11. John Reid, L'Uomo del Salmone

Traduzione fornita da @Shawnxmoon

Non vidi Freddie il mattino seguente; era già partito prima del mio risveglio, il quale fu piuttosto tardi - verso le 10 del mattino. Ah, la maledizione dello studente universitario. È così facile formare pessime abitudini del sonno. Ebbi l'idea di usare il mio Android come sveglia e di impostare come suoneria il più insopportabile suono anni '70 (più o meno). Non potevo dormire fino a tardi ogni giorno. Avrei potuto perdermi qualcosa di sensazionale.

Andai a letto tardi, dopo essermi preparata un pasto leggero non appena Rudy mi accompagnò a casa, e dopo aver scritto tutto ciò che avevo visto allo studio, perfino il bagliore della lampada elettrica sulla console e il persistente odore di fumo di sigaretta della sala di controllo. Tuttavia tralasciai il giudizio di Roger sul mio corpo; non vedevo come potesse contribuire in alcun modo alla scienza. Ascoltai fino allo sfinimento il giradischi/piatto di Freddie fino a quando io ed Oscar non ci addormentammo.

La mia luce era rossa. Controllai brevemente la Reliquia. Nessuna chiamata persa. Forse il Dr. K mi avrebbe chiamata alla stessa ora del giorno prima. Non ero preoccupata. Nonostante K e C non mi avessero dato prova di sapere ciò che stavano facendo, io mi fidavo lo stesso di loro.

Non appena misi piede fuori dalla doccia, sentii qualcuno aggirarsi al piano di sotto. Incuriosita, indossai l'unico altro cambio di vestiti che avevo e mi affrettai a scendere le scale. Vidi una donna robusta spolverare i tavolini e le fotografie.

"Ciao!" dissi.

Lei alzò lo sguardo sorpresa. "Ciao...?"

"Mi dispiace averti spaventata. Pensavo di essere sola!"

"Lo stesso vale per me", rispose con un forte accento dello Yorkshire.

Mi sentivo molto estroversa quando conoscevo qualcuno appartenente alla vita di Freddie. Conoscere i contatti di una persona significa conoscere la persona stessa. "Come ti chiami?"

Mi disse di chiamarsi Eleonor Cottage, ma preferiva che mi riferissi a lei come signora Cottage, se volevamo essere schizzinosi.

"Io sono Jul- ehm, Eve. Eve Dubroc. Non mi interessa come preferisci chiamarmi. Signorina Dubroc o Eve, non importa."

"Preferisco signorina Dubroc", rifletté. Aveva senso: lavorava per Freddie, quindi la nostra sarebbe stata una relazione professionale.

"Lei è molto dolce, signorina Dubroc. Di solito non vengo salutata dai suoi, ah, amici. Ad eccezione di quell'altra ragazza forse, anche lei è molto educata. Ma nessun altro."

"Sono loro a rimetterci", scherzai. "Quindi tu sei, uhm, tu sei la governante di Freddie?"

"Esatto."

"Com'è?"

Fece spallucce. "Paga bene."

"È gentile con te?"

"Prevalentemente. Sicuramente non è mai stato altro che un gentiluomo."

C'era qualcosa che mi stava nascondendo. E volevo scoprire cosa. "I suoi amici, invece?"

"Signorina Dubroc, non vado a spiattellare in giro la vita privata delle persone per cui lavoro, specialmente se si tratta delle sue amanti."

"Amanti? Oh! Oh, no, non sono- non vado a letto con lui. Mi sta solo lasciando vivere qui."

La signora Cottage mi lanciò uno sguardo dubbioso, il quale mi fece aggiungere, "Guardi, non so nemmeno se è tornato la scorsa notte. Penso che lo saprei se dividessi il letto con lui."

"Probabilmente non l'ha fatto", ammise. Sembrava che fremesse dal voler tornare alle sue pulizie, così annui e mi incamminai verso la cucina. Fischiettai al pensiero di che cosa stesse suggerendo. Freddie, sei unico. Potrei riempire quel diario senza neanche sforzarmi.

Sulla credenza c'era incollato una piccola lettera bianca con la scritta nera in corsivo "Aprimi, per favore." sul davanti.

Risi. "Sembra proprio che sia arrivato a casa dopo tutto, signora Cottage."

"Oh, sì?", rispose. "Beh, ottimo."

Aprii la lettera come mi aveva così educatamente richiesto e lessi in silenzio. "Ciao, Bella Addormentata. Mi sono di nuovo dimenticato di farti un resoconto, scusa. Lo farò prima o poi, suppongo. Non dimenticarti che dobbiamo andare a comprarti dei vestiti questo pomeriggio. All'una e mezza in punto Rudy passerà a prenderti per portarti a casa di John. Non Deacon. Non conosci ancora questo John, ma non preoccuparti, non morde... molto. Non fare tardi, perché ho un temperamento semplicemente mostruoso!! Baci, F."

"Lui è troppo", esclamai. "Troppo." Eppure segnai mentalmente l'orario. Non volevo scoprire quanto Freddie stesse scherzando con la parola "mostruoso".

"Signora Cottage, ha già mangiato qualcosa oggi?", chiesi.

"Solo una mela, signorina Dubroc. Non mangio mai pesante prima di lavorare."

"Se preparassi la colazione, ne vorrebbe un po'? Faccio sempre troppo cibo quando cucino per me."

"No, grazie, cara. È molto dolce da parte sua, ma sono a posto." E in una voce che pensava non potessi sentire mormorò "No, non sei per niente come i suoi... amici."

Quella frase mi confuse, ma cercai di non rimuginarci su e la presi così com'era. In quel momento avevo cose più importanti a cui pensare.

********

Rudy non disattese le aspettative. Ero appena tornata all'appartamento dopo aver fatto la spesa per la cena della sera stessa (presumendo che Freddie si sarebbe unito a me) quando suonarono il citofono, e il Non-Così-Allegro Gigante Verde mi accompagnò alla Rolls Royce.

Era stato un giorno splendidamente piacevole fino ad allora. Il cielo era azzurrissimo, non c'era nemmeno una nuvola. Quasi tutto le persone con cui avevo parlato erano state l'emblema della cordialità. Ovunque andavo, cantavo (canzoni dell'epoca, ovviamente). Non avrei permesso a Rudy di guastarmi la festa.

Quando tutte le portiere vennero chiuse e partimmo, ebbi un'idea terribile. Avrei infastidito il mio autista come se non ci fosse un domani. Probabilmente ciò non avrebbe migliorato il suo atteggiamento nei miei confronti, ma mi sentivo ancora così bene, quindi non mi importava.

"Come sta, signor Rudy?" chiesi entusiasta.

Grugnì e alzò le spalle.

"Come al solito, vedo. Molto bene! Cos'ha combinato di recente?"

Non c'era un modo di rispondere con un monosillabo a quella domanda. "Gli ho fatto da guardia del corpo."

"Era necessario, eh?"

"Oggi."

"È molto interessante." Abbassai il finestrino e misi fuori la mano per sentire il vento. Rudy sospirò dal naso. Ah, l'idiozia che questo pover uomo doveva sopportare.

La mia pessima idea divenne immediatamente peggiore. Iniziai a cantare.

"This one is for you, my little black rain cloud," strillai, e mi lanciai in un "Bah-dum bi da dahh, bah-dum bi da dahhh, raindrops keep falling on my head..."

Chiuse gli occhi un momento e li alzò leggermente al cielo. Ma la sua mano destra, quella che pensava non potessi vedere, stava tamburellando a tempo sul volante. Continuai a cantare.

Fortunatamente per Rudy, al quale avevo sicuramente spaccato i timpani, arrivammo a casa del Nuovo John in meno di sei minuti. Probabilmente perché stava sfrecciando a 20 km/h sopra il limite. Chissà quante volte aveva dovuto sopportare la stessa cosa da parte dello stesso Freddie.

Dopo aver parcheggiato la macchina, entrambi uscimmo e iniziammo a salire gli scalini. Quando ci avvicinammo alla casa, la porta si aprì e un frizzante ragazzo con una faccia decisamente inglese (ma attraente) si affrettò a uscire. La sua bocca stava lavorando accanitamente e afferrò un registratore con una mano e un portablocco con l'altra. Deglutii. Stava succedendo qualcosa di molto intenso.

"Buongiorno!" dissi allegramente dopo di lui.

Senza neanche girarsi, ringhiò "Dannazione!" e scomparve nel taxi.

Sbattei le palpebre. "Ma che problemi ha?"

Non ricevetti risposta. O perlomeno nessuna risposta diretta. Una volta che entrammo in casa, ne ricevemmo una abbastanza soddisfacente non appena sentimmo Freddie. Non era ancora visibile, ma oh, Cielo, era udibile. Avrei potuto scrivere tutto quello che aveva urlato, ma avrei dovuto cambiare il mercato del libro e rivolgermi solo ad un pubblico maturo. Non era felice.

Rudy marciò fino alla porta chiusa dove Freddie stava facendo la sua scenata e bussò. Immediatamente tutto si zittì. La porta si spalancò. Per primo uscì un gentiluomo con i capelli castano scuro e con un'espressione cauta negli occhi, come se qualunque parola fosse uscita dalla sua bocca avrebbe potuto far scoppiare un altro attacco isterico. Dopodiché lentamente uscì Freddie. Ho toccato cubetti di ghiaccio meno gelidi del suo atteggiamento. I suoi occhi erano rivolti verso il pavimento, la sua bocca era serrata in una linea più tesa/stretta del solito (anche se la sua bocca appariva sempre un po' stretta a causa dei suoi denti). Le sue mani erano fermamente infilate nelle tasche della sua giacca (ci voleva coraggio a darmi lezioni su vestiti "adeguati" all'estate indossando una giacca di pelle lucente). Ebbi l'impressione che se avessi toccato la sua spalla le mie dita sarebbero andate in cancrena per ipotermia.

"Non so cosa dirti, Freddie," disse l'uomo con una forte cadenza scozzese. "Mi dispiace."

Freddie non rispose. Indicò l'appendiabiti. Guardai con crescente stupore Rudy prendergli la sciarpa e posizionarla sul suo palmo. Mettendosela al collo, Freddie si diresse verso la porta. Io e Rudy lo seguimmo.

Improvvisamente si girò e si rivolse freddamente allo scozzese. "E per l'amor di Dio, fa qualcosa per il tuo dannato cuoco. Qualunque cosa fosse, non era fo*tuto salmone."

Fino a quando non salimmo in macchina, fu tutto quello che disse. Ma apparentemente lo sfogo su John (che alla fine riconobbi come John Reid, il loro manager al tempo) fu più che soddisfacente.

Spezzai il silenzio nel modo più delicato possibile. "Quindi, uhm... com'è andata?"

Esplose. "Quel cogl*one di Parsons! Così fatto e fo*tutamente imponente, con la sua carta e penna. Quel dannato NME, caz*o! Mettono le persone in fo*tute borse pensando che sappiano così tanto, caz*o! Fancu*o la stampa! Dio! Chi caz*o credono di essere?!"

Vedete cosa intendo?

"Freddie, non dobbiamo andare a fare shopping oggi, davvero-"

"Neanche per sogno, caz*o. Ne ho bisogno. Rudy, portaci allo Square."

Rudy annuì, e Freddie sprofondò di nuovo nel silenzio, più freddo che mai.

Il mio umore vivace ora era avvolto da pietre, le quali lo stavano trascinando nell'oscurità. Provai a cambiare argomento.

"Quindi... quello è John, eh?" azzardai.

Annuì. "John Reid, il nostro manager."

Mi girai un po' i pollici, poi chiesi "Cosa c'era che non andava con il salmone?"

"Era fo*tutamente orrendo, ecco cosa."

Mi stavo già annoiando a sentire parlare Freddie come un copione di un film di Tarantino, ma continuai a provarci. "Cosa c'era di sbagliato?"

"Tutto. Perfino quel cogl*one lo odiava."

Annuii, guardando fuori dal finestrino la bellissima giornata, nonostante tutto. Parlando da sola dissi, "Ok. Uomo del Salmone, John Reid. Ragazzo delle Sneakers, quello è Roger. Poi John Deacon. Infine Signor Zoccoli, Brian."

Con la coda dell'occhio, vidi la sua bocca contrarsi. Mi girai con interesse.

"Cosa?" chiesi.

Sul suo volte si diffuse velocemente un sorriso, che nascose in fretta.

"Niente."

"Scusa, stavo solo cercando di ricordarmi tutti i nomi."

"Lo so, è solo che... Signor Zoccoli? Davvero?"

"Cosa c'è di male?"

Sbuffò. "Niente, è solo... È solo che lo fa sembrare un cavallo o robe così."

Lo guardai a bocca aperta. "Sei proprio un bambino." Ma mi ritrovai a ridacchiare al pensiero di Brian in una stalla puzzolente, e l'espressione sulla sua faccia alla fine mi fece scoppiare in una fragorosa risata.

Nei suoi occhi tornò il luccichio della mattina precedente, la maschera iniziò a sciogliersi, e mi fece l'occhiolino. Perfino Rudy sospirò nel sedile anteriore, chiaramente sollevato.

Nelle NFO mentali, appuntai: pessima influenza su di me, ma non troppo.

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