36. Chi Sei, Parte Uno

Traduzione fornita da @Shawnxmoon

"Be', posso dire con certezza che questo è stato un viaggio strepitoso," affermò Peter, cercando di non sbadigliare "speriamo di non doverlo rifare."

Noi cinque eravamo in piedi nell'atrio del Sahara Hotel and Casino. Elton John e il Signor Holmes si erano separati dal gruppo e avevano deciso di alloggiare da un'altra parte, o al Caesar's Palace o all'International Hotel. Uno dei due; mi ricordo che Elton aveva fatto fatica a scegliere.

Una volta recuperata la nostra valigia (io e Freddie avevamo messo le nostre cose nella stessa valigia), eravamo andati fino alla Las Vegas Strip. A questo punto ero così stanca da non notare molto lo sfavillio di quell'oasi nel deserto. Mentre io mi sarei accontentata di dormire in un motel da venti dollari a notte, Freddie aveva degli standard più alti- ma quella notte non erano così alti da essere schizzinoso. Era stanco anche lui. Entrammo nel primo casinó, -"Oh, wow." dissi- il Sahara.

Il concierge riconobbe subito Freddie ma prima che potesse andare fuori di testa Freddie gli mise un dito sulle labbra. Per fortuna questo gentiluomo non era come l'agente Freeling. Annuí e formó un segno di okay con le sue dita. Erano quasi le dieci di sera e Las Vegas si era appena svegliata; urlare "Freddie Mercury" in mezzo all'affollato atrio di un resort non avrebbe aiutato.

Peter, Paul e Rudy presero una stanza dopo di noi quindi non so come gestirono la situazione. Freddie aveva richiesto una suite con due letti. Quando realizzai che avremmo passato la notte insieme, mi agitai al pensiero di intralciare il suo divertimento. E se avesse voluto più che un bacio della buonanotte? Nonostante quello che gli volevo fare, sotto sotto, non ero il tipo da farlo davvero- e sono abbastanza sicura che non ci sia niente di eccitante nel farlo a un metro di distanza da una ragazza che sta cercando di dormire e che si sta tappando le orecchie per non sentire i gemiti e i grugniti e le grida affannate che descrivono quanto le mosse siano da maestro.

Mi avvicinai e sussurrai velocemente "Freddie, non preoccuparti per me, posso-"

Freddie si girò a guardarmi con uno sguardo esausto. Okay, sto zitta. Scusami.

Una volta che eravamo stati sistemati, Freddie diede a Rudy delle istruzioni dell'ultimo minuto... "Se fosse pronto verso le nove e mezza domani mattina sarebbe perfetto." lo sentii dire.

Diedimo a tutti e tre la buonanotte. Rudy sorrise quando gli dissi che l'avrei visto la mattina seguente. Non l'avevo mai visto sorridere prima d'ora. Peter mi abbracciò; avevo l'impressione che anche lui si sentisse alquanto amichevole nei miei confronti.

O magari eravamo solo tutti contenti di essere vivi dopo quel dannato volo.

Con il facchino dietro di noi, io e Freddie prendemmo l'ascensore per andare al dodicesimo piano. Fecimo qualche passo nel corridoio che sembrava avere inspirato The Shining e Freddie aprí la nostra stanza. Il suo silenzio stava iniziando a darmi fastidio. Non so se fosse per lo shock o per l'imbarazzo, ma in ogni caso mi stava mettendo molto a disagio.

Però non rimase in silenzio per molto tempo. Fu per via del suo primo sguardo alla nostra stanza. Era una stanza comoda e abbastanza grande, con la carta da parati rossa e oro, pesanti tende incorniciavano il balcone che dava sulla Las Vegas Strip, dove c'era un piccolo tavolo dove la mattina seguente avremmo potuto bere il té (e il caffé, il caffé BUONO). Contro il muro c'era un armadio che poi scoprii contenere una televisione; sul tavolo c'era una brochure con il numero del reception, il menù del servizio in camera e un raccoglitore pieno di suggerimenti su come divertirsi nella Città del Peccato.

Ma alla stanza mancava un piccolo dettaglio.

"Ma che- quel caz*o di idiota!" Urló. "Ho detto DUE! Non UNO!"

Sussultai. Poteva alzare la voce quando voleva. Ma eccoli lí: un letto a una piazza e mezza e un piccolo divano. Sinceramente, a me non importava. Ero a pezzi. Il jet-lag non è amico di nessuno; il mio unico desiderio era infilarmi il pigiama e andare a dormire. Non avevo voglia di arrabbiarmi per un letto e mezzo.

"Be'" iniziai a dire attentamente "il divano può essere il secondo let-"

"Ma non è quello che ho fo*tutamente chiesto! Quel ca*zo di cogl*one. Yankee."

Evitai di dire che anche io sono una Yankee. "Freddie va tutto bene, posso prendere il divano."

Ma il compromesso era amaro per Freddie. Voleva il sangue di quel concierge e lo voleva ora. "Col caz*o. Dov'è quel dannato telefono? Sistemerò tutto."

"Freddie, fermati."

Si giró a guardarmi. Sbattei le palpebre. Non volevo sembrare così dura; se l'avessi fatto probabilmente avrei esagerato e anche io avrei guadagnato l'ira di Freddie. Ma lui, ancora abbastanza irritato, mi stava ascoltando.

"Per favore." Aggiunsi supplicando. Presi la sua mano. "È solo per una notte, no? Mi piace dormire sul divano, in ogni caso."

Freddie sbuffò. "Non ti ho portata fino a qui per farti dormire sul divano."

"Sto dicendo semplicemente che non è un problema. Non mi dispiace. Davvero."

Freddie sospirò, abbassó le spalle e prese un respiro profondo attraverso il naso. Per quanto ne sapessi, Freddie non si era ancora riposato un attimo da quando si era svegliato dopo gli eventi dell'Heatwave. Ovviamente nemmeno lui voleva mettersi a cambiare camera per via del problema del letto; sembrava più esausto di me.

"Va bene," mormorò "allora tu prendi il letto e io mi arrangeró-"

"Non se ne parla nemmeno!"

"Invece sí. Non dormirai sul divano."

"Ma-"

"Niente ma. Se teniamo la stanza, tu tieni il letto."

"Non voglio il letto!"

"Non vuoi il letto." ripeté. "Allora perché non l'hai detto prima? Saremmo potuti rimanere all'aeroporto e dormire lì, avremmo risparmiato tempo e denaro."

"Oh ma dai, è assurdo."

"Chi ha bisogno di un hotel? Dormiamo per strada e bas-"

"Santa pace! Perché non dividiamo il letto e basta?" Dissi senza pensare.

Freddie aggrottó le sopracciglia. Oh ca*zo. Non volevo che suonasse in quel modo. Ma non potevo evitarlo ora. La domanda era stata posta.

E l'aveva colto completamente impreparato. Sì dimenticó di essere sfacciato, rimase lì a balbettare. "Tu, uhm" disse quasi troppo timidamente "a te non farebbe troppo fastidio?"

La mia bocca si asciugò. Non era una risposta da superstar; non era da tipico Freddie Mercury. Il tipico Farrokh Bulsara, forse, ma sicuramente non Freddie. Mi schiarii la gola, il sangue stava andando alle mie guance. "Be', l'abbiamo già fatto più o meno, no? Dormire nello stesso letto."

"Immagino di sí." Sussurró.

A stento riuscivo a credere che stessimo sostenendo quella conversazione. "E uhm, sì, uh. Quindi a te andrebbe bene? So che magari vuoi andare a trovare qualcuno con cui, um, divertirti, ma era solo un'idea."

"E perché mai dovrei farlo?"

"Non lo so. Era solo un'idea."

"Se per te va bene, vorrei andare a dormire. Quindi, personalmente, mi piacerebbe rimanere qui stasera."

"Oh bene. Ottimo. Be', allora, perfetto. Mi devi solo promettere che-"

"Non ti toccherò." Mormoró Freddie, un po' tristemente secondo me. "Lo giuro."

"Wow," dissi "mi conosci davvero."

"Conosco quello sguardo." Sussurró.

"Quale sguardo?"

"Lo sguardo da "Giù le zampe"."

"E che sguardo è?"

"Quello in cui i tuoi occhi diventano grandi quanto palline da golf -e le tue guance diventano rosse- e non riesci a dire tre parole senza balbettare." Sospirò di nuovo. "Mia carissima Evie. Di cosa hai paura? Di che cosa hai paura tu, fra tutti?"

Io fra tutti? Che cosa significa?

"Stai bene?" Gli chiesi.

"Sei davvero un'astuta persona evasiva," mormorò Freddie, i suoi occhi si strinsero per la frustrazione. "Ovviamente non sto ottenendo nulla, quindi andiamo a dormire e lasciamo perdere."

Prima che potessi rispondere, qualcuno bussò alla porta. "Sono il facchino! Ho le vostre cose!"

Quindi lasciammo perdere. Finché non ci fummo infilati sotto le coperte, Freddie non ebbe altro da dirmi. Fu abbastanza gentile da farmi cambiare, lavare i denti e tutto il resto per prima, ma, quando aprii la porta per farlo entrare, mi passò di fianco senza dire una parola, gli occhi bassi, il corpo rigido. Mi chiesi se si stesse pentendo del viaggio. Forse avrebbe preferito rimanere con la band; avranno fatto un sacco di cose oggi e lui non era lì per dare la sua importante opinione.

Dopo aver messo le mie lenti a contatto sul comodino, misi in carica l'Android nella presa dietro la comoda poltrona e lo spensi. Camminando attentamente, andai verso le tende per chiuderle. Appena fuori, l'insegna del Sahara era accesa, ma i miei occhi stanchi vedevano solo un ammasso di lettere.

"Buona notte, Mondo Deserto," sussurrai "ci vedremo davvero domani mattina."

Tirai indietro le coperte, mi sdraiai e aspettai che arrivasse Freddie. Spensi la lampada al mio lato. Silenziosamente, ascoltai i suoni che provenivano dall'altra stanza. Più tempo impiegava, più il mio stomaco iniziava a rigirarsi.

La porta del bagno si aprí. Alzai lo sguardo. Entrò nel mio offuscato campo visivo, casualmente sfilandosi la maglietta. Senza realizzarlo, mi morsi il labbro. Non potevo nemmeno vedere la sua faccia e mi stava facendo tremare.

Freddie piegò la maglietta e la appoggió. Fortunatamente aveva deciso di abbandonare la sua abitudine di dormire nudo e tenne i pantaloncini. Poi spostò lo sguardo su di me. Per diversi minuti rimase a guardarmi, restò alla mia immaginazione capire la sua possibile espressione. Perché mi stava guardando? Ero struccata, nel mio veramente imbarazzante pigiama a righe. Niente di troppo interessante.

Poi si giro dal suo lato del letto. Lo guardai allungarsi sotto le coperte per raggiungere la lampada dal suo lato e spegnerla. Ora la stanza era completamente buia. Freddie si rigirò per un po', mentre si stava sistemando, lasciò scappare un "Hmm..." soddisfatto. Che suono carino aveva appena fatto; mi girai sulla mia schiena, ma tenni la testa girata dal lato opposto al suo in modo che non mi potesse vedere sorridere a trentadue denti. Infine, trovó la sua posizione e smise di muoversi.

Il silenzio era abbastanza da strozzare un elefante. A qualche centimetro di distanza potevo percepire il calore del suo corpo; un letto così grande eppure mi stava così vicino, così vicino da lasciarmi sentire il suo caratteristico odore di liquirizia.

"Buona notte Freddie." Dissi infine. I miei occhi si erano adattati all'oscurità, tornai a guardarlo, una parte di me sperava di ricevere un dolce bacio -o almeno un "Sogni d'oro" o qualcosa del genere.

Nel buio, vedevo che i suoi occhi erano aperti e fissati sul soffitto. Era sdraiato a faccia in su, le sue labbra erano rilassate, la sua mano, girata verso l'alto, giaceva immobile sul cuscino. Dopo un momento, Freddie girò la testa. I nostri occhi si incontrarono; lo sapevo nonostante l'oscurità.

In quel momento si alzò leggermente, appoggiandosi sui suoi gomiti, e si piegò verso di me, appoggiando la mano sul lato del mio volto. Il suo respiro era strano; non era pesante e sensuale, era quasi a disagio, come se ci fosse qualcosa stretto intorno ai suoi polmoni che si stringeva sempre di più a ogni respiro. Sorrisi, non sapevo che altro fare. La sua mano scivoló più in basso e sfiorò le mie labbra. Prima d'ora non sapevo quanto sensibile fosse la mia bocca, ma la dolce carezza delle sue dita elettriche era abbastanza per inviarmi brividi lungo tutto il corpo. Iniziai a baciare le dita che stavano ancora accarezzando il mio volto. Freddie aveva promesso di non toccarmi, ma eccomi qui, ad incoraggiarlo.

Le dita vanno bene, Freddie, ma voglio le tue labbra- almeno all'inizio, disse qualcuno che sicuramente non ero io nella mia testa.

Si avvicinò di più, la sua fronte era ora premuta contro la mia. I suoi occhi erano chiusi. Mi sfuggí un sospiro involontario, strofinai il mio naso contro il suo, in una sorta di bacio eschimese. Mi chiesi per quanto avrei lasciato che ciò continuasse.

Poi sentii qualcosa premere contro la mia anca. Immaginavo che fosse la sua gamba, ma non ci stavo prestando molta attenzione. Finché i suoi occhi non si spalancarono. La mascella di Freddie si indurì, tirò indietro le mani.

"Fo*tuta civettuola!" Ringhiò.

Prima che potessi realizzare quello che stava succedendo, Freddie aveva tirato indietro le coperte ed era saltato giù dal letto.

"E che ca*zo!" Urlò con voce roca.

"Cosa?" Chiesi. "Che c'è?"

Non rispose. Invece, Freddie prese il suo cuscino, strappò via il piumone dal letto. Senza dire un'altra parola, muovendosi rigidamente, se ne andò infuriato. Con il cuscino e la coperta in mano, entrò in bagno e sbatté la porta.

Ero confusa. Che cos'ho fatto? E che cosa sta facendo?

Dopo qualche minuto, spense la luce del bagno, ma non ne uscí. Gli sfuggí un altro "Ca*zo." e poi nulla. Improvvisamente capii quello che stava succedendo. E mi coprii la bocca.

Seriamente Freddie? Cosa stai cercando di dimostrare dormendo nella vasca?

Questo gioco possono farlo in due. Scesi dal letto che ora era meno grandioso dato che Freddie aveva preso le coperte e mi sdraiai sul divano. Sprimacciai il guanciale e mi distesi sui cuscini. Il mio corpo era troppo lungo per starci, quindi mi piegai, come in posizione fetale. Eravamo passati da essere entrambi a letto a nessuno dei due solo perché Freddie aveva iniziato a toccarmi la guancia. Le mie guance erano bollenti, avevo realizzato cosa fosse quello che stavo sentendo poco prima.

NFO: a quanto pare non ci vuole molto perché si ecciti.

Siamo stanchi, pensai, e abbiamo avuto una brutta esperienza sull'aereo- soprattutto Freddie. Andrà meglio domani. Spero.

I miei occhi si chiusero e mi addormentai. Ah, eccoti di nuovo foschia malva. Okay, prima iniziamo, prima finiamo...

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I miei occhi si aprirono dopo una bella dormita. Mi sentivo riposata e pronta per un altro giorno di sopravvivenza. Non sto dicendo di non aver avuto l'incubo del terremoto, perché l'ho avuto. Ma ci ero passata così tante volte che ormai non era più un incubo vero e proprio. Ora mi interessava sapere quello che sarebbe successo dopo. In caso le mie piccole avventure nella foschia stiano iniziando a irritarvi, sentitevi liberi di saltare questa parte. Per quelli a cui non dá fastidio, iniziamo:

La prima parte, in cui Freddie si stava preparando a conquistarmi, non era cambiata. Ma ora trovavo la scena molto sensuale, mentre sulla Starship ero mortificata per aver sognato qualcosa del genere (Signor Mercury, guarda in che cosa mi hai trasformata). Poi lui e la Reliquia erano caduti nel crepaccio, come prima. Però in seguito, tutti si fermò e il telefono e Freddie rimasero sospesi in aria.

La Reliquia era molto più vicina a me rispetto a Freddie; la scossa non l'aveva fatta saltare così lontana. Dall'altra parte, Freddie stava allungando la mano verso di me. Sorprendentemente, nonostante fosse difficile, se non impossibile, che riuscissi a prenderlo, non vidi paura nei suoi occhi. Anzi, stava sorridendo, mi stava invitando a cadere nella spaccatura senza fondo con lui.

Avevo una scelta.

Ma prima di poterla compiere, mi svegliai.

Stava iniziando a essere un sogno davvero sciocco. La Reliquia era andata perduta! Non aveva senso continuare a sognare come se fosse ancora un'opzione. Però non riuscivo nemmeno ad immaginarmi a saltare nell'abisso con Freddie, verso la nostra morte o qualsiasi cosa ci aspettasse sul fondo.

In ogni caso, il sogno era insignificante. Dovevo lottare con il vero Freddie ora.

La mezza cecità non era così attraente; mi rimisi le lenti a contatto, sorridendo mentre tutto tornava lucido, poi andai verso la porta del bagno. Attraverso le fessure potevo vedere che la luce era accesa. Speravo che Freddie avesse dormito bene. Questo noto maniaco del sesso, questo fantastico dio del rock, questo stupendo e talentuoso uomo confuso, si era ridotto a qualcosa che solo i plebei facevano quando strettamente necessario. Aveva il mondo ai suoi piedi eppure aveva deciso di dormire in una vasca (anche oggi pensarci mi fa venire da ridere). Non doveva punirai in quel modo ma l'aveva fatto.

Portai il pugno alla porta per bussare, ma subito dopo ci ripensai. Non avrei sopportato il suo possibilmente terribile umore, ero l'unica su cui si sarebbe potuto sfogare. E mi stavo stufando dell'incongruenza della nostra relazione. Mi piacevano i ragazzi costanti, la gente prevedibile, come John Deacon. Almeno sapevi cosa aspettarti. Sì, le persone difficili mi eccitavano, ma in quantità ridotte. Ero stata con Freddie nove giorni consecutivi. Mi aveva consumata- non proprio in maniera negativa però. Un minuto eravamo amici, quello dopo nemici mortali, poi migliori amici subito dopo- per arrivare a decidere, il momento dopo, che non ci riuscivano più a essere separati.

"He's magic and myth," mi sentii canticchiare "as strong as what I believe..."

L'orologio sul comodino diceva che erano le sei e venti. Ci siamo svegliati prestissimo! Magari non eravamo comodi abbastanza per dormire fino a tardi. Poi siamo a Las Vegas per un motivo. Prima iniziamo meglio è.

Quando aprii le tende, vidi l'alba più stupefacente che avessi mai visto. Le palme creavano adorabili silhouette contro l'orizzonte scarlatto. In lontananza, oltre I disseminati casinó da venti piani, la grande palla rossa che era il sole stava facendo capolino dietro le colline rocciose, proiettando i suoi caldi colori sul cielo e rovesciandone alcuni sul terreno sabbioso, sovrastando il bagliore neon di Las Vegas.

Infilandomi la vestaglia, andai sul balcone, lasciando aperta la porta finestra. Spalancai le braccia, e ridendo cantai con tutta la voce che avevo "Naaaaaaaaaants ingonyaaaaa-ma baghiti babaaaaaa..."

Non sapevo che l'Ovest fosse così bello. Però prima di precipitare nel 1977 non ero mai stata a est di D.C o ad ovest di San Antonio. Avevo visto così tante cose, ed era solo grazie al instabile folle nella stanza accanto. Freddie si era davvero superato per me. Perché? Perché per me? Perché mi aveva tenuto così stretta? Era una prova per se stesso? Una scommessa? Un-

"Era la chiamata alla preghiera o cosa?"

Parli del diavolo e spuntano le corna. Mi girai e dietro di me vidi Freddie che indossava la vestaglia.

La mia faccia divenne rossa come l'alba. "Oh, l'hai sentito?"

"Sì, io e il resto del Nevada." Disse, uscendo sul balcone. Cercai di non sorridere. Non che non volessi essere amichevole. Sapevo che se mi fosse concessa un sorriso, una risata l'avrebbe presto seguito. Nello stile tipico di Freddie, stava cercando di sembrare scrupolosamente impassibile, il che rese la situazione più divertente. A quanto pare si stava radendo quando avevo iniziato a cantare "Il Cerchio Della Vita"; e essere garbato è impossibile quando uno ha una barba di schiuma bianca.

"Buon giorno." dissi. "Guarda il cielo, non è divino?"

Annuí. "Ho visto che hai dormito sul divano."

"Sí." Realizzai che era completamente ignaro della schiuma da barba, se ne era già dimenticato. Non riuscivo a decidere se l'avrebbe imbarazzato di più se glielo avessi fatto notare o meno, facendoglielo scoprire da solo.

Freddie incrociò le braccia. "Quindi il letto è stato vuoto tutta la notte?"

"Direi di sì." Alzai le spalle.

"Così. Testarda."

Oh davvero? E tu no? Magari l'avrebbe potuto scoprire da solo. Ovviamente non aveva bisogno che gli dicessi io le cose dato che ero così cocciuta...

"Be', dato che tu stavi dormendo nella vasca, dovevo dormire in un posto scomodo anche io. Hai dormito bene, comunque?"

"Non male, in realtà. Mi sa che ho scoperto qualcosa qui. Potrebbe essere il nuovo trend, chissà." Le occhiaie sotto i suoi occhi lo contraddivano. Nonostante i commenti disinvolti, Freddie non sembrava essere più rilassato di ieri sera. Mise una mano sulla ringhiera e si curvó. Rimanemmo, a disagio, uno di fianco all'altro a guardare il sole sorgere.

"Sei sicuro di stare bene?" Gli chiesi.

"Perché non dovrei esserlo?" Rispose.

"Non lo so- eri così sconvolto sull'aereo-"

"Ero fuori di testa!" Sbottó Freddie.

"Ah, sì. Dopotutto tu sei il maniaco del controllo," lo stuzzicai, ma scelsi il momento sbagliato per scherzare.

"Maniaco del controllo? Davvero?" Freddie di stava offendendo di nuovo. "Mettiti al mio posto. La mortalità non mi ha mai fissato dritto in faccia- forse solo una volta, anni fa. Ma non così. La mia vita, la tua vita- la vita di tutti a rischio per via di qualche bullone allentati nei motori. Saremmo potuti morire e sarebbe stata colpa mia!"

Strizzai gli occhi. "Colpa tua? Cosa?"

"Sono io che ho scelto l'aereo, cara. Questo viaggio è stato una mia idea! Se fossimo precipitativi, di chi sarebbe stata la colpa? Mia! Se fossi morta, il tuo sangue sarebbe stato sulle mie mani-"

"Ma Freddie, non siamo precipitati! Non è morto nessuno! Stiamo tutti bene-"

"Ma sarebbe potuto succedere!"

"Ma non è successo! Okay? Ti ho detto che non sarebbe successo. Siamo tutti a posto, nessuno si è fatto male. Ora, ti prego, calmati. Evitiamo altri attacchi di panico."

Freddie sospirò e guardò in basso, verso il suolo illuminato. Più in basso brillava una piscina grande come quelle delle Olimpiadi, era circondata da un prato verde, con sdraio e ombrelloni. Sembrava un paradiso- e lo sarebbe rimasto fino a mezzogiorno quando il sole sarebbe diventato cocente. Ci andrò- non appena riuscirò a calmare quest'uomo. Come volevo trovare un modo di calmarlo senza dovere usare quelle parti.

Poi arrivó il momento "aha!"

Presi un respiro profondo e dissi molto casualmente, "Sai cosa voglio fare da quando siamo arrivati?"

Con la coda dell'occhio, molto lentamente, vidi la sua testa girarsi verso di me. "Chiedo scusa?"

"Dal momento che ti ho incontrato c'è qualcosa che voglio fare." Risposi misteriosamente. "Devo farti vedere che cos'è?"

"Uh..." Freddie non se lo aspettava. Non posso farvi capire quanto sia soddisfacente spiazzare Freddie Mercury. Mi sentivo più furba del Re Salomone.

"Be', se non sei curioso, non c'è problema, stavo solo-"

"Fammi vedere."

Eccola lì, quella vecchia autorità sfacciata! Era un passo in avanti, me ne compiacqui.

"Abbassa la testa." Gli ordinai scrocchiandomi le dita.

"Cosa vuoi far-"

"È una sorpresa."

Freddie fece un sorrisetto (Bene, bene! Un sorrisetto, stiamo facendo dei passi in avanti) e abbassò la testa, in modo che potessi vedere il cocuzzolo della sua testa piena di spessi capelli neri.

"Non colpirmi, per favore." Mormorò.

"Non essere ridicolo. Ti gratterò e basta."

Prima che potesse rispondere, misi le mani tra i suoi capelli e iniziai a massaggiare la sua testa. Freddie mise le mani sulla ringhiera e la strinse. Non fece capire che non gli stava piacendo, pertanto continuai, lasciando che le mie unghie grattassero gentilmente la sua cute. Non mi ero inventata nulla; volevo farlo da sette anni. Avevo sempre pensato che Freddie avesse dei capelli stupendi, e avrei pagato a peso d'oro per sapere che cosa si provasse a infilarci le mani e scompigliarli.

"Dimmi quando vuoi che mi fermi." Sussurrai.

"Per tua informazione, sarà tra tipo mezz'ora."

Risi. "Ti senti meglio?"

"In parte." Disse e sorrise. "Ora che lo dici, anche io ho una cosa che voglio farti da molto."

"No ma dai?"

"Non essere così veloce. Non è quello che pensi."

"Allora-"

"Voglio porti una domanda."

"Oh, davvero?"

Annuí. "Posso alzare la testa?"

"Sì certo, certo, ecco." Tolsi le mani dalla sua morbida chioma. Ogni miglioramento nell'umore di Freddie era una buona notizia. Avrei risposto a ogni sua domanda se avesse significato farlo tornare alla normalità.

"Sei pronta?" Chiese, appoggiandosi sulla ringhiera.

"Spara." Affermai.

"Va bene." Prese un respiro profondo e mi guardò dritto negli occhi. "Chi sei?"

"Come?"

"Chi sei Eve? Chi sei davvero?"

Feci una smorfia. "Che intendi?"

Non stava più sorridendo. "Dimmi la verità. Da dove vieni? Perché sei qui con me? Chi- anzi no- cosa sei?"

Mi si rigirò lo stomaco. "Cosa sono? Freddie Sono solo una ragazza-"

"Str*nzate." Non c'era ferocia nelle sue parole, solo determinazione. Ormai si era lanciato. Iniziò ad avvicinarsi. "Col ca*zo che sei solo una ragazza. Come facevi a sapere che non ci saremmo schiantati? Hai guardato nello Specchio Magico e sei rimasta seduta, senza un briciolo di paura, nulla."

"Non-"

"Come fai ad apparire nell'appartamento di qualcuno senza scassinare la serratura o rompere una finestra? Perché hai detto che non saremmo morti così? Se non sai un ca*zo di me come dici tu, perché-perché ne sei così sicura?"

"Freddie-"

Stava alzando la voce. Nemmeno la schiuma da barba poteva distogliere l'attenzione dal suo potere crescente. "Cosa hai visto nelle Torri che ti ha fatto piangere? Cosa hai visto nella mia mano che ti ha fatto urlare? Cosa succederà?"

Debolmente, tentai un'altra volta. "Ascolta, era una coin-"

"Non MENTIRE! Dimmelo! Chi ca*zo sei Eve?"

DA PROSEGUIRE...

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