⁹⁷. 𝘋𝘦𝘤𝘪𝘴𝘪𝘰𝘯𝘦
Le parole di Eddie non riuscivano a raggiungerlo. La mano del ragazzo gli stava artigliando una spalla, e la sua voce continuava a cantilenare qualcosa di incomprensibile. Il suo tono allarmato spingeva per fare breccia in lui, ma la coscienza di Florian scorreva via assieme al sangue di Willas, che tingeva il suo sedile sino a trasudargli negli occhi.
In quell'inferno di rosso, tuttavia, notò dei guizzi bluastri illuminare la pancia del furgone, simili a piccole stelle filanti. Le scintille furono seguite da delle pigre dita di fumo che, senza volerlo, risvegliarono qualcosa in lui. Qualcosa che aveva già visto. Qualcosa che non aveva potuto evitare.
Florian si scagliò fuori dall'abitacolo, piantando bene i piedi sull'asfalto per aiutare Liese ad allontanarsi. Gettò un'occhiata di sfuggita a Eddie, che la raccolse con un cenno. Il ragazzo scese di volata e fece il giro del mezzo per tirare via Elsinore, ancora avvinghiata all'involucro di Willas.
Senza pensarci due volte, Ian tirò lo sportello rovente fino a farlo schiantare contro il resto della carrozzeria, e strisciò sui sedili per sollevare Nadine contro di sé. Il fumo aveva iniziato a farla tossire, ma il sonno artificiale continuava a serrarle ostinatamente le palpebre. Se la accucciò sul petto, stringendola come quando era bambina, sentendola anche leggera come quando era bambina. Fece solo in tempo a balzare all'indietro, che vide la carcassa del furgone incendiarsi, veloce e inesorabile come il falò che avevano acceso nel Lethe. Un falò al quale Willas aveva assistito, e al quale adesso, invece, stava partecipando.
Scostò una ciocca di capelli dal volto di Nadine, stremato dall'adrenalina. E, mentre la sfiorava per la prima volta da quando l'aveva rivista, comprese di colpo che questa volta, questa volta ci era riuscito. L'aveva tirata fuori dall'auto in fiamme. L'aveva salvata.
Quella piccola idea bastò a farlo detonare. Florian iniziò a tremarle addosso, riempiendole l'incavo del collo di lacrime incandescenti. Accanto a loro, Liese osservava l'incendio in silenzio, ed Eddie serrava Elsinore in un abbraccio, impedendole di avvicinarsi al furgone. Le sue urla prive di parole squarciarono il cielo, dissolvendosi in strisce sottili assieme al fumo.
Osservarono il mezzo consumarsi a poco a poco, sin quando non divenne uno scheletro nerastro. Intorno a loro, i rumori delle sommosse si erano come abbassati di volume. Willas li aveva portati abbastanza lontano dall'epicentro, ma non era escluso che la folla potesse spingersi sin lì. La strada si era ridotta a un cumulo di detriti, e i grattacieli che la contornavano si curvavano su di loro simili ad alberi minacciosi. Florian vide Liese far spaziare lo sguardo da ogni lato, turbata.
- Dobbiamo toglierci dalla strada - esordì l'anziana. - Non possiamo rischiare che i rivoltosi la riconoscano di nuovo.
La donna indicò Nadine, tornata saldamente sulle spalle di Eddie. Florian ricordò le espressioni dei cittadini, quando si erano riversati fuori dal Laboratorio. Espressioni incuriosite, dubbiose. Fameliche. Quel pensiero gli diede i brividi, e lo compresse in un angolo.
- Hai ragione. Ma non è solo lei che dovremmo nascondere, Liese. Anche il tuo volto compariva nel video di Oliver.
L'anziana sorrise. - Questo potrebbe tornarmi utile, in realtà. Ma per ora faremmo bene ad aspettare che si calmino le acque.
Ian annuì, titubante. - Allora troviamo un posto dove rifugiarci. Se camminassimo ancora tra queste vie, alla luce del Sole...
- Potremmo salire lì - disse Eddie, puntando il dito verso uno dei grattacieli. - Le persone sono tutte in strada, di certo non sarà rimasto nessuno all'interno dei palazzi.
- È un'idea - concesse Ian, voltandosi verso di lui. Per un solo, breve istante, gli parve di intravedere un luccichio sinistro fargli fremere lo sguardo. - Da lassù controlleremo come si evolve la situazione, e potremmo sempre fuggire dalle scale d'emergenza - concluse, continuando a scrutarlo.
Liese assentì, già protesa verso il palazzo. - D'accordo, allora. Andiamo.
Lentamente, si spostarono dalla strada malconcia, gettandosi occhiate su occhiate alle spalle. Sgusciarono uno dopo l'altro attraverso una fessura nel vetro, forse squarciata dal lancio di un mattone. Elsinore fu l'ultima a passare. Indugiò un'ultima volta sulla soglia, fissando il furgone annerito in lontananza.
Florian osservò la hall, prevedibilmente deserta. Il bancone di una reception suggeriva la natura di albergo pre-Espiazione dell'edificio. Dei divanetti di tessuto verde punteggiavano l'ampio androne, accavallandosi dove i residenti li avevano travolti con la loro foga. Delle scalette conducevano a una coppia di ascensori dorati che, da quanto poté constatare, erano ancora in funzione. Liese si incamminò verso di essi, silenziosa. Ian la seguì, scandagliando il circondario in cerca di ombre nascoste.
- Un attimo - li bloccò Eddie, spuntandogli davanti. - Vorrei che loro due rimanessero qui.
Florian ci mise qualche secondo a comprendere che si stesse riferendo alle due donne. L'anziana si aprì in un'espressione confusa.
- Perché?
- Per precauzione - rispose il ragazzo, fissando il pavimento. - Elsinore è l'unica ad avere ancora una pistola. Inoltre, se rimarrete nella hall, potrete avvisarci nel caso in cui dovesse entrare qualcuno.
A quelle parole, estrasse un paio di radioline dalla tasca dei suoi pantaloni eleganti, le stesse che avevano visto utilizzare a Krassner nel Laboratorio. Ian non aveva idea di come e a chi le avesse sottratte.
- Ho impostato la frequenza in modo che siano in grado di comunicare. Se dovessero esserci dei problemi, vi basterà premere questo pulsante.
Florian ascoltò attentamente, pensieroso. Liese fece la stessa cosa, prima di prendere la parola.
- Non hai tutti i torti, ragazzo. Però anch'io dovrei spostarmi da qui. Se qualche intruso dovesse vedermi, non ci metterà molto a collegare la mia faccia al filmato di Oliver, e a capire che qui dentro si nascondono dei membri del Lethe.
L'anziana si avvicinò al volto di Eddie, sussurrando a mezza voce. - E poi, sinceramente, non credo che lasciarla da sola sarebbe l'ideale.
Eddie sembrò rabbuiarsi, e gettò un'occhiata alla figura incurvata di Elsinore.
- Ma certo, hai ragione. Allora saliremo tutti.
Ian non aggiunse altro, e seguì lo sparuto gruppo fino agli ascensori. Osservò il viso spento di Elsinore, sin quando le porte non si schiusero davanti a loro.
Eddie premette il tasto del ventesimo piano, il più alto nella pulsantiera. Ian notò che mancava il numero 13, probabilmente retaggio di una qualche vecchia superstizione. Fecero il tragitto in silenzio, calamitati dalle rispettive immagini stanche riflesse negli specchi.
Il piano numero 20 era un vano vuoto in costruzione che, evidentemente, nessuno si era preso la briga di ultimare. Oltre ai cumuli di mattoni bianchi e di pannelli di plexiglass, l'unico elemento degno di nota era un ampio vano rettangolare privo di vetri, che si apriva torvo verso il baratro del marciapiede.
Elsinore rimase accanto alle porte dell'ascensore, spalmandosi sulla parete. Liese, invece, si sedette su un mucchio di mattoni, il più lontano possibile dallo squarcio nel muro. Il vento che proveniva dall'esterno le faceva volteggiare le trecce bianche da ogni lato, frustandole il volto. La sua postura era appesantita da una stanchezza senza tempo. Ian le rivolse uno sguardo triste, pensando a quanto raramente le fosse concesso di dimostrare la sua vera età.
Eddie, al contrario, si trascinò a ciondolare al centro della stanza. Aveva spostato Nadine dalle sue spalle, facendosela scivolare con delicatezza tra le braccia. Era incredibile quanto il suo corpo, così magro e minuto, sembrasse quello di una bambina accanto a lui.
Ian si accostò a loro, cauto. Posò una mano sulla spalla del LaBo, e fu sorpreso di vederlo sobbalzare.
- Ehi - lo chiamò, preoccupato. - Si può sapere che cos'hai?
Eddie fuggì il suo tocco, gettando lo sguardo oltre le travi del palazzo. - Nulla. Ho solo bisogno di riprendere fiato.
Lui lasciò cadere la mano, ricacciandosela vicino a peso morto. - Sicuro che sia solo questo?
Il ragazzo non rispose. Nadine, intanto, continuava a respirare piano tra loro, illuminata dal Sole.
- No. Non è solo questo - smozzicò il ragazzo. - Io non... Non ce la faccio più. Tutte quelle persone che soffrono per noi. Per quello che rappresentiamo.
Quasi come a volergli dare manforte, la brezza invernale portò le urla dei rivoltosi al loro livello. Le voci si erano amalgamate in un unico stridio concitato, privo di sesso, colore o personalità. Florian li immaginò distruggere ogni cosa al proprio passaggio, accanendosi sulla città come locuste su un campo di grano.
- Quelle persone hanno più di un motivo per ribellarsi alla Chiesa del Giudizio, Eddie. Sarebbero insorte comunque. Non sta a te farti carico delle loro vite, né della loro sofferenza.
Il ragazzo sembrò tremolare. - Non parlo solo di loro, Ian. Parlo anche degli altri - ribatté. I suoi occhi si fecero acquosi, e strinse Nadine a sé come per riflesso. - Non voglio veder morire più nessuno per colpa mia. Nessuno.
Florian si immobilizzò, schiaffeggiato da quella frase. E, mentre cercava lo scampolo dal quale dipanare la matassa, si accorse di quanto l'unica voce della folla si fosse fatta più nitida. E di quanto, senza realizzarlo, entrambi si fossero accostati alla finestra senza vetro, all'oblò aperto sull'abisso.
Il ragazzo lanciò lo sguardo oltre il basso muretto che separava lui e Nadine dal nulla, rincorrendo i guizzi blu del cielo.
- L'hai sentita prima, non è vero? Anche se non ha più una lingua per parlare. Mi ha graffiato le braccia per tornare da lui, nel furgone in fiamme. E io l'ho stretta, l'ho stretta fino a farmi male. Se non l'avessi fatto, ora lei sarebbe cenere.
Ian si voltò verso Elsinore, ancora addossata agli ascensori. - Ma non è successo, Eddie. Elsi è ancora viva, e anche noi. E tutti andremo avanti, prima o poi. Un... Un passo alla volta.
Il ragazzo lo fissò. Un sorriso spento era sceso a ornargli il volto, un tipo di sorriso che stonava terribilmente con tutto ciò che Eddie era sempre stato, che Ian gli aveva sempre visto essere.
- Non è così facile. Willas è morto per salvarmi, e anche Saryu. Erano altruisti... Coraggiosi. Anche tu saresti morto, se Iris non ti avesse protetto. Io sono stanco di vedere le persone buttarsi via per me, papà. Sono stanco.
Eddie mosse un passo all'indietro, e il vento iniziò a scompigliare pericolosamente i capelli di Nadine.
- F-forse Rein aveva ragione - balbettò. - Forse questa è davvero l'unica via d'uscita.
Ian sentì la pelle accapponarsi, improvvisamente consapevole. Il vento, il vuoto. Quel volto rassegnato, che credeva di aver intravisto sempre e solo nel proprio specchio. Un senso d'orrore gli fece fremere ogni fibra del corpo, pungolandolo dall'interno come il graffio di una bestia.
- Non è mai l'unica via d'uscita - gli rispose d'istinto, sforzandosi per far fluire la voce. - Credimi, io lo so.
La cosa che strisciava giunse a canzonarlo, crepitando in fondo alla sua mente. Patetico. Sentirtelo dire come se lo pensassi davvero mi dà il voltastomaco.
Ian si costrinse a ignorarla, e ricalcò velocemente i passi di Eddie.
- Fin quando siamo in vita possiamo provare a cambiare. Possiamo farci perdonare. Non toglierti la possibilità di scoprire come potrebbero andare le cose in futuro.
Sul serio? Lo schernì la piccola voce. Credi davvero di essere la persona adatta per convincere qualcuno a vivere?
Florian chiuse i pugni di riflesso, afferrando il proprio dolore per la gola.
Non sono la persona adatta, si rispose, severo. Ma sono la persona che lo farà comunque.
- Questo non è un futuro che posso sopportare - rispose Eddie, stridulo. - S-se io... Se noi ci lanciassimo da qui, finirebbe tutto... Finirebbe tutto in un colpo solo. E voi potreste vivere in pace.
Ian ascoltò le sue parole come da oltre un vetro. Se i cittadini li avessero visti cadere, rifletté, probabilmente avrebbero riconosciuto Nadine, comprendendo che loro due erano la coppia fertile. In un colpo solo. Con la coda dell'occhio, notò Liese ed Elsi dietro di loro, con un'espressione allarmata in volto. A un tratto, realizzò come Eddie avesse tentato di lasciarle al piano terra sia per tenerle lontane da quella decisione, sia per evitare che potessero fermarlo. La freddezza con la quale aveva architettato tutta quella situazione lo fece vacillare.
Tuttavia, una piccola parte di lui lo spinse a ricredersi. Fissò le lunghe ciocche di Nadine serpeggiare verso il vuoto, costringendosi a non gettarsi in avanti per agguantarla. Il fatto che Eddie sembrasse aver trascurato di stare per portargli via la sorella appena ritrovata non aveva alcun senso. Non lo avrebbe mai fatto, se fosse stato lucido. E, oltre a quello, Ian notò qualcos'altro, un dettaglio minuscolo eppure fondamentale. Ovvero che, nonostante avesse cercato di allontanare le due donne, Eddie non avesse tentato in nessun modo di allontanare lui.
Non mi ha permesso di stargli accanto solo per dirmi addio. L'ha fatto perché voleva che lo fermassi. Perché non vuole ancora morire.
Eddie continuava a scrutare insistentemente l'abisso, che pareva calamitarlo a sé come il canto di una sirena. I suoi occhi color cielo pugnalavano il baratro, vuoto dentro vuoto.
- Edin, guardami - iniziò, tendendogli una mano con prudenza. Eddie sembrò ignorarlo, ma poi lo fissò con un'espressione smarrita.
- Tu sei la mia famiglia. Non esiste alcuna vita in pace per me, senza di te - continuò. - Spostati da lì. Faremo qualcosa... Qualsiasi cosa.
Eddie tirò su col naso, indicando il viale decine di metri più in basso. - N-non possiamo fare niente. Loro... Loro ci inseguiranno sino in capo al mondo. - I suoi occhi stillarono due grosse lacrime traslucide, che rotolarono via fino a nascondersi nel suo colletto. - Sarà sempre così, fin quando saremo fertili.
Ian sentì il cuore stringersi, ma continuò a protendersi ancora un po' verso di loro.
- Non importa. Troveremo una soluzione insieme. Te lo prometto, figlio mio.
Il ragazzo vacillò un istante, cercando di assimilare quelle parole. Le dita di Ian erano abbastanza vicine da sfiorarlo, adesso. Afferrò un lembo della sua camicia, tirandolo. I due si sbilanciarono in avanti, e lui li afferrò con uno strattone. Li strinse con tutte le sue forze, allontanandoli dalla finestra senza vetro. Il vento prese ad avvolgerli con la sua cappa fredda, incapace di trovare alcuna fessura nel loro abbraccio. Eddie nascose il viso vicino alla sua spalla, e Ian sentì la mimetica bagnarsi di lacrime.
- Mi dispiace... Non volevo... Mi dispiace - ripeté il ragazzo, come risvegliatosi da un incantesimo. Ian portò le dita a lisciargli i capelli biondi, corti come fili d'erba.
- Lo so, lo so. Va tutto bene. Ci sono io con te.
Continuò a stringerlo e a carezzarlo sin quando non lo sentì smettere di rabbrividire. Perse il conto delle parole tenui e cantilenanti che gli rivolse, nel tentativo di calmarlo. Il pensiero di quanta morte quel ragazzo così solare avesse dovuto assorbire in un solo giorno gli fece girare la testa.
Racchiuso come una gemma in mezzo a loro, intanto, il corpo sfibrato di Nadine si agitava debolmente. Eddie le passò il dorso della mano sul viso, e alzò uno sguardo preoccupato su di lui.
- Sta tremando - disse, con la voce ancora rotta dal pianto. - Dobbiamo proteggerla dal freddo.
Distratti da quel compito, si accovacciarono sul pavimento ruvido, posando la ragazza sulle ginocchia impolverate di Eddie. Non sapeva quanto tempo sarebbe durato ancora l'effetto del sedativo di Krassner. Se non avesse visto il suo petto alzarsi e abbassarsi, avrebbe pensato che fosse svenuta, o peggio. Una parte di lui desiderava solo riveder scintillare i suoi occhi.
- Scendiamo di un livello - propose, sfiorandole le guance fredde. - Cerchiamo un piano più riparato.
Senza indugiare ancora, si sfilò la giacca della mimetica, come aveva fatto davanti ad Amélie per mostrarle le cicatrici. Liese ed Elsinore fissarono le sue braccia martoriate, che avevano avuto l'occasione di scorgere solo per qualche istante prima della fuga. Nonostante non stessero dicendo nulla, Ian vide una smorfia di sofferenza contrastare sulla pelle bruna dell'anziana.
Avviluppò Nadine nella casacca, coprendola fino al collo. Nel farlo, tuttavia, notò qualcosa slittare via da una delle tasche, provocando un rumore sordo sui mattoni. Anche Eddie fu attirato da quel suono, e si inginocchiò per raccogliere l'oggetto.
- È il badge di Saryu - disse, malinconico. Ian fissò il cartellino sottile, leggendone le scritte per la prima volta.
Saryu Kumar. Nel caos di eventi che avevano seguito il loro ricongiungimento, non gli era affatto venuto in mente di controllare il nome della dottoressa dalla treccia candida. Nonostante tutto, però, fu felice di scoprire che la S. K. del messaggio sul ritratto fosse la stessa donna che gli aveva permesso di arrivare nella Stanza Bianca. Perso in quei pensieri, tuttavia, fu pungolato da un flebile, inaspettato ricordo.
"Aprilo, quando sarà il momento".
Ian prese in mano il portachiavi che accompagnava il badge, guidato dallo spettro di quelle parole. Lo agitò, dubbioso, prima di forzarne l'apertura con uno scatto. Il ciondolo a forma di cometa si aprì in due come una conchiglia, rivelando un oggetto che avrebbe riconosciuto tra mille altri.
Dentro la coda della cometa giaceva una siringa piccola quanto un mignolo, piena di un liquido azzurro traslucido. Si assieparono tutti attorno a essa, incapaci di proferire parola.
Liese sfiorò il bordo del portachiavi, allibita. - Non ci posso credere. Non è possibile.
Eddie la fissò, portando anche lui le dita accanto a esso. - Perché? Cos'è questa siringa?
Ian sentì la gola seccarsi. Registrò l'espressione confusa del ragazzo, colto da un'improvvisa consapevolezza. È vero. I Last Borns non hanno mai avuto l'occasione di vederlo.
- Questo è il siero per la sterilità - mormorò, rabbrividendo. - È la "Cura" della Chiesa.
Eddie sgranò gli occhi, allontanandosi come se lo avessero bruciato. Ian si scambiò uno sguardo interdetto con le due donne. "Fin quando saremo fertili".
- Cosa... Cosa ci fa lì? - chiese il ragazzo, riprendendo la parola. - Perché lo aveva Saryu?
- Non ne ho idea - gli rispose, confuso. - Probabilmente voleva usarlo su di te per sottrarti dal Progetto. Mi chiedo solo perché non l'abbia fatto prima.
Eddie si strinse nelle spalle. - Iris le aveva impedito di avvicinarsi a me. Forse non ne ha avuto la possibilità.
Lui continuò a rigirarsi la siringa in mano, sentendola pesante come un macigno. Improvvisamente, gli tornarono in mente le altre parole che aveva sentito dire a Saryu, poco dopo avergli consegnato il badge. Delle parole che aveva ignorato sino a quel momento, e che adesso, a distanza di ore, mostravano tutta la loro necessaria gravità.
"Fa' la cosa giusta".
- No. Non è solo questo. Lei voleva che fossimo noi a decidere. - Voleva che io facessi la cosa giusta. Tuttavia, soffocò quelle parole senza proferirle, percependo una domanda tormentargli la carne: la cosa giusta per chi?
Quasi come in trance, voltò l'impugnatura della siringa verso Eddie, scacciandosi di dosso quei pensieri e quella decisione.
- È tua, Eddie. La scelta spetta a te.
Il ragazzo la prese in automatico, puntandogli contro l'ago nascosto dal tappo di plastica. Osservò quel piccolo, insignificante oggetto come si trattasse di un manufatto alieno. Nei suoi occhi si nascondeva un timore nuovo, una paura antica quanto la vita stessa.
- Aspetta - si insinuò tra loro Liese, sollevando una mano raggrinzita. - Pensaci bene. Anche senza l'ingegneria genetica della dottoressa Svart, potrebbero esserci altri modi per evitare le malformazioni della consanguineità. Modi per portare avanti la specie, senza che voi ne dobbiate soffrire.
Florian la osservò attentamente, turbato da come una parte di lui stesse indulgendo nelle stesse pericolose riflessioni. Una parte feroce e pregna di umana speranza, che per un istante aveva dimenticato di avere davanti a sé suo figlio e sua sorella.
Liese continuò. - Capisci cosa significa questo, ragazzo? Non si torna più indietro. Sei sicuro che sia la cosa migliore per l'umanità?
Eddie scrutò il vuoto oltre lo squarcio nel muro. Il suo volto si abbassò a osservare quello di Nadine, avvolta nella giacca mimetica come un neonato.
- Non so quale sia la cosa migliore per l'umanità - rispose, incurvando le labbra. - Ma posso immaginare quale sia la cosa migliore per lei.
Ian rispose al suo sorriso, lasciando come sempre che la sua luce lo rischiarasse. Elsinore annuì, e Liese sospirò, accogliendo gravemente la sua decisione. Il vento gli fece fischiare le orecchie, assieme alle voci della folla inferocita.
Florian si avvicinò a lui, cingendogli le spalle con un abbraccio. Stettero in silenzio per un po', lontano da tutto e da tutti. Intanto sotto di loro, a valle, Malthesia stava bruciando.
Angolino
Cos'è un personaggio di Antares che non prova a suicidarsi almeno una volta? :D
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