⁶⁰. 𝘈𝘪𝘶𝘵𝘰
Poteva scorgerli dal basso del pavimento, legati l'uno all'altra da delle spesse corde marroni che gli avviluppavano i polsi, schiena contro schiena. Che lui ricordasse, Eddie e Dianne non erano mai stati insieme nella stessa stanza, eppure in quel momento la sua mente sembrò non farci caso, impegnata com'era a cercare di raggiungerli. In piedi accanto a loro stava Jonas, che indossava un camice bianco e percorreva il pavimento in lenti cerchi, girandogli attorno con un accendino in mano. Di tanto in tanto lo accostava accanto al viso di uno dei due, arrossendolo. Un imbarazzo meccanico che gli si imprimeva dolorosamente sulla pelle.
Nell'aria c'era odore di carne e capelli bruciati, e Florian sentiva ardere sul proprio corpo ognuna di quelle ferite che Jonas continuava a infliggere alle sue due persone più importanti. I capelli biondi di Eddie si avviluppavano a quelli castani di Dianne, in un intrico spettinato che li univa indissolubilmente.
La schiena larga del ragazzo premeva contro quella più esile della donna, mentre cercava invano di allentare i nodi che gli bloccavano i polsi. Le braccia nude di entrambi erano cosparse di spesse cicatrici da taglio che sanguinavano senza sosta, probabilmente un altro regalo da parte dell'uomo che li stava consumando.
– Non vuoi aiutarli? – gli chiese Jonas, beffardo. L'accendino fra le sue mani assumeva forme confuse e mostruose, passando da solido a malleabile, ma in ogni caso letale. Attorno a loro vi era una spessa coltre di buio, e l'unica luce che Ian riusciva a scorgere era quella delle fiamme che danzavano sinuose tra le mani dell'aguzzino, rischiarando solo a tratti la pelle diafana della donna che amava.
– Fermo! – urlò, spingendo le mani contro al pavimento con tutte le proprie forze. Tuttavia, nonostante la disperazione, non riusciva a sollevarsi di un millimetro. Attorno al suo busto e alle sue caviglie il nero aveva preso la forma di decine di legacci color petrolio, viscidi e incredibilmente forti. Florian poté sentire i muscoli delle gambe e delle braccia sfibrarsi, provocandogli un dolore lancinante che gli tolse il fiato per qualche secondo. Sputò un grumo di sangue a terra, accanto ai piedi del medico, che nel frattempo se la rideva di gusto.
Vide Eddie piantargli i propri occhi color cielo sul volto, e Dianne fare la stessa cosa di rimando. I loro sguardi erano iniettati di sangue, e sembrava che il dolore li avesse costretti a invecchiare nello spazio di poche ore. Azzurro nel grigio, entrambi si rivolsero a lui, accavallando confusamente le parole.
– Perché non ci liberi?
– Guardati, non riesci neanche ad alzarti.
– Sei patetico. Un buono a nulla.
– Non avrei mai dovuto avvicinarmi a te.
Florian sentì le lacrime sopraffarlo, e i muscoli continuare a pulsare sotto la propria pelle come se avessero voluto uscirne. – Vi prego, – disse a mezza voce, – verrò da voi, lo prometto... Ho solo bisogno di rialzarmi...
– È tardi – disse Jonas, inginocchiandosi accanto a lui.
Senza alcuno sforzo, afferrò uno dei tralicci che trattenevano Ian al terreno e lo dissolse tra i polpastrelli, con un gesto semplice quanto schioccare le dita. – Non riuscirai mai a rialzarti. Perché sei un debole.
Il medico si riavvicinò a Eddie e Dianne, che guardavano ancora Florian con un misto di nausea e rimprovero. Le ferite sulle loro braccia continuavano a sanguinare lentamente, e le ustioni sui loro visi erano talmente profonde da mettere in risalto la carne marrone che vi riposava al di sotto.
Jonas estrasse una pistola dalla tasca del proprio camice, passandosela da una mano all'altra con ponderatezza. Florian ne osservò la superficie venire illuminata dalla fioca fiamma dell'accendino, disegnandola nel buio. Vide il medico sbloccare la sicura, producendo un suono metallico che gli si conficcò nei timpani come uno spillo. Eddie e Dianne chiusero gli occhi, e Jonas si avvicinò ai loro visi, stampando le proprie labbra su quelle di Dianne, e poi sulla fronte di Eddie. Florian percepì il petto vibrargli di disgusto, e quella scena gli si incastonò nelle iridi grigie, annebbiate dalle lacrime che ormai non gli davano tregua.
– Ricordati sempre una cosa – sussurrò Jonas, schiacciando la nuca di Eddie contro quella di Dianne, confondendo ancora di più i loro capelli spettinati. – Tutto questo è solo colpa tua.
Florian si sentì urlare, e la sua voce si perse nel suono secco dello sparo.
***
– Florian!
Una voce lontana lo riportò di scatto alla realtà. Ian spalancò le palpebre, sollevandosi dalla posizione sdraiata nella quale era stato sistemato. Il suo corpo posava su un pavimento bianco, ma non c'era nessun traliccio a trattenerlo con esso. Si portò le mani tremanti al volto, cercando di asciugare l'impressione delle lacrime che lo avevano inondato in quel crudele incubo.
– Ti sei svegliato, per fortuna! Credevo di aver esagerato.
Florian sollevò gli occhi sulla persona che stava accanto a lui, in ginocchio sul pavimento.
Willas aveva ancora indosso la sua uniforme da Sorvegliante, e anche quando non era in piedi riusciva comunque a sovrastarlo di tutta la testa. Lo vide rannicchiarsi leggermente, col manganello elettrificato ancora stretto in mano. Ian non poté fare a meno di allontanarsi di scatto da quello strumento, sbattendo le spalle alla trabacca metallica del letto.
Willas sembrò notare la sua preoccupazione, e si affrettò a mettere via l'arma. – Non preoccuparti, ho impostato un voltaggio bassissimo. Mi dispiace, ma dovevo farlo, se volevo svegliarti. Ascolta, dobbiamo andarcene subito da qui. Ce la fai ad alzarti?
Ian sentì la mente esplodergli in una miriade di puntini luminosi, che si sovrapposero alla sua vista come una torma di lucciole impazzite. Posò una mano a terra, cercando invano di sollevarsi. Proprio come nel sogno.
– Io... No, non ce la faccio. Jonas... Il sonnifero...
– Lo so. Ho visto il Joynox nel deflussore. Chi è quest'uomo? Che cosa vuole da te?
Florian non rispose, ancora stordito dal sedativo che gli aveva, seppur per poco, percorso le vene addormentandolo di colpo. Cercò di concentrarsi sulla domanda del ragazzo, ma i pensieri continuavano a scivolare lontani dalla sua mente esausta.
Solo allora sollevò lo sguardo, osservando il letto dove aveva riposato sino a quel momento. Sentì un conato di vomito fratturargli le viscere: sotto alle coperte giaceva Jonas, col volto tumefatto e un rivolo di sangue che spiccava paurosamente sulla sua fronte, percorrendola con pigrizia sino al naso. Non poté fare a meno di pensare che anche da addormentato quell'uomo non perdesse affatto la sua aura di pericolosità. Sembrava quasi esalargli dalla pelle, simile al fumo di un inceneritore.
– Ho chiuso le tende che danno sul corridoio, ma non ci metteranno molto a trovarlo – disse Willas. Florian notò che non aveva alcun accenno di tremore nella voce, e il lampo di risolutezza che vide nei suoi occhi verdi lo accecò al punto da dover distogliere lo sguardo.
– Tu lo hai... Ucciso? – gli chiese, sentendosi sprofondare. La sua voce si assottigliò in un sussurro spaventato, che gli annodò la gola.
Willas sospirò. – No. L'ho solo tramortito. Ero tornato per dirti che l'infermiere per cambiarti la flebo sarebbe arrivato tra mezz'ora, ma poi ho visto cosa ti stava facendo.
Florian continuò a osservarlo incredulo, tastandosi il viso automaticamente, come a voler verificare ancora una volta di essere lì, presente e vivo. Il respiro gli usciva in brevi intervalli, e sentì un calore pervaderlo dal profondo del petto, ustionandolo. – Hai aggredito un medico. – Una dura consapevolezza si incanalò nella sua mente, raffreddando il bruciante sollievo che stava provando. – Ti interneranno, Willas... Ti faranno una Riforma Avanzata per questo.
Il ragazzo sorrise amaramente, stringendogli un braccio con vigore. Florian sentì le ferite fare frizione con le garze, e soffocò un lamento di dolore. – Mi pareva di avertelo detto. Ho smesso di curarmi delle conseguenze.
Florian si scostò da quella stretta, trafiggendolo con lo sguardo. – Questa volta è diverso. Fra poco arriverà qualcuno, e verremo dichiarati "irrecuperabili", dannosi per la società. Siamo entrambi dei Disallineati in cura, e io sono anche Attenzionato. – Ian posò lo sguardo a terra, dove una delle garze si era dispiegata a partire dal suo polso, annerendosi leggermente sui bordi. – Se vai via, puoi ancora salvarti. Dirò che sono stato io a tramortirlo, mi prenderò la responsabilità. Ma ti prego, scappa adesso... Sei ancora giovane, non puoi buttarti via così.
Ian smise di colpo di parlare, travolto dal ricordo di un dettaglio. Portò le mani a tastare febbrilmente la superficie del letto, rabbrividendo ogni volta che incontravano le sporgenze del corpo di Jonas, celato dal lenzuolo. Il breve fruscio che la carta gli restituì all'udito fu abbastanza da fargli tirare un sospiro di sollievo. Prese il ritratto di Eddie in mano, osservandolo ancora una volta in tutta la sua dolorosa precisione.
– Lui era – è – il mio co-abitante – disse a Willas. – Si chiama Eddie. Qualcuno lo ha fatto sparire, forse questo medico e dei suoi complici. Lo hanno cancellato dal mondo, e hanno passato gli ultimi due giorni a convincermi che non sia mai esistito.
Willas sbarrò gli occhi, confuso. – Tu... È per questo che volevi morire?
Florian fece una smorfia di dolore, ignorandolo. Le lesioni che si era inferto sulle braccia pulsarono di rimando, come fossero state chiamate in causa. Prima di perdersi nuovamente, mosse le mani a scatti, costringendo le dita del Sorvegliante a stringere il foglio. – Sul retro c'è un messaggio con delle indicazioni. Se vuoi fare qualcosa per me, aiuta lui.
Il ragazzo strinse il ritratto, assecondando un riflesso involontario. Lo vide cambiare espressione, posandogli le mani sulle spalle. – No. Io aiuterò te, e tu aiuterai lui.
Florian sgranò gli occhi. Sentì il peso delle sue lunghe dita comprimerlo, e il suo sguardo bruciarlo aggiungendo strati di dolore, mentre continuava a parlare. – Non posso lasciarti qui. Non voglio lasciarti qui.
Ian sentì le lacrime appannargli la vista, e l'odore ferroso del sangue gli ricordò di avere il naso rotto. Quasi come se non avesse atteso altro che la sua consapevolezza, l'osso ricominciò a pulsare, espandendo un dolore lancinante sul suo viso. – Perché?
Willas sembrò perplesso. – Cosa?
– Perché lo fai? Perché ti metti nei guai per me?
La presa del ragazzo si fece più salda, infondendogli nuova energia ogni secondo che passava. Per un istante gli sembrò di vedere il sorriso di Eddie ricalcare quello del ventenne che gli stava di fronte, che di Sorvegliante ormai non aveva altro che la divisa.
– Perché sono stanco di questo mondo, Ian. E non voglio vedere altre persone spegnersi.
Florian lasciò che le ciglia gli si imperlassero di lievi gocce, maledicendosi per la propria emotività. Senza dire nulla, riprese il ritratto in mano, ricacciandolo nella tasca dei pantaloncini da basket, che indossava da quando aveva cercato di svuotare la propria vita nel vuoto della camera di Eddie. Si scostò ancora una volta dalla presa di Willas, ma solo per fare forza sul metallo della trabacca, sentendo i muscoli bruciare mentre cercava di risollevarsi. Il ragazzo provò ad allungare una mano per sostenerlo, ma un suo breve cenno bastò a fargli comprendere che avrebbe voluto farlo da solo.
Florian riuscì ad alzarsi in piedi, sentendo la testa girare. Gli occhiali gli restituirono l'immagine distorta delle lenzuola, dove alcune gocce di rosso fresco avevano iniziato a fare capolino, colando a fiotti dalle sue narici.
– Non smette di sanguinare – disse a Willas, che intanto lo aveva affiancato, sovrastandolo con la sua statura.
– Posso aggiustartelo – gli rispose il ragazzo, assumendo un cipiglio serio. – Ma farà male.
– Non importa.
Ian si aggiustò gli occhiali, che continuarono comunque a stargli storti sul viso. Jonas deve avermeli ammaccati. A quel pensiero, i suoi occhi guizzarono fugaci sul viso arcigno del medico, ancora incosciente.
Willas gli avvicinò una mano al volto, e strinse il suo setto nasale con i polpastrelli, simili alla morsa di una pinza. – Sei sicuro?
– Sì.
– Allora vado.
Durò il tempo di un respiro. Florian trattenne un urlo che gli spaccò lo stomaco, sentendolo riverberarsi sulle sue pareti. La vista gli si riempì di una serie di esplosioni bianche, che si confusero con le macchie di sangue fattesi ancora più copiose, e che ormai avevano invaso le lenzuola candide. Gli parve di aver ricevuto una martellata in pieno volto, e il panico di non riuscire a mettere a fuoco lo costrinse a piegarsi in due, stringendo le spalle di Willas per evitare di svenire. Lentamente, il mondo smise di vorticare, e Florian allentò la mascella, che aveva tenuto contratta sino a quel momento, senza realizzarlo.
Willas gli posò una mano sul braccio, con cautela. – Tutto a posto?
– Sì... Sto bene. – Ian si morse la lingua per evitare di urlare. – Cazzo, che dolore.
Il ragazzo sorrise lievemente. – Credo che sia la prima parolaccia che ti sento dire.
Lui gli restituì il sorriso, sentendosi un po' più leggero. Non fece in tempo a rispondergli nulla, che sentì la porta della stanza aprirsi, e il cigolio della maniglia farlo tremare dall'interno, immobilizzandolo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top