24. Yoko No No

Traduzione fornita da

Non c'è bisogno di dire che con l'aggiunta sonica di Roger e John alla canzone, Brian si avvicinò sempre di più a dare una chance a "Melancholy Blues". C'era una condizione; ci doveva essere un assolo di chitarra o sarebbe finita nelle tenebre del lato B.

Freddie si girò verso di me con un grande sorriso soddisfatto. "Non so, Evie, tu cosa ne pensi?"

Brian mormorò qualcosa tra sé e sé. Ma Freddie se ne accorse; si girò e disse "Scusa Brian, non ho capito bene."

"Nulla."

"No, dillo. Vogliamo saperlo."

Brian scosse la testa. "Ho solo detto 'Ommioddio è Yoko.'"

Strabuzzai gli occhi, misi una mano sul collo come se stessi stringendo una collana di perle. "Spero che tu non stia parlando di me."

"Tesoro, davvero, ti pare una cosa da dire?!" Aggiunse Freddie. "Evie è l'esatto opposto di Yoko, praticamente l'ho dovuta trascinare qui -e sai, penso che morirebbe prima di travestirsi in pubblico da borsa."

"Non ne hai idea." Protestai.

Freddie mi invió un'occhiataccia che sembrava dire "ma stai scherzando?".

"Lei è Okoy." Scherzó Roger. "Ecco chi è!"

"Me lo farò andare bene." Dissi, poi aggiunsi in quella che doveva essere un'imitazione di Yoko Ono che sussurrava "Ma credo fortemente che, sai, questa canzone abbia bisogno di una parte di chitarra per, be', per John," misi la mia mano sulla guancia di Freddie "a volte dobbiamo danzare insieme, sai, prima di poter sentire la musica che suona dentro di noi e senza di noi."

Freddie sbattè le palpebre. "Quindi sí?"

"Oh certo, mio caro tricheco. Ora con il vostro permesso, tornerò a letto per protestare la guerra."

Quello fece ridere anche Brian. Lo considerai un altro punto a mio favore; non solo Brian aveva detto che davo personalità a qualcosa, aveva anche riso a qualcosa che avevo detto.

Ovviamente i ragazzi dei Queen non lavorarono solamente su "My Melancholy Blues" quel giorno. Dato che "Blues" era una canzone troppo semplice (in confronto al 95% del repertorio della band), praticamente completarono una prima registrazione prima dell'ora di pranzo.

Non mi ricordo come si chiamasse il posto in cui mangiammo, ma tutti e sette (I Queen, Paul, John Reid, che arrivò un pochino più tardi rispetto a noi, ed io) andammo in macchine separate. Freddie sedette di nuovo nei sedili posteriori con Paul e quando fummo arrivati e ci fummo seduti, Paul si posizionò con cura tra noi due. La vecchia Faccia di Pudding ovviamente non si poteva permettere che io corrompessi il suo eventuale discepolo, non quando il suo promettente modo di vita edonista stava per sbocciare.

John Reid occupò la sedia alla destra di Freddie; ora non c'era alcuna possibilità per me di sedermi di fianco a lui. Non appena considerai di spostarmi di fianco a Deacy, Brian si sedette al suo lato. E sapevo che, anche dopo questa mattina, non gli stavo molto simpatica. Fortunatamente, Roger si lasció cadere sul posto di fianco a me, quindi era incastrata tra un lupo e un viscido serpente. Era solo una questione di tempo prima che uno dei due attaccasse.

Penso che il pranzo sia abbastanza importante da menzionare perché, di nuovo, stavo morendo di fame (avrei potuto imparare a mangiare qualcosa prima di andare a fare un'avventura) e quindi il mio giudizio era debole. So che sembrava una costante con me ma non riuscivo a controllare il mio pazzo metabolismo. Se non altro, la mia capacità di sembrare un'idiota raggiunse limiti mai visti prima d'ora quel giorno.

Arrivó il cameriere e iniziò a prendere i nostri ordini. Velocemente guardai le mie opzioni. Caffè. Avevano il caffè. Oh, succo di arancia. Mm. Il caffè poteva aspettare. Avevo bisogno di un bicchiere di succo al momento. Un paio di persone ordinò un cocktail, un bicchiere di vino. Potevano tenerseli, io volevo il succo.

"E per lei signora?" Mi disse il cameriere.

Freddie parlò prima di me. "Metti tutto quello che ordina sul mio conto."

John Reid protestó "Freddie me ne occupo io-"

"Mi occupo io di lei, non fare domande." Annunció per poi indicare Paul "Anche per lui."

"Grazie." Dissi schivando Paul.

Avevo ancora la voce di Freddie in testa quando dissi, leccandomi le labbra, "Vorrei un pompino di succo."

Tutta l'aria venne risucchiata dalla stanza. Realizzai il mio errore (decisi che era un errore; ma ogni vero e proprio psicologo avrebbe detto che era un lapsus freudiano ) troppo tardi. Non c'era nemmeno un uomo al tavolo che non avesse sentito quello che avevo detto. Tutti diventarono un pochino rossi. Le loro facce cercavano di trattenere una risata. Roger si coprì la bocca.

Sentii il sangue infiammarmi le guance e mi corressi con calma. "Un pochino di succo."

La faccia del nostro cameriere era rossa come un pomodoro, ma mantenne la compostezza mentre finiva di prendere i nostri ordini.

Solo dopo che il cameriere fu corso via Freddie sospirò e disse ad alta voce. "Bel piano B tesoro. Non credo che tu possa ordinare un pompino."

Nessuno riuscì a contenersi. Mi coprii il viso, volevo diventare acqua e scivolare via in qualche scarico. Anche Brian e Paul, gli imperturbabili della truppa, ridacchiarono. Anche io risi, nonostante fossi mortificata.

E non finì lì. Dopo ordinai, innocentemente, un piatto tradizionale britannico di salsicce e patate. In un'altra circostanza, nessuno al tavolo avrebbe aperto bocca. Ma dati i miei precedenti, di nuovo gli uomini risero e mi preso in giro, decidendo che non ero la suora piena di sé che pensavano che fossi. Non volevo che pensassero che fossi un lupo travestito da agnello malato di sesso, ma devo ammettere che l'atteggiamento di tutti verso di me (tranne Freddie che mi conosceva di già) si rilassò. Stavo parlando la loro lingua. Non intenzionalmente, ma lo stavo facendo in ogni caso.

Anche lo stupendo Roger smise di provare così tanto impressionante e inizió a comportarsi più normalmente. Oserei quasi dire che era amichevole. E quindi, innocentemente, abbassi le mie mura di difesa.

"Allora Okoy," disse Roger dopo un po', usando il mio nuovo soprannome, "come sei finita in quell'armadio?"

Risi. "Mi crederesti se dicessi che non lo so?"

"No." Sorrise. "Mi dici almeno di dove sei?"

Non vivevo con Roger quindi potevo essere chiunque volessi. "Sono di Seattle." Mentii.

"Come sei finita qui? Anche se credo che non me lo dirai."

Alzai le braccia in aria (non c'era alcun dubbio sull'influenza di Freddie su di me) annunciando "Ero un ladro della notte e arrivai come il Giorno del Signore."

"In realtà è magica." Mormorò John Deacon.

Roger strabuzzó gli occhi. "Sei una maga?"

"No!" Dissi.

"È una veggente." Si corresse John. Mi fece un sorrisetto.

Roger ridacchio. "È la stessa cosa. Quindi leggi i palmi?"

"Per il giusto prezzo." Cantai.

"Ti ripagherò stasera." Disse Roger ambiguamente in modo che potessi solo speculare sul suo intento e spinse la sua mano voltata verso l'alto nella mia direzione.

"Mi piacciono i soldi in anticipo." Risposi seccamente. "Se paghi stasera, leggerò il tuo palmo stasera."

Roger non sembrò scoraggiarsi.

"Quando ti posso vedere stasera quindi?"

"Sarà fuori con me stasera Roger." Lo interruppe Freddie.

Piegai il mio collo per guardare Freddie. "Ah sí?"

Paul si girò verso Freddie, disgustato.

"Come?"

Gli occhi di Roger brillarono. "Dove?"

Brian infilzó violentemente la sua insalata, palesemente non interessato alla conversazione.

Deacy girò il suo té e ascoltó.

John Reid continuò a mangiare.

Freddie mi guardó e disse "Vero che verrai tesoro?"

Balbettai. "Um, ceh, se non è un problema per i tuoi amici..."

"Ovviamente no!" Paul strinse i denti, ma Freddie lo ignorò, continuando "E chiunque altro voglia venire, è il benvenuto. Andremo al Heatwave stasera."

Roger sorrise. "Ci saró."

Fu John Reid a costringerli a riportare la conversazione su argomenti di lavoro importanti.

Quando tornammo allo studio, eravamo sei invece che sette. Paul aveva preso un taxi ed era tornato a casa, assicurando Freddie che non si sarebbe dimenticato del club.

"Abbiamo finito con Melancholy Blues per oggi?" Chiesi a Freddie mentre entravamo.

"Per quello che ne so sì," rispose "abbiamo altre cose da-"

"Bene!" Urlai prima di correre al piano a riprendere il foglio col testo.

Freddie mi seguì. "Hey, hey, cosa stai facendo?"

"Noi, uhm, non ne abbiamo più bisogno, quindi lo rimetto a posto." Spiegai rimettendo il foglio nel diario.

"Santo cielo!" Disse ad alta voce. "Prima come hai fatto ad arrivare qui, poi lo Specchio Magico e ora le parole della nostra canzone. Quanto sei riservata tesoro. Per quale motivo?"

"Non ho mai detto che non ti avrei mai fatto vedere cosa può fare lo specchio magico, ho solo detto che non sei ancora pronto per vederlo."

"Mh-hm. So cosa significa ancora, significa mai. Sei incredibile." Freddie si girò verso di me, le sopracciglia inarcate dalla confusione.

Spesi il resto del pomeriggio sdraiata sul divano dello studio, in modo da non essere in mezzo ai piedi di nessuno, mentre riempivo il mio telefono di foto divertentissime dello studio e del duro lavoro degli uomini. Feci più foto a Freddie, fotografandolo quando la sua faccia ben definita si girava di profilo, che a tutti gli altri presenti. Quando nessuno stava guardando, scarabocchiavo qualche appunto. Nessuno pensa che io sia una giornalista? Mi chiesi. Ho sono troppo impedita?

Per di più, godetti di lunghe sessioni di musica da parte di Brian e Freddie, più qualche litigio fra le tre primedonne. Senti una prima versione di "It's Late" di Brian e fu davvero difficile non mettermi a cantare quando iniziò a suonare quel primo riff blues. Dopo qualche momento di pacchia, Freddie iniziò a suonare quel bellissimo pezzo strumentale, quello che mi ricordava "Jealousy". Perché non ci scrive delle parole? È bellissimo.

Qualsiasi iniziale desiderio avessi di convincere Freddie a non includere il secondo verso scomparve prima della fine della sessione. Intromettersi nei lavori aiutando a convincere Brian comportò che ci fossi dentro fino al collo e che fossi orgogliosa di "My Melancholy Blues". Certo, avevo solo aiutato in un verso e con la mia voce, ma ero impazzita solo per essere una delle quindici paia di piedi su quelle pedane. Dopo questo sarebbero serviti almeno altri tre momenti di Macarena (o anzi, Mercurena).

Ma sembrava che queste esplosioni di emozioni fossero già state prenotate senza che lo sapessi. L'Heatwave, eh? Non ero una da club. Oh, be', non era una mia scelta. No no. Ero senza scelta. E i club con la musica disco probabilmente sarebbero molto più divertenti dei rave EDM tipici del mio mondo.

Rudy ci accompagnò a casa velocemente. Infatti i ragazzi avevano deciso di finire tardi e Freddie voleva rinfrescarsi prima di uscire per un'altra notte in città. Dato che doveva fare benzina, ci lasciò e ci disse che sarebbe tornato a prenderci.

"Dove stiamo andando, potrai indossare la tua tutina." Annunciò Freddie aprendo la porta di ingresso. "Dopo tutti quegli sciocchi discorsi sul fatto che non ti sarebbe servita!"

"Non mi metto quella roba." Lo informai entrando in casa. "E non puoi obbligarmi."

Mi fece salire un po' di scale prima di urlare. "Oh, NON POSSO?"

Freddie prese la rincorsa per le scale. Con un urlo corsi vero la mia camera, ma fu più veloce di me. Serrò le sue braccia intorno alla mia vita. Non potevo sfuggire alla sua presa.

"Devo ricordati, tesoro, di quello che mi hai promesso oggi?" Sussurró dolcemente.

"Mi arrendo." Dissi con voce rauca.

"Meglio." Disse Freddie per poi lasciarmi.

Alzai gli occhi al cielo. "Che scusa userai domani, quando dovrai pensare ad un altro favore? Perché deve essere diverso da quello di oggi."

"È troppo lontano nel futuro." Disse con noncuranza. "Io vivo nel momento. E ora, voglio che tu ti metta la tutina." Evidenzió la frase con una forte pacca sul mio fondoschiena.

"Sfacciato." Mormorai. Ma feci come aveva chiesto. Andai nella mia stanza e mi cambiai i vestiti, infilandomi la tutina color avorio con le larghe gambe dei pantaloni. Stavo per allacciarmi le scarpe col tacco molto alla moda quando mi suonó il telefono.

Scesi le scale per prendere il telefono. In quello stesso istante, ci fu un fioco click e Freddie alzò la cornetta in camera sua. Lui e l'altra persona iniziarono immediatamente a parlare; ovviamente non sapevano che ci fossi anche io sulla linea. Sarebbe stato maleducato origliare la conversazIone quindi abbassai la cornetta per riagganciarla quando sentii Freddie dire "Mary''.

Mary? Ooh. Dovevo ascoltare. Rialzai il telefono.

"...felice che tu abbia chiamato." Stava dicendo Freddie ma la sua voce non sembrava molto emozionata. "Tutto a posto?"

"Oh sì." Rispose. "Molto, come state tu e la tua...amica?"

"Stiamo bene...credo che stia bene." Rispose. "Hey, senti, stasera usciró con i miei amici, se vuoi venire vieni, mi piacerebbe vederti."

"Mi piacerebbe. Quando uscite?"

"Fra una mezz'oretta credo, e uh, sarebbe splendido se venissi anche tu, ci divertiremo molto."

"Aspetta." La voce di Mary diventò fredda. "Ci sará anche la tua...piccola aiutante?"

Sentii le mie budella ribollire. Mary non sto cercando di rubarti Freddie! Sono attratta a lui fisicamente, ma non sto cercando di rimpiazzarti!

Freddie rispose, ora a disagio.

"Uhm, ceh..."

"Quindi è un sí." Disse Mary sospirando.

"Tesoro, ti ho detto che non c'è nulla fra me e quella ragazza, solamente vive qui."

"Allora perché non la puoi lasciare all'appartamento?"

POW! Quello era inaspettato e mi colpí dritto nei denti.

"Mary non vuole niente da me e farò in modo che non sia in mezzo si piedi. Quindi vieni?"

Lunga pausa. "Non lo so...ci sono molte cose che devo fare stasera..."

"Falle dopo!"

"Devo andare. Magari un'altra volta Freddie."

Chiusi gli occhi, per un breve momento chiesi a Dio cosa Lui stesse pensando in quel momento, lasciandomi libera fra quelle persone che ovviamente mi odiavano.

Freddie disse a bassa voce. "Oh. Oh okay. Vieni comunque alla cena giusto?"

"Certo." Disse. "Ti vedrò sicuramente lì- e magari anche prima."

"Lo spero."

"Anche io."

"Buona sera, tesoro."

"Anche a te, Freddie."

Click

Rimasi lì, il telefono ancora stretto tra le mani. Il mio labbro inferiore iniziò a tremare. Stavo rovinando tutto. Non volevo farlo. Non volevo nemmeno essere lì. Era chiaro cosa stesse succedendo. Mary mi odiava, stavo rovinando la sua relazione con Freddie senza nemmeno provarci.

E lei era così importante per lui.

Come osavo.

Freddie scese le scale, la sua testa piegata leggermente verso il basso. Quando mi vide, sorrise con un sorriso che sembrava essergli stato incollato al volto, "Era solo qualche rivenditore al telefono, gli ho detto di portare i suoi affari da qualche altra parte e di infilarseli su per il c-"

I suoi occhi si puntarono sul telefono, che ora emetteva un solo suono prolungato, ancora fra le mie mani. La maschera scivoló via.

Quasi sussurrando, disse "Io, um, io immagino che tu abbia sentito tutto."

"Non devo venire Freddie." Dissi con voce rauca. Anche se la mia voce sembrava morta, tremó.

"Voglio che tu venga."

"Non è vero. Stai solo cercando di essere gentile, non devi. Rimarrò qui. Mi dispiace tanto."

Fece un passo in avanti, tendendo le mani verso di me.

Andai in cucina, il mio naso iniziava a pizzicare. Volevo piangere. "Vai dai tuoi amici, non sono altro che una rottura di cogl*oni, vai. Per favore."

"Evie-"

"Non voglio rovinarti la vita!" Esplosi. "Non voglio essere la tua Yoko! Va da Mary! Non sono divertente, l'hai detto anche tu. Non sono all'altezza-"

Improvvisamente mi afferró le braccia e mi scosse. "Eve, ca*zo, stai zitta e ascoltami." Esclamò Freddie. "Primo, piantala di tirarmi quelle parole in faccia. Non le intendevo e pensavo che ne avessimo già discusso ieri. Secondo, non sei un problema per me."

"Bugiardo." Sussurrai.

"Ti avvicini a essere un problema solo quando dici cose così." Disse.

"Non è vero. Non piaccio ai tuoi amici ed è un problema. Paul mi guarda come se volesse spararmi in testa."

"I miei amici sono pazzi." Disse. "Che si fo*tano."

Coprii il mio mezzo sorriso. "E Mary?"

"Mary, Mary." Freddie sospirò. "Tesoro, non preoccuparti di Mary, è solo- non piangere per favore." Sussurrò.

"Non sto piangendo."

"Ci sei molto vicina. Il tuo palloncino sta per scoppiare. Vieni." Freddie mi avvolse con le sue braccia e mi tenne stretta. "Posso dirti una cosa?"

"Cosa?"

Con una mano dolce, asciugò la singola lacrima che mi solcava il volto. "Sei stata fantastica oggi. Non ce l'avrei fatta senza di te."

Scossi la testa. "Okay ora stai esagerando-"

"Non è vero. Brian non voleva nemmeno ascoltarmi poi sei arrivata tu e ha cambiato idea. Hai la più pallida idea di quanto sia testardo?"

"Saresti riuscito a convincerlo anche da solo. Forse anche meglio."

Freddie mi guardò dritto negli occhi. "Credi a tutto quello che ti dico?"

"Credo che non ci sia nulla fra di noi." Disse. "A quello ci credo."

"Be', in realtà quelli non era vero, sai."

"Oh fo*tuto signore, questo supporta solo il mio punto."

"Quello che intendo é che siamo amici dopo tutto -vero? Almeno concedimi quello."

Scossi le spalle. Dentro di me, ricordai la domanda di Rudy e dissi "Voglio solo essere un'amica per te. Non voglio creare problemi."

"Oh ma tu sei molto di più che la mia bizzarra amica." Oh davvero! IO sono bizzarra! "Tu sei...sei la mia piccola gatta randagia."

Sorrisi. "Sono una bestia selvaggia, fantastico!"

"È solo il modo con cui ti presenti a me, cara. É surreale. Sei apparsa nel mio armadio in un bel giorno e sei dolce e irritante e incredibilmente divertente -e non osare dire mai più che non sei alla mia altezza."

"Io sono una gatta randagia." Ripetei tranquillamente. "Questo significa che tu sei un gatto domestico viziato."

Sorrise e si avvicinò alla mia faccia. "E a questa gatta randagia piace essere viziata?"

"La maggior parte delle volte." Risposi con voce roca.

"Me lo farò andare bene." Disse chiudendo gli occhi.

RRRIIIIIIIING!

Freddie guardò in alto. "Ca*zo!" Mormorò.

Risi. "Andró a mettere le scarpe -c'è un'alta richiesta della tua presenza oggi." Allontanandomi, andai verso le scale.

Ma Freddie mi prese la mano, tirandomi indietro. "Oh no, non questa volta"

Molto gentilmente, poi, mi bació. Era un solo bacio, niente di troppo intenso, ma era il primo che condividevo con Freddie. E rimasi lì a farmi baciare. Non chiusi nemmeno gli occhi. Ma il mio cuore era su di giri e sembrò che la stanza si piegasse da un lato; quello, non riuscii a controllarlo.

Quando Freddie si allontanò e non notò alcuna visibile reazione, avrei giurato di aver visto la sua mascella indurirsi. In una voce che tremava, ma che non era esattamente arrabbiata, disse "Sei troppo per me, troppo."

"In che senso?" Chiesi vivacemente.

"Buon Dio. Mettiti le scarpe Yoko. Ce ne andremo fra poco." E, abbastanza rigidamente secondo me, marciò verso il telefono e vi rispose.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top