16. Vittima delle Circostanze
Traduzione fornita da Shawnxmoon
Due minuti dopo, Freddie e Mary rientrarono nell'appartamento. Decisi di levarmi dai piedi; corsi su per le scale. Da un lato, quei due avevano bisogno di un po' di spazio. Ma, in realtà, volevo posticipare l'ira di Freddie il più a lungo possibile. Avevo sentito terrificanti dicerie sul suo temperamento; perfino egli stesso aveva detto che era mostruoso. E dato lo sguardo raggelante che avevo ricevuto qualche attimo prima, a quanto pare l'avevo invocato senza sforzo. Che fortuna.
Innanzitutto, buttai la mia scandalosa salvietta e indossai l'abito più casto che potessi trovare. Ero tremendamente imbarazzata sia per me che per Freddie.
Perché mai si è presentata qui così all'improvviso? Pensai. Non ha bussato, non ha telefonato, niente di niente. Una chiave dentro la toppa, click clack, e via. E se lui fosse stato in una, um, situazione complicata? Come l'avrebbe spiegata?
Forse Mary stava solo agendo per abitudine. Scommetto che viveva qui con lui. So che erano stati intimi fino alla fine. Il mio corpo iniziò ad intorpidirsi e a prudere. Santo cielo, spero di non aver rovinato la loro amicizia!
Mi misi le lenti a contatto e mi vidi chiaramente per la prima volta quella mattina. Sospirai per il sollievo. Dato che sono restia a rimuovermi il mascara la sera, sbavature nere e stanchezza mi contornavano gli occhi. Ero pallida. Anche le mie labbra erano più smorte del solito. E i miei capelli, ancora bagnati, stavano iniziando ad arricciarsi mentre asciugavano in maniera non uniforme. Nah. Mary non aveva niente di cui preoccuparsi. La mia faccia non stava vivendo uno dei suoi giorni migliori.
Nonostante tutto, speravo di non seminare zizzania tra di loro. Dopo aver sistemato il mio aspetto, mi diressi silenziosamente verso la mia stanza e lasciai la porta socchiusa. Mi inginocchiai e tesi le orecchie per carpire ogni loro parola. Ma entrambi parlavano con la stessa intonazione e temperatura- calma e tiepida, come un lago stagnante. Nelle loro voci non c'era né gelo né calore, né passione né tristezza. E continuarono così per altri trenta minuti buoni. Come succede spesso quando si origlia, mi annoiai presto.
Nonostante ciò, rimasi accovacciata dietro la porta per tutto il tempo, scrivendo furiosamente nel mio diario:
Giorno 5: sono nei guai.
La (precedente? Attuale? Come posso definirla?) ragazza di Freddie ha fatto una capatina qui proprio quando ero appena uscita dalla doccia e mi ha trovato avvolta in un asciugamano. Ha immaginato il peggio. E Freddie sta cercando di coprire le sue tracce. Non so con quanto successo. Ad ogni modo, potrei ricevere un avviso di sfratto molto presto. Sto cercando di non preoccuparmi, ma il mio stomaco sembra un nido di calabroni. È strano, considerando che ha dovuto sopportarlo per tutta la vita, che non sia commossa da tutto questo. Oh, beh. Di nuovo, lei è una ragazza diversa. Cambiamo quando cresciamo.
NFOs: Freddie sembra molto calmo con lei. Ma non necessariamente in senso buono. Cose da area grigia. Non pensavo ne fosse capace. Le aree grigie sono spaventose. Difficili da leggere. Sicuramente non si comporta così con me. Mi chiedo che cosa implichi ciò.
Sentii la parola "ciao". Aprirono la porta principale: Mary se ne stava andando. Così gli occhi e respirai. Tanto vale togliersi il pensiero.
Scesi le scale in punta di piedi- è più arduo farlo con le zeppe. Silenziosamente aspettai che Freddie si abbassasse per salutarla con un bacio ( è un buon segno, gli crede, altrimenti non gli avrebbe permesso di farlo) e che chiudesse la porta.
Freddie si girò verso di me. La sua espressione reale, ora resa più nitida dalle lenti a contatto, mi turbava più di quella sfocata che avevo visto precedentemente. Piantati saldamente i miei piedi sul pavimento, facendo girare nervosamente il tracciatore attorno al mio dito. Strinsi fermamente il diario nell'altra mano e mi morsi il labbro. Stava venendo verso di me.
"Grazie, Eve," sbottò. "Grazie per rendere la mia vita due volte più complicata. Ca**o, grazie tante."
Feci finta di non capire nulla di quello che era appena successo. Pensavo che, se smentire plausibilmente aveva funzionato fino ad ora, non avrebbe potuto fallire proprio in quel momento. "Cos'è successo? Sta bene?"
"Non lo so. Perché ti importa?"
"Sembrava carina."
Freddie alzò le spalle. "È una mia cara amica. Penso che abbia capito."
"Fantastico. Non voglio vederla sconvolta."
Mi schernì. "Molto dolce da parte tua, eh? Scusami mentre ti faccio un applauso per la tua grande virtù. Ce n'è così poca al mondo."
"Hey, guarda, non ero io quella fuori dai gangheri. Hai fatto più danni tu che io! Cos'ho fatto io, comunque?"
"Oh, intendi oltre a girare per il mio appartamento mezza nuda con solo un piccolo pezzo di tessuto a coprirti le parti intime? Oltre a quello?"
Volevo schiaffeggiarlo, ma rimasi ragionevole esternamente. "Ero appena uscita dalla doccia! Ed ero stanca, quindi mi sono dimenticata di portarmi i vestiti in bagno."
"Sai, per essere una persona che tiene molto alla propria privacy, di sicuro non ti dà fastidio correre di qua e di là svestita dove qualcuno potrebbe vederti."
"Oh, per urlare-"
"E le parole sono parole. Le immagini sono tutt'altra cosa."
Tutta me stessa stava combattendo contro il desiderio di sfidare quella ipocrisia sfacciata. "Freddie, stavi dormendo. Eri spiaggiato a pancia in giù, addormentato. E non sapevo che le persone entrassero e uscissero dal tuo appartamento come se fosse un bagno pubblico. Pensavo di essere al sicuro."
Le sue sopracciglia si alzarono. "Spiaggiato a pancia in giù?" disse. Mi coprii la bocca, ma era troppo tardi.
I suoi occhi neri si restrinsero fino a formare due fessure e la sua voce diventò disgustosamente melliflua. "E, mia cara, di grazia, come mai sei così tanto informata sul modo in cui dormo?"
"Io- uh- ipotesi azzardata?"
"Str***ate. Sei entrata nella mia stanza. E ciò-" afferrò una ciocca dei miei capelli bagnati "-spiega il punto fresco sul mio cuscino."
"Non avevo le lenti a contatto. E ora vado a preparare il tè."
Mi voltai per andare in cucina, ma lui mi afferrò il polso, trattenendomi lì. "Ti sei infilata nel letto con me."
"È stato un incidente, lo giuro-"
Quel sorrisetto. Dannato sia quel sorrisetto gelido e dissoluto. "Mio Dio, sei una specie di ragazza squillo degli armadi, vero?"
"Parla per te." Lo sbeffeggiai. Il mio orgoglio stava prendendo una batosta e il mio autocontrollo si stava esaurendo.
"Non usare questo atteggiamento altezzoso e arrogante con me, Eve. Ora capisco perché Mary ha pensato ciò che ha pensato. È questo il motivo per il quale sei qui in fin dei conti? Per un po' di azione? Per tua informazione, non sei proprio il mio tipo. Pensavo di dirtelo."
Quella fece male. Liberai la mano dalla sua stretta.
Le mie labbra si arricciarono in un'espressione di disgusto e la voce che sentii uscire dalla mia gola era impregnata di sdegno. "Non lusingarti. Credimi, se fossi stata in un momento di calma e razionalità, la tua camera sarebbe stata l'ultimo posto in cui sarei andata. Se pensi che io voglia una qualsiasi parte di te, ti stai sbagliando di grosso."
"Fo***ti!" gridò, il suo sguardo era duro. "Se pensi che io sia così inferiore a te, lì c'è la fo**uta porta. Hai il mio permesso esplicito di usarla."
Non avevo bisogno di farmelo ripetere. Seguii la direzione del suo indice e uscii sbattendo la porta.
****
Ok, ho fatto una ca**ata, mi dissi. Era la millesima volta che me lo dicevo da quando avevo lasciato l'appartamento di Freddie quella mattina. Avevo il mio diario e qualche soldino extra miracolosamente incastrato tra le pagine. Il mio zaino e tutti gli altri miei averi erano ancora nella mia stanza verde- a meno che Freddie non fosse stato così rettamente indignato da buttare tutta la mia roba nella pattumiera. Quello mi avrebbe insegnato a mettermi contro di lui!
Dissi ad alta voce, "Ho capito. Ho fatto una
ca**ata madornale. Posso andare a casa ora?"
"Sh!" qualcuno sibilò. Zittita malamente, mi ritirai nel mio angolino in silenzio. Diversamente dall'università, bisognava davvero stare zitti alla Kensington Central Library.
Non appena chiusi la porta, scappai in strada. Dopo un momento rallentai e poi mi fermai. La mia sanità mentale tornò gradualmente, ma era troppo tardi. Ero a due isolati dal suo appartamento. Il mio buonsenso mi tirava indietro, ma il mio ego mi faceva avanzare verso quella direzione.
Lì è dove il mio orgoglio vinse e mi tradì; il buonsenso mi avrebbe fatto lo stesso favore più avanti.
Così iniziò una giornata priva di scopo, che consisteva nel camminare per le strade di Londra senza sapere dove andare e cosa fare. Non passò molto tempo prima che iniziai a desiderare di non avere mai visto la brutta faccia del dottor K e di aver accettato che quei venti punti fossero persi per sempre, amen.
Quando le vesciche sui miei talloni diventarono insopportabili ed ebbi bisogno di una topaia in cui intrufolarmi, trovai una libreria grande e carina e mi creai una nicchia silenziosa nella sezione più noiosa e vuota dell'edificio- giusto giuato accanto ai manuali di tecnologia, ai libri di elettronica, eccetera. Nessuno avrebbe mai potuto trovarmi.
Avevo oltrepassato il mio limite. Lo sapevo. Ma Freddie era stato così crudele! Come avrei potuto far finta di niente? Come avrei potuto stare zitta? Mi aspettavo meglio da tutti, perché non avrei dovuto aspettarmi lo stesso da lui?
"Perché lui è diverso," sussurrai. "È speciale. Le leggi della fisica e della natura non si possono applicare a lui. L'ha detto lui. Ah ah. Dio, lo odio così tanto in questo momento. Cioè, non lo odio, ma lo odio."
Sospirai, con un tremolio impaurito. Mi sentivo così sola. Mi mancava la mia vecchia vita. Mi mancava passare accanto a sosia di Eminem con il cappellino girato al contrario, che pompavano musica hip-hop da una cassa invisibile nascosta nel loro zaino. Mi mancava non dover niente a nessuno, tranne ai miei genitori. Mi mancava il mio lavoro. Mi mancava la mia vecchia vita tranquilla fatta di routine, familiarità e piani futuri. Ma era quella la mia vita? O mi ero immaginata tutto? Il 2017 sembrava così lontano dopo quasi cinque giorni di questa pazzia britannica anni Settanta. E se niente fosse più reale?
"Ragazzi, andiamo," gemetti. "Dr. K, non hai lasciato una specia di piano di riserva in caso cavolate madornali?"
Sfogliai il diario per cercarlo, lo rigirai da tutte le parti, ma non trovai nessun manuale di risoluzione problemi. Sarcasticamente mi chiesi se uno degli innumerevoli moduli che dovetti firmare includesse una clausola che affermasse "Io con il presente atto sollevo i precedentemente menzionati supervisore di questo esperimento da ogni responsabilità, inclusa quella di riportarmi indietro tutta intera da qualsiasi gulag infernale al quale potrebbero accidentalmente spedirmi."
Non dico neanche le parolacce, a meno che non ne senta bisogno. Sai che intendo. E in quel momento ne sentivo il bisogno.
"Al Diavolo tutto, la mia vita è un caos," dissi sottovoce (e sì, ho detto "caos" perché non sono mai stata brava a dire le parolacce). Non potei fare a meno di notare la cadenza involontaria della mia voce. Avevo iniziato a mettere più enfasi sulle sillabe dispari, proprio come fanno le persone britanniche. Come faceva Freddie.
Poi realizzai che mentre stavo provando effettivamente nostalgia di casa, ad una parte di me mancava anche il caposaldo che avevo lì. E ciò non aveva senso. Freddie era imprevedibile, sfacciato ed insinuante. E quella mattina si era comportato da vero verme. Ma restavo ancorata a lui come qualcosa che fossi in grado di capire abbastanza da riuscire ad affrontare. In piccola parte, nonostante fosse difficile da ammettere, avevo bisogno di lui.
Mi misi la testa in mezzo alle ginocchia. Uccidetemi, vi prego.
Udii qualcuno fischiettare fuori tempo ad una corsia di distanza. Vattene, dissi nella mia mente. L'orario delle visite è terminato. Sono giù di morale.
La melodia continuò ad avvicinarsi, fino a quando finalmente girò l'angolo. I suoi occhi infossati erano fissi sul catalogo nelle sue mani. Accidentalmente alzò lo sguardo e i suoi occhi si sbarrarono quando mi riconobbe.
Lo stesso fecero i miei. Saltellando, con speranza rinata nel mio cuore, sussurrai, "Oh, John, come sono felice di vederti!"
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