40. What A Lovely Way To Burn

Traduzione fornita da Shawnxmoon

Ritornammo al Sahara. Nonostante i finestrini abbassati, stavo quasi soffocando per l'odore pungente di marijuana che inzuppava la cabina. Non mi stupisco che abbia fatto un casino così grande con l'esperimento T-Rod, pensai dimenticandomi per un momento che la responsabilitá per ciò era più mia che sua. Non mi interessa cosa dica un qualsiasi discepolo di Tommy Chong, questa roba ha un impatto negativo. Dio, che puzza.

"Ho lo stesso odore di Woodstock." sussurrò Straker mentre stavamo scendendo dal furgoncino di Steve.

Annuii. "Anche io. Vorrei non avere già fatto il check out e poter fare una doccia." Rudy aveva le nostre valigie ma io aveva ancora il mio zaino, con alcuni beni di prima necessità dentro.

"Io non l'ho fatto ancora, sei libera di usare la mia stanza." offrí Peter.

"Penso che lo farò, grazie."

"Qual cos'altro che devo fare per voi, ragazzi?" chiese Steve speranzoso.

"No, K," disse Straker "però il tuo aiuto è stato fondamentale oggi. Grazie."

Steve sembrava quasi deluso mentre ci stava salutando. Mentre stava scuotendo la mia mano, però, tiró fuori un pezzetto di carta stropicciata e ci scrisse sopra un numero di telefono.

"Se c'è qualcos'altro che devo fare per voi, fammelo sapere," disse a bassa voce, passandomi il foglietto. "L'università è solo a qualche isolato di distanza in quella direzione, quindi sono molto vicino." K indicò una direzione un po' vaga.

"Grazie K. " sorrisi, se non altro ero grata di vedere una faccia familiare- il ricordo di una vita passata che doveva essere ancora vissuta. "Se avrò bisogno di un altro passaggio, credimi, sarai la prima persona che chiamerò."

"E se vogliamo farci una doccia, ci conviene andare." aggiunse Peter, trascinandomi verso l'ingresso del casinó. "Dobbiamo incontrare Freddie tra mezz'ora."

"Giusto." Quindi salutai K, osservai il furgoncino, ora splendente, sparire dalla mia vista. In qualche modo, magari era solo un piccolo presentimento, avevo la sensazione che questo non sarebbe stato il nostro incontro finale con il giovane Dr.K. Nel frattempo, ero molto più interessata in pelarmi questo odore di erba di dosso. Il fumo delle sigarette lo potevo sopportare, mi piaceva anche. Il fumo dell'erba invece era tutta un'altra storia -e Freddie se ne sarebbe accorto. Il mio finto fidanzato potrebbe ignorarlo, ma senza dubbio Freddie avrebbe detto qualcosa. Se dovevo quasi-sposarmi stasera, dovevo almeno fare qualche sforzo. Avevo portato con me un bel vestito; speravo che non avesse fatto come una spugna e non avesse assorbito il fumo.

Scossi la testa, non ero ancora in grado di accettare completamente quello che stava succedendo. Ero a Las Vegas con Freddie per un finto matrimonio con qualcuno che non avevo mai visto. Niente abito bianco, niente anello, niente bouquet, però c'erano una licenza, due sposi e dei testimoni. Tutto per via di una scommessa da cento sterline. Folle.

E allo stesso tempo, così divertente...

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"Ha detto alle sei, giusto?"

"Così ho capito."

"Okay. Allora non ero solo io."

Il mio mento poggiava sulla mia mano, le dita dell'altra stavano tamburellando sul tavolo, gli occhi osservando senza fermarsi i decori arabi nella 'House of Lords', l'elegante ristorante specializzato in bistecche del Sahara. Una foto sorridente di Peter Lawford ci osservava, circondato suo due lati dai suoi amici del Rat Pack, Sammy Davis Jr e Dean Martin. Stavo indossando il mio vestito a portafoglio rosso granata che non era stato colpito dalla cattiva abitudine di K e Straker era stato abbastanza dolce da complimentarmi. Anche lui era abbastanza elegante, indossava un bel vestito grigio con una camicia rosso scuro. I miei capelli erano raccolti e il mio rossetto era stato sistemato, e mi sarei sentita molto più carina se non fosse stato per il fatto che mi stessi preoccupando per Freddie.

Straker sospirò e guardò di nuovo il suo orologio. "Magari è un po' in ritardo."

"Quarantacinque minuti è 'un po' in ritardo' per te?" mormorai.

"Probabilmente chiamerà il casinò da un minuto all'altro e ci dirà-"

"L'avrebbe dovuto fare mezz'ora fa. Freddie è più puntuale di questo. Non mi piace. Rudy avrebbe dovuto ignorare la sua piccola ribellione e sarebbe dovuto andare con lui."

"Freddie sta bene, Eve. Non preoccuparti."

Per quello è troppo tardi. Ora ero più nervosa; il mio piede dava colpetti ansiosi contro il pavimento, il mio cuore batteva forte, il piccolo bicchiere di vodka davanti a me stava facendo poco per calmarmi.

"Forse sta ancora cercando il tipo giusto." suggerì Straker.

"Cosa gliene frega? Deve solo prendere uno per strada, finirà tutto una volta che Roger avrà visto la dannata licenza."

"Eve, è, uh, non credo che tu capisca." disse Peter.

"Oh davvero?"

"Vuole che sia perfetto- vuole fare bene le cose."

"Perché? Nel senso, so che è un diamine di perfezionista-"

"Freddie vuole renderti giustizia." disse con uno strano sguardo nei suoi occhi. "È importante per lui -come lo sei tu. Ma sono sicuro che questo tu lo sappia di già."

Feci una smorfia. "In che senso?"

Straker fece un sorrisetto. "Ha ragione, sei testarda."

"È questo che ti ha detto?" dissi seccamente. "Be', hai il permesso di recapitargli questo messaggio: lo è anche lui." Alzai il mio bicchiere mezzo pieno e presi un sorso. Avevo adottato un sacco di cattive abitudini in quegli ultimi nove o dieci giorni. (Stavo bevendo solo perché ero nervosa, per fortuna non mi rimase quell'abitudine.)

Straker mi guardò. "Freddie è molto preso da te, sai."

Esitai. "Perché lo pen-"

"Perché me l'ha detto lui."

"Oh davvero?" Appoggiai la schiena alla poltroncina sfarzosa, sentendo il calore raggiungere le mie guance. "Con quelle precise parole immagino."

"No, lui, uh, ha detto qualcosa di più appassionato, ma non vorrei essere io a dirtelo parola per parola."

"Freddie ed io siamo attratti fisicamente dall'altro, certo," dissi "arriverei a chiamarlo amico, ma tutto qui."

"Lui non lo pensa." disse Peter prendendo un tiro dalla sua sigaretta.

"E allora cosa pensa?"

"Mi ha detto che avete molto in comune- incluso, ma non solo, la vostra testardaggine."

Stavo iniziando a entrare sulla difensiva. "Io non sono per niente come lui. E lui non è per niente come me."

Straker fece un sorrisetto. "Resto della mia idea."

"Vabbè." dissi, facendo finta che non mi importasse. Detto questo, alzai il bicchiere alle mie labbra e lo vuotai.

L'amico di Freddie prese un accendino e accese la sigaretta tra le sue dita. E poi disse:

"Penso che si stia innamorando di te."

Mi strozzai sul liquido che stavo bevendo e iniziai a tossire. "Co-ma che-" ansimai. Straker mi diede una pacca sulla schiena, ridendo fino a quando non riuscii a calmarmi.

"E quello come l'hai deciso?" chiesi, tossendo ancora un poco.

"Be', credo che sia abbastanza palese." disse "vedo il modo in cui ti guarda. Si è illuminato quando sei entrata nella stanza stamattina. E non importa che ora del giorno sia, vi trovo sempre tra i morsi della passione."

"Quindi non te l'ha detto direttamente."

"Be', no."

Annuii. "Come immaginavo."

Peter protestó "Ma è così che fa quando-"

"Non posso parlare per Freddie," lo interruppi piattamente, le mie gambe incrociate sotto di me. "Ma per quanto mi riguarda siamo amici, lui è molto, molto gentile con me e io, per pura casualità, lo trovo estremamente attraente. Ma, davvero, è-tutto-qui." Mi schiarii la gola. "É così che io faccio le cose."

"Lo stai dicendo a me," Straker fece un sorrisetto "ma lo diresti a lui?"

"Cappellaio," mi lamentai, ma non risposi. Onestamente, non sapevo cosa gli avrei detto. Mi chiesi se fosse stata un'idea di Freddie, far dire queste cose a Straker, in modo da ottenere una reazione. Immagino che dovrà rimanere deluso un'altra volta.

Se mai avremmo rivisto Freddie. Dieci, quindici, venti minuti dopo che avevamo avuto quella conversazione imbarazzante, il nostro caro amico non si era ancora fatto vedere. Il tempo stava scadendo e presto Straker sarebbe dovuto essere sull'aereo con gli altri. A questo non mi importava più della licenza o molto altro, mi importava solo che Freddie tornasse in un pezzo solo.

Anche Peter inizió a notare quando fosse tardi. Trattenendo uno sbadiglio disse "Buon Dio. Devi muoverti, caro Freddie. Questo aereo non ci aspetterà come la Starship."

In quel momento, uno stressato impiegato del casinò si avvicinò al nostro tavolo. "Scusatemi, c'è una chiamata per..."

"Come facevi a sapere che eravamo noi?" chiese Straker.

"Be', se scusate la mia indiscrezione, ha detto che era per la coppia simile al sale e al pepe." rispose. "E voi eravate gli unici, quindi ho presunto che...."

Sembra proprio Freddie, pensai, cercando di non ridere. E anche se ci fossero rimasti dei dubbi, quello che l'imperatore disse dopo li azzerò completamente.

"La chiamata era per...ecco, lo scritto...ah sì! La Signorina Bel Culetto."

Starker scoppiò a ridere molto rumorosamente. Arrossii ancora di più e iniziai a ridere con il mio complice. Posso avere addosso un delizioso vestito perfetto, non un capello fuori di posto- e con una solo battuta Freddie riusciva a farmi sentire come una spogliarellista.

Ma riuscii a dire "Be', Cappellaio, che cosa stai aspettando? Vai a parla-"

"Oh no! Lui vuole te. Io presto attenzione."

"Ne sei sicuro?"

"Indubbiamente. Ha detto Signorina Bel Culetto, non Signore Bel Culetto."

"Non vi sopporto." ridacchiai mio malgrado. "Okay, Cappellaio, torno subito."

Mentre mi stavo alzando dal tavolo, notai che Straker stava sorridendo, come se avesse dimostrato una sua tesi subliminale.

"Cosa?" chiesi.

"Amate entrambi i soprannomi, non è vero -Harley?" disse con autocompiacimento.

La voce dell'impiegato era arrivata anche ai tavoli vicini, mentre passavo di fianco a loro, vidi uomini e donne in vestiti eleganti che ridacchiavano, gli occhi puntati su di me. Con aria di sfida, alzai il mento e guardai in avanti. Te la farò pagare Freddie- te la farò pagare cara.

Ma mentre mi stavo avvicinando al telefono, realizzai che Straker aveva ragione; Freddie non era l'unico a fare soprannomi alla gente. Magari abbiamo davvero più cose in comune di quanto pensassi. Dio, che cosa spaventosa. Chissà dove finisce. Se lo fa.

Arrivai al telefono e portai la cornetta al mio orecchio. Erano momenti come questi che mi facevano apprezzare la tecnologia moderna.

Un click, il mio cuore si riempì di sollievo a sentire la sua limpida voce ritmata-seguito subito dopo da un'ondata di irritazione.

"Pronto? È la Signorina Bel Culetto?"

"Non riesco a crederci." Sbuffai. "Gliel'hai fatto dire davanti all'intero ristorante!"

"Hai riso?"

"No." mentii, mettendo una mano davanti alla bocca come a nascondere un sorriso.

"Sei proprio una bugiarda, mia cara; è a mio vantaggio." canticchiò. Anche attraverso il telefono potevo sentire che Freddie era pieno di quella energia da palcoscenico che nessuna lamentela gli avrebbe mai portato via.

"Dove siete?" urlai, facendolo ritornare al discorso importante. "Dovevate essere qui un'ora fa!"

"Oh, giusto." disse Freddie. Improvvisamente sembrava essere a disagio.

La mia voce si appiattì. "Freddie ti sei dimenticato?"

"Non me ne sono dimenticato! Che idea! Mi sono solo perso un attimo far altre cose e il nostro incontro mi è fuggito di mente-"

"Quindi te ne sei dimenticato?" se io e Straker non avessimo aspettato lui e il Signor Z per più di un'ora non sarei stata così scontrosa. Non ero affamata, perché avevamo diviso un antipasto che entrambi avevamo deciso essere eccellente, ma non mi era piaciuto rimanere ad aspettare che succedesse qualcosa quando avevamo così tanti da fare prima delle otto, e in così poco tempo.

"Tesoro, dire che me ne sono dimenticato non sistemerà nulla. Ho già fatto i giusti provvedimenti per correggere il mio, um, errore. Avete la licenza?"

"Sì. Per favore, dimmi che hai almeno trovato un finto Mark Zuckerberg ."

"Oh, sì! È un bel tipo."

"Hai trovato davvero un eschimese?"

"Nel deserto? Ma dai. No, ma andrà bene."

"Quanto hai dovuto pagare quel povero ragazzo?"

"È quello il bello tesoro. Ha deciso di farlo senza farsi pagare."

"Nulla?"

"Proprio nulla."

"È lí? Posso parlargli? Immagino che pensi che tu sia pazzo-"

"Dovrebbe già essere lì!"

"Qui? Con noi?" strizzai gli occhi. "Perché non sei con lui?"

"Te l'ho detto, mi sono perso a fare altre cose, quindi vi incontrerà al Caesar's Palace e io vi incontrerò alla cappe-"

"Caesar's? Freddie siamo al Sahara!"

La linea si ammutolì. Infine, si sentì un imbarazzato "Oh. Giusto."

Hai trovato la scorta di Steve, Freddie?

Ma invece che uscire di testa, Freddie semplicemente sospirò e disse disinteressatamente "Be', allora immagino che tu debba prendere un taxi e incontrarlo lì."

"Ma-ma- non mi lascerai davvero sola con questo ragazzo?"

"Non proprio, vi incontrerete nel Circo Massimo, ci sarà un sacco di gente."

"Che cos'è?"

"L'auditorium del Caesar's Palace. C'è uno spettacolo lì stasera- il suo preferito, credo che abbia detto Tom Jones."

"Non abbiamo il tempo per vedere Tom Jones!" Avevo alzato la voce; persone dall'altro lato dell'attivo mi stavano fissando, ma quasi non lo notai nemmeno. "Dobbiamo andare a casa- e se non sarai lì come farò a sapere chi devo cercare?"

"Tesoro, Mark è innocuo. Un uomo passionale, certo, ma non ti morderà troppo forte, me ne assicureró. In ogni caso, verrò a proteggerti presto. Fatti trovare al Palace alle sette e quarantacinque. Mark sa cosa fare."

"Perderemo l'aereo." dissi fiaccamente.

"Fa niente, ne prenderemo un altro. Circus Maximus, sette e quarantacinque. E non arrivare in ritardo, se no ne verrò a conoscenza e-"

"E cosa?"

"E ti chiamerò un altra volta mentre sei in pubblico chiedendo di parlare con la Signorina Tette Se-"

"Oh per carità divina."

Freddie rise. "Va bene, cara, ora devo andare-oh! Un'ultima cosa. Ha detto che sarà al centro, dovrebbe aiutarti a trovarlo."

Fantastico. Quello restringe molto il mio campo di ricerca. "Qualcos'altro che dovrei sapere?"

"Capirai chi è quando lo vedrai." disse Freddie in modo enigmatico.

Ma sospirai. Non stava offrendo nessuna informazione pertinente ora, non l'avrebbe fatto per altri cinque secondi. "Okay. Tu sei il capo. Ti vedrò all'incontro finale allora."

"Splendido. Non vedo l'ora di sapere come tu e Straker abbiate fatto ad ottenere la licenza."

"Non vedo l'ora di sapere cosa hai fatto nelle ultime sei ore da solo."

"A presto! Saluta Peter con un bacio da parte mia!"

Con un sospiro, inizia a riagganciare il telefono quando Freddie parlò per un'ultima volta. "Oh, e Evie?"

"Cosa?"

"Ti ricordi la Mercurena?"

"Sí?"

"Bene."

"Che cosa c'entra?"

La sua voce cambió improvvisamente. Molto scaltramente, in un tono sommesso. "Stai al gioco e basta."

"Quale gioco?"

"Basta con le domande. Non pensare, fai e basta. Vedrai."

Click

L'ultima frase era sospetta, non mi piaceva il modo in cui l'aveva detta; c'erano troppi significati collegati a quel tono. Ad alta voce dissi "Cosa stai combinando Freddie?"

Ciò nonostante, come un cagnolino ubbidiente, tornai velocemente da Straker e gli diedi la notizia. Ancora un'altra volta non era sorpreso, anche se era un po' deluso di non poter incontrare il Signor Zuckerberg. Era tardi e doveva andare all'aeroporto; a quanto pare Peter aveva un impegno il lunedì mattina seguente cui non poteva mancare.

"Ma questo fine settimana è stato fantastico," disse Peter "spero che tutto funzioni con il Signor Z. Dovremmo farlo di nuovo, è stato particolarmente divertente."

"Grazie per essere così gentile, Straker." dissi. "Comunque il tuo tempismo è perfetto. Pensavo di dovertelo dire."

"Sarai alla sua festa tra qualche giorno?"

"Festa? Oh, intendi la cena?" Mi ricordai le lettere che mi aveva fatto indirizzare e spedire settimana scorsa.

"Spero che tu sarai ancora in giro. Avremmo bisogno di te per divertirci."

"Freddie- e tu- bastate."

"Bel salvataggio," ridacchiò Straker, piegandosi per darmi un bacio sulla fronte. Ricambiai il bacio sulla sua guancia.

"Buona fortuna, Harley." disse.

"Anche a te, Cappellaio."

Si girò, pronto ad andarsene, quando mi chiese un'altra domanda. "Non l'hai mai visto esibirsi dal vivo, vero?"

Scossi la testa. "Mai." Mi chiesi che cosa c'entrasse.

Straker annuí, disse "Hm", e con un piccolo cenno della mano mi diede le spalle.

E nel giro di qualche secondo era di nuovo sola, con venti minuti per raggiungere il Caesar's Palace. Avevo bisogno di un passaggio, ma volevo anche risparmiare i miei soldi.

Si accese un interruttore nel mio cervello. Rimaneva una sola opzione. Una rischiosa, ma non era tutto almeno un po' rischioso in questo mondo? In ogni caso quasi non mi ricordavo cosa significasse andare sul sicuro.

Tornai al telefono e chiamai il numero sul foglietto di carta. Dopo qualche squillo, rispose. Potevo sentire un sorrisetto nella sua voce. "Pronto?"

"Hey, sono Eve. Riguardo a quel favore..."

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Saltai giù dal retro del furgoncino con solo uno strato di polvere sul mio vestito. Almeno non avevo lo stesso odore del dentro di un bong. Spazzandola via, chiesi a Steve di fare il giro e di venire a prendere me e il tipo una volta usciti.

Canticchiando "Tequila Sunrise" (che era la canzone che era appena adesso sulla radio di Steve; giudicando quello che sentivo attraverso i finiestrini da quando mi ero arrampicata nel retro del veicolo, era un grande fan del rock del sud), passai davanti le fontane appariscenti, andando dritta verso l'ingresso del Circus Maximus al Caesar's Palace.

Non appena fui entrata, mi sistemai i capelli; il vento secco di Las Vegas non era stato gentile con i miei capelli raccolti. C'erano poster ovunque che pubblicizzavano gli artisti che si sarebbero esibiti -questa sera Tom Jones.

Andai al bancone e chiesi se c fossero arrivate chiamate o biglietti riservati negli ultimi minuti. L'uomo annuí, poi chiese il nome.

"Uh," dissi cautamente dato che non sapevo se Freddie avesse deciso di farmi un altro scherzo o meno, "ce n'è uno che inizia con...Gattina?"

"Mm-no."

"Angelo?"

"Uh-uh."

"Dubroc?"

"Ah, sì. Ce n'è uno per Eve Dubroc qui. È lei, signora?"

Annuii stancamente. Non riesco a tenere il passo con tutti questi nomi.

Pagai il biglietto, cercando di non perdere la testa quando mi disse che la prima fila costava solo quaranta dollari. Biglietti in prima fila per vedere Tom Jones al Caesar's fo*tutissimo Palace per soli quaranta dollari. Nel mio mondo, paghi almeno cinquanta dollari per un biglietto in ultima fila a un concerto di "Weird Al" Yankovic al Winspear Centre. (Non chiedetemi come faccio a saperlo...)

Senza indugiare, entrai nel luogo del concerto, allungando il collo per vedere chi stesse occupando i posti centrali. Vidi una grande gamma di persone, soprattutto gente di mezza età in vestiti eleganti. L'occasionale giovane era solo un punto nell'anfiteatro che si stava velocemente riempiendo. Non mi stupiva molto. Questo show non era esattamente per un pubblico di giovani teenager ribelli -ma nemmeno i Queen lo erano. Ho sempre pensato che i Queen fossero più sosfisticati delle tipiche band rock, e io sono sempre stata attratta da cose fuori dalla mia zona target. Musica vecchia, film vecchi, uomini vecchi. Ma non troppo vecchi, ovviamente, parlando degli uomini da cui ero attratta. Il limite erano quindici anni. Forse più anni andavano bene per altre donne, ma per me sembrava molto da moglie trofeo.

Sono proprio fortunata che Freddie rientri in quel limite-

Prima che potessi finire quel pensiero caparbio mi ricordai, ancora una volta, di tutte quelle persone che ora appartenevano a Freddie. Mary. David. Liza (?). Flirtare, ahem, a parte, non avevo nessun diritto ad averlo, non quando così tanti l'avevano visto prima di me. Non appena fossi ritornata a Londra, avrei avuto una nuova vita da costruire da capo -una vita che non poteva interferire con quella di Freddie a meno che non avessi voluto incasinare tutto per quelli che sarebbero venuti dopo di me.

Naturalmente, i miei pensieri tornarono a quello che aveva detto Peter prima "Penso che si stia innamorando di te." Per qualche motivo, pensarci mi rendeva la testa in qualche modo più leggera. Supponendo che Peter avesse ragione, giusto?

"Be', non è vero." dissi provocatoriamente. "Non c'è nulla del genere. Ci vogliamo a vicenda. Tutto qui."

Prima che mi classifichiate come una dal cuore di ghiaccio, dovete capire una cosa, per favore. Ero, e sono, molto in grado di provare sentimenti profondi. Ero abbastanza in grado, fidatevi, di provare un potente, pazzo, quasi possessivo, amore. E se non stavo attenta, sapevo che avrei potuto perdere la testa nel giro di poco. È per questo che cercavo di distrarmi dai sentimenti più palesi. Ero diffidente dell'affetto che provava Freddie perché sapevo che se mi fossi lasciata credere che fossi qualcosa di più che il naturale affetto di Freddie, aumentato dall'astinenza da sesso, mi sarei avventurata nella tana del lupo, senza un modo di recuperare la mia sanità mentale.

Comunque.

I miei occhi continuarono a osservare la folla invano. Avrebbe dovuto darmi delle caratteristiche precise, sono qui da sola. Mark potrebbe essere chiunque.

Dietro di me, sul palco, potevo sentire i musicisti muoversi nel buio, posizionandosi con i loro strumenti, accordandoli a casaccio. Era un palcoscenico enorme con ondeggianti tende di velluto rosso appese al soffitto che nascondevano il caos silente del backstage. C'era abbastanza spazio per sistemare tutta l'orchestra e lasciare comunque spazio alle mosse fenomenali di Tom Jones.

Feci scivolare lo zaino dalle mie spalle e controllai lo Specchio Ma- il mio Android, per vedere l'ora. Erano già le otto e cinque e era praticamente piene. Se Tom Jones non aveva un opening act, sarebbe apparso presto sul palco. E io non ero ancora riuscita a trovare Mark.

Improvvisamente il tendone si aprì mettendo in mostra una grande orchestra, che sembrava molto confusa, completa di fiati, sassofoni e contrabbassi. Le luci si accesero sopra di loro, poi si spensero, poi si accesero, poi si spensero. Il pubblico rimase a guardare, non sicuro se dovesse applaudire per l'inizio dello spettacolo o schernire l'incompetenza del team di tecnici.

Poi tutte le luci nell'anfiteatro si spensero, facendo cadere il posto nell'oscurità. E una voce gracchiò attraverso gli altoparlanti.

"Ci scusiamo per il ritardo, Tom Jones sarà un paio di minuti in ritardo." disse "Nel frattempo, godetevi, per favore, il nostro...uh...speciale opening act-"

Il microfono in quel momento si spense. C'erano dei seri problemi tecnici qui al Circus Maximus. Un paio di persone nelle ultime file iniziarono a fischiare. Strizzai gli occhi nell'oscurità. Non riuscivo a vedere nessun cantate. Cosa stava succedendo?

È una perdita di tempo, mormorai tra me e me. Come faccio a trovare un perfetto sconosciuto in mezzo a una folla quando non ho la minima idea di che aspetto abbia- sempre presumendo che io riesca a vederlo al buio? Forse questa volta ero stata davvero abbandonata. Però era una confusione troppo grande solo per liberarsi di qualcuno.

Le luci ai piedi dell'orchestra si accesero di nuovo. Ero così vicina da poter vedere la confusione sui suoi volti. Il suonatore di clarinetto era il più infastidito e uno dei sassofonisti scosse le spalle passivamente.

Senza indugiare, il direttore richiamò l'attenzione e iniziarono a suonare.

Il suono di un tranquillo fiato solitario si diffuse nell'aria vuota. La folla mormorò, interessata. Gradualmente, un mare di archi scivoló sotto il fiato. Le luci sopraelevate del palco si riaccesero, ma rimasero fioche per mantenere quella strana magia che si stava posando su tutto. Stavo dando le spalle, il mio volto era ancora girato verso le persone ombrose dietro di me.

Il mormorio del pubblico aumentò; un paio di persone confuse applaudirono. Alla fine la curiosità ebbe la meglio su di me, sul palco vidi la silhouette di un uomo con i capelli ricci, leggermente piegato in avanti, le sue gambe erano leggermente separate in una presa di forza, le mani circondavano strettamente lo stand del microfono davanti a lui.

A questo punto la voce del presentatore nascosto tornò e maldestramente disse "Date il benvenuto a -Mark Zuckerberg."

Spalancai gli occhi mentre il pubblico applaudiva. Il mio fidanzato è l'opening act?

La luce della ribalta illuminò i voluminosi ricci castani di Mark- non voluminosi come quelli di Brian May, ma voluminosi come quelli di Napoleon Dynamite. La sua faccia era rivolta verso le sue scarpe con la zeppa bianche che sembravano dei trampoli ma si vedeva chiaramente che stava indossando degli occhiali da sole. Era vestito con tutte cose stile anni settanta, ma non un bello stile. La sua camicia con un colletto enorme era di un arancione cangiante e io suoi pantaloni erano di un colore vinaccia.

Prese il controllo il contrabbasso, producendo un ritmo sensuale e sexy. Mark alzó una mano dallo stand e iniziò a schioccare le dita a tempo. La folla esultò; conoscevano la canzone, anche io la conoscevo. Mark alzó la testa facendo vedere i suoi occhiali a forma di stella e degli enormi baffi a manubrio; la sua camicia era mezza aperta e rivelava un petto coperto da spessi peli neri che non coincidevano con il colore dei suoi capelli-

Il mio cuore fece un salto mortale. Oh no. Non può essere. Non può essere.

Poi iniziò a cantare con una calda voce da baritono: "Never know how much I love you/ never know how much I care/ when you put your arms around me/ I get a fever that's so hard to bear/ you give me fever-"

Mi coprii la bocca. Avrei sempre riconosciuto quel vibrato.

OH MIO DIO!

"COSA STAI FACENDO SUL PALCO?" urlai completamente scioccata. Non ero preoccupata di fare saltare la mia copertura o la sua, non riuscivo a credere ai miei occhi.

Vidi i suoi occhi puntarsi su di me anche attraverso gli occhiali. L'urlo sembrò solo incitarlo. Le sue labbra piene formarono un sorrisetto, i suoi denti erano ben coperti dagli esagerati baffi finti. La sua gamba destra iniziò a muoversi fuori tempo, non tenendo piu il ritmo. "Fever," sussurrò con un accento americano forzato, tirando all'indietro la sua testa e le spalle seguendo la musica "in the mornin'/ fever all through the night..."

Sfilò il microfono dallo stand e iniziò a muoversi liberamente sul palco. A un certo punto diventò quasi provocante, ondeggiando i suoi fianchi da serpente e mettendo le sue mani un po' troppo vicino al cavallo dei suoi pantaloni, ma non si offese nessuno. Al contrario, tutte le donne urlarono compiaciute. La folla lo stava amando completamente; gli stava già sottomettendo.

E io stavo ancora cercando di superare quell'outfit!

"Everybo-dy's/ got the fe-ver" grugnì, "That is some-thin' you all know-" si allungò verso il pubbilco e tutti accorsero per incontrarlo. In quale modo Freddie – o dovrei dire "Mark"- aveva trasformato questi impassibili e composti adulti in un branco di fanboy e fangirl nel giro di due minuti con addosso un ridicolo travestimento. Io mi dimenticai di fangirlare, almeno esteriormente; il mio cuore stava battendo troppo velocemente, i miei occhi erano spalancati, il mio sorriso troppo grande. Ero così orgogliosa che non riuscivo nemmeno a sopportarlo.

Mio Dio, sto andando in giro con una versione adulta di Ferris Bueller.

Gli strumenti presero il controllo per un paio di secondi il che gli permise di saltare giù tra noi mortali facendoci impazzire ulteriormente. Iniziò a stuzzicare la gente in prima fila. "Romeo loved Juliet," sussurrò "And Juliet, she felt the same". Mentre cantava quelle parole aveva circondato una donna con le sue braccia e si era avvicinato talmente tanto da farle credere che l'avrebbe baciata, poi si allontanò cantando "Thou givest fever." Almeno credevo che fosse quello il teso, le persone stavano urlando così forte che faticavo a sentirlo. Per un momento chiusi gli occhi.

In quel momento mi afferrò la mano e mi strattonò via dal mio posto. Mi ricordai a malapena di prendere il mio zaino.

Prima che potessi battere ciglio, ero attaccata a lui e stava cantando la parte che parla del Capitano Smith e Pocahontas. Alzai lo sguardo verso di lui e lui abbassò quegli occhiali sciocchi, rivelando i suoi occhi perfetti, e mi fece l'occhiolino. Lasciati andare, aveva detto. Pensa alla Mercurena. Okay.

Ballando ci riportò sul palco, continuando a non lasciare spazio tra i nostri corpi. La gente stava urlando seriamente adesso, il piano stava suonando delle note per riempire il silenzio.

"Mark" mi baciò la mano e la sollevò. "Vi piace la mia fidanzata?" chiese a tutti sovrastando la musica. Urlarono la loro approvazione.

"Che peccato," rispose, facendo passare un po' di accento inglese "perché a lei piaccio io," E di nuovo esultarono tutti, il povero Tom Jones era stato dal lungo dimenticato.

Mi girai verso di lui, improvvisamente realizzando che cosa significasse. Se lui era Mark allora...Ma non potevo metabolizzarlo in quel momento, la canzone doveva finire e noi dovevamo andarcene.

"Now you've listened to my story," sussurrò, avvicinandosi sempre di più al backstage con ogni passo. "Here's the point I have made-" poi infilò il microfono sotto il mio naso e mi fece cantare la linea successiva "Cats were born to give chicks fever-" e cantammo insieme, abbastanza armoniosamente, "In Fahreneit or Centigrade, they give you fever..."

A questo punto la mia testa stava girando all'impazzata. E i volluttuosi corni di ottone che stavano mantenendo il ritmo dietro di noi non stavano aiutando. In questo momento, sotto i caldi riflettori, ero completamente intrappolata da questo folle che molto probabilmente aveva rivoltato la terra e il cielo per organizzare questa piccola e stupida performance. L'essere surreale di questo viaggio raggiunse l'apice quando Freddie finì la canzone "What a lovely way to burn/what a lovely way to burn..."

Tutti stavano urlando, chiedendo di più, quando scomparvimo dietro il sipario e "Mark" mi condusse giù dalle scale, nel backstage.

Eravamo davanti al camerino di Tom Jones quando lo fermai e feci in modo che si girasse a guardarmi. "Quindi sei Eve, eh?" disse cercando di parlare con un accento canadese.

Lo circondai con le mie braccia e risi, "Sei pazzo!" sussurrai "COSÌ FANTASTICAMENTE PAZZO!"

"Forza, cara, non abbiamo tempo per quello adesso," sussurrò, allontanandosi, parlando con la sua voce normale. "Abbiamo un impegno tra quindici minuti e dobbiamo andare prima che la folla ci trovi."

"Va bene, mio principe." canticchiai. Non sapevo perché fosse così distaccato così presto, ma ero troppo felice per preoccuparmene molto.

Sistemò gli occhiali più in alto sul suo naso. "Hai il veicolo con cui fuggire, spero?"

Feci un sorrisetto. "Sì."

"Allora vai avanti tu, Signorina Bel Culetto."

"Facciamo che ora la pianti di chiamarmi così?"

"Penso che ti si addica dannatamente tanto."

"Va bene, allora, Freddie, non mi lasci altra scelta," Non ti preoccupare. Dr.K ha il veicolo perfetto per noi. Per te.

"Che cos'hai nella tua manica?"

Baciai la sua guancia ruvida. "Lasciati andare."

La bocca di Freddie tremò sotto i suoi baffi finti. "Non potremmo fare meglio?"

Iniziai a trascinarlo. "Credevo che non ci fosse tempo."

"Per questo c'è tempo!"

Poi mi portò vicina a sé e mi diede un singolo bacio, i nostri cuori elettrizzati battevano rapidamente uno contro l'altro. Una porta si aprì dietro di noi e si avvicinò qualcuno, ma non ci allontanammo. Immagino che avessimo più tempo di quanto aveva detto Freddie.

"Hey, amico," qualcuno con una voce profonda toccò la spalla di Freddie "eri tu che stavi urlando là fuori?"

"Mm-hm," sussurrò Freddie, allontanandosi da me molto lentamente, non nascondendo quanto fosse irritato per essere stato interrotto un'altra volta- anche se ci aveva interrotto Tom Jones in persona. Nella mia testa urlai, STRAKER! (è diventato un piccolo inside joke che uso tutt'oggi; lo dico ogni volta che qualcuno interrompe qualcosa di importante.)

"Sarà difficle salire sul palco dopo di te," ridacchiò Tom "Questa sera non posso permettermi di essere mediocre. Grazie per esserti offerto!"

Freddie ed io lo salutammo con la mano quando se ne andò, poi ci guardammo. "Dove eravamo rimasti?" chiesi.

"Stavamo correndo come se ne dipendesse la nostra vita."

"Oh giusto."

E iniziammo a correre di nuovo.


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