Capitolo 19. Il deserto - Parte Prima
Quando sulla nave calò l’oscurità, gli avventurieri distolsero l’attenzione dalle rispettive attività e cercarono lo sguardo l’uno dell’altro, in un tacito segnale dell’inizio delle operazioni. Eco si trovava ancora all'ombra del cassero, dove era rimasto per il resto della serata al fianco della giovane marinaia. C’era qualcosa, nello sguardo malinconico di Kate, che spingeva il mezz’elfo a volerle stare vicino, quasi potesse lenire il suo dolore solo parlandole del più e del meno e condividendo il tempo con lei.
Una volta che il piano era stato formalizzato e spiegato a tutti i partecipanti, i nuovi compagni di viaggio di Eco avevano deciso di radunare la ciurma di De Bras sottocoperta, sorvegliata dai marinai di Morven e da Jord, tornato nel frattempo a occuparsi dei feriti. Lui e la ragazza erano stati quindi liberi di sedersi e chiacchierare, cosa che avevano fatto senza interruzione fino a quel momento.
Eco aveva lasciato che la giovane si sfogasse, ascoltando brandelli di ricordi del suo passato in cerca di qualunque dettaglio gli permettesse di comprenderla meglio. La ragazza lo attirava, anche se non sapeva dire con esattezza perché. Forse era la scintilla che vedeva emergere a tratti da quegli occhi castani, il segnale che sotto l’apparente quiete risiedeva un animo tormentato e in continua ricerca. Qualcosa in Kate gridava riscatto, il medesimo che Eco si portava dentro da mesi. Il mezz’elfo sentiva di avere davanti uno spirito affine, benché si conoscessero appena da qualche ora, e conversare con lei era così naturale da fargli apprezzare quelle ore come mai era successo da che era salito sulla Crocevia.
Il tramonto era cessato da diversi minuti, eppure il mezz’elfo faticava a lasciare andare quel momento, consapevole che non sarebbe più tornato tanto presto. Aveva osservato la discesa del sole sul deserto con un misto di paura e aspettativa e quando infine Jake lo aveva richiamato con un cenno, Eco aveva desiderato poter dilatare il tempo e rimandare ancora l’azione. Ma purtroppo non possedeva la capacità di manipolare le ore, né quella di intromettersi nelle pianificazioni dei compagni. Anche se non c'era una missione a muovere i suoi passi, seguiva gli avventurieri perché erano il primo bagliore di compagnia che vedeva nella sua vita, e la loro stranezza lo affascinava quasi quanto faceva quella della ragazza. Era stato sollevato di scoprire che Kate li avrebbe seguiti nella fuga; non avrebbe saputo dire cosa avrebbe scelto, se le strade sue e della giovane si fossero divise.
Con un leggero rammarico per la fine di quello spaccato di pace, si alzò e aiutò Kate a fare lo stesso. «Pronta?» le chiese e lei annuì, mostrando più sicurezza e determinazione di quanto si sarebbe aspettato, e forse di quanto lui stesso possedeva.
«Non vedo l’ora di lasciarmi alle spalle questa nave» aggiunse piano la ragazza, perdendosi con la sguardo nella densa oscurità. «Quindi Arfnar, eh?»
Lui le sorrise. «Così sembra. Prima però, cerchiamo di superare indenni questa notte.» E indicò la ciurma della Crocevia, che già si radunava al centro del ponte per la serata. Kate ricambiò il sorriso con un velo di nervosismo, evidentemente assai meno sicura verso quella parte del piano. Ciò nonostante lo seguì, lì dove lo spettacolo vero e proprio stava per cominciare.
Eco pensava che, di tutto il piano, quello fosse certamente il momento più delicato. Se volevano lasciare la nave di nascosto, senza allertare anzitempo la ciurma della scomparsa del suo prezioso carico, dovevano agire quando tutti già dormivano, assicurandosi che nessun suono fosse in grado di destare i marinai prima del momento opportuno. Per questo, CJ aveva proposto di coinvolgere gli uomini in una serata di meritati divertimenti dopo la battaglia, un misto di birra scadente e gioco d’azzardo che nemmeno il capitano Morven si era sentito il cuore di rifiutare loro.
D’altronde, erano tutti tanto prostrati dagli eventi da avere davvero bisogno di svago e già l’halfling si stava dando da fare ad allestire un banco per le scommesse e i giochi di carte, dal quale avrebbe pilotato anche le bevute conseguenti a ogni certa sconfitta.
La cena venne servita poco dopo e la discutibilità del rancio divenne presto un aspetto a loro favore. Con il cuoco fuori uso per le ferite, non rimarginatesi del tutto con estremo rammarico di Jord, i marinai furono costretti a condire il pasto di abbondanti sorsate di birra, esattamente ciò che i viaggiatori avevano previsto e desiderato. Nemmeno la ciurma di De Bras venne estromessa da quel pasto e presto anche sottocoperta si levarono dei canti se non euforici, almeno leggermente meno frustrati rispetto al pomeriggio precedente.
Poco dopo, con gli stomaci pieni e le teste leggermente ronzanti, i marinai si divisero tra chi trovava irresistibile una partita a carte atta a scommettere fino all’ultima moneta della propria paga, dimenticando magari al contempo ciò che era accaduto qualche ora prima, e chi invece preferiva farsi cullare da una buona storia, nel chiarore delle lanterne issate sulle murate a proiettare ombre lunghe e misteriose.
A Daniel spettò il compito di allietare la notte con trucchi di magia e racconti e appena i piatti vennero ritirati insieme al calderone ormai tiepido, lo stregone prese posto davanti all’albero maestro e diede il via a un poetico resoconto di una spedizione nell’oscurità, in cerca di un bambino perso nei meandri della tana di un temibile e vorace drago. La sua voce, arricchita di sfumature magiche e affascinanti, attirò irrimediabilmente parte dei marinai che non si erano lasciati prendere dal gioco, e li spinse a sedersi davanti a lui per allontanare la mente dal viaggio e dalla fatica.
Pochi passi più in là, anche Dad diede il suo contributo, condendo la notte di leggende sul deserto per tutti coloro, tra i marinai, che alle avventure nei sotterranei preferivano le storie antiche e colme di mistero.
Eco e Kate si unirono alla folla e finsero di farsi coinvolgere dai racconti finché, come d’accordo, qualche ora dopo Spock non li raggiunse sul ponte e diede loro una piccola fiala, preparata sottocoperta lontano da sguardi troppo curiosi. Conteneva un liquido leggermente ingiallito, estratto da alcune erbe recuperate dal druido sulla strada per Riverwood, e il mezz’elfo e la marinaia si prodigarono nel correggere con discrezione tutti i boccali di coloro che, quella notte, avevano bevuto poco o nulla in previsione di un turno di guardia o di manovra.
Nel frattempo, Ben e Jake provvidero a distrarre il comandante, cenando con lui nella sua cabina e assicurandosi che lo stesso trattamento fosse riservato al suo ottimo vino d’annata, speziato con maestria dal ranger dopo aver ricevuto la medesima fiala durante una tattica pausa all’aria aperta.
Quando infine l’alcol, i racconti e la leggera correzione del druido fecero il loro effetto, i marinai si ritirarono uno dopo l’altro sottocoperta, lasciando i loro compagni del turno di notte altrettanto storditi e debilitati. Anche gli avventurieri si ritirarono, mantenendo l’apparenza di stanchezza comune a tutte e due le ciurme. In pochi minuti, anche i più tenaci tra i marinai vennero avvolti dalle spire del sonno e sulla nave calò un silenzio morbido e vellutato. Con grazia, la Crocevia continuò a rollare imperturbabile sul pelo dell’acqua, sospinta adagio dalla brezza.
Sporto il capo fuori dalla loro cabina e constatate le condizioni della nave, Eco sorrise, soddisfatto. «Missione compiuta» sussurrò, a beneficio dei compagni in attesa dietro di lui. Avevano già recuperato tutto l’equipaggiamento ed erano pronti, riuniti al centro della stanza. «Sembrano dormire alla grossa tutti quanti.»
Jake annuì e si rivolse piano agli altri. «Bene. Io e CJ facciamo un rapido giro di controllo per esserne certi, voi iniziate a recarvi alle scialuppe.»
«Posso aiutarvi» mormorò ancora Eco, recuperando l’equipaggiamento lasciato nella cabina e assicurandolo al corpo perché non producesse alcun rumore. Indosso aveva di nuovo la sua armatura, stretta affinché neanche un gemito sfuggisse alla giunture in cuoio.
Il ranger lo osservò con attenzione, come a volerlo misurare ed Eco non sfuggì a quell’analisi. Sorrise con sicurezza, invece, finché l’uomo non annuì ancora. «Va bene, vieni con noi.»
Raggiunti da CJ, i due fecero per voltarsi e avviarsi, ma la voce di Daniel li richiamò. «E il cavallo?» domandò lo stregone, in tono basso e perplesso. Il volto contratto in una smorfia dubbiosa, sembrava aver realizzato solo in quel momento che avrebbe dovuto abbandonare lì la sua cavalcatura.
Com’era immaginabile, Ben scrollò le spalle e rispose con fastidio. «Resta qui.»
Ma Daniel scosse il capo e guardò con astio il guerriero, incrociando le braccia per enfatizzare la sua determinazione. «Non lascio qui Ombromanto. Lo portiamo con noi.»
Spock sospirò. «Spero tu voglia scherzare. Non puoi far salire un cavallo su una scialuppa.»
«Invece sì, che posso» ribatté lo stregone, osservando i compagni a uno ad uno quasi a sfidarli a contraddirlo. «E lo farò.»
Jake gemette. «Daniel, non abbiamo tempo per queste sciocchezze. E poi dobbiamo muoverci silenziosamente e un cavallo è tutto fuorché silenzioso.»
Anche Jord arrivò in soccorso del ranger, posando con cautela una mano sulla spalla dello stregone e parlando con fare amichevole. «Daniel, Jake non ha tutti i torti. Abbiamo bisogno di lasciare questo posto senza essere uditi, non credo che Ombromanto...»
«Sono sicuro che sia in grado di muoversi piano, se guidato nel modo corretto» mormorò però lo stregone, scostando la spalla per allontanarsi dalla condiscendenza del chierico. «E se temete di essere scoperti, allora avviatevi. Ci sono tre scialuppe, sono oltremodo in avanzo. Prendetene due e lasciatemi la terza, porterò fuori Ombromanto anche senza il vostro aiuto.»
Eco notò i muscoli del guerriero tendersi, il cipiglio di Jake estendersi e lo sguardo di Dad farsi perplesso, ma non disse nulla e così fecero anche i compagni. Si limitarono chi a scuotere il capo, chi a sospirare, e poi uscirono a gruppi, sperando ognuno in cuor suo che gli zoccoli del cavallo non sarebbero risuonati sulle travi destando l’intero equipaggio.
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