Capitolo 16. Sincerità - Parte Prima
Grazie all'assistenza pronta di Jord, Daniel si risvegliò poco dopo la fine della battaglia. Aprì gli occhi in una delle cuccette riservate ai marinai, circondato da un odore aspro e pungente che non era in grado di riconoscere. Sopra la sua testa, una rete pendeva storta, macchiata in più punti e ingiallita dal tempo e dall'utilizzo. La osservò confuso, poi ruotò il capo e fece vagare lo sguardo sul luogo in cui si trovava. Era sottocoperta, ancora a bordo della nave. Percepiva il dolce rollio dello scafo e riconosceva in quell'ambiente chiuso disseminato di cuccette il luogo in cui riposava abitualmente la ciurma di Morven. Riuscì a individuare Jord, chino su uno dei marinai. Intorno a lui, alcuni uomini gemevano, per venire poi rassicurati dalle parole del chierico, che si spostava da l'uno all'altro per prestar loro soccorso.
Per qualche momento, Daniel faticò a mettere a fuoco i dettagli di ciò che era successo. I ricordi della battaglia erano confusi, sfocati: la spada di De Bras a un soffio dal suo viso, la passerella che si inclinava pericolosamente e un urlo, selvaggio e familiare eppure sbiadito, perso al limite della sua coscienza.
Dovette abbandonare quasi subito quel tentativo di ricordare, perché la testa gli doleva e gli provocava una non tanto vaga sensazione di nausea. Cercò piuttosto di comprendere le sue condizioni, ascoltando il proprio corpo e percependolo tirare e gemere tanto che pareva essere stato investito da un animale inferocito. Tentò di muoversi e un leggero mugugno gli sfuggì dalle labbra, attirando il chierico al suo capezzale.
«Cerca di non muoverti, le ferite si sono rimarginate quasi tutte ma rischi di farti male» mormorò Jord, chinandosi sulla brandina in cui era stato fatto sdraiare.
«Cosa... cosa mi è successo?» gracchiò lui in risposta, la gola tanto secca da fargli male. Desiderava ardentemente dell'acqua, ma non riuscì a esprimere la sua richiesta. Non gli sfuggì, però, che il chierico arrossiva. «Sei stato ferito durante il combattimento.»
«Da chi?» Per qualche motivo, quella domanda gli pareva essenziale. La sensazione dell'asse che tremava tornò a galla, insieme al ricordo di un panico quasi viscerale.
Anziché rispondere, Jord si volse e afferrò una brocca dal pavimento, che gli avvicinò al viso. «Bevi piano, il tuo corpo ha bisogno di tempo per abituarsi alle cure.» Lui bevve, l'avida sete trattenuta solo dalla cauta fermezza del chierico. «Sei svenuto poco prima che la battaglia terminasse» continuò Jord, riponendo l'acqua al suo capezzale. «Abbiamo preso prigionieri i due chierici del dio del fuoco, Ben e gli altri stanno scendendo sottocoperta per interrogarli.»
«Voglio partecipare» mormorò lo stregone, saggiando il funzionamento dei muscoli con un leggero movimento della schiena. Tirarono e gemettero, ma riuscì a sollevarsi un poco. Il chierico gli si fece subito vicino, le mani sulle spalle per riaccompagnarlo adagio in posizione supina. «Stai giù, non sforzarti. Ho fatto il massimo che ho potuto, ma le ferite erano gravi e non avevo abbastanza energie. Dovrai rimetterti con le tue forze e non affaticare il corpo, almeno fino a domani mattina.»
Lui sbuffò. «Sto bene, voglio assistere all'interrogatorio» disse, in tono molto meno deciso di quanto avrebbe desiderato. La testa non voleva saperne di smettere di girare e questo non aiutava certo a risultare convincente.
Infatti, Jord stese appena le labbra in un sorriso. «Mi piacerebbe credere che tu ti sia rimesso tanto in fretta, ma temo non sia possibile. Il taglio era profondo, ha reciso diversi muscoli e hai perso molto sangue. Anche con la benedizione di Pelor, la guarigione richiederà almeno una notte di totale riposo.»
«Bene» annuì lo stregone, risollevando la schiena. Questa volta riuscì a mettersi seduto, con solo una smorfia dolorosa d'accompagnamento. «Vorrà dire che questa notte dormirò come un bambino. Ora però desidero essere presente.»
Jord sospirò. «Daniel...»
Ma lui scosse il capo. «Non ti sto chiedendo il permesso, Jord.» Trattenne un'altra smorfia, quando la schiena si lamentò. La gola raschiava ancora, ma ora almeno riusciva a parlare. «Avrete bisogno del mio aiuto per estorcere a quegli uomini più informazioni possibili, e lo sai bene anche tu. E poi, voglio vedere in faccia i responsabili di tutto questo.» E indicò se stesso, vestito solo dei calzoni, il petto ancora fasciato dalle bende umide e il viso stravolto, dolorante.
«Ecco, a questo proposito...» mormorò Jord, evidentemente in imbarazzo.
«Cosa? Non possono che essere stati loro, la ciurma di De Bras era occupata, e...» cominciò Daniel, ma poi si arrestò. Il ricordo della passerella che tremava tornò a galla, così come l'espressione terrorizzata del capitano della Valchiria. «Jord?» mormorò lo stregone, ma prima che il chierico potesse rispondere, tra i frammenti di memoria riemerse l'impronta della voce di Ben, chiara e nitida nel caos della battaglia. «Non ci posso credere!» esclamò Daniel, lasciando cadere alla svelta i piedi giù dal giaciglio. Senza nessun riguardo per il suo corpo, che questa volta gli mandò una fitta tanto forte da lasciarlo boccheggiante.
«Daniel, è stato un incidente...» provò a balbettare Jord, cogliendo al volo la comprensione negli occhi del compagno. Ma lo stregone scuoteva già il capo, incredulo. «È stato Ben! Come può essere così idiota da pensare di precipitarsi addosso a un nemico anche quando ha un compagno davanti a sbarrargli la strada?»
Jord balbettò. «Be', dice... dice che ti ha avvisato, ma che purtroppo non hai fatto in tempo a spostarti, e...»
Daniel lo freddò con lo sguardo. «Certo che non ho fatto in tempo, cosa pensava che facessi, che volassi? Non c'era lo spazio per entrambi! E poi avevo la situazione sotto controllo, era solo questione di tempo prima che...» Si arrestò. Nonostante la rabbia, che bruciava quasi quanto i rimasugli della ferita, lo stregone non era capace di ultimare quella frase. Era ben conscio di essersi trovato in una posizione difficile, in bilico sulla passerella con la spada di De Bras a un soffio dal suo viso. Ma questo di certo non scagionava il guerriero dalla sua stoltezza. Come aveva potuto pensare che fosse un'idea saggia? E soprattutto, cosa aveva in testa lui, quando aveva deciso di assumere al suo servizio quella grossa montagna di muscoli?
«Daniel, ti prego, cerca di calmarti» esclamò Jord, ancora in difficoltà. Lo stregone lo ignorò. Con una mano sul giaciglio per aiutarsi, si alzò, accogliendo quasi con piacere la vertigine che accompagnò quel gesto. Almeno era ancora in grado di stare in piedi. «Dov'è la mia tunica?» chiese, con fare sbrigativo.
Jord sospirò, conscio di essere impotente. «È piegata lì» mormorò, indicando il fagotto di stoffa ai piedi del giaciglio. «Ma è sporca e distrutta, non credo potrai...»
«Questo è da vedere.» Lo stregone mosse due passi cauti, poi un altro per arrivare ai suoi vestiti. Afferrò la tunica e la guardò con contrarietà: un taglio la percorreva da una spalla al fianco opposto, rendendo ancora più nitido, nella mente del mezz'elfo, quanto dovesse essere stata grave la ferita sul suo corpo. Allontanò il pensiero, scuotendo il capo e richiamando alla mente le parole di un'invocazione. Comprendendo la sua intenzione, Jord mormorò. «Daniel, sarebbe meglio aspettare, potresti peggiorare...»
Ma lui di nuovo evitò di dargli retta. Sussurrò alcune parole e schioccò le dita, sentendo la familiare vena magica ripercuotersi suoi muscoli, riscaldare il corpo e condensarsi nelle mani. Il corpo gemette ancora, il fiato si condensò, e per un attimo lo stregone temette di aver esagerato, sottoponendosi a quella prova nelle sue condizioni. Ma come era arrivata, la sensazione di disagio svanì, mentre le fibre della stoffa che ancora teneva tra le mani si ricucivano, e il sangue scompariva, riportando la tunica al suo pervinca naturale.
«Molto meglio» esclamò lo stregone, mascherando il timore appena provato in un sorriso soddisfatto. Indossò la tunica, senza che Jord dicesse né facesse alcunché. Sentiva tutta la disapprovazione del chierico ripercuotersi su di lui come un'onda tangibile, ma ignorò anche quella, come aveva fatto con il resto. Quando si fu vestito, ed ebbe indossato anche gli stivali, si rivolse al compagno con apparente tranquillità. «Dove si tiene l'interrogatorio?»
Il chierico scosse il capo, con rassegnazione. «Nei nostri alloggi. Hanno portato lì i chierici per tenerli separati dal resto dell'equipaggio.»
«Be', gli è andata decisamente meglio che a me» disse Daniel, affiancando il compagno. «Almeno lì non si sente questa puzza terribile.» E cominciò a camminare verso l'uscita, tra i lamenti di chi, al contrario suo, ancora non aveva beneficiato delle cure del chierico.
«Daniel...» lo richiamò Jord, quando lui era già arrivato all'uscio.
Lo stregone si voltò. «Che c'è, Jord?»
L'altro lo guardò negli occhi, cercando sul suo volto tracce di rabbia. «Lo sai, vero, che è stato un incidente?» domandò, in un sussurro.
Anziché rispondere, lo stregone alzò le spalle. «Ci vediamo dopo. In bocca al lupo con quei feriti.» E lo lasciò lì, a domandarsi cosa sarebbe successo tra lui e Ben, da lì a poco.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top