20. A Cuore Aperto

Traduzione fornita da Shawnxmoon

Il campanello suonò. Mi leccai le labbra e vi accorsi, le dita incrociate. Avevo pregato e pregato perché lui arrivasse. Non riuscivo a sopportarlo ancora a lungo. Per esserne assolutamente sicura, chiusi un occhio e cercai di guardare dallo spioncino. Il mio cuore cantò dalla gioia. Era arrivato! Spalancando la porta, lo trovai lì in piedi, un sorriso enorme sul suo volto.

"Finalmente!" Urlai. "Aspetto questo momento da tutto il giorno!"

"Una pizza grande per Eve?" Chiese il ragazzo delle consegne.

"Metà salame piccante e metà con olive nere, peperoni verdi e funghi?"

"Esatto." Annunciò. Gli piazzai i soldi in mano e dissi "Tenga pure il resto." e portai la mia cena in casa. Avevo l'acquolina in bocca. Tenetevi pure Starbucks, tenetevi Chipotle e tenetevi McDonald's, il mio cuore appartiene alla pizza.

Alzai il coperchio della scatola, osservando la perfetta creazione culinaria. Non era esattamente Papa John's ma la versione inglese era sempre meglio di niente pizza. Afferrai una fetta e le diedi un morso.

Era stato stranamente calmo oggi.

Non avevo visto Freddie prima che se ne andasse; quando mi ero stufata di stare a letto, completamente sveglia, mi alzai e decisi di fare una passeggiata. Quando tornai indietro lui se ne era già andato. A metà giornata feci un lungo riposino per compensare alle ore di sonno che avevo perso la notte prima.

Con questa routine del sonno un po' sballata, il mio sistema immunitario aveva preso un bel colpo. Mischiando quello e il fatto di trovarmi in una zona piena di possibili allergie, ecco che mi ero presa un bel raffreddore. La maggior parte di questo sesto giorno passò a suono di starnuti e me che mi soffiavo il naso, abbastanza da non lasciar riposare Tom e perché Mrs.Cottage (era arrivata la mattina) mi suggerisse diversi infallibili metodi omeopatici. Almeno Freddie non aveva assistito a quello.

Quello che feci fra quei momenti era abbastanza irrilevante, per lo più girai per l'appartamento mezza addormentata. Potrei scendere nel dettaglio, ma almeno che voi pensiate che la quantità di cibo che ho dato ai gatti sia interessante, non lo farò.

Nonostante quanto fossero diventate pazze le cose stamattina, lo superai abbastanza in fretta. Dopo tutto Freddie era fatto come una pigna. Cosa mi aspettavo? Non era in sé. E non potevo sapere che cosa avrei fatto se fossi stata nei suoi panni. Tuttavia, dovesse lui entrare in questa casa stasera con le pupille dilatate, senza che sembri che abbia appena corso una maratona, non lo perdonerò così facilmente.

In ogni caso, mi chiesi quando sarebbe tornato. Mi ero persa la mia dose di Freddie quella mattina. Probabilmente era di nuovo fuori con i suoi amici (usando la parola amici molto generosamente) ma era affar suo e io non mi ci sarei intromessa. Prego solo che sia di buon umore quando torna. Non mi sento molto bene, spero che almeno si comporti come un essere umano.

Misi la pizza su un piatto e mi sedetti davanti alla tele. Mentre mangiavo, facevo zapping per trovare qualcosa che valesse la pena guardare (esatto, bambini, niente Netflix!). Beccai gli ultimi tre minuti di una replica di Benny Hill, che durò semplicemente fino alla fine della mia cena. C'era una specie di soap opera della BBC in uno dei canali; il resto erano telegiornali o cose molto noiose. Spensi la tv. È divertente come anche quarant'anni e duemila canali dopo non ci sia mai niente da vedere.

Si prospettava un'altra limpida serata estiva che cadeva su Londra, questa più bella della precedente. Non potevo lasciarla andare sprecata. Presi un pezzo di carta e scrissi: Se ti servo, sono sul balcone. Non ti preoccupare, non salteró giú. Almeno, non penso che lo farò.

Misi la scatola della pizza nel forno, perché non diventasse fredda. Corsi di sopra e irruppi nella camera di Freddie, era vuota. Aprii la porta finestra del balcone lasciando che l'aria entrasse nell'appartamento di Freddie e accarezzasse il mio naso suscettibile.

Nell'angolo vicino al suo armadio personale c'era una chitarra che sembrava abbandonata. Al contrario di qualche giorno prima, non resistetti alla tentazione. "Spero non gli dispiaccia." Dissi felicemente, togliendo la chitarra dal suo sostegno e andando fuori.

Mi misi in equilibrio precario sulla ringhiera. Avvicinando la chitarra alle mie gambe, la intonai e iniziai a suonarla dolcemente, cantando fra me e me mentre guardavo fuori, guardavo questa serata. Dove vivevo con la mia famiglia, avevo speso molte tranquille e calde sere estive sul mio tetto con la chitarra mentre guardavo il manto di stelle sopra di me. Lì, nel cuore di Londra, nonostante la vista non fosse così bella, respirai questo sapore di familiarità. Qualche albero in più e sarei stata lì praticamente.

Continuando, tuttavia, mi colpì tutto di un tratto.

Avrei mai rivisto la mia famiglia?

Sarei mai tornata nel posto che chiamo la mia vera casa? Sospirai.

Uno di questi giorni, qualcosa che dirò o farò potrebbe essere troppo per il mio amico. È dolce, e tengo molto a lui, ma-

Uh, ahem. Lapsus freudiano?

Nah, solo una scelta sbagliata di parole mentali. Comunque. Ricominciamo.

È dolce, e penso che sia una brava persona (molto meglio) ma è una mina vagante, e non penso che questo nostro piccolo accordo basato su un piccolo favore non sessuale finirà molto bene. Stamattina ne era la prova. Di nuovo, gli sto dando il beneficio del dubbio -ma la cocaina intensifica tutto, così mi hanno detto. E quello cosa dice su quello che lui prova?

Scossi la testa. Freddie era proprio un casino. Lo avevo sempre pensato. In ogni caso, era un casino carino, uno sfacciato ammasso di guai. Vorrei solo poterlo aiutare. Vorrei solo che mi lasciasse aiutarlo.

Involontariamente iniziai a suonare una canzone a cui non avevo pensato in anni. Era una canzone che non era stata ancora scritta e che non c'entrava niente con i Queen. Kelly Clarkson la cantava, fra tutti. Ma era una canzone molto bella, e più tempo trascorsi a suonarla più sembrava rilevante. Non cantai, la musica della chitarra era già abbastanza incantevole stasera, non volevo rovinarla con la mia voce rauca.

Non vidi la macchina nera arrivare davanti all'appartamento, né sentii la porta aprirsi e chiudersi. Ero persa nel mio piccolo mondo tranquillo, pieno di pace e pizza, la musica nell'aria e le stelle nel cielo.

Dopo due tentativi di richiamare la mia attenzione battendo sul vetro, mi girai. Freddie era appoggiato sulla porta finestra e mi guardava. Mi fece un cenno -abbastanza timido pensai- con la mano.

Sorrisi. "Che si dice?"

Mi guardò e ricambio il sorriso amichevole. "Hey."

"Probabilmente hai già cenato, se no c'è della pizza nel forno." Dissi.

"Ho già cenato. Aspetta, hai fatto la pizza?"

"Io? Fare la pizza? Oggi? Non ho nemmeno fatto il letto. Me la sono fatta consegnare, ma era dannatamente buona. Potrebbero non piacerti i funghi però..."

"Bleah." Freddie fece come se stesse per vomitare.

"Funghi? Sapevo che c'era qualcosa che non andava con te."

Risi. "Una delle tante cose."

"La tua voce è un po' rauca tesoro."

"Credo di avere un piccolo raffreddore. Niente di letale."

"Bene." Freddie si corresse. "Nel senso, bene che non sia niente di letale, non che tu abbia il raffreddore. I raffreddori sono orribili."

Scrollai le spalle. "Potrebbe essere peggio." Potrebbe essere AIDS, aggiunsi nella mia testa. Una piccola fitta mi attraversó il cuore. Perché ci avevo pensato? Avevo un grande desiderio di prendere la mano di Freddie e dirgli tutto, ma non lo feci. Non era il momento giusto. Mi chiesi se ci sarebbe mai stato un momento giusto. È già abbastanza difficile tenere nascosta la morte di qualcuno, ma essere la persona che doveva dare la notizia era ancora peggio.

Freddie si guardò intorno. "Quindi, è un concerto privato o chiunque può fermarsi ad ascoltare?"

"L'ingresso è gratuito." Dissi. "Siediti."

Quindi si sedette a gambe incrociate, la schiena appoggiata alla porta e continuò a guardarmi. Iniziai nuovamente a guardare nel nulla e a strimpellare.

"Lo fai spesso?" Chiese dopo un po'.

"Cosa?"

"Metterti in una posizione davvero pericolosa e suonare la chitarra."

"Certo. Lo facevo sempre a casa." Dissi. "Dato che questa è la cosa più vicina a un tetto che io possa avere, mi accontento."

Piegò la testa di lato. "Ti manca casa tua, vero tesoro?"

Annuii. "Come è naturale che sia."

"Dov'è casa tua?"

Indicai vagamente nella distanza. "Lì da qualche parte."

"Non me lo vuoi dire?"

"È difficile da spiegare. Perché una volta che te l'avrò detto, la tua domanda successiva sarà chiedermi come sono finita qui e a quello non crederesti mai."

"Cos'è che ti manca?"

"Oh., tutto," sorrisi tristemente "gli alberi, la mia famiglia, i miei animali, le canzoni di Natale fatte andare troppo presto-"

"A luglio?"

Ops! Veloce, pensa a come uscirne! "È sempre Natale da dove vengo." Risposi sognante.

"Stai scherzando."

"Forse..." dissi.

Dopo un momento, Freddie si allungò e toccò il mio gomito. Guardai in basso, incontrai i suoi occhi scuri mentre il suo dito faceva avanti e indietro continuamente. Voleva che mi sedessi giù di fianco a lui.

"Ma mi piace qui." Dissi.

"Sei troppo lontana." Fu la sua risposta autoritaria. "In ogni caso la vista è migliore da qui."

"Non è vero." Ribattei.

"Dipende da che cosa guardi..." disse con un sorrisetto sfacciato.

Sospirai. "Era una così bella serata..."

Freddie mise le mani in alto, difensivo. "Okay, okay, scusami, scusami, non ho pensato prima di dirlo, scusami."

"Perché ti stai scusando? Era meglio di molte altre cose che hai detto." Scherzai.

La faccia di Freddie diventò scura e lui nascose la testa fra le ginocchia.

"Oh signore." Sospirai. Che bambino.

Attentamente, misi giù la chitarra e mi spostai di fianco a lui. La sua bocca era tirata, il suo sguardo verso il basso. Non volevo che peggiorasse ma non sapevo come gestirlo. A scuola stavo studiando metodi razionali per persone razionali. Freddie non era razionale- e non aveva un disturbo mentale che era sulla bella lista nella nostra spessissima Bibbia di psicologia- il DSM. Lui era solo Freddie- Mister Spontaneità. E mi resi conto di quanto fossi impotente rispetto a lui.

Quindi mi sforzai a rispondere.

"Be', sono seduta qui ora. Cosa dovrei fare dopo?"

"Puoi smetterla di ricordarmi che fo*tuto str*nzo io sono stato ultimamente."

"Non ti ho mai chiamato str-"

"Ma è vero. Senti, io, uhm, sono stato tutto fuorché un gentiluomo con te in questi ultimi giorni e -e mi dispiace.

La domanda che avevo sulla punta della lingua era "Chi sei e cosa ne hai fatto di Freddie?", ma per una volta tenni la bocca chiusa. Mi guardò negli occhi e continuò "E so che sei una brava persona, sopporti quello che faccio. Se faccio qualcosa che dimostra il contrario sappi che non è vero. Posso essere difficile a volte. Lo so."

Compresi circa metà del suo brontolio -tendeva a farlo quando era a corto di parole. Ma lo intendeva, qualunque cosa avesse detto. Annuii, "Accetto le tue scuse."

Le sue sopracciglia si innarcarono. "Davvero?"

"Ti pare che stia scherzando Freddie? Sì, davvero. Riconosco una scusa sincera quando la sento."

Fece un respiro profondo. "Bene, ecco, te l'ho detto. Ora ritorna a suonare per favore, mi sento terribilmente inquieto e non so perché."

Misi la chitarra fra le sue mani. "Suona tu."

"Assolutamente no, suoni meglio di me."

"Io guardo le abilità generali. Tu sei un genio dei tasti e hai una voce d'oro. Magari conosco più accordi di te. Non è una competizione-"

"Fai come dico, donna." Tuonò scherzosamente.

Be' almeno abbiamo superato il malumore, pensai. "Va bene." Dissi tornando a strimpellare. "Richieste?"

"Jimi Hendrix."

"Oh, Dio-"

"Sto scherzando! Non mi interessa basta che non sia punk rock."

"Mi pare giusto." Annuii e mi lanciai in una canzone dei Clash. "WHITE RIOT, I WANT TO RI-"

"GAH!" Ruggì Freddie, allungandosi verso di me e la chitarra. "LE MIE ORECCHIE! SANGUINANO!"

Caddi all'indietro ridendo/stridulando. Me lo sarei dovuta aspettare! Stava cercando di strapparmi lo strumento dalle mani ma lo strinsi con tutte le mie forze, rotolandomi ma tenendolo sopra la mia testa per non romperlo.

"Okay, ecco, ecco, tieni!" Respirai, spingendo la chitarra nelle sua mani, ma non la prese. Freddie ce l'aveva con me e dovevo difendermi. Lottammo come dei cagnolini su quel balcone, e dove prima la musica si era diffusa ora risuonava un'inutile risata.

Ero sdraiata sulla mia schiena e lui era inginocchiato di fianco a me. Quando si fermò per un breve momento, finalmente ripresi la chitarra e me la avvicinai, come a dire "Mia!"

Tutti e due avevamo il fiatone, elettrizzati, ci guardavamo a vicenda, sorridendo come lo Stregatto. Solo più tardi mi resi conto di quanto mi fossi esposta. Ma non mi mossi. Come faccio a finire sempre in queste situazioni?

Mi aspettavo che facesse qualche mossa ma rimase seduto lì, i suoi occhi non mi abbandonavano. Il mio sorriso divenne forzato; continuava a guardarmi, nel modo in cui lo faceva Oscar, solo che gli occhi di Oscar non ti fissavano come quelli di Freddie. Respirai e avvicinai ancora di più la chitarra a me. Vidi una specie di viavai nei suoi occhi. Freddie stava pensando, ricordando qualcosa.

Sbatté le palpebre. "Il telefono sta suonando."

Poi si alzò e, dopo avermi aiutata a rimettermi in piedi, tornò dentro.

Bruciavo dalla delusione. Perché si trattava di quello. Avrei potuto mentire e dire che era solo il fascino di Freddie, ma ero completamente delusa. Perché non ha provato a-

Portai la chitarra dentro e iniziai a pensare pensieri sani prima che potessi finire quella frase. Non mi piaceva come sarebbe potuta finire. E se ci avesse provato, non glielo avrei lasciato fare, quindi non c'era una grande differenza.

"Oh, ciao, tesoro!" Disse Freddie al telefono. "Come va?"

Misi la chitarra nell'angolo e quasi mi sedetti sul suo letto per ascoltare, ma mi ricordai le buone maniere (o almeno quello che ne era rimasto) e rimasi in piedi.

"Hey, rallenta John, non riesco a capi- meglio." Disse Freddie. "Allora, cos'è successo al..."

Improvvisamente divenne bianco come un cadavere. "Cos'hai detto?" La voce confusa di John ripetè nell'orecchio di Freddie. "LUI HA FATTO COSA?"

Dopo un'altra ripetizione Freddie urlò. "L'HA FO*TUTAMENTE INGOIATO?!"

"Ingoiato che cosa?" Chiesi.

Freddie mi fece cenno di aspettare il mio turno. "Oddio John no...potrebbe funzionare senza?" Pausa mentre John rispose. "Ca*zo, oh ca*zo."

John aggiunse un'altra cosa che fece fare una smorfia a Freddie. "Risparmiami i dettagli tesoro. È disgustoso ma se funziona ancora, facciamolo. Qualunque cosa serva. Grazie per avermelo detto, ciao."

Freddie riattaccó e scosse la testa. "Incredibile."

Ero infinitamente curiosa. "Cos'è successo?"

"Niente, niente, solo, ugh..." alzò gli occhi al cielo. "Comunque, hai detto che c'è ancora della pizza?"

"Quindi ora hai fame eh?" Sorrisi.

"No, solo degli istinti suicidi" Rispose con un occhiolino. "È solo ai funghi?"

"L'altra metà è salame piccante."

"Posso reggerlo. Oh, comunque tesoro, sembra che ci sia qualche problema con la nostra canzone."

Nonostante il danno che avevo apportato al corso del tempo (scusatemi Tre Comandamenti!) non riuscì a trattenere l'orgoglio che provai al sentirlo dire "la nostra canzone". "Che cosa c'è che non va?"

"I ragazzi continuano a pensare che manchi qualcosa."

"Oh, che peccato." Dissi mentre scendevamo le scale. In qualche modo il suo braccio era finito intorno alle mie spalle e non aveva intenzione di muoversi. Non reagii, né mi disturbó. "Vorrei sapere che cos'è che manca."

"È una fortuna che io lo sappia allora, no?"

"Bene! Che cosa serve?"

"Tu."

"Come scusa?"

"Voglio andare allo studio verso le nove e mezza o dieci, quindi se ti svegliassi ad un orario adeguato, sarebbe perfetto."

"Woah, woah, woah. In che senso me?"

"Ha bisogno di un'altra voce."

"Sovraincidetela allora! Vi piace così tanto farlo."

"Da quando sai qualcosa sulla nostra musica?"

"Ho fatto le mie ricerche Freddie. Vivo con un musicista. È solo giusto che io impari qualcosa al suo riguardo."

"Oca. In quest'album non lo facciamo così tanto, l'abbiamo fatto troppo negli ultimi due. Cosa ne dirá la stampa se rendiamo i nostri ultimi tre album una triade e non più una coppia? Un po' va bene, ma non come prima. E in ogni caso," aprí il forno e tirò fuori la pizza "un pezzo della canzone è stato scritto per la tua voce."

"Ma ho il raffreddore!" E come a provare il mio punto, starnutii.

"Niente scuse, per favore. Sono malato da fare schifo ma mi trascino comunque nello studio per una registrazione o due. È il mio lavoro!"

"Non il mio!"

"È già stato deciso."

"La mia voce sarà orribile, domani probabilmente avrò la laringite, sto già iniziando a sembrare Brenda Vaccaro. Non posso! Ti prego capiscilo."

Bene. Non c'è bisogno che vi spieghi come sia finita.


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