7.Uova Fritte Per Colazione

Traduzione fornita da @Shawnxmoon

Quando la mattina successiva i miei occhi iniziarono ad aprirsi, ero comodamente avvolta nelle coperte lisce, il sole si infiltrava fra le fessure nelle persiane. Spinsi la faccia contro il cuscino, dimenticando che qualche traccia del semplice trucco che avevo indossato il giorno prima era ancora spalmato sui miei occhi e sulle mie labbra, e feci un sospiro di infinito sollievo. Che incubo. E quasi ci credetti.

Cercai di decidere quale fosse l'idea migliore -rimanere a letto finché non sarei stata costretta a vestirmi per andare a lavorare, o trascinarmi in cucina per preparare una ben necessaria ed enorme colazione. Decisioni, decisioni. Mi sfregai il naso per poi tirare su con il naso, guardando il mio orologio nel frattempo. Mi accigliai. Perché diceva che era l'una del mattino? Era troppo chiaro fuori perché fosse così presto. La dannata cosa doveva essersi rotta.

Realizzai che le pareti erano diventate verdi nel corso della notte. Mi misi a sedere, muovendo i miei piedi e colpendo un cumulo caldo in fondo al letto. Una pelosa testa arancione con orecchie a punta si girò e due occhi verdi felini mi fissarono.

"Aw accidenti." mormorai. Mi toccai il petto, sentendo il tracciatore sotto la mia maglietta, e mi ributtai indietro sul letto. "Ci avevo sperato."

Due ore al massimo, aveva detto Dr.K. Solo due ore e al momento eravamo al giorno dopo! "Steven Kurzweil mi deludi caro." Dissi ad alta voce. "Sono le otto ora. Mamma mia ho dormito tanto, tutta sta cosa del viaggio nel tempo deve avermi sfinita."

Improvvisamente mi ricordai di essermi addormentata con lo zaino fra le mie braccia. Avendo un piccolo infarto, guardai al lato del letto e lo trovai lì, indisturbato, di fianco alle mie scarpe. Controllai che niente mancasse e trovai che tutto era al suo posto.

Feci un'espressione corrucciata, leggermente perplessa. Ma io non mi ero tolta le scarpe. O messa sotto le coperte. O sistemato il mio zaino intenzionalmente. E non ero il tipo di persona che si sveglia nel mezzo della notte e lo fa senza poi riuscire a ricordarlo.

Chissene frega, pensai. L'importante è che mi abbia fatto restare per la notte. Potrebbe essere stato Freddie a rimboccarmi per quanto ne so io. Non mi aveva nemmeno denunciata. Carino da parte sua. Non molte persone farebbero una cosa del gener- DIO MIO! SONO NEL 1977 CON FREDDIE MERCURY E MI STO COMPORTANDO COME SE FOSSI RIMASTA A DORMIRE A CASA DI UN AMICO DOPO AVERE BEVUTO TROPPO LA SERA PRIMA! MA QUANTI PROBLEMI HO?!?! È FREDDIE FOTTUTISSIMO MERCURY! F-R-E-D-D-I-E M-E-R-C-U-R-Y!!!

Ci vollero un paio di minuti perché io mi calmassi. Ma mentirei se dicessi che quei minuti non comprendevano saltare per la stanza, urlando in silenzio nella mia testa, e girando come una trottola in uno strano mix di euforia ed eccitazione e pazzia e energia repressa. Insomma. Doveva succedere prima o poi. Questa è la realtà.

Tuttavia, mi ricomposi, in parte perché Oscar mi guardava in un modo strano, ma soprattutto perché stavo ancora morendo di fame. E quando è così saltare su e giù non dura molto. Non ce la facevo più. Dovevo mangiare.

Quindi mi lavai la faccia, passai una spazzola fra i miei capelli (dovevo trovare una nuova acconciatura, questa era ambigua e non faceva più molto per me) e mi rimisi le lenti a contatto. Mi leccai le labbra al pensiero di una bellissima colazione. Uova fritte a cottura media, con bacon e degli English Muffin o dei French toast ricchi e dolci in modo devastante, e la ciliegina sulla torta, frutti di bosco freschi con la panna montata.

Infilai la Reliquia nella tasca posteriore dei miei jeans. Per nessun motivo al mondo mi sarei persa una chiamata oggi. E appena prima di scendere al piano di sotto, mi fermai davanti alla porta chiusa dall'altro lato del corridoio. Silenziosamente mi piegai in avanti, cercando di sentire un qualsiasi suono rivelatore. Ma o Freddie non respirava mentre dormiva o se ne era già andato da qualche parte, a Wessex forse. Ero quasi del tutto sicura di essere da sola. Non sprecando altro tempo, corsi giù dalle scale, Oscar balzando dietro di me.

Il piano inferiore era costituito dal salotto, un'area spaziosa, sorprendentemente di buon gusto, nemmeno lontanamente esagerato come mi ero immaginata potesse essere comune per Freddie. Nel centro incombeva quel celebre pianoforte a coda nero su cui aveva, e avrebbe, scritto tutte quelle fantastiche canzoni. Cristalli brillavano e dipinti erano appesi sulle pareti.

Istintivamente aprii le tende lasciando che la luce inondasse la stanza. Un bastone di ferro si piegava appena davanti alla casa, aspettando che qualcuno uscisse con una tazza di tè in mano a respirare la dolce aria mattutina, soddisfatto di guardare il mondo andare avanti senza di loro per un po'.

Prima di tutto, la colazione.

Andai dritta in cucina e frugai senza vergogna fra le mensole e gli armadietti finché non trovai un bicchiere che riempii d'acqua che poi tracannai. Migliore bicchiere d'acqua che io abbia mai bevuto, nessuna eccezione.

Poi mi misi all'opera. Non trovai caffè quindi iniziai a riscaldare una pentola d'acqua per il tè. Non capivo ancora bene le teiere in quei primi giorni. Non sapevo cosa cavolo stessi facendo e Capitan Google non c'era per salvarmi questa volta, ma feci il mio meglio.

Tristemente, non c'era del bacon, ma trovai una dozzina di uova grandi e una confezione di salsicce.

Se le voci erano vere, non avrei trovato pane a fette per il toast. Per mia sorpresa, infatti,non trovai il filone di pane. Più ridicolo di cosí? Pensai. Da bambino era spaventato dai sandwich?

In ogni caso, mi guardai ancora in giro e me ne uscii con degli English Muffin. Ero pronta. Accesi la radio e con mia felicità sentii "The Things We Do For Love" di 10cc. Prendendo una banana verde dal casco appeso sopra la mia testa (per aiutarmi ovviamente) e iniziai a cucinare.

"Too many broken hearts have fallen in the ri-ver..." cantai, "too many lone-ly souls have drifted out to se-a" mentre rompevo uova e guardavo le salsicce sfrigolare nella padella, stando attenda che non si bruciassero. Mi sentivo quasi normale. Solo un altro giorno, facendo la colazione per me stessa. Solo un'altra giorno alle otto del mattino nella casa di un uomo strano, che conoscevo ma allo stesso tempo non conoscevo, ma andava bene dato che nessuno lo conosceva veramente.

Era qui la differenza.

Tutti sapevano chi fosse, ma nessuno conosceva il suo cuore.

In quel momento pensai a un'idea folle. Pensai a come Freddie fosse esterrefatto quando non l'avevo riconosciuto, come la sua testa debba essere esplosa. Nessuno, a mio parere, riuscì mai a dare un bello sguardo al uomo in sè perchè erano accecati dalla persona che lui voleva vedessero e, quindi, la persona che loro si aspettavano.

Ma io non sapevo chi fosse, almeno questo credeva Freddie. E questo aveva tolto un po' di pressione, no? Almeno questo mi dava una buona occasione.

Per la prima volta vidi il mio erroneo viaggio come un'opportunità che mi veniva offerta. Questa è roba buona, mi dissi. Per qualsiasi periodo di tempo starò qui, perché non lo sfrutto? Perché non provo a mettermi alla prova con lui? L'ho sempre voluto fare.

Morsi la banana. Ma di nuovo, questa era il peggiore scenario -sempre presumendo che Freddie mi avrebbe lasciata restare. Non dovrei preoccuparmi, decisi, ma la mia sicurezza era più debole della sera prima. Dr.K mi avrebbe recuperata prima che potesse succedere qualsiasi cosa. Devo solo prenderla un momento alla vol-

"Sei ancora qui?" l'indifferente voce di Freddie mi interruppe.

Il mio sangue andò tutto verso i miei piedi. Mi girai, ed eccoli, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociata. Con le lenti a contatto, riuscivo a vedere tutto, persino la piega della sua grande e contorta bocca. Ma i suoi occhi erano più amichevoli di prima. Ciò dimmi diede coraggio.

"Buongiorno." Gli sorrisi.

"Ciao," disse con un piccolo gesto della mano.

Si mosse in avanti, osservando quello che stava succedendo con una profonda autorità. "Vedo che hai fatto come se fossi a casa tua."

Diedi un altro morso alla banana. "Mi dispiace, Signor Freddie ma stavo morendo."

"A quanto pare." concordò. Non riuscivo a concepire come qualcuno potesse sembrare così raggiante. Freddie si era rasato, i suoi capelli erano gonfiati alla perfezione. Poche persone possono far sembrare una semplice maglietta e dei pantaloni eleganti, soprattutto se hanno la vita corta e gli arti lunghi come quelli di Freddie. Ma lui ci riusciva.

"Non mi hai denunciata." dissi.

"Grazie."

"Sì, be' non essere troppo soddisfatta," mi informò "potrei farlo oggi."

"Perché non l'hai fatto ieri sera?"

"Ora, davvero, Evie cara, cosa dovevo fare con te che sembravi così patetica e sola? Buttarti fuori durante la notte? Che razza di mostro pensi che io sia?"

"Non so che cosa penso di te," dissi "so solo che sei stato abbastanza gentile da farmi rimanere -e mi hai rimboccato le coperte, il che è stato veramente molto dolce-"

"Oh, non sono stati io, è stato Oscar."

"Davvero? Mi ha tolto le scarpe e tutto? È molto impressionante per un gatto. Solo guardandolo non avrei mai indovinato che avesse il pollice opponibile."

Annuí solennemente. "Sì. È uno dei suoi segreti più nascosti."

Lasciai che questo sorriso si vedesse, ma solo per un breve momento. Mi girai per ritornare a preparare la colazione e gli dissi "Quindi, hai fame?"

"Potrei sacrificarmi a mangiare un morso o due."

"Bene. Non c'è niente di peggio che mangiare da soli."

"Posso pensare a un paio di cose, veramente-"

"Sì, ci scommetto. Comunque, sto facendo degli English Muffin, della salsiccia-"

"Intendi i crumpet, vero?" Mi interruppe.

"Cosa?"

"Si chiamano crumpet, Signorina America."

Oh, certo, perché "English Muffin" sarebbe ridicolo.

"Okay, comunque, dov'era arrivata?"

"Salsiccia."

"Oh, giusto. Un'ultima cosa, come ti piacciono le uova?"

Mi guardò con una strana espressione nei suoi occhi, una che successivamente imparai a cercare nella maggior parte delle conversazioni. Perché era un segno che una miserabile, stupenda idiozia stava arrivando.

Freddie disse "Chi lo vuole sapere?"

"Me."

Scosse la testa. "Io."

"Tu?"

"No, no, ti stavo correggendo. Hai detto "me". Non è corretto. Intendevi "io". È "Io" lo voglio sapere. "Io" è giusto."

"Io è giusto? Non intendo io ho ragione?"

"No. Io è corretto. Io è quello che si usa in quel contesto. Chi lo vuole sapere? Io."

La conversazione iniziò a sembrare sempre di piú l'atto di una commedia musicale. "Tu?"

"Sì. No! Tu!"

"Me?"

"Sì, ma intendi dire "Io", non "me"."

"Oh" ero confusa, quindi scrollai le spalle "vabbè."

Freddie alzò gli occhi al cielo. "Rovinate sempre tutto voi yankees."

Improvvisamente realizzai che mi stava prendendo in giro. Non sono così stupida. Imparo. Diventai molto più brava a questo gioco successivamente.

Ma al momento risposi "Tu, grammar nazi inglese, come ti piacciono le uova?"

"Chi lo vuole sapere?"

Alzai la spatola come se fosse uno scettro scintillante. "Eve Dubroc, Regina della Cucina! Ecco chi!"

(Ero rintronata, lasciate stare.)

"Mi piacciono le uova," rispose Freddie "come mi piacciono le mie donne."

Era un discorso che non mi sentivo di intraprendere. "Okay, lascia stare come ti piacciono. Come le vuoi?"

"Come fai le tue?"

"Uova fritte a cottura medie."

"Sembra buono."

"Lo penso anch'io."

"Non vuoi sapere come mi piacciono le donne?"

"No, non molto. No. Grazie."

Annuí. "Mi pare giusto."

"Bene. Mi faresti un favore tirando gli English Muffin fuori dal for-"

"Crumpet!"

"Okay, va bene, crumpet. Li puoi tirare fuori dal forno? Sembrano un po' croccanti e non voglio che si brucino..."

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