18. Mona Lisas, Mad Hatters e un'Omelette

Traduzione fornita da Shawnxmoon

Quando mi svegliai, finalmente, era il mezzo della notte e il sole se n'era andato. Con un sorriso, tolsi il diario dai miei occhi e trovai la più meravigliosa distesa di indaco con luminose stelle argentate che erano sparse sopra la mia testa. Nel mezzo brillava il perfetto disco bianco che era la luna. La notte aveva raffreddato l'aria, il che rese più piacevole sdraiarsi fuori.

Controllai la maniglia della porta del balcone che ovviamente era chiusa. Freddie non era ancora tornato; guardai dalla finestra e non vidi alcuna luce accesa nel corridoio. Mi alzai su dal balcone.

Naturalmente, iniziai ad agitarmi, domandandomi cosa avrebbe fatto una volta che mi avesse trovata. Freddie potrebbe davvero denunciarmi questa volta. Oppure, avrebbe pensato che fosse indescrivibilmente comico il fatto che fossi tornata indietro strisciando e riderebbe fino a dimenticarmi.

Preoccuparsi di cosa potrebbe o non potrebbe succedere non aiuta, mi dissi. La preoccupazione mangia buchi nel tuo stomaco. Potrebbe non essere a casa per ore.

Per una volta, mi ricordai di star indossando un orologio e strizzai gli occhi guardandolo. Nove e quarantanove. La notte era appena iniziata nella Terra di Freddie. Mi alzai per sgranchirmi le gambe.

E la liscia Silver Shadow si avvicinó all'appartamento.

Me*da! Mi accovacciai in fretta in basso, osservando attraverso le sbarre, la macchina che si fermava davanti alla casa di Freddie. Rudy scese dal davanti e fece il giro per aprire la porta del passeggero. Da cui uscì l'uomo in questione. Da dov'è to non potevo vedere la sua espressione ma sembrava essere di fretta per entrare nell'appartamento. Era seguito da qualcuno? Nel senso, qualcuno oltre a me? Ma nessun'altra auto girò l'angolo.

La porta di ingresso non si chiuse. Strano.

Dentro, la luce all'entrata si accese. Stava correndo su per le scale; sentivo a malapena il rumore dei suoi passi sulle scale‍ mentre le saliva. Prendendo il diario, mi buttai giù dal balcone, più o meno senza farmi male. Non volevo che sapesse che ero stata lì a lungo. Troppo tardi mi ricordai le mie scarpe, ma le avevo calciate in un angolo quindi non erano la prima cosa in vista dalla finestra.

Immediatamente sentii almeno tre paia di occhi fissarmi la nuca. Mi girai e vidi tre uomini (fra cui Rudy) nella macchina, due dei quali stavano facendo casino e urlando farfugliando cose incomprensibili. Mi si spalancò la mascella. No! Ero stata beccata!

"Oi Freddie!" lo chiamò quello con la faccia che assomigliava a un pudding alla prugna. "C'è 'n intruso!"

"Fai qualcosa amico!" L'altro colpí l'appoggiatesta di Rudy.

Rudy non si mosse. Mi guardò e basta, per vedere quale sarebbe stata la mia mossa successiva. E, dato che la porta d'ingresso era effettivamente aperta, e Faccia di Pudding mi urlava contro di spiegarmi, corsi su per i gradini e mi infilai nell'appartamento.

Non c'era alcun dubbio sul fatto che a Faccia di Pudding e/o l'altro ragazzo- un attraente tipo di colore con una risata forte e schiamazzante- mi avrebbero denunciata a Freddie una volta che fosse tornato. L'unica cosa che potevo fare era nascondermi. Sgattaiolai nella sala da pranzo e mi nascosta sotto il tavolo.

I suoi passi mentre tornava giù erano più lenti rispetto a prima. Sbirciai dal sopra del lungo tavolo, aspettando che entrasse nel mio campo visivo. Finalmente arrivo in fondo alle scale e potei guardarlo meglio. Nonostante non volessi, mi scappò un sorriso. Era bello rivederlo.

Chiaramente Freddie non aveva trovato quello che stava cercando; l'angoscia che gli aveva dipinto il volto dopo l'intervista con Tony Parsons ritornò. Non strana un'angoscia arrabbiata, non c'era nessun orrido gelo. Nessuna maschera protettiva. Solo una vera tristezza. I suoi occhi erano abbassati, la sua mano riposava tranquillamente sullo scorrimano.

"Dannazione." Sussurrò. "Ca*zo! Quanto stupid-"

Poi Faccia di Pudding e Risata entrarono dalla porta e interruppero questo momento introspettivo. "Stai bene Fred?" Chiese senza fiato Risata.

"Ragazzi, vi ho detto che sarei tornato subito." Disse Freddie. "So che vi sono mancato ma a volte ho semplicemente bisogno di-"

"Zitto. Abbiamo compagnia." Ordinò Faccia di Pudding, la sua cadenza irlandese si faceva sentire. Per poco non caddi. Chi era questo qua che pensava di poter dare ordini a Freddie?

Freddie si girò verso Risata. "Che caz*o sta dicendo, Peter?"

Bravo, Freddie. Quindi Risata è Peter? Vediamo, Peter, Peter...oh ora mi ricordo, è quel dannato tipo Straker! Ecco perché è familiare. Chi è Faccia di Pudding però?

"Qualcuno si è intrufolato qui." Disse Peter.

"Davvero?" Freddie si girò verso Faccia di Pudding per avere la conferma, i suoi occhi spalancati e, oserei dire, speranzosi.

"Sì, proprio una BRUTTA pu*tana." Disse Faccia di Pudding ad alta voce.

Fremetti dalla rabbia. Non so chi tu sia, cogl*one irlandese, ma non mi piaci.

Anche Freddie sembrava inorridito. "Cosa ca*zo hai detto?"

"Posso dire solo la verità, caro Freddie." Fece un sorriso malato e simile a quello di un serpente.

Freddie lo guardó storto e si rigirò verso Peter. "Tu sei più utile? Che aspetto aveva la ragazza?"

Peter sembrava stupito. "Woah. Come fai a sapere che era giovane?"

"50 e 50."

"Oh be', ha i capelli lunghi marroni, è vestita alla moda. E penso che fosse scalza. Questo è quello che ho visto."

"Ed é arrivata dal nulla." Continuò Peter. "Penso che fosse sul tuo balcone."

"Davvero?" Le mani di Freddie ora erano con sicurezza sui suoi fianchi. Osservò Faccia di Pudding e oltre.

"Non faresti meglio a chiamare la polizia?" Suggerí Faccia di Pudding impazientemente. "Potrebbe essere qualche giornalista pazza! Sai come sono quei rompicogl*oni quando vogliono ottenere qualche storia succosa. Farebbero di tutto!"

"Non è una giornalista." Disse Freddie fra sé e sé.

"Aspetta, la conosci?"

Il mio ospite tornò di scatto alla realtà, e canticchio in quel tono regale che tutti conosciamo, quello che riservava ai suoi amici più stretti. "Mie care signore, mi occuperò io della ragazza. Voi andate a prendere David e incontriamoci al club dopo che ho gestito sta cosa."

"Chiama gli sbirri, muoviti!" Ordinò Faccia di Pudding. "La piccola stro*za potrebbe essere pericolosa."

Freddie si girò verso di lui. "Fo*titi Paul! So cosa sto facendo!"

Paul! Non il Paul? Non Paul Prenter? Non un altro (e forse il peggiore) dei farabutti che avevano portato Freddie sulla strada della sua rovina? Ooo, ora sí che lo sentivo. Nella mia mente urlai, Vattene via da qua, brutto basta*do! Ma Paul rimase lì a squadrare Freddie, il che fece alzare gli occhi al cielo a Freddie.

"Li chiamo dopo che l'ho trovata, va bene così?" Spiegò.

"Ti aiuto a cercarla." Affermò Paul.

"No, amore mio, tu vieni con me a prendere il dolce Signor Minsy!" Trillò Peter col suo falsetto molto irritante. "Non possiamo fare aspettare il povero tesoro." Prese Paul per il braccio e lo trascinó fuori prima che potesse protestare.

Freddie andò a chiudere la porta, quando Paul gli urlò qualcosa. "Come? Huh? Oh, sì, lo prometto, mantengo sempre la mia parola."

"Anche io." Ribatté Paul. Freddie pensó che questo fosse un momento per ridere, buttò la testa all'indietro e rise fragorosamente. Ma per me, quelle parole erano sinistramente profetiche.

Click. La porta si chiuse. Freddie rimase lì per una manciata di minuti a guardare le scale. Presi respiri meno profondi in modo che non mi sentisse. Dopo un momento si strofinò la spalla, trasalendo. Mi ricordai di tutti quei commenti sfortunati che aveva fatto la sera precedente.

Ero sicura che avrebbe iniziato a mettere a soqquadro il posto per trovarmi nuovamente. Paul e Peter (e David Minsy?) non sembravano i tipo da aspettare troppo. Invece, scomparí alla mia vista andando nel soggiorno. È stranamente calmo. Sa che sono qui. Perché non fa nulla? Poi lo capii, stava giocando a un gioco. Non cercandomi, stava tradendo le aspettative, punzecchiando la mia curiosità e facendomi così uscire dal mio nascondiglio. Geniale!

Qualche minuto dopo, dolce musica suonata al piano riempí l'appartamento. Cosa potevo fare se non abboccare all'amo.

Come se stessi indossando scarpette di cristallo, uscii dalla sala da pranzo e diedi una sbirciata a Freddie che era seduto leggermente piegato in avanti sul suo pianoforte a coda nero, le dita che volavano sui tasti. Mi dava le spalle, così potevo guardarlo senza problemi. Stava suonando il suo flusso di coscienza: iniziò con una scala divinamente cromatica che arrivava a entrambe le fini del piano, poi si scontrò con le note iniziali di "We Are The Champions", prima di scocciarsene e iniziare a suonare qualcosa dell'opera, tipo Verdi. Continuò.

Ora è il momento giusto; magari posso infilarmi in camera mia senza che se ne accorga, pensai. Sto morendo di fame e non sono psicologicamente pronta a un altro litigio. Quindi girai sui miei tacchi e andai verso le scale.

E, ovviamente, quando ero quasi al secondo piano, Oscar scese dal divano e mi vide. Corse verso di me e miagolò. Distratta dal pericolo (non davvero, amavo quel piccoletto) arancione, persi l'equilibrio, inciampai e caddi all'indietro contro lo scorrimano. Boom.

Freddie non smise nemmeno di suonare e disse, tranquillamente, "Quindi, dove sei stata?"

Dondolai da piede a piede. Be'. È stato molto deludente. Ma farò finta di nulla.

"Stai parlando con me?" Dissi.

"No, sto parlando con Tiffany, vieni qui."

Dovevo controllare il mio zaino, assicurarmi che niente fosse rotto. "Un secondo."

"No, ora."

"Chiedi per favore."

Freddie guardò in alto, incontrando i miei occhi.

"Ora...per favore."

Meglio. Presi Oscar in braccio e scesi le scale. Le mie allergie si erano davvero calmate nel giro di questi giorni; il suo pelo mi pizzicava solamente il naso, mentre prima, avere un gatto così vicino al mio viso mi avrebbe fatto iniziare una sfilza infinita di starnutí.

Andai al suo fianco e rimasi in silenzio. Ascoltai mentre la musica scivolava in un'altra canzone, una che non avevo mai sentito prima. Mi ricordava vagamente di "Jealousy" nel modo in cui progrediva, con un ritmo più fluido e connesso e non quel generico ritmo che era eccelso negli anni 80. Questo pezzo strumentale era squisito; mi chiesi perché non fosse mai arrivato all'album.

Improvvisamente, si fermò, si girò sulla panca. "Dimmi, dove sei stata tutto il giorno?"

Sbattei le palpebre. "Um, ero...fuori."

"Dove sei andata?"

Feci un piccolo sorriso. "Chi lo vuole sapere?"

Freddie sospirò, facendomi capire che non era il momento giusto.

"Ho fatto un giro." Dissi onestamente.

"Mm" annuí, facendomi segno di sedermi di fianco a lui sulla panca. "Siediti."

Mi sedetti, e lui si girò nuovamente verso i tasti, ma i suoi occhi erano su di me.

"Non sembri molto sorpreso di vedermi." Parlai d'impulso. Che classe Julia. Sei caduta dritta nelle sue mani.

"Be' non lo sono. Sapevo che saresti tornata indietro. Sei così tanto prevedibile."

"Oh, davvero?" Di nuovo, ferì il mio orgoglio. Ma avevo già ribattuto troppe volte oggi. Per la maggior parte, lasciai scorrere.

"Be' sì, hai lasciato tutte le tue cosa di sopra." Indicò il primo piano.

"Sì. Stai dicendo che dovrei andarle a prendere?"

"No. Se non mi detesti così tanto, ovviamente."

"Quando mai ho detto una cosa simile?"

"Non l'hai fatto, l'ho fatto io. Ti ricordi? Ti ho detto di andartene in caso pensassi così poco di me."

"Non penso così poco di te. Penso che tu sia magnifico." La seconda frase uscì dalle mie labbra senza il mio permesso, ma non potevo rimangiarle senza sembrare una stro*za.

La faccia di Freddie rimase immutata, ma vidi il sorriso brillare nei suoi occhi. "In ogni caso sarebbe stato un peccato se non fossi tornata. Vedi, uhm, io mi sono abituato ad averti intorno. Tu che cucini per me, cose così."

"Oh, sì?" Mi sentii arrossire.

"Sì, ora sono viziato marcio."

"Oh no, il danno era già stato fatto prima che arrivassi." Sorrisi. "Mi dispiace per Mary, peró. Avete risolto?"

Annuí. "Sì abbiamo risolto."

Molto gentilmente, insistei. "Cosa le hai detto?"

"Cosa, di te? Oh, ho semplicemente detto quello che avevi detto tu. Per fortuna dici la verità."

Ah, sì a volte mi sorprendo anche io, scherzai.

Freddie si fermò un momento, come se volesse dire qualcosa, ma cambiò idea e si rigirò verso il piano. Iniziò a suonare, i suoi occhi fissati sui tasti, ma la sua bocca tremava con parole non dette.

Riconobbi immediatamente la canzone che stava suonando. Era abbastanza vecchia e malinconica, di Elton John, una delle mie preferite. "Spanish Harlem are not just pretty words to say..."

Freddie mi guardò. Chiusi la bocca, imbarazzata. Non avevo realizzato di aver iniziato a cantare davanti a questo dio del rock.

"Tranquilla. Continua." Sussurrò dolcemente.

Le mie guance bruciavano, ma feci come mi ero stato detto. "I thought I knew/ but now I know that rose trees never grow in New York City..."

Ora stava sorridendo sinceramente. Non penso che si aspettasse che riuscissi a cantare quel Do basso. La mia voce divenne più forte. "Until you've seen this trash can dream come true/ you stand at the edge, while people run you through..."

Improvvisamente, due voci cantarono insieme la parte seguente. "And I thank the Lord there's people out there like you-" mi girai, stava sorridendo. Stavo cantando di nuovo, questa volta indicandoci a vicenda a ogni "you".

Cantammo tutti e cinque i minuti di "Mona Lisas and Mad Hatters," armonizzando nei ritornelli ("Okay tu canta le note alte, io farò le base." Mi aveva istruito Freddie.) e facendo cambio nella parte dopo. Mi spiazzó, quanto bene suonassero insieme l mia voce e quella di Freddie, finché non mi ricordai dei sette anni che avo passato ad allenarmi con le sue canzoni. Grazie a Dio, ho ottenuto qualcosa da far vedere dopo essere stata ossessionata da lui per così tanto.

Successe qualcosa durante la canzone. Non so dire esattamente quando o che cosa stessimo facendo, ma la nostra relazione cambiò. Qualunque cosa fosse, alla fine della canzone avevo già accettato le sue scuse non dette per stamattina, e le nostre frecciatine arrabbiate erano ormai lontane e dimenticate. Prima che me ne potessi accorgere, Freddie aveva smesso di essere solo il mio spiritoso ospite con principi morali abbastanza vaghi (per dire il minimo), non era più solo una mia ossessione. Ci eravamo connessi e un rapporto longevo si era formato.

Quando finì, io e Freddie ridemmo insieme l'un dell'altra. "Non male." Disse. "La prossima volta suoneremo anche il mandolino."

"Se hai una chitarra posso strimpellare qualcosa." Mi offrii.

"Suoni la chitarra?"

"So come suonarla, ma non sono molto brava."

"Benvenuta nel club tesoro, io so solo tre accordi."

Iniziai a tirarmi su dalla panchina quando Freddie mi ritirò indietro.

"Sono felice che tu sia tornata." Disse.

Guardai in basso, timidamente. "Davvero?"

"Ovviamente." Rispose Freddie e poi notai il barlume nei suoi occhi. "Dopo tutto, non ho ancora mangiato oggi e mi devi ancora un'omelette."

Ah, sì. Ecco perché c'è Freddie. Cosa direbbe dopo? "Credo che questi significa che non mi denuncerai nemmeno stasera, huh? Come hai promesso ai tuoi amici.

"Oh non ti preoccupare di quelle tre vecchie signore, possono aspettare." Cambiò discorso. "Voglio del cibo, e probabilmente nemmeno tu hai mangiato, vero?" Scossi la testa. "Tesoro mio, sei così indifesa quando sei da sola."

"Lo so, lo so, sono un pericolo a me stessa."

"L'hai detto tu, non io."

Risi, felice che fossimo tornati in buoni rapporti. Allacciai le mie braccia al suo collo. "Oh Freddie non ti merito."

In cambio, Freddie mi resse in vita. Mi tirai un attimo indietro ed esitai ad andare più avanti. Notai quanto fossero vicini i nostri volti; l'unica cosa che potevo vedere erano quelle due gemme nere a forma di mandorla. Una nuova scintilla bruciava in esse. Mi disturbava in qualche modo. Ridacchiò leggermente; realizzai che la sua faccia si stava avvicinando alla mia, piegandosi verso le mie labbra. Gli occhi si chiusero.

E nonostante lo stordimento, mi spostai indietro e scivolai via dalla sua presa.

"Io, uhm, credo che farei meglio a iniziare a preparare quell'omelette." Il mio sguardo si abbassò, corsi velocemente verso la cucina in modo che non potesse vedere quanto stessi tremando e farsi un'idea sbagliata.

"E io," rispose Freddie impassibile dall'altra stanza, "mi farò un bel, lungo drink per fo*termi il cervello e domandare la mia stessa esistenza. Vuoi aggiungerti anche tu?"

"Sono a posto, grazie comunque."

Sospirò. "Okay."

**************************************************************************************************************************

Giorno 5 (cont.) Siamo di nuovo in buoni rapporti. A quanto pare oggi era il giorno del perdono. Ho preparato delle omelette, come voleva, omelette speciali per Freddie: tanto prosciutto, molto formaggio e più che una semplice spolverata di peperoncino. Verso metà della nostra cena, Pudding Prenter -intendo Paul Pudding -nel senso, Prugna Prenter (okay okay sono frastornata e non ho nemmeno bevuto la vodka che Freddie mi aveva offerto)- il Signor Prenter aveva chiamato Freddie e ordinato che portasse il suo c*lo dove si trovavano loro. Potrei sbagliarmi, ma Freddie non mi sembrava molto eccitato di dover andarci. Ma lo fece. Sono semplicemente felice che non stiamo più litigando.

N.F.O.: Freddie è condiscendente a Paul Prenter anche adesso. Non è niente in confronto a quanto lo sarà dopo ma Prenter sta preparando le sue mosse, quell'intelligente ipocrita. (Non mi piace Paul Prenter quindi questo potrebbe essere un po' parziale detto da me, pertanto vi concedo di ignorare questa parte.) Da quello che posso vedere, Peter Straker non è un problema. È solo un po' rompiscatole. Se solo ci fosse un modo di avvertire Freddie del serpente che si trovava fra i suoi amici. Lo vorrei tanto, o come lo vorrei, Freddie è così un piacere, quanto lo vorrei.

Mi fermai, rilessi quello che avevo scritto, alzai un sopracciglio e decisi che quello che avevo scritto non era troppo di parte (AH!) e continuai aggiungendo poco altro.

Inoltre: Qual è il suo segreto? Cos'è il suo fascino? Come fa a farlo? Più tempo passo con lui più domande mi pongo. Come fa a passare ogni giorno essendo se stesso? E cos'era quella sensazione che ho sentito fra le sue braccia, dopo la canzone di Elton? So che i baci per lui sono una cosa da poco, ma perché l'idea aveva fatto mancare un battito al mio cuore? Devo stare attenta. Molto attenta. E voglio dirgli così tanto di stare attento. Il mondo ha bisogno di quegli occhi. E quella voce. E quella risata, e il suo cuore, e il suo-

Lanciai la penna dall'altro lato della stanza, improvvisamente consapevole di quello che stavo scrivendo. Ovviamente non intendevo nulla, ero solo stanca. Tutto qui. Non dimenticatevi, lui va e viene. Cattivo e poi buono. Cattivo, buono. Era stato un giorno lungo. Non di più.

Andai a letto continuando a ripetere queste parole nel mio cervello.

Ma una voce piccola, docile, insignificante voce che veniva dal profondo della mia mente diceva il contrario.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top