33. Come Fa A Farlo?
Traduzione fornita da @Shawnxmoon
Era difficile stare in silenzio sulle scale mobili. Freddie aveva il capo abbassato, gli occhi coperti dai miei occhiali da sole e un logoro cappello con la visiera, come quelli da baseball, copriva i suoi capelli. Le nostre labbra erano cucite, ero incollata a lui, le nostre mani erano strette insieme. Stavamo facendo di tutto per non dare nell'occhio; eravamo circondati da adolescenti che discutevano sulla Principessa Leila e R2-D2, e due ore fa avevamo scoperto sulla nostra pelle che l'amore per le storie di fantascienza era in qualche modo legato all'amore pazzo per la musica rock, come quella dei Queen.
Fra tutti i posti, proprio al bar. Non nella fila dei biglietti (che non era corta dato che lo spettacolo che volevamo vedere iniziava alle 16:15; la linea aveva iniziato a formarsi quando eravamo arrivati noi) o quando ci siamo seduti:
nel momento in cui avevo ordinato una porzione piccola di popcorn per Freddie e un pacchetto di M&M's per me, fummo scoperti. Una volta ricevuti i nostri snack, Freddie commise un fatale errore.
Aprí la bocca e disse "Grazie mille."
La voce, l'accento e quei denti. Non avevamo alcuna possibilità di scampo.
La cassiera urlò "OH MIO DIO! SEI FREDDIE MERCURY!!!"
Serví solo quello. La gente iniziò a circondarlo, pregandolo per un autografo e dicendogli, a voce molto alta, quanto lo amassero, che erano i suoi fan numero uno e chiedevano che diavolo volesse dire "Bohemian Rhapsody". Praticamente correndo, ci rifugiammo nel bagno degli uomini, in un cubicolo chiuso a chiave, finché la via sarebbe stata libera.
"Stai bene?" Gli chiesi.
Freddie annuí, sembrava non essere toccato molto dalla situazione.
"Deve succederti spesso."
"Più o meno. Solo che, di solito, non sono così vulnerabile." Sorrise. "E di solito mi piace."
"Ora no?"
"No, oggi no. Sono solo un tipo che vuole un bel piccolo appuntamento con la sua signora."
Sorrisi. "Ma ho scoperto che anche i tipi vogliono essere delle stelle, sotto sotto. Senza eccezioni."
"Non ti dimentichi niente, eh?"
Uscimmo qualche minuto dopo, entrando in punta di piedi nella sala e trovando due posti nell'ultima fila. Stavano già trasmettendo i trailer; eravamo arrivati alla fine del trailer di L'orca assassina ("Ooo" aveva frignato Freddie quando era apparso Bo Derek sullo schermo, io avevo alzato gli occhi al cielo) e guardammo quello di Incontri ravvicinati del terzo tipo ("Richard Dreyfuss, amore mio." Avevo sospirato, ottenendo una risata paternalistica da parte di Freddie) e di Goodbye amore mio!, un altro film con Richard Dreyfuss. Sospirai di nuovo e sorrisi come un'idiota.
Freddie si avvicinò e sussurrò nel mio orecchio "Pensi che sia carino?"
"Abbastanza."
Lui trasalí. "Perché?" Sussurrò. Non risposi, ma sorrisi e scossi la testa. Freddie incrociò le braccia e fece il muso -non per tanto però. Perché subito dopo iniziò Guerre Stellari.
La canzone dice che Jaws (che curiosamente era un altro film di Richard Dreyfuss) non era il suo ambiente e che non gli piaceva Guerre Stellari. Però quella non fu la mia impressione quel giorno. Non appena partirono i titoli di apertura, si dipinse un piccolo sorriso sul volto di Freddie che rimase lì, variando leggermente, per le due ore seguenti. Non credo ci sia bisogno di dire che gli piacque un sacco Darth Vader ("Voglio un outfit come quello," aveva detto "con il mantello e tutto.") ed era completamente divertito dal fatto che Obi-Wan Kenobi fosse interpretato dal Signor Alec Guinness.
Ma sembrava più colpito, non sorprendentemente, dalla musica. "Che fregatura." Sussurrò (lo fece spesso durante il corso del film). "Tutto urla Wagner. Non pensi?"
Ora che me lo faceva notare, aveva ragione; i titoli di apertura urlavano davvero Der Walkure. Nonostante avessi visto il film almeno duecento volte prima di allora, ora mi aspettavo che grandi donne con trecce dorate e cappelli da Vichinghi sarebbero entrate a cavallo insieme a degli x-wings. E nonostante il suo personaggio preferito fosse palesemente il temibile Lord Vader (che sorpresa) aveva esultato come tutti gli altri quando Luke aveva usato la Forza per fare esplodere la grande e cattiva Morte Nera.
Sta solo a dimostrare, pensai, che anche Freddie Mercury ha un punto debole per la vittoria del bene sul male, non importa quanto sia cliché il problema. Siamo umani. I lieto fini sono i migliori.
Sono davvero i migliori. Peccato che non siano la norma.
Non appena sullo schermo comparve la scritta "Scritto e diretto da George Lucas" iniziammo a prepararci per andare. Dovevo camuffarlo; il gruppo di nerd-ehm, intendo, giovani nel pubblico- l'avrebbe cercato. Quindi trovammo un vecchio berretto da baseball rosso, che esibiva una grande B, che era stato calciato sotto uno dei sedili e i miei strani occhiali tondi che mi ero dimenticata di avere. Freddie caminava direttamente dietro di me, il colletto alzato così tanto da coprire gli occhiali da sole, il mio zaino in spalla. Il livido, ancora molto visibile, sulla sua bocca non la faceva rimanere troppo stretta. Solo qualcuno che stava cercando proprio Freddie avrebbe potuto riconoscerlo nella folla; in questo particolare outfit si mescolava abbastanza bene con la gente, pensavo.
"Dobbiamo comprati una borsa cara," sussurrò nel mio orecchio "ti meriti meglio di questa vecchia robaccia."
Salimmo sulla scala mobile per tornare al livello della strada (il Loews era un cinema completamente sotterraneo) e sembrava che saremmo riusciti ad uscire più tranquillamente rispetto a quando eravamo entrati. Non dimmo nulla, però volevo partecipare alle conversazioni delle persone che esaltavano questo nuovo fenomeno culturale, e non ero nemmeno una grande fan di Guerre Stellari.
Ma Freddie stava indossando il cappello sbagliato.
Mentre stavamo risalendo e uscendo dal cinema, iniziarono i problemi seri. Avevamo appena girato l'angolo quando un uomo grande e grosso, che sembrava uno dei fratelli Wayans, ci urlò qualcosa.
"Hey, zio, tifi ancora per i Red Sox?" Fischiò. Realizzai troppo tardi cosa fosse quella B. Oh Gesù. Eravamo fan dei Boston Red Sox a New York.
Freddie si fermò e si morse il labbro, la risposta già pronta, ma si trattenne. Sorrise e continuò a camminare. Ma ora il grande uomo e un piccolo gruppo di iene in cerca di guai ci stavano seguendo.
"Vi faremo il cu*o questa stagione." Disse l'uomo, questa volta con un coro di "Sì!" a sostenerlo.
"Oh davvero?" Lo sentii dire.
"Ti conviene crederci, caz*one. Ti sentirai molto stupido ad andare in giro con quel cappello tra un po'."
Freddie si fermò e sollevó la testa. Non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Non riuscivo a vedere i suoi occhi per via del cappello e degli occhiali, ma vidi la sua bocca tremare, e sospirò. Uh-oh. A questi conviene scappare.
"Quindi!" Tuonò in fine. "Non vi piace il mio cappello, eh?"
"È un cappello da sfigato, perdente!" Disse il grande uomo.
"Yan-kees! Yan-kees!" Facevano il tifo.
Fanatici dello sport. C'è un posto per loro, ci deve essere. (Sto scherzando. Questi ragazzi sono solo cogli*ni in cerca di problemi, se Freddie avesse avuto addosso giacca e cravatta l'avrebbero insultato per la sua eleganza).
Potevo quasi sentire Freddie alzare gli occhi al cielo. Sarebbe stato troppo facile. Silenziosamente e molto tranquillamente, si trasformò.
Sfilandosi violentemente gli occhiali, Freddie rivelò il suo volto, l'impassibile e irraggiungibile espressione da showman. Ma i suoi occhi bruciavano mentre frugava nel mio zaino aperto, prese una penna nera.
"Hey, aspetta," disse uno dei suoi stupidì compagni di merende "non sei il tipo della canzone che fa 'Mama I killed a man'?"
Freddie non rispose. Era troppo impegnato a scarabocchiare il suo nome sulla visiera del cappello, che teneva alto sopra la sua testa. "Chi lo vuole ora?" Urlò.
A questo punto la maggior parte di loro l'aveva riconosciuto. E il loro intero atteggiamento cambiò. Corsero verso di noi, ma non per attaccarci; volevano solo avvicinarsi a lui per poter dire di essere stati vicino ad una star. E i due ragazzi che non avevano ancora la minima idea di chi fosse, semplicemente seguirono i loro amici. Non importa il motivo, ma ognuno di loro voleva il cappello autografato. Nel giro di due secondi, erano come gelatina nelle sue mani.
"Pensate in fretta, tesorucci!" Con un lancio superbo, il cappello fendette l'aria e percorse la strada. Come cani dietro ad un bastone, gli idioti girarono sui tacchi e impulsivamente iniziarono a correre in quella stessa direzione.
Freddie mi prese la mano in questo istante di esitazione. Con una calma autorevolezza mi ordinò "Corri."
Non so chi prese il berretto. Ce ne eravamo già andati da molto prima che potesse anche solo toccare il marciapiede.
Sembrava quasi la scena di un film, noi due che corriamo mano nella mano, ridendo come dei perfetti idioti, mentre la gente sulla strada si scansava, temendo che la colpissimo. Esaurii il carburante ben prima di lui; Freddie sembrava pronto a mantenere il passo per altri tre isolati mentre io ero piegata in due, con il fiato e, dopo soli trenta secondi di scatto.
"Grazie a Dio ho ancora la mia vecchia cara resistenza." disse, scherzosamente dandosi dei colpetti sul petto.
Mi costrinsi a ridere. "Sei pazzo."
"Sì, ma lo ami."
Annuii e sorrisi. "Sì. Sí, immagino che sia vero. Ora dove andiamo?"
"Dipende da quanto ci è rimasto."
Controllai in tasca. "Abbiamo ancora due dollari e cinquantaquattro centesimi."
"Come è possibile?"
"I biglietti costano un dollaro e cinquanta a testa, ma il cibo e le bibite no. Che ore sono?"
"Non lo so, sei tu quella con lo Specchio Magico."
"È nella borsa. Ed è spento."
Fortunatamente c'era un orologio dall'altra parte della strada. Strizzando gli occhi per cercare di leggere l'ora, ignorando il riflesso della luce, vidi che erano le "Sei e quarantacinque. Dobbiamo essere davanti a quel cambiavalute per le sette, giusto?"
Freddie annuí, ma non sembrava molto entusiasta. "Non rimarrò qua a fare nulla mentre gli aspettiamo."
"E se vanno lì alle sette e non ci trovano?"
"Allora verranno a cercarci."
"Oh, Freddie-"
"Poi, conosco i ristoranti francesi. Se la prendono con calma. Inoltre, Sharon viene sempre distratto da qualcosa."
"Farai seriamente aspettare Elton e Peter e tutti gli altri? Pensavo che fossero tuoi amici!"
"Lo sono. Ma non è quello il punto. Allora, vediamo -non vado a Central Park da tantissimo tempo-"
"Freddie dobbiamo rimanere in zona." Insistetti. Ora che avevo i soldi, avevo anche il potere. Come funziona bene. "Dobbiamo pensare anche alla Starship. E Las Vegas?"
"Oho! Guarda chi tutto di un tratto è di fretta per andare nella Città del Peccato!"
"Sto solo dicendo-"
"Aspetta Evie. Perchè non la risolviamo come adulti?"
"Come facciamo a farlo?"
"Dammi un nichelino o qualcosa del genere, per favore."
Sospirai. Per quale motivo? Sfilai dalla tasca una moneta di bronzo danneggiata e la misi sul suo palmo. Freddie prese la moneta, mettendola in equilibrio precario sul suo pollice. "Okay. La lanciamo una sola volta. Senza ripetizioni."
"Sei proprio testardo."
"Si lo sono. Dovresti averlo imparato a questo punto. Pronta?"
Con un altro sospiro, annuii. Freddie soffiò leggermente sulla monetina, si tirò indietro, e mi disse "Cosa facciamo?"
"Testa, rimaniamo; croce, ti seguo."
"Va bene, tesoro. Croce!" Urlò prima di lanciare il piccolo cerchio marrone in aria. La prese al volo e la coprí con la mano. "Hai detto testa?"
Annuii. Freddie sorrise e scoprí la moneta. Guardammo.
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"Hot town, summer in the city," stavo canticchiando sotto voce mentre io e Freddie ci affrettavamo ad attraversare la strada. Grazie al cielo, il sole stava finalmente sparendo dietro ai grattacieli; il calore estivo che si rifletteva sulla giungla di cemento stava iniziando ad avere il suo effetto su di me. Non appena entrammo nell'oasi che era Central Park l'aria divenne più fresca. Attraverso gli alberi potevamo vedere il sole trasformarsi in dolci arancioni e sfumature di lavanda mentre il sole stava tramontando.
"Così é meglio," sospirai "stavo cuocendo."
Ma sotto sotto ero preoccupata. Ora erano almeno le sette e dieci e riuscivo ad immaginare che gli altri ci stessero cercando. Non capivo se Freddie si stesse divertendo troppo o se fosse semplicemente un totale narcisista, o entrambi. Sospettavo che fosse la terza opzione.
"Questo non è niente," osservó Freddie. "Dove sono nato, fa caldo tutto l'anno."
"Niente inverno?"
"Mm-mm. Non ho visto la neve fino a quando sono andato in Inghilterra. Pensavo fosse arrivato il giorno del Giudizio." Scherzó.
Misi le mani dietro la schiena. "Di dove sei?" Gli chiesi come se quell'informazione non fosse già impressa nel mio cervello. "Nel senso, dove abitavi prima di trasferirti a Londra?"
Freddie mi circondò le spalle con un braccio mentre camminavamo. "Indovina."
"Aw, no. Odio indovinare."
"Ti do tre chance."
"Um...uh- Australia."
"Stai scherzando?"
"Forse. Erm...Nuova Zelanda?"
"Stai indovinando un posto più freddo. Ecco, ti darò un indizio: è in Africa."
Era sempre più difficile fare la finta tonta, ma il nome del suo Paese Natale rimase silente sulla mia lingua. Invece dissi "Sud Africa?"
"No, cara, ti arrendi?" Annuii e lui annunciò, secondo me molto orgogliosamente, "Zanzibar!"
Strabuzzai gli occhi, interessata. "Davvero?"
"Be', la mia famiglia è indiana tecnicamente, ma mio padre lavorava nella Corte Reale a Zanzibar quando sono arrivato io, quindi considero quello la mia, um -sai, non la mia casa, l'Inghliterra è casa mia, ma-"
"Ho capito cosa intendi," dissi "quindi sei indiano."
"No, sono persiano. Vengo da una specie di zona persiana in India. Ci chiamiamo Parsi."
"Oh, capisco. Allora, come era Zanzibar?"
"Ero abbastanza piccolo, ma era bellissimo. Mi ricordo che vivevano praticamente sulla spiaggia. Spiagge con sabbia candida, oceano blu cristallino. Ho passato molto giorni felici lì."
Mentre si stava abbandonando ai ricordi, gli occhi di Freddie brillavano. I suoi lineamenti si rilassavano mentre tornavano a galla dolci ricordi dimenticati. Tutto ciò veniva da un uomo che aveva allontanato ogni discussione sul suo passato con parole come "Oh, quanto è noioso." Ovviamente non lo pensava davvero. Sorrisi, guardandolo attentamente. Era un lato di lui che non avevo mai visto, ed ero incantata.
"Perché vi siete trasferiti?" Chiesi.
"C'era una Rivoluzione. Il governo era caduto ed era troppo pericoloso restare. E non volevamo passare il resto della nostra vita in India, quindi andammo nel Regno Unito. La migliore decisione che i miei genitori abbiano mai preso."
Notai che non stava dicendo niente di una delle parti più importanti della sua infanzia: i suoi giorni nel collegio a Panchgani che aveva consumato dieci anni della sua vita da giovane. Mi chiesi perché, ma domandarglielo mi avrebbe tradita.
"E tu?" Chiesi. "Oh, è vero, non mi dirai nulla."
Ed era vero. Sarebbe una violazione dei Tre Comandamenti. Inoltre, dire al Signor Viaggiatore di Zanzibar che ero di Dallas, in Texas, sarebbe stato deludente. "Non sapresti trovarlo in ogni caso." Mentii. "É un posto minuscolo."
"Non mi dici mai nulla." Borbottò.
"Non è vero e lo sai."
"Okay, va bene. Non mi dici mai nulla di tua volontà. Devo tirarlo fuori con le pinze."
"Non so quanto saresti interessato. Vuoi che parli a vanvera di me stessa e basta?"
"No, ma Dio, Eve, non mi hai nemmeno detto il tuo vero nome!"
"Non me l'hai mai chiesto."
Freddie scosse la testa. "Questo va avanti da una settimana e non so ancora nulla su di te- no, non è completamente vero. Qualcosa lo so. So che preferisci il caffè al té, e hai un disturbante perversione per Richard Dreyfuss-"
Scoppiai a ridere. "Non è vero! Semplicemente mi piace."
Sorrise, scivolando di nuovo in modalità falso. "Hai detto che lo trovi attraente."
"È vero."
"Quello è il tipo di uomo che ti piace? Capelli ricci, che sono grigi prematuramente, occhiali, più basso di te-"
"Non è vero!"
"Barba crespa e voce stridula? Il look da professore scompigliato?"
"Esatto."
"Mio Dio. Pensavo che avessi più dignità."
"Amo quanto è intenso -quanto è teso. L'aspetto -e la voce- non è tutto, sai."
Ma Freddie stava ridacchiando. "Santa pace. Be', quello mi dà un po' di prospettiva -mi fa capire quanto sia profonda in realtà la tua frustrazione sessuale, se andresti con quel-"
Si interruppe, ma avevo già colto la frecciatina. Serrai le labbra in una linea stretta e annuii. "Grazie Freddie." Dissi tranquillamente. "È bello sapere quello che pensi davvero."
Mi girai e vagai lontana da lui, facendogli pensare che fossi arrabbiata. Onestamente non ero scioccata dal fatto che pensasse che fossi frustrata sessualmente. È difficile arrabbiarsi, arrabbiarsi davvero, di fronte alla verità quando l'hai accettata come tale. E grazie all'influenza di Freddie durante quest'ultima settimana, queste parole che un tempo avrei considerato come oltraggiose, ora potevo ingoiarle senza molti problemi.
Ma in qualunque caso, che cosa maligna da dire. E quanto è mortificante il fatto che me lo stia dicendo un uomo che io trovo molto più attraente di Richard Dreyfuss. Per pietà divina Freddie! Scegli una personalità e mantienila. È così stancante.
Camminai nell'erba alta e asciutta. Per la prima volta mi resi conto il rumore proveniente da un grande gruppo di persone. Non riuscivo a vedere molto oltre questo grande, calmo stagno davanti a me. L'erba verde vicino al bordo dell'acqua sembrava fresca e invitante; mi misi a sedere vicino alle lisce pietre bagnate, prendendo respiri profondi. Solo per farlo, mi tolsi le scarpe e le misi al mio fianco. Freddie odia quando giro a piedi nudi.
Sentii dei passi avvicinarsi. Fui coperta da un'ombra momenti prima che anche Freddie si sedesse al suolo. Lo salutai con un cenno della testa, continuai ad osservare oltre lo stagno, ascoltando il mormorio della folla.
"Mi dispiace." Sussurrò. "É stato maleducato da parte mia."
Lo guardai. "Cosa?"
"Il, um- il commento che ho fatto, er-"
"Sulla mia frustrazione sessuale?"
"Sì." Sospirò. "È uscita male."
"È uscita male?" Strizzai gli occhi. "C'è un modo giusto per parlare della frustrazione sessuale?"
"Non è quello che intendevo. Mi riferivo a- non per forza quello. Intendevo tutto. Anche i, um, preliminari."
Fui costretta a ridere. "I preliminari? Baci e quant'altro?" Freddie annuí timidamente. "Be', per quanto ti riguarda, non lo sono. Frustrata intendo."
Istintivamente, a Freddie scappò, prima che potesse trattenerla, una risata sarcastica.
Piegai il capo. "Non mi credi?"
"Be', ad essere onesti...no."
"Perché no?"
Esplose. "Perché- buon Dio, Eve, a volte sembra che Dio ti abbia colta dal suo giardino e piantata nel mio armadio, e boom, eccoti, una giovane, uscita dal suo uovo il giorno prima, da quanto sei innocente! Sei- sei così brava. E te lo devo dire, un po' mi spaventa."
Lo guardai. All'improvviso realizzai che non ero nemmeno lontanamente tanto frustrata sessualmente quanto l'uomo seduto di fianco a me. Ma sei Freddie Mercury. Potresti avere chiunque tu voglia. Che problemi hai?
Cercai di reprimere un sorriso. "Che cosa c'entra con-"
"Iniziamo dal principio. Devo saperlo. Sii onesta." Mi interruppe. "Prima che succedesse tutto questo- prima che tu arrivassi nel mio armadio- eri mai stata baciata?"
"Um, sì. Numerose volte."
Freddie mi guardò con sospetto. "Sto parlando delle labbra, non altre parti della faccia. Un bacio bocca su bocca."
"Di nuovo, sì. Qual è il tuo punto?"
"Quante volte?"
Esitai. "Numerose."
"Hai un numero approssimato?"
Feci finta di contare sulle mie dita, prendendomi un bel po' di tempo per pensarci. Poi risposi onestamente, "Due."
Freddie sbatté le palpebre. "Due volte?"
"Sí, ed erano entrambe delle esperienze deludenti. La seconda volta era Capodanno e tutti stavano baciando tutti, quindi un ragazzo a caso mi ha dato un bacio a stampo. La prima volta..." la mia voce si affievolì, e piegai la testa ricordandomelo.
Mi sdraiai sull'erba. "Era patetico. Oh era così patetico. Stavamo giocando a ping-pong in qualche parco in città e l'ho battuto, e lui ha detto 'Ecco la tua ricompensa-"
Freddie scoppiò a ridere. "Non dire altro, oddio, che cosa malfatta."
"Sì, quindi devo ammettere che sono ancora abbastanza fresca su tutto questo argomento, però tu e Roger avete fatto in modo di farmi recuperare in fretta, quindi grazie. Roger non sa baciare, comunque."
Freddie si sdraiò di fianco a me. "Ti credo sulla parola, cara."
"E prima che tu chieda altro, sì, sono vergine."
"Oh, quello lo sapevo. Credimi."
"Cosa sta succedendo lá?" Esclamai mettendomi a sedere. "Dai, andiamo a vedere!" Non riuscivo a ignorarlo ancora più a lungo. Mi alzai in piedi, trascinando Freddie con me e corsi nell'erba verso il ponte a una quindicina di metri. Da dove eravamo noi, si riusciva a vedere una massa abbastanza grande affollata intorno a un enorme palco che era posizionato dove ci sarebbe dovuto essere la pista da pattinaggio. Cartelli che dicevano "Dr Pepper Music Festival" circondavano l'evento.
L'arista quella sera stava venendo presentato- un tipo chiamato John Sebastian, il che giustamente eccitó la folla. Si lanciò subito nella sua musica "What a day for a daydream/ what a day for a daydreamin' boy..."
Chiusi gli occhi, ondeggiando al ritmo della musica. Una canzone così amichevole, una delle preferite di mia mamma. Per un momento, con la tiepida brezza che soffiava nella sera, la quiete dello stagno, anche il pandemonio che era il traffico di New York- quando chiusi gli occhi, ero a casa di nuovo, decennio più decennio meno. Ma anche ora, stavo lentamente accettando tutto. Se non avevo ancora trovato la Reliquia, non l'avrei mai fatto. In ogni caso, sarebbe stato un dono poter rivedere la mia famiglia. Sembrava tutto così distante. Così irraggiungibile. La mia vita vera era diventata il mio sogno e il mio sogno era ora la mia vita vera. Era un sentimento di solitudine; nonostante la temperatura esterna, tremai.
Sentii il braccio di Freddie scivolare intorno alla mia vita, mi giró via dalla musica. Aprii gli occhi per vedere che aveva preso la mia altra mano, prima che me ne potessi accorgere, stavamo ballando al suono della musica. I suoi occhi scuri penetravano la mia anima, brillavano con un'emozione indescrivibile. Il camminare e il correre tutto il giorno, insieme a un bel po' di jet lag stava iniziando a farsi sentire. Esausta, mi appoggiai al petto di Freddie e chiusi gli occhi di nuovo. Era così caldo. Lentamente lo circondai con le mie braccia e lo strinsi vicino a me. Altro che basta abbracci. La mia forza di volontà è k.o. Santa pace. Come fa a farlo?
"Quindi Roger non ti ha colpita," sussurrò Freddie "e io?"
"E tu?" Mormorai facendo un mezzo sorriso. "Intendi a baciare?"
"Mh-hm."
"Oh, tu sei molto peggio," lo stuzzicai aggiungendo "peggio perché sei il migliore."
Il sorriso era ovvio nella sua voce. "Posso accettarlo."
Il Signor Sebastian era arrivato alla fine, dove fischiettó la melodia della canzone. Come avevo sempre fatto, mi unii a lui, vedendo, oltre la spalla di Freddie, un paio di coppie che stavano ballando come noi nella folla.
"Sai anche fischiare?" Scherzó Freddie. "C'è qualcosa che non sai fare, tesoro?"
Sospirai e dissi "Allora, vedi, è quello che sto dicendo. Riesci a essere così piacevole quando vuoi, Freddie. Perché devi essere maleducato il resto del tempo?"
"Devo tenerti con i piedi per terra in qualche modo."
Prima che potessi rispondere mi baciò di nuovo. Dopo un momento, si allontanò e disse "Nove."
"Nove cosa?"
"Nove baci. È il tuo punteggio ora."
"L'hai inventato."
"È meglio di due, no? Ti riporterò al passo con la società. La media per le persone intorno alla tua età [iniziai a ridere] è quarantadue, quindi abbiamo ancora molta strada da fare, ma almeno dobbiamo iniziare."
"Sei pazzo." Riuscii a dire prima che le sue labbra incontrarono le mie, fermando le mie parole.
"Dieci." Mormorò con un sorriso. La mano di Freddie scivoló sul retro del mio collo e lo tenne dolcemente mentre continuava a baciarmi, diventando più serio a ogni bacio, la sua voce diventava sempre più bassa e rauca. Si appoggiò a me in modo che la mia schiena fosse premuta contro la parete del ponte.
Si allontanò dopo una particolarmente intensa carezza e mormorò senza fiato. "Scusa, ho perso il conto, a quanto siamo?"
Così inglese.
Prima che potessi rispondere (come se potessi farlo; la mia testa stava girando così velocemente che non potevo nemmeno formare un pensiero di senso compiuto), Freddie si avvicinò un'altra volta, la bocca leggermente aperta-
"HEY!"
Le parole perforarono la mia mente offuscata. Freddie alzò lo sguardo, e alzò gli occhi al cielo, quasi deluso.
"Amori vi stiamo cercando da un sacco!" Urló Peter, correndo verso lo stagno con Rudy che lo seguiva. "Ci siamo preoccupati- pensavamo fosse stati mangiati o qualcosa!"
Freddie ed io ci allontanammo, ma lui afferrò la mia mano. Peter stava blaterando troppo per notarlo. "Sono le sette e venti, per l'amor del cielo! Abbiamo provato a tornare indietro quando sei saltato giù dalla limousine, Freddie, ma eri svanito. Dove sei andato?"
"È una lunga storia. Dove sono gli altri?"
"Ci siamo divisi nei vari lati del parco. Dobbiamo andare a recuperare gli altri. Non sono molto lontani, seguitemi, miei cari. L'aereo è pronto. Abbiamo chiamato l'aeroporto mezz'ora fa, quindi appena saliremo a bordo partiremo per Las Vegas."
Con quello, andammo via, ma non prima che potessi sussurrare a Freddie. "Comunque, devo dirtelo -il Signor Dreyfuss non è nulla in confronto a te."
Sorrise a trentadue denti. "Perché non me l'hai detto?"
"Non l'hai chiesto. Oh, ventitré comunque."
Nell'aria risuonavano "Welcome Back" di John Sebastian e la risata di Freddie.
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