6.Eve si spiega

Traduzione fornita da @Shawnxmoon

La prima cosa che feci non appena chiusi la porta del bagno fu togliermi le lenti a contatto. I miei occhi immediatamente smisero di bruciare -un risultato per cui valeva la pena andare in giro mezza cieca per il resto della notte (sono miope). Inoltre, è molto più facile mentire quando non stai guardando la persona a cui cerchi di mentire negli occhi. 

Tutta la sera non riuscii a concepire di essere effettivamente sola con Freddie Mercury. Perché se questa realizzazione mi avesse colpita in quel momento, probabilmente mi sarei buttata ai suoi piedi implorandolo per un selfie (non mi faccio mai i selfie). Forse ero in una specie di shock dovuta al viaggio nel tempo. Magari avevo non avevo accettato completamente che fosse vero e metà di me credeva ancora che fosse un sogno molto dettagliato.

Per qualche ragione, mentre mi asciugavo il volto, la mia mente era stranamente lucida, il mio cervello si era calmato, ragionando con la mia versione da psicologa. 

Ho detto a Freddie che non lo riconosco. Continuiamo con questa storia. Non saprò niente sui Queen, né le loro canzoni né la loro vita privata. Non dirò nulla sul futuro. Mi sarei levata dai piedi dopo aver parlato con Freddie. Una mossa sbagliata e rovinerò il mio futuro. Non dovrei nemmeno essere qui con loro, stando a quello che ha detto Dr.K. Chissà dove sarei dovuta finire inizialmente. Non importa. Sono qui ora e, se Dio lo vuole, non ci starò per molto.

Feci una corta lista mentale per la mia breve permanenza. La chiamo i Tre Comandamenti per i viaggiatori nel tempo.

1. Sii invisibile. Non usare il tuo nome vero, non attirare attenzione su di te e non finire in nessuna foto (a meno che tu non sia Forrest Gump, in quel caso fai tutte e tre.)

2. Non parlare mai del futuro delle persone, soprattutto di persone specifiche. Nessuno ti crederà, anche se hai delle prove.

3. Evita le persone che conosci dalla tua vita personale, ma se è di vitale importanza che ti ci interagisca, vedi le regole 1 e 2.

Mi ricordai della mia famiglia scrivendo la regola 3, sapevo che si erano già preoccupati per me. In ogni caso, la luce era ancora rossa. La girai e la infilai nel mio dolcevita in modo che la luce non fosse visibile.

“Con un po’ di fortuna, si collegheranno presto al mio segnale e mi porteranno dritto a casa.” Dissi ad alta voce.

Feci un respiro profondo. Ora dovevo parlare con Freddie. 

Quindi aprii la porta, la faccia appena pulita ma debole dalla stanchezza, e mi recai al piano di sotto (era un appartamento a due piani, molto bello). Ai miei occhi stanchi non era tutto chiaro, ma anche da questa distanza sul divano  riuscivo a vedere un’altra matassa di pelo marrone che miagolava, faceva le fusa e distruggeva i mobili. Questo posto è un cavolo di campo minato, mi dissi.

“Ah, eccoti!” canticchiò Freddie, emergendo dalla cucina. 

Lo salutai con un cenno della mano. Riuscivo a malapena a vedere il suo volto; dovevo solo fidarmi del fatto che i suoi occhi fossero ancora lì sotto quella massa di capelli neri, incastonati nell’abbronzata pelle tesa del suo viso. 

“Stai meglio.” disse, quasi con un cenno di approvazione. “Ero davvero convinto che saresti esplosa prima, povera cosa. Hai pensato bene alla storia da dirmi?”

“No.” Risposi.

“Bene. Renderà tutto più interessante.” disse. “Comunque, hai mangiato?”

Cibo. Oh sì. Cibo. Stavo morendo di fame. Avevo solamente cinque minuti di vita rimasti.

“Sì, grazie.” mi sforzai di dire.

“Oh? Bene io ho un po’ di fame quindi spero che non ti dispiaccia se mangio davanti a te.”

Aveva un piatto di carne bollita in una mano. Sembrava più insipida del riso bianco. In ogni caso, il mio stomaco era dolorante. Nell’altra, un bicchiere con un liquido trasparente. Conoscendo Freddie, ero quasi completamente sicura che non fosse acqua. 

“Okay, siediti.” mi disse, invitandomi a seguirlo nella sala da pranzo. Mi sedetti a una fine del tavolo; lui superó quattro sedie per poi posizionarsi al lato opposto. Mi sembrava di essere seduta al cospetto di Dio, aspettando il suo giudizio, presumendo che ci saranno alte candele fra me e il Signore quando arriverà quel giorno.

Lo notò anche lui.  “No, cosí non funziona.” mormorò prima di alzarsi nuovamente e sedersi di fianco a me. 

“Okay Eve, sono tutto orecchie.” Freddie disse, mettendosi comodo.

Feci un'espressione corrucciata. “Chi è Eve?”

“Tu lo sei, naturalmente. Non è il tuo nome? Evelyn Dubroc, Eve come diminutivo? È un nome molto elegante.”

“Ma non mi chiamo così.”

“Ora sì. Per come la vedo, se per te sono soltanto un altro figlio di Adamo, allora tu sei sicuramente un’altra figlia di Eva.”

“E Dubroc da dove viene?”

“È veramente importante, cara?”

Scossi la testa, combattendo l’impulso di sorridere e aggiungere che no, non è veramente importante. Non potevo non trovare tutto ciò divertente. “Quindi dovrei chiamarti Adam?”

“No, tu mi devi chiamare Fred. O Freddie, come preferisci.”

Tesi la mia mano in avanti. “Come vuoi tu, Freddie.”

Mise anche la sua in avanti. “Ora, mi vuoi dire cosa stavi facendo nascosta nel mio armadio e praticamente dando un infarto al povero John?”

Non trovai altro modo che affrontarlo con la verità. Solo che dire a questa rockstar che venivo dal futuro e che ero vittima di un errore in un viaggio nel tempo non sarebbe finito molto bene. Quindi risposi con un “Non lo so.”

Mi scherní. “Perché dovrei crederti?”

Scavai fra i miei studi di psicologia. “Non vedo perché dovresti. Sono una completa sconosciuta che sta invadendo la tua privacy. Ma è la pura verità. Ed essa è più strana delle finzione.”

“Come ci sei riuscita? Da quello che ho visto, non c’è nulla di rotto. Come sei entrata?”

“Come lo fanno tutti” Dissi. “Through the bathroom window. Dalla finestra del bagno.”

Gli crebbe un piccolo sorriso sulle labbra, questo lo so perché si coprì la bocca per un secondo. Ma Freddie cerco comunque di sembrare serio. “Non credo proprio.”

“È vero, Freddie. Non so cosa sto facendo qui, non so perché sono qui, non so nemmeno dove ‘qui’ sia.”

“E non sai chi sono. Il che non ha senso!” urlò, infilando un coltello nella carne e iniziando a tagliarla. Penso che fosse più scosso dal fatto che non gli avessi porto il rispetto dovuto a una star che dal fatto che mi fossi intrufolata in casa sua. “Perché saresti qui se no?”

“Magari volevo rubare i tuoi gatti.” Suggerii prima di iniziare a ridacchiare. “Ai più gatto di quanti tu ne abbia bisogno.” 

La bocca di Freddie si piegò nuovamente verso l’alto e questa volta si concesse un sorriso. “Tesoro, era orribile.”

Orribile, ma per il mio amico cervello, estremamente divertente. Continuai a ridere. “Lo so, sono stanca, scusa. Ma seriamente, dovrei sapere chi sei?”

Mi guardò per poi sospirare. “Forse no. Sei americana. Mettiamola così. Ti piace il rock and roll?”

“Solo la roba vecchia. Mi piace più il jazz, un po’ di musica latina ogni tanto. Ma mi piacciono i Beatles, Elvis, etc. Non sono pazza per la nuova musica rock di questo tempo -un po’ troppo estrema ed esagerata- oh aspetta, tu sei quel genere di musicista?” Mamma mia quella sera me ne uscivo con delle belle storie.

Questo sembrò convincerlo, ma non per forza in una maniera positiva. La sua voce si indurì, il suo orgoglio ferito. “Sì.”

“Oh, wow, mi dispiace. E devi anche essere famoso. Non l’avrei dovuto dire. È solo la mia opinione. Mi sono intrufolata in casa tua, cosa te ne può importare della mia opinione?”

Ricordarglielo non aiutò, la sua faccia si trasformò in quella maschera di marmo che riservava solo all’occhio del pubblico, che metteva sul palco. Dalla padella alla brace. “Sì, l’hai fatto. Perché non te ne vai prima che io decida di fare qualcosa al riguardo.”

Merda, merda, merda. Pensai in fretta.

Forza studi di psicologia, non fallite ora! Sii intelligente!

Ma il meglio che riuscii a dire, con una voce piccola e tremante, fu “Ma non ho un posto in cui andare.”

Fu in quel momento che tutto mi colpì come un treno in corsa. Ero intrappolata. I miei soldi non servivano a nulla, la mia carta di identità pure. Non avevo un passaporto. Non esistevo ancora. Ero un anomalia. Ero indifesa come un bambino. Non avevo nessun posto qui a fare casino nella vita di altri. 

Ed ero completamente da sola. Tutti quelli che tenevano a me erano a distanza di quarant’anni e un oceano. 

“Non ho niente” sussurrai più a me stessa che a Freddie. “E non ho nessuno.” 

Non avevo pensato al fatto che questo mi facesse sembrare una piagnucolona in cerca della sua pietá. 

Il peso della mia situazione mi crollò addosso -insieme ala fame e alla mia più assoluta stanchezza.

(Il viaggio nel tempo -nota per il futuro- ti esaurisce completamente, quindi, quando Dr.K dice di non mangiare nulla, non ascoltatelo, non ha mai viaggiato nel tempo, cosa ne sa lui?)- e quasi crollai davanti a lui.

“Dai, Eve, devi per forza avere un posto dove andare.” La sua voce si addolcì nuovamente.

“Lo vorrei. Oh quanto lo vorrei.” Tremai. Sentivo le lacrime arrivare. Le sentivo arrampicarsi sulla mia gola e stringerla. “Non so perché sia successo, ma mi dispiace. Se vuoi chiamare la polizia, chiamala. Solo Dio sa quanto lo merito.” 

Mi alzai e mi diressi verso le scale.

“Dove stai andando?”  chiese Freddie.

“Torno subito.” speravo che fosse una bugia. Dr.K, ogni momento andrebbe BENISSIMO.

Non aveva l’energia di crollare a piangere. Freddie non mi doveva la sua pietà, non avrei fatto finta di volerla. Sperai per un’ultima volta che fosse tutto un sogno. Mi trascinai nella stanza verde. Sicuramente sarei tornata presto nel loro campo.

Decisi di sdraiarmi lì finché non mi fossi calmata o Dr.K non mi avesse portata indietro. La polizia non avrebbe dovuto cercare a lungo per trovarmi.

Presi lo zaino e mi arrampicai sul letto. La luce sul mio petto era tanto rossa quanto lo era quando la Reliquia si era disconnessa l’ultima volta.

Oscar, il gatto arancione, saltó sopra mettendosi di fianco a me e, facendo le fusa, spingendo la sua testa contro la mia.

Il mio naso pizzicava. “Sadico.” Mormorai. Ma passai la mia mano sulla sua piccola testa, lo grattai dietro le orecchie. Lui lo prese come un invito ad acciambellarsi sopra i miei capelli e fare un pisolino.

Che idea perfetta. “Dormi. Sì, penso che lo farò anch’io, ometto. Non mancherà tanto ora.”

Chiusi gli occhi e mi addormentai.

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