Capitolo 5. Interessi Comuni - Parte Prima

Il Fiore in Boccio era tanto affollato che Margherita temeva potesse scoppiare da un momento all'altro. Il pavimento in legno chiarissimo, infatti, scricchiolava già in maniera sinistra, e lo stesso facevano le sedie e i tavoli, costruiti in legno leggero e poco adatti a venir spostati e trascinati da tante mani così di continuo.

Uno degli ospiti abituali della locanda e uno straniero nanico, quest'ultimo giunto la mattina stessa, erano rientrati in seguito a quella che la cuoca aveva sentito descrivere come la più strana rissa che fosse mai scoppiata per le strade di Anvy. Dietro di loro era arrivato un mezz'elfo elegante e sorridente, che li aveva raggiunti al tavolo e aveva offerto ai due sia la birra sia la zuppa, entrambe rimaste in attesa del loro ritorno.

A detta di Enelide, che si era affacciata dall'uscio per assistere alla rissa mentre Margherita rimestava tra i calderoni, il nano aveva mandato al tappeto Culien in una sola mossa, per poi porgergli la mano e cominciare a chiacchierare come se si conoscessero da sempre. I tre sedevano ora al medesimo tavolo dove la giovane cameriera aveva visto cominciare quella diatriba, ed erano stati circondati dai clienti del locale e dalle genti di passaggio, tutti desiderosi di conoscere il nome dello straniero e, soprattutto, l'origine della sua imprevedibile abilità.

Isadora era rientrata dall'orto retrostante proprio nel momento in cui la folla prendeva d'assalto il tavolo dei due contendenti e anche lei aveva sgranato gli occhi, sorpresa dal tumulto che aveva invaso la sua tranquilla e modesta locanda. Mai le era capitato, in tanti anni di attività, di vedere una tale baraonda, nemmeno nella stagione più calda, quando numerosi viaggiatori si fermavano ad Anvy per attendere le imbarcazioni in partenza verso il tanto agognato luogo di villeggiatura.

Solo parte degli astanti era riuscita a trovare posto nei tavoli, gli altri si erano accontentati di attendere in piedi, occupando il già ridotto passaggio e obbligando Enelide a muoversi tra loro come una scheggia impazzita, per accontentarne le richieste. Diverse decine di voci si sovrapponevano nel ridotto spazio della sala da pranzo, e tra queste emergeva periodicamente quella posata e riflessiva del nano, tanto lieto della folla di ascoltatori da donare loro aneddoti su più o meno qualunque elemento potesse attirarne attenzione, dalla birra alla zuppa, passando per le leggende sulla costruzione di Anvy e per i racconti sull'origine del fiume argentato.

Margherita e Isadora, ferme sull'uscio della cucina, osservavano quel delirio domandandosi se fosse il caso di allontanare parte dei presenti, possibilmente quelli che stavano fermi ad ascoltare occupando spazio senza però portare alcuna ordinazione.

Fu in quel momento, mentre le due proprietarie elaboravano la migliore strategia per liberarsi di quella folla senza risultare scorbutiche, che dalla porta entrarono sei nuovi clienti in grado di colpire le due donne sia per il curioso aspetto, sia per i volti stanchi e notevolmente tirari.

Gli sguardi delle due vennero inevitabilmente attratti quasi subito dalla vistosa cicatrice dell'uomo con i capelli corti, tenuti alla maniera dei soldati, poi saettarono in basso, sull'halfling dalla pelle scura e il sorriso frizzante, il primo che entrambe avessero mai visto; solo dopo essersi soffermate qualche istante a domandarsi l'origine di tale razza, venne la volta del nobile mezz'elfo dalle vesti pulite e raffinate; le due imprenditrici lo osservarono con attenzione, riconoscendovi un ottimo cliente potenziale. L'alto umano robusto e abbigliato da contadino, il sacerdote del dio del sole con gli occhi buoni e l'uomo vestito di pelle dai capelli scarmigliati furono gli ultimi su cui Isadora e Margherita si soffermarono, mentre cercavano di comprendere quali faccende potessero tenere unito un gruppo tanto variegato e particolare.

Certo era che quegli stranieri stuzzicavano la curiosità, e non solo delle due donne, visto che numerosi degli astanti avevano levato gli sguardi dal nano e dalla sua combriccola per puntarli su quelli che, in breve, furono identificati come la seconda novità più interessante della giornata, ovviamente dopo la rissa tra il nano e il grosso scaricatore di porto.

"Alla faccia del viaggiare in sordina" pensò Jake guardandosi intorno e notando le espressioni incuriosite dei clienti del locale. Era la prima volta che il ranger realizzava quanto il loro gruppo fosse tutt'altro che discreto, anche solo nella presentazione.

Isadora e Margherita, invece, furono leste ad approfittare di quell'arrivo, e mentre la cuoca si ritirava per preparare un nuovo giro di zuppa, la voce della compagna si levò nella sala, all'indirizzo dei locali presenti. «Avanti, bella gente. Chi di voi non è qui per pasteggiare, è pregato di far spazio. Non vorrete mica far attendere in piedi degli stranieri affamati e stanchi?»

Isadora era esile e delicata, ma la sua voce godeva di un timbro alto, educato dal chiasso dei clienti e dalla necessità di imporsi quando l'atmosfera della taverna si faceva tesa e poco gradevole, spesso dopo un giro di birra di troppo. Le chiacchiere intorno a lei cessarono di botto, e la giovane taverniera ghermì tutta l'attenzione, mentre indicava con gentilezza la porta ai suoi fedeli concittadini.

Se c'era una cosa che caratterizzava tutti gli abitanti di Anvy, dal mercante al contadino fino al piccolo monello di strada, era quel senso di ospitalità spontaneo, insito in tutti coloro che popolavano una città portuale, avvezzi al continuo e piacevole scambio di culture e informazioni con gli stranieri e, soprattutto, abituati a trattare con rispetto e cordialità ogni nuovo arrivato.

Anvy e il suo porto erano infatti un crocevia fremente, vitale, motivo che aveva spinto Jake a proporla per imbarcarsi, confidando nell'anonimato dato dai luoghi tanto sovraffollati. Per la medesima ragione, le parole di Isadora risvegliarono l'ospitalità dei commensali, che fecero presto a liberare una tavolata per i nuovi arrivati, lieti di potersi dimostrare accoglienti anche in tale occasione. Con un cenno di saluto all'indirizzo dei beneficiari di tanta cordialità, molti degli astanti colsero l'opportunità per lasciare il Fiore in Boccio e tornare ai propri affari, non prima però di aver salutato anche il nano con calore e simpatia. Quest'ultimo, il mezz'elfo e il loro compare ricambiarono le strette di mano e le pacche sulle spalle, per poi tornare al loro discorrere per nulla turbati da quella distrazione.

Soddisfatta di aver creato posto per gli stranieri e di aver alleggerito al contempo la vecchia struttura, Isadora si fece incontro ai suoi ospiti, regalando loro uno dei sorrisi sinceri per cui era tanto amata. «Benvenuti al Fiore in Boccio. Io sono Isadora, una delle due proprietarie» disse in tono morbido. «Perdonate il disagio, ma pare che oggi più di uno straniero sia destinato a perturbare la nostra quiete.» Accompagnò quell'ultima frase con un guizzo leggero delle sottili sopracciglia, come a lasciar intendere che da un gruppo bizzarro come il loro si sarebbe attesa altrettanto.

Gli avventurieri avevano assistito alla scena stando in disparte, ammirando la spontaneità con la quale la gracile donna si era imposta sul tumulto della sala e aveva liberato più di un tavolo con una semplice frase. Quando lei si rivolse loro, fu il mezz'elfo a farsi avanti per primo, e a omaggiarla di un inchino cordiale. «È un piacere venire accolti con tale ospitalità» rispose, spostando dal volto un ciuffo di capelli corvini. «Siamo qui solo di passaggio, ma il sole alto e lo squisito profumo che viene dalla vostra locanda ci hanno persuasi della necessità di concederci una sosta.» La frase venne enfatizzata da un caldo sorriso, che avrebbe fatto accelerare il cuore di più di una fanciulla. Non fu lo stesso per Isadora.

«Daniel dice il vero» si unì Jake prima che la donna rispondesse; non gli sfuggì lo sguardo incuriosito di lei, inevitabilmente attratta dal solco sul suo viso, ma il ranger finse di non badarci. «Una taverna tanto graziosa e un odore così allettante non potevano certo essere ignorati» continuò, muovendo un passo nella sua direzione. «Il mio nome è Jake, e non posso che ribadire il piacere di fare la vostra conoscenza.»

In un primo istante, il ranger aveva titubato a presentarsi, restio a rivelare la propria identità ed esporsi in tal modo; ma la rassicurante dolcezza del sorriso della donna e l'ambiente accogliente lo avevano tranquillizzato quasi subito, portandolo a considerare sicuro usare almeno i loro nomi, che dubitava fortemente fossero noti al culto e ai suoi misteriosi seguaci.

Isadora si illuminò a quelle parole, lieta di poter accogliere al Fiore in Boccio degli stranieri tanto affabili ed educati. «Il piacere è tutto nostro, mio e di Margherita, la mia socia in affari» ribatté, porgendo loro la mano. Daniel fu tentato di prenderla e sollevarla, per appoggiarvi un leggero bacio sul dorso, com'era solito fare con le dame e le giovani fanciulle. Ma intuendone la volontà, Isabella ruotò il polso e strinse la mano sottile e nodosa del mezz'elfo, come avrebbe fatto un qualsiasi uomo di ceto medio. Lo stregone parve sorpreso, ma poi ricambiò la stretta, con un sorriso. «Siete una donna estremamente interessante, Isadora» commentò gioviale, trattenendole la mano un secondo in più del dovuto, e osservandola con curiosità.

Gli occhi chiari di lei brillarono. «Me lo dicono spesso.» Poi la donna spostò l'attenzione dal mezz'elfo ai compagni che ancora attendevano accanto alla porta. «Venite, lasciate che vi accompagni al tavolo» esclamò, sorridente.

Si voltò e si mosse con leggerezza, seguita da Daniel, Jake e poi dal resto del gruppo. Dopo pochi passi, indicò con un gesto leggero il tavolo appena liberato, al capo opposto rispetto all'entrata della sala da pranzo. Il mormorio nella stanza era ripreso, e anche l'attenzione dei clienti rimasti era tornata al nano e ai suoi compari, quindi Isadora poté concentrarsi unicamente sui nuovi clienti. Lasciò che il mezz'elfo la superasse e si affiancò al grosso umano, che le aveva ispirato simpatia a prima vista. Gli dedicò un sorriso, e questa volta fu lui a porgerle la mano.

«Piacere, Ben» mormorò l'uomo con gentilezza, mentre lei ricambiava la stretta. «È un posto davvero piacevole» continuò il guerriero, guardandosi intorno e proseguendo accanto alla donna.

«Ne sono lieta. È il nostro piccolo rifugio» rispose lei, accompagnando le parole con un sorriso caldo e muovendosi morbidamente tra i pochi auditori rimasti in piedi al centro della taverna. Dalle tre finestre, aperte su un lato della struttura, penetravano i morbidi raggi solari, che donavano all'ambiente un aspetto allegro e familiare; complici il pavimento in legno chiarissimo e i tavoli nella stessa tonalità, scelti con cura dalle due donne perché richiamassero le sfumature delle pietre con cui era stata costruita la locanda, diversi decenni prima che la rinnovassero e rendessero propria.

Mentre camminavano verso il tavolo, Isadora mostrò loro le leggiadre decorazioni di conchiglie e antiche nasse intrecciate che pendevano tra le pareti, e le antiche vele in lino tinteggiate di tenue color ceruleo che correvano sul soffitto e richiamavano il moto ondoso più tipico del mare che dell'ambiente fluviale di Anvy. Come raccontò, dopo aver ricambiato la stretta di CJ e Jord e aver provato, invano, a salutare nel medesimo modo il taciturno druido, Margherita veniva da una località marittima, a sud di Irvania, ed era stata lei a portare quell'impronta che profumava di salsedine.

Isadora invece era originaria della cittadina, e a lei il Fiore in Boccio doveva i piccoli vasi di piante aromatiche disposti sui davanzali, così come il pergolato fiorito all'ingresso e l'orto sul retro.

Quando giunsero alla fine della sala, superando il posto del nano e dunque il fulcro dell'attenzione di buona parte dei clienti, ad attenderli sul tavolo tondo e ordinato gli avventurieri trovarono un vaso in vetro colmo di pietre levigate, raccolte sul letto del Drago d'Argento; sul legno chiaro del ripiano un centrino anch'esso azzurrato, che Isadora osservò con affetto, prima di invitare i suoi ospiti a sedersi. Si congedò subito dopo con un sorriso, e con la promessa di mandare al più presto la piccola Enelide a prendere la loro ordinazione, senza dimenticarsi di rinnovare la sua lietezza ad averli accolti nella loro taverna.

Rientrata in cucina, la giovane donna sorrise lieta, prima di precipitarsi dall'indaffarata cuoca per elogiare il gruppo di stranieri, instillando in lei una curiosità quasi morbosa. Sufficiente, a spingerla a sporgersi oltre l'uscio per osservare ancora una volta la strana comitiva, nel tentativo però di non farsi notare troppo. Più alta di Isadora di qualche spanna e dal fisico massiccio, Margherita affacciò il viso ruvido e squadrato, dai tratti tipicamente meridionali, in tempo per notare il mezz'elfo appena arrivato alzarsi e dirigersi al tavolo del nano. Gli altri rimasero seduti e presero a scambiare chiacchiere leggere, che la cuoca faticò però a cogliere. Si accontentò dunque di osservarne l'aspetto, ringalluzzendo l'interesse già acuto sullo scopo per cui si trovavano in città, prima di riportare la testa dentro la cucina e riprendere i mestoli abbandonati sul ripiano.

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