32. Ian ha Sparato per Primo

Traduzione fornita da @Shawnxmoon

Non credo sia necessario dirvi che tutta l'entourage riuscì ad uscire dal JFK senza che qualcuno di noi venisse fermato, portato via dalla sicurezza dell'aeroporto per degli accertamenti, e poi arrestato per ingresso non autorizzato negli USA. Se no questo capitolo si chiamerebbe "Sì, Freddie Aveva Torto" o "Non É Divertente Essere Un Alieno Illegale" (grazie mille Genesis- sì, è una canzone vera, cercatelo su Internet). Ma come potete vedere, il titolo non c'entra niente con l'aeroporto, la dogana, o l'inconveniente che erano le forze dell'ordine statunitensi. Quindi sì, ce l'eravamo cavata.

Ecco la versione breve:

Eravamo appena scesi dall'aereo quando vedemmo arrivare due funzionari doganali che stavano marciando a passo serrato sulla pista.

"È già saltata la nostra copertura?" Sussurrai.

"No, é normale, lo fanno sempre con gli aerei privati." Mi sussurrò Elton.

I funzionari salirono sull'aereo prima di controllarci i passaporti, anzi, non ci guardarono nemmeno mentre stavano passando. Ebbi l'audacia di domandarmi se le preucazione che avevamo preso fossero necessarie.

"Potete risalire, sapete," disse quello panciuto in una stridente parlata di Brooklyn. Mi ero così abituata al dolce accento inglese di Freddie che la voce di un newyorkese suonava come sconosciuta alle mie orecchie. Erano circa le tre e mezza e c'era un sole da spaccare le pietre; dato che eravamo stati invitati, e non dovevamo passare dai controlli pubblici, risalimmo sull'aereo.

Nuovamente sussurrai "Ma che stanno facendo-"

"Stanno cercando le cose cattive. Shhh." Sibilò Peter aspramente. Tirai su col naso. St*onzo. Non stavo nemmeno parlando con te.

Nonostante tutte le volte che avevo sentito qualcuno nominare "la roba buona" nelle ultime otto ore, dopo due minuti ci diedero il lasciapassare. Guardai le mie scarpe e cercare di non mordermi il labbro. Senza energia, sistemai la gonna blu a tubino di Lucy. Chissà dove l'hanno messa.

Quello più giovane e slanciato si avvicinò a chiederci i passaporti. Peter andò per primo. Nervosamente aprii il passaporto di Lulu, passai le mie dita sulla foto pregando che non vedesse niente di strano.

Quando arrivò a me, con una mano ferma gli passai i miei "documenti". Prima guardò me, poi il passaporto di Lucy Leppert. Alzò un sopracciglio, io deglutii, preparandomi al peggio.

"Va bene." Disse prima di ripassarmelo. Cercai di non prendere un sospiro di sollievo. Whoa.

Qualcuno mi toccò la spalla mentre non mi stava più guardando e senza farsi notare, tese la mano verso di me. Misi il passaporto nella mano di Freddie perché lo ripassasse a Lucy in modo che lei potesse togliere la mia foto e fare vedere la sua.

Questa sarebbe stata la sfida più grande. Due Lucy. Avremmo avuto bisogno di un po' di fortuna.

L'ufficiale controllò i passaporti di Freddie, Rudy, Jack, Paul e John.

Poi il funzionario doganale prese il passaporto di Elton, quando lo riconobbe i suoi occhi si spalancarono.

"Oh mio Dio!" Sussultò. "Elton John! Oh mio D- é, é incredibile!"

Signore e signori, il nostro impassibile ed efficiente funzionario Jake Freeling iniziò a fangirlare per Elton John davanti ai nostri occhi. Mi chiesi se Freddie si sentisse male, non era stato riconosciuto da un'altro americano- un newyorkese tra l'altro. Quando mi girai verso di lui, aveva un sorrisetto furbo sulle sue labbra. Mi fece l'occhiolino e realizzai che ci aveva contato.

NFO: non così spontaneo da non pianificare un piano grandiosamente complicato. Questo uomo è più intelligente di quello che lascia credere.

L'ufficiale Freeling non riusciva a contenersi. "Ho tutti i suoi album, ho visto tutti i suoi concerti al Madison Square Garden, c'ero anche l'ultima volta che è venuto! Mi ha visto? Ero-"

"Potrei riavere il mio passaporto tesoro?" Mormorò Elton.

"Oh, certo certo certo. Come stavo dicendo, ero nella seconda fila, devo ammettere che quella canzone, 'Daniel', mi fa commuovere ogni volta, e quando l'ha fatta quella sera-"

Lucy infilò il suo passaporto davanti a Freeling che lo guardò e annuí impazientemente. "Sì, va bene, va bene. Ecco." Glielo ripassò. "So che le viene chiesto spesso, ma potrei avere un autografo per favore?"

Quindi Elton John chiese a qualcuno un pezzo di carta che autografó immediatamente. Non lo perda, Signor Freeling. Varrà almeno cinquecento dollari su EBay.

Belinda (Belle) andò per ultima, senza aver problemi, mentre Freeling continuava a blaterare. Prima che potessimo batter ciglio, i tipi della dogana/immigrazione scesero dalla rampa ("Che cosa ti prende?" Sentimmo quello cicciottello dire a Freeling, che a malapena toccava il suolo mentre camminava) e tornarono alla loro postazione. Facile.

Sbattei le palpebre. Era stato troppo facile. Ma eccoci qui a darci delle gomitate e dei cinque. Questo era prima del TSA (Transportation Security Administration) dopo tutto. Nessun controllo, nessuna perquisizione, niente per noi criminali internazionali. Mamma mia, quanto sono cambiate le cose negli ultimi venti anni, tutto era più semplice prima.

Ma ero così felice di non essere stata beccata. Abbracciai Lucy e ridemmo, velocemente ci scambiammo i vestiti in modo che lei potesse andare in Connecticut e che io potessi prepararmi per qualunque folle pazzia mi aspettasse nella grande mela.

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Era davvero sconvolgente, correre per strada fra le macchine che dove venivo io avevano più di quarant'anni. E quando lo skyline di New York pre-Trump si presentò davanti a noi, sentii un po' di nostalgia di casa. Ah America. New York non era Dallas, ma ci era più vicina che Londra.

Ma la sensazione più eterea mi colpí quando il mio sguardo finí sulle enormi, magnifiche torri gemelle che sovrastavano tutti gli altri edifici, piantate fermamente nel posto che ora noi chiamiamo Ground Zero. Sussultato e mi coprii la bocca, sapendo che oggi mi sarei dovuta fermare lá per assicurarmi che i miei occhi mi stessero dicendo la verità.

Tutti e sette (a quanto pare Jack Kristenhoffer se ne era andato da solo; a quanto pare si sarebbe fermato a New York per parlare con qualche importante direttore di Broadway per parlare di uno show) fummo portati da una limousine a Times Square. Avevamo avuto l'opzione di essere escortati dalla polizia, ma Freddie e Elton avevano rifiutato dicendo che la polizia avrebbe fatto solo "attirato troppa attenzione" e questo viaggio doveva rimanere il più privato possibile. Quindi oggi, eravamo dei tipici turisti a Manhattan.

Il primo passo fu convertire le nostre sterline in dollari, io che fortunatamente impiegó solo quindici minuti. Ciò ci dava circa tre ore e mezza prima di dover tornare all'aeroporto. Avevamo concordato di incontrarci davanti al cambiavalute alle sette in punto in modo da poter tornare indietro insieme.

"So che è un posto fantastico," disse Elton mentre uscivamo dal piccolo cambiavalute "l'ho trovato quando ero qui circa qualche settimana fa. È la migliore cucina francese in circolazione, senza eccezioni."

A tutti sembrava un'idea brillante, tranne che a John Holmes che continuava ad adocchiare i vicini cinema a luci rosse che spuntavano fra i diversi edifici. Gli uomini lo presero in giro, chiamandolo "John l'arrapato" e riuscirono a convincere il povero (ma arrapato) ragazzo dicendo "Ci andremo dopo, va bene?"

Quindi i ragazzi si infilarono nella limousine. Stavo per raggiungere la maniglia per sedermi di fianco all'autista quando la macchina ripartí dal lato della strada mischiandosi al traffico.

Sbattei le palpebre. Aspetta che?

Corsi sul marciapiede urlando "Hey, aspettate! Sono-" ma continuarono a guidare nelle strade intasate, completamente ignari delle mie urla.

"Mi hanno lasciata qui." Esclamai, poi urlai più forte "Lui mi ha lasciata qui!"

Immagino che pensino che sarei stata in mezzo ai piedi, pensai. Ritornò l'ansia, ma era molto più forte rispetto a quando eravamo sulla Starship. Torneranno alle sette, giusto? Giusto. Quindi per le prossime tre ore e mezza sarò tutta sola. Freddie mi ha abbandonata. Non ci credo. Che basta*do.

Ma mi ricordai che non mi doveva né la sua protezione né la sua attenzione. Ciò non mi impedí di arrabbiarmi. Non è bello essere abbandonati- e essere abbandonati nel bel mezzo degli anni settanta a Times Square non aiuta molto.

Times Square non è più come prima. Grazie al cielo. Prima, specialmente nella seconda metà degli anni settanta, la brillante e lucida perla di Manhattan aveva raggiunto il suo punto più basso. C'erano senzatetto sulle strade, mendicanti a ogni angolo, prostitute sui marciapiedi. Negozi per adulti occupavano i vecchi teatri, i cinema a luci rosse di pubblicizzavano senza vergogna alcuna. Ovunque guardassi attendevano sesso, povertà e dissolutezza.

Ma non c'era Freddie a prendere decisioni per me ora. Toccava a me. Ero in parte felice, ma soprattutto ferita. Sapevo che non gli importasse nulla di me, ma doveva dimostrarlo così apertamente un'altra volta?

Avevo ancora il mio zaino con me -ormai non andavo più in giro senza. Trovai una piccola cabina telefonica di vetro (che dolce nostalgia) e frugai nel mio zaino per vedere di trovare qualcosa di utile.

Dio favorisce gli stolti. E io sono stolta. Quando infilai la mano in una taschina dimenticata le mie dita sfiorarono un pezzo di carta simile al cotone. Il mio cuore saltò un battito e tirai fuori un paio di accartocciate banconote da un dollaro. Avevo visto i soldi girare tra i miei compa- ehm disertori; mentre i venti e i dieci si erano evoluti nei decenni, le banconote con Washington non erano cambiate un minimo, fatta eccezione per la piccola data verde scritta di fianco alla sua testa che nessuno guardava.

Contai i miei soldi. Avevo dodici dollari. Negli anni settanta potevano durarmi tutto il giorno. Sarei stata a posto. Spero solo che quegli st*onzi si ricordino di venirmi a prendere. Se no sono fot*uta.

Quindi uscii dalla cabina telefonica con una ritrovata energia, comprai un hot dog da un venditore vicino che mi chiese un dollaro. Non male, un pasto per un dollaro.

Mente stavo girando le spalle al venditore di hot dog, ebbi la strana sensazione di essere osservata. Ma continuai a camminare, rifiutandomi di voltarmi a guardare indietro. Il mio stomaco si chiuse e l'hot dog mezzo mangiucchiato non mi sembrava più così appetitoso.

Presi un respiro profondo, dovevo concentrarmi su cose più importanti. Ci deve essere qualcosa da fare da queste parti. Per amor del cielo è New York. Ho ancora undici dollari. C'è qualcosa di non sessuale da fare per meno di cinque dollari?

Il minuto dopo, mi risposi da sola. Girando l'angolo, mi ritrovai a Broadway e vidi un cinema. All'ingresso, l'insegna leggeva il nome di un film. Le mie paure sprofondarono. Non sparirono, ma diminuirono. Sgranai gli occhi quando ebbi letto il titolo. Mi avvicinai correndo per poi fermarmi di nuovo. Oh mio Dio, non può essere. Dopo tutto è il 1977, è appena uscit-

Qualcuno mi venne addosso da dietro. "Oof!"

Mi girai e automaticamente dissi "Mi scu-" poi vidi il magro volto abbronzato con gli occhi incappucciati e il naso elegante e il mento appuntito.

Sbattei le palpebre. "Freddie?"

"Ciao," cantò, rivolgendomi un sorriso smagliante e melodrammaticamente facendo un inchino.

La mia bocca si seccó. Ancora un'altra volta mi aveva presa alla sprovvista. "C-che cosa stai facendo?"

"Ti sto seguendo, oca. Spero non ti dispiaccia."

"Pensavo che te ne fossi andato con i tuoi amici- hanno lasciato indietro anche te?"

"No."

"Sono qui?"

Scrollò le spalle. "Chissà dove sono andati. Non mi interessa."

"Ma-ma-ma eri nella limousine! Ti ho visto entrare."

"Sono anche uscito."

"Quando?"

"Quando ti ho vista rincorrerci ovviamente!"

"Stai dicendo che gli hai fatti fermare?"

"No."

"Allora-"

"Tesoro se te lo devo scrivere lo farò. Noi ce ne stavamo andando, tu hai iniziato a correre, ti ho vista, ho cercato di fermare l'auto, nessuno mi ha ascoltato, quindi ho aperto la portiera e sono saltato giù. Ti sto seguendo da tutto questo tempo, non sei fortunata?"

Lo osservai, poi mi coprii il volto. "Oh, no. Sta succedendo di nuovo."

Il sorriso di Freddie tremó. "Cosa?"

Sbuffai. "Freddie non ho bisogno di un babysitter, okay? Perché non vai con i tuoi amici, posso cavarmela per tre ore. Mi dispiace."

I suoi occhi gelarono. "No, dispiace a me."

"Perché?"

"Senti, tesoro, se non vuoi stare con me, dillo e basta ca*zo." Con quello si girò e iniziò a camminare nella direzione opposta.

"Aspetta!" Urlai prima di potermi fermare. Si fermò e si girò. "Non è, uhm, non è che non ti voglia intorno, solo che non mi aspettavo che spuntassi da dietro come un pupazzo a molla."

"Eve, mi stai evitando da quando siamo saliti sull'aereo. Otto fot*tutissime ore, ti ho vista a malapena. Ogni volta che ti era possibile andavi nella cabina, almeno così non dovevi sopportare la mia vist-"

"No, no, tu non c'entravi niente, non volevo rovinare il divertimento." Risposi. "Sai che sono proprio una suora."

"Allora perché tutti quegli sguardi freddi? Quelle volte che mi hai snobbato? Perché continui ad allontanarti da me- guarda, lo stai facendo anche adesso!"

Rimasi immobile, senza realizzarlo mi ero davvero allontanata da lui, stringevo l'hot dog vicino a me come se volesse strapparmelo di mano. "Non voglio essere in mezzo ai piedi! Non devi far finta che io ti piaccia, Freddie, sono verità ora, quindi comportati di conseguenza."

Bugiarda. Mi importava non due secondi fa. Ma lui non deve saperlo per forza.

Ma queste parole sembrarono colpire davvero Freddie. I suoi occhi scuri erano annebbiati, la bocca stretta. Silenziosamente mise le sue mani sulle mie spalle.

"Non hai mai concepito il fatto che mi piaccia passare del tempo con te?" Disse dolcemente.

Mi sentii sciogliere mentre li guardavo in faccia. La maschera stava già scivolando via. "Be', uhm -no. Specialmente dopo-"

"Ascolta," mi interruppe, io rimasi in silenzio, "mi sono pentito subito dopo aver accettato quella scommessa. Sto facendo questo per rimediare. Voglio che ti lasci in pace. Che lasci in pace entrambi. E se questo è quello che serve perché lo faccia, allora lo farò.

"Mi dispiace, non sarei mai dovuto essere così noncurante. Meriti di meglio, meriti più di un idiota figlio di pu*tana come me. Lo so. Ecco perché- ecco perché ti sto chiedendo di perdonarmi."

Non so quanto rimasi lì, stretta fra le sue mani, a fissare quei cari occhi. La mia rabbia svaní, e il desiderio di perdonargli tutto vinse. La gente ci fissava, ma non mi importava. Io resto del mondo se ne andò di soppiatto, rimanevamo solo noi due su quel marciapiede in una delle città più trafficati di tutta l'America. Il potere che quest'uomo aveva su di me era sbalorditivo- ed eravamo solo all'inizio.

Improvvisamente, sorrisi, come se delle catene fossero appena cadute dai miei polsi. "Sì... ti perdono, brutto idiota."

Freddie rise e mi circondò con le sue braccia. "Così è meglio!"

Anche io avvolsi le mie braccia intorno a lui, attenta a non lasciare che la senape sporcasse la sua giacca. Quello era un tipo di ira che non volevo sperimentare, sicuramente non ora.

Si allontanò, i suoi occhi brillavano nei miei. "Grazie, angelo, non mi piace non essere in buoni rapporti con te."

Quella fu la prima volta di tante che mi chiamò "angelo", non so ancora cosa intendesse per davvero.

Nel giro di qualche secondo tornò tutto alla normalità. "Allora! Vediamo cosa c'è da fare da queste parti," scalpitò "rimani con me tesoro, conosco questa città come le mie tasche."

"Ma non sai dove sono andati i tuoi amici?"

"Non mi interessa. Quella è la differenza. Non ho voglia di cibo francese in questo momento. Quindi, um-" improvvisamente Freddie si bloccò, tastó i suoi fianchi e le tasche posteriori. Sgranó gli occhi. Alzò il piede, sembrava che stesse per togliersi una scarpa, poi si fermò e scosse la testa.

Guardai tutta la scena, confusa. "Che c'è?"

Si girò verso di me e sorriso in un modo un po' spiacevole. "Porca put*ana."

"Che c'è?"

Freddie rimase fermo per un momento, poi scoppiò a ridere. "Rudy," disse finalmente "ha lui tutti i soldi."

"Come?"

"Gli ho dato tutti i soldi così che li tenesse al sicuro! Sono al lastrico, cara." Rise, ma sembrava anche un po' ansioso.

Gli diedi una pacca sulla spalla. "Sopravviveremo."

"Con cosa?" Disse di scatto.

"Abbiamo undici dollari, calmati." Gli mostrai le mie banconote da uno.

Gli guardò, felice. "Dove-"

"Li avevo e basta."

"Per caso hai dei soldi con fa. Giusto."

"Sí! Non molto, ma è qualcosa."

"Perfetto. Possiamo prendere un taxi."

"Non essere così miserabile, Signor Spendaccione. Possiamo fare molto con undici dollari."

"Cosa per esempio."

"Quello." Dissi indicando il cinema che mi aveva fatto eccitare molto.

Freddie strizzò gli occhi per leggere le lettere sopra le nostre teste. "È un titolo strano."

"Dovrebbe essere molto bello. È di fantascienza. Niente sesso, peró, mi dispiace."

Mi mandò un'occhiataccia. "Grazie per avermelo detto, così non sarò deluso."

"Lo vuoi vedere?"

"Hey, se ti va, a me va bene. Comunque, sei tu quella con i soldi, decidi tu."

"Hai ragione. Wow, è strano." Gli feci un sorriso. "Vedrai, puoi divertirti un mondo anche senza spendere più di venti dollari."

"Pensavo che le cose migliori della vita fossero gratuite."

"Lo sono."

"Bene. Quindi questo non lo devo pagare." Si piegò verso di me e mi baciò. "Scusa, avevo bisogno di farlo."

Risi, le mie guance diventarono rosse. "Forza, sciocchino." Quindi, buttando via il mio cibo, lo presi a braccetto ed entrammo nel Loews Astor Theater, sapendo che non avrei mai più guardato Guerre Stellari nello stesso modo.

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