Due gemelle
Padova 1954/1960
Nacquero a Padova due bellissime gemelle: Francesca e Michela. Le sorelline col tempo crescevano sane e forti.
Purtroppo però, la loro famiglia non era delle migliori: il padre, drogato e alcolizzato,
abusava delle due povere bambine, mentre la mamma depressa per la situazione le trascurava, lasciandole crescere allo stato brado.
Gli anni passarono e le due bimbe crebbero senza una vera e propria educazione. Nessuno sembrava curarsene. Finalmente, quando le bambine compirono sei anni, una zia che si trovava lì per il loro compleanno, decise di denunciare la situazione. Due giorni dopo, i genitori delle due bimbe vennero incarcerati, mentre le due gemelle furono ospitate presso un istituto.
Alla direttrice si raccomandò di non separare le due gemelline in caso di adozione, onde evitare l'insorgenza di problematiche psicologiche e comportamentali.
Sfortuna volle che mentre Francesca era buona e dolce con tutti, Michela andava rivelandosi sempre più irascibile, tanto da manifestare un atteggiamento distruttivo verso chiunque.
Due furono le conseguenze di questa triste realtà: Francesca riuscì a trovare una nuova famiglia mentre Michela, al contrario, non fu adottata da nessuno, proprio a causa del suo carattere intrattabile.
I piagnistei delle due gemelline a nulla valsero: Francesca poté lasciare la struttura, felice di avere finalmente trovato una famiglia vera, capace di amarla; Michela invece rimase sola e le sue spigolosità caratteriali si acuirono ulteriormente.
Il personale dell'istituto decise di mandare Michela a scuola, sperando in un suo miglioramento nell'interazione con gli altri e a livello più strettamente psicologico. Purtroppo ogni speranza in tal senso si rivelò vana: l’esperienza di Michela all'interno dell'istituto, si risolse, sostanzialmente, in un autentico disastro.
Veneto 1974
Ormai le due gemelle erano diventate grandi e maggiorenni: Francesca era una sorta di ragazza modello quanto a educazione e condotta; Michela, al contrario, aveva imboccato la strada della delinquenza, non appena lasciato l'istituto.
Si era, di fatto, trasformata in una ladra incallita, diventando in breve tempo una sorta di vecchia conoscenza per i carabinieri - al punto che andava e veniva dal carcere, quasi quest'ultimo fosse diventato la sua seconda casa.
Tuttavia, dopo un po' di tempo Michela si calmò, abbandonando le sue cattive abitudini di ladra; smise anche con le risse in strada e apparentemente sembrò aver trovato una relativa serenità interiore. Ora desiderava solo ritrovare sua sorella, nella speranza di poter tornare a vivere insieme a lei e magari riuscire a condurre una vita migliore.
Di Francesca sapeva soltanto che risiedeva in Veneto, per la precisione a Vicenza. Fortuna volle che un suo amico furbetto, abilissimo nel rintracciare le persone, si proponesse di aiutarla, a patto però che lei lo aiutasse a trovare della droga di qualità.
Michela, pur riluttante, accettò e gli procurò dell'ottima "roba”, ottenendo in cambio l'indirizzo presso cui viveva Francesca. Da quel momento Michela decise di concentrarsi esclusivamente sul ritrovamento della sua amata gemella.
Vicenza 1984
Passarono dieci anni, prima che Michela si decidesse a rivedere di persona la sorella. Preso finalmente il coraggio a quattro mani, si recò davanti alla porta di casa di Francesca e bussò. La porta si aprì e le due gemelle si ritrovarono una di fronte all'altra, con grandissima emozione e stupore di entrambe.
Francesca fu la prima a proferir parola. " Che ci fai qui?" le domandò, freddamente.
Michela, ferita dall'atteggiamento gelido di Francesca, cercò di resuscitare la loro antica complicità.
"Sono venuta fino a qui per te. Non avevo idea di dove tu fossi finita. Finalmente ti ho ritrovata. Andiamocene! Dai, torniamo a essere quelle di una volta, come quando eravamo piccole!"
Nel suo tono di voce si intuiva un fondo di speranza.
Francesca però mantenne un atteggiamento algido, pur avendo ascoltato attentamente le parole della sorella.
"No! Ho la mia vita adesso, e tu non ne fai parte. Lasciami in pace e non farti più vedere, chiaro?" con queste parole molto dure Francesca chiuse bruscamente quella brevissima conversazione.
Michela rimane lì attonita, sbalordita dalla reazione scostante e crudele di Francesca.
Nei giorni successivi la seguì di nascosto, sperando di trovare un modo per riavvicinarla a sé.
Quando capì che le sue speranze erano di fatto mere illusioni, escogitò un piano per riaverla comunque al suo fianco.
Lo attuò in tempi brevissimi: dapprima pedinò Francesca per alcune mattine, in modo da conoscerne gli spostamenti, nel frattempo preparando personalmente un potente intruglio velenoso. Poi scelse quello che lei considerò il momento giusto per completare il suo folle progetto: Michela ormai era decisa a non fermarsi davanti a niente.
Un martedì, seguì sua sorella e, prendendola alle spalle, la imbavagliò e trascinò fino a casa sua. Una volta in casa, incatenò Francesca ad una sedia. Decise di condurre fino in fondo il suo terribile progetto: scrisse un biglietto, destinato a coloro che avrebbero trovato i due cadaveri, poi tolse il bavaglio a Francesca, la quale, tutta tremante, cercò senza successo di riportarla alla ragione.
Michela in effetti pareva impazzita, irrecuperabile, e al contempo inesorabilmente determinata.
Prese due bicchieri, ci mise l'intruglio e versò il caffè. Uno lo porse a Francesca, convincendola a berne il contenuto, con la scusa che si trattava di un ottima crema al caffè. Bevvero contemporaneamente quella sorta di pozione velenosa e caddero subito morte a terra, senza dire neanche una parola.
Qualche giorno dopo, un signore amico di Michela aprì la porta dell'appartamento e vide le due gemelle che giacevano a terra esanimi: comprese subito la tragedia e avvertì i carabinieri.
Questi ultimi non ebbero dubbi sulla natura dell'evento: si trattava di un evidente caso di omicidio suicidio.
Il biglietto lasciato da Michela recava la scritta: "Se non posso stare con te in vita, vivremo insieme almeno da morte. Siamo come Romeo e Giulietta: loro due in vita non potevano amarsi, così come noi due, da vive, non possiamo restare unite. Ma da adesso in poi io e te saremo unite per sempre, nella morte. Michela”.
Non c'era il benché minimo dubbio sul fatto che si era trattato del gesto di una pazza.
I corpi delle due sventurate sorelle furono sepolti insieme.
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