazzo incrociò le braccia, rispondendo con prontezza. – Due li abbiamo qui assieme alla coppia fertile. Ann e Yae invece sono in fuga.
– Yae Levin è qui? – proruppe una voce, ridestandoli dal proprio torpore. Eddie voltò il viso, meravigliato. Iris teneva gli occhi puntati verso il Leader, col corpo rigido come una lama d'acciaio.
L'uomo sollevò uno sguardo interrogativo su di lei, scollandolo dal foglio sfarfallante. – Certo, dottoressa. È stata lei a farci entrare. Pare che sia ancora in giro, ma presto verrà a farvi compagnia.
La donna esibì un cipiglio titubante, e il Leader proseguì il proprio discorso.
– A quanto pare, sia io che lei siamo stati traditi dalla piccola Pre. La ragazza ha fatto il grande errore di non rivelarmi sin da subito cosa steste combinando qui. E, come ho già detto, nel Lethe la sincerità è fondamentale.
Iris non ribatté, e sembrò chiudersi nei propri pensieri. Krassner le lanciò un ultimo sguardo, poi riprese con calma a far scorrere lo schermo.
– Allora. Qui c'è un nome con un punto interrogativo – disse, rivolgendosi a Daniel. – "Hermes". Né Yae e né Florian sapevano che fine avesse fatto.
– È morto.
Iris squarciò ancora una volta la quiete della Stanza Bianca. Il suo volto si era fatto di marmo.
– Era mio figlio. Mi ha tradito provando a uccidersi assieme a Edin, ma il proiettile ha colpito solo lui. È morto sul colpo tre settimane fa.
Eddie sentì la sofferenza stringergli le viscere, risvegliando la coscienza di ciò che Rein aveva fatto. Vide Florian osservarlo sconcertato, in cerca di una conferma. Anche il Leader fece la stessa cosa, registrando il suo dolore con indifferenza.
– Pazienza – disse, scrollando le spalle. – Vorrà dire che ci occuperemo innanzitutto dei due signori ospiti nella Stanza Bianca. Ragazzi, procedete.
Eddie si voltò verso Xander e Jonas, in ginocchio poco lontano da loro. Non ebbe neanche il tempo di realizzarlo, che uno dei due soldati che immobilizzavano Xander aveva già caricato la propria arma. Il suono dello sparo si irradiò acuto nelle loro orecchie, facendole fischiare di dolore. Il sangue imbrattò le pareti della Stanza, rendendola un dipinto di carne e nervi.
L'anima di Xander era sparsa ovunque. Xander, che lo aveva osservato con compassione durante le loro sessioni di fisioterapia. Xander, che aveva messo in pericolo la sua vita per difendere quella di Eve.
Il pesante corpo dell'uomo cadde in avanti, provocando un tonfo sordo. Eddie trattenne un grido, sentendo ogni fibra del suo corpo contorcersi.
Vide un altro soldato caricare la pistola, pronto a fare la stessa cosa con Jonas. Tuttavia, il medico sgusciò velocemente via dalle braccia dei suoi carcerieri, inciampando a più riprese sul pavimento. Eddie lo vide strisciare verso il vetro che separava in due la Stanza Bianca, in uno spasimo disperato.
– Fermi – ordinò Krassner, impedendo ai suoi soldati di bloccare Jonas. Continuò a osservarlo incuriosito, consapevole di averlo comunque alla propria mercé. Il medico si accostò alla figura di Iris oltre al vetro, posando una mano tremante sulla lastra. Vedendolo compiere lo stesso gesto che lui aveva compiuto decine di volte con Eve, Eddie provò un odio lacerante.
Jonas socchiuse gli occhi, soffocando le lacrime in gola. Il Leader ridacchiò sommessamente, lasciando che quel ronzio si riverberasse nell'interfono.
– Incredibile – disse, sconvolto. – Come puoi tenere a quella creatura inumana?
Jonas interruppe il proprio pianto, voltandosi stizzito verso il Leader. – Tu non sai nulla di lei – stridette. – Non sai nulla di questo posto.
– Hai ragione, non so nulla – sospirò Krassner. – Ma sto iniziando a scoprirlo. Una dei miei ha già fatto un backup dei video della sala di controllo. Forse uno di essi ti rinfrescherà la memoria su cosa sia la persona che hai davanti.
Il Leader accese lo schermo olografico alle loro spalle, lo stesso che la dottoressa usava per mostrare a Eve tutto ciò che desiderava marchiarle a fuoco nella mente. Il filmato che aveva scelto si chiamava "RA/memoria - '72/'90".
Krassner lo avviò.
17-11-2072.
Il primo frame mostrava una bambina addossata a una parete della Stanza Bianca, con i pugni stretti contro al muro. Era piccola, paffuta, dolorosamente identica alle foto conservate da Florian.
"Mel, quando potrò rivederlo?" chiese Nadine, con la voce spezzata da un accenno di timore. I suoi occhi grigi spiccavano al centro dell'inquadratura, grandi e pieni di speranza.
"Presto" le rispondeva una voce, con una cadenza gentile. "Là fuori è pericoloso, Eve. Dobbiamo tenerti al sicuro qui."
"Io mi chiamo Nadine, Mel. Lo hai dimenticato?"
28-02-2073.
"Mel, quando potrò rivedere mio fratello?"
"Quale fratello, Eve?"
La bambina non rispose. Aveva dei fogli in mano, e il suo viso sembrava leggermente più scavato rispetto all'anno precedente.
"Mio fratello..."
04-05-2076.
"Dottoressa Svart, quando potrò rivedere mio fratello?"
"Tu non hai fratelli, Eve." La voce di Iris sembrava piuttosto scocciata.
"Aumentiamo a 7.4. Non possiamo andare avanti così", sussurrò a qualcuno accanto a lei. Gli elettrodi sul capo della ragazzina si illuminarono di colpo, spegnendola come una candela nel vento.
15-09-2080.
Una ragazza di ormai sedici anni scrutava la telecamera coi suoi occhi di cenere. Il suo corpo sembrava spesso quanto i disegni che le stavano accanto, e i suoi capelli avevano raggiunto una lunghezza spropositata.
"Dottoressa Svart" chiamò, timorosa. "Posso farle una domanda?"
"Certo, Eve", sentirono rispondere Iris, impassibile.
"So che sembrerà strano, ma... Per caso io ho un fratello?"
01-03-2085.
"Ho sognato di avere un fratello", stava dicendo Eve a una figura seduta davanti a lei, intenta a scrivere qualcosa su un olo-tablet. Eddie riconobbe Saryu, con una treccia di capelli leggermente più corta di quella presente.
"È una cosa molto bella" rispose la psicologa, riservandole un sorriso cordiale. "Ti piacerebbe averne uno, Eve?"
"Sì" rispose la ragazza, stringendosi le mani in grembo. "Mi piacerebbe molto."
16-10-2090.
"L'hai sognato anche stanotte? Il ragazzo che esce dalla porta?" chiese Saryu, col suo olo-tablet in mano.
Eve mosse la testa in segno d'assenso, facendo oscillare gli elettrodi attaccati al suo cranio.
"Ti va di raccontarmelo di nuovo?"
La ragazza la fissò negli occhi, vuota. Quando riprese a parlare, il suo tono sembrava automatico come quello di un androide.
"Io sono seduta per terra, e sto disegnando. Di fronte a me c'è uno schermo acceso. A un certo punto sento un rumore, e vedo un ragazzo in piedi accanto alla porta. Lui mi dice qualcosa, sta per uscire, e io so di volergli rispondere. Ma quando mi decido, lui è già andato via."
29-11-2090.
– Basta.
Il suono della sua voce colmò il silenzio, inframmezzato dalle flebili parole che Eve stava continuando a sussurrare nel video. Eddie bucò il vetro tra lui e il Leader con lo sguardo, agitandosi per terra. Non si era ancora girato a osservare la reazione di Florian al filmato. Non aveva osato.
– Basta. Spegni quell'affare, maledizione.
Krassner si rivolse verso di lui, sinceramente stupito. Tuttavia, non accennò a fare alcunché.
– Non mi hai sentito? Ti ho detto di spegnerlo, cazzo! – urlò lui. Sentì il proprio pugno abbattersi sul pavimento, e le ossa incrinarsi sotto il peso della sua rabbia.
Eddie tornò a stringere forte la mano di Florian, rischiando di fratturarla. Finalmente, il Leader spostò lo sguardo sul suo co-abitante, forse colpito da una lieve realizzazione.
– E va bene, Eddie. Anche se attendo con ansia una spiegazione – gli disse, con le sopracciglia inarcate. Il video sfarfallò un'ultima volta, dissolvendosi su se stesso.
– Torniamo a noi. Spero che, con questo filmato, il dottor Kersson abbia ricordato di che tipo di essere si sia innamorato. Anche se forse chi si innamora di un mostro è un mostro ancora peggiore. Be', poco male. Adesso procedete.
Il Leader si rivolse ai soldati che aveva bloccato poco prima, facendogli un cenno con le sue dita affusolate. Jonas non si spostò di un centimetro, ormai rassegnatosi al proprio destino. Mugolò un'ultima, flebile frase verso Iris, appannando la lastra che li divideva.
– Ti amo, Amélie.
Il rumore del proiettile che si conficcava nel vetro gli frantumò i timpani, facendogli chiudere gli occhi di colpo. Quando Eddie li riaprì, il corpo del medico era schiacciato in modo innaturale sulla parete trasparente, in un'angolazione che pensava non fosse neanche possibile per un essere umano. Sulla sua nuca si era aperta una rosa cremisi, cava e irregolare. Jonas soffocò un rantolo, continuando a muoversi, e una seconda raffica di pallottole lo raggiunse, spegnendolo definitivamente. Le sue dita si contrassero su loro stesse, graffiando l'immagine di Iris come se avessero voluto portarla via con loro, nel buio abisso della morte.
Eddie sentì il petto sobbalzare, sconquassato dai conati. Il Leader ordinò ai suoi di portare via i due corpi, come si fosse trattato di sacchi della spazzatura. Lui rimase a fissare la striscia rossa lasciata dal sangue di Jonas, anche quando Krassner ricominciò a parlare con Abramizde, di nuovo privo del suo bavaglio.
– Siamo all'epilogo, Karl – gli disse, immobile. – Ormai avrai capito che faccio sul serio. Ci tenevo che tu fossi l'ultimo ad andarsene.
Abramizde si congelò in un sorriso, seppur i suoi occhi tradissero un profondo disprezzo. – Molto magnanimo, da parte tua.
– Grazie – disse Krassner, scacciando il suo sarcasmo. – Allora. Ultime parole?
– Guarda fuori.
Il Leader si accigliò, confuso. – Cosa?
– Vedrai, Leader – rispose l'altro, sornione. – Perderai, te l'ho detto. Devi sapere che, oltre che alla Stanza Bianca, avevo chiesto a Iris di allargare la schermatura all'intera ala sud del Laboratorio. Mi serviva per avere una scusa col Concilio per non far infiltrare i loro lacchè in questo incontro. E tu non avrai lasciato uscire dall'edificio dei soldati provvisti di microchip per il conteggio, vero?
Krassner oscillò sul posto, colpito da quelle parole. Qualcuno tra i ribelli sintonizzò un olo-tablet su un canale di comunicazione riservato ai Sorveglianti, aumentandone il volume in modo che tutti potessero ascoltare.
"...La seconda anomalia sul Quadrante..."
"...Persone sulle strade, chiediamo rinforzi..."
"...Decine di cifre in più..."
"...Impossibile stabilire un contatto col Presidente..."
I soldati del Lethe sembrarono agitarsi leggermente, scambiandosi occhiate da sotto i loro caschi scuri. Krassner fissò interdetto il Presidente, vedendolo aprirsi in una grassa risata finale.
– La Chiesa non è più il tuo nemico, Oliver. Sono loro. Quella massa di cani rabbiosi che noi abbiamo tenuto a bada per vent'anni. Stanno già iniziando a rivoltarsi, aizzati dai Quadranti. E quando il tuo video sarà in circolo, quando sapranno che stavo allevando delle persone fertili, le cercheranno ovunque. Mi cercheranno ovunque.
La sua voce si abbassò a un sussurro, infiammato da un senso di trionfo. – Non riuscirete a uscire vivi da qui. La loro speranza vi divorerà sino alle ossa. Quanti esseri umani sei disposto a uccidere, per salvare tutti gli altri?
Krassner strinse i pugni, fissandolo con odio. – Maledetto bastardo. Era il tuo asso nella manica.
Abramizde lo scrutò col suo singolo occhio ceruleo, distendendo il volto in un'espressione pacifica. – Non era l'unico.
L'uomo strinse i denti in una morsa, schiacciando e rompendo quella che probabilmente era una capsula di veleno nascosta tra i suoi molari. La difesa finale della sua libertà, riservata all'uomo che quella libertà l'aveva sottratta a miliardi di persone.
Il suo involucro si accasciò sulla sedia, sfibrato e molle come una bambola di pezza. Krassner proruppe in un lamento di frustrazione, agitando febbrilmente le mani. Dopodiché, scaricò la propria pistola sul corpo esanime dell'uomo, cancellando il Presidente della Chiesa del Giudizio dal mondo, insieme a tutto ciò che aveva significato per esso.
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