Capitolo 15. Verità - Parte Seconda

Una serie di passi indistinti rieccheggiò sul ponte, mentre gli uomini di Morven, sotto la guida di Ben, si adoperavano per prestare soccorso ai feriti. Per qualche secondo, Jake mantenne il silenzio, lasciando che gli ordini gridati a mezza voce e lo scalpiccio dei numerosi stivali fossero gli unici suoni a circondarli. E in quel lasso di tempo, si domandò quali altre stranezze riservasse quella giovane. Come poteva essere cresciuta a stretto contatto con il culto ed essere, nonostante tutto, così diversa dai membri che lui e i compagni stavano imparando a conoscere? Era così brava da ingannarlo platealmente o era davvero sincera e non portava alcun segno del fanatismo dei chierici del dio del fuoco?

Prima che potesse chiederle alcunché, però, Kate si schiarì la voce, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. «Come sta il vostro amico?» gli chiese, facendo vagare distrattamente lo sguardo lungo il ponte. «Ho visto che non era messo molto bene, dopo il combattimento.»

A Jake sfuggì un sospiro. «Si riprenderà. Jord sa il fatto suo, sono sicuro che le ferite si rimargineranno presto... almeno, quelle fisiche.»

Lei annuì. «Capisco.» Poi si interruppe, quasi non sapesse bene cosa aggiungere a quello scambio. Dopo qualche secondo, mormorò. «Sono davvero dispiaciuta che vi siate trovati in mezzo a tutto questo.» Il ranger la osservò, leggendo la verità di quelle parole negli occhi velati, nelle mani che tremavano leggermente, nei piccoli scatti che le tendevano la mascella.

Le sorrise con spontaneità. «Non preoccuparti, eravamo già dentro questa storia da tempo.» In quel momento, Jake realizzò di provare una naturale e irrazionale simpatia per quella strana ragazza. Non sapeva perché, ma non era disposto a credere che avesse cattive intenzioni. Non aveva affatto l'aspetto di una spia, né tantomeno di un'ingannatrice. I capelli le vorticavano intorno al viso, nascondendo a tratti il livido nitido che ne segnava una guancia. Gli occhi del ranger vi si soffermarono qualche secondo, incuriositi. «Cosa ti è successo?» le domandò, con un cenno del capo nella sua direzione.

Kate scrollò le spalle. «Una fuga mal riuscita. Un utile monito di quanto sia importante essere preparati, quando si compie un'impresa impossibile.»

«Parole sante.» Un altro sorriso e Jake sentì la cicatrice tirare leggermente per effetto del sole. Non gli sfuggì l'occhiata che la ragazza rivolse a quel segno sul suo viso, quasi vi cercasse un parallelismo con il viola che le segnava la gota. Non seppe dire se lo trovò, perché lei si limitò a rispondere. «Essenziali, quando si vuole sopravvivere.»

A quel punto, la curiosità del ranger aumentò, insieme alla voglia di metterla alla prova. «Posso chiederti come hai fatto diventare quella che sei?» gli sfuggì.

Lei corrugò la fronte. «Cosa intendi?»

Posando adagio la schiena alla murata del cassero, Jake si spiegò. «Hai detto che sei figlia di un fanatico del dio del fuoco, cresciuta presumo con un'educazione simile a quella degli altri membri del culto. Come mai ne rifiuti i dettami?»

Invece che rispondere, Kate si voltò e osservò il fiume, sprofondando in riflessioni che il ranger non era in grado cogliere. Lui si limitò ad attendere, conscio che di lì a poco avrebbe dovuto abbandonare quella conversazione per tornare dai compagni. Ne udiva il vociare teso a pochi passi di distanza e sentiva di essere atteso, poiché sapeva che avrebbero desiderato il gruppo al completo, per interrogare il capitano della Valchiria e i due chierici prigionieri. Eppure non riusciva a imporsi di rimandare quella conversazione. In qualche modo, sentiva che quella giovane era la chiave per comprendere ciò che era accaduto poco prima. Così rimase in attesa, lasciandole tempo e spazio e concedendosi di ammirare a sua volta la distesa d'acqua, sulla cui superficie il sole giocava regalando riflessi argentei e bagliori dorati.

Dopo qualche minuto, lei finalmente si riscosse. «Non riesco neanche a immaginare un mondo come quello in cui crede mio padre, sai?» Fu un sussurro, ma Jake lo colse lo stesso e portò ancora una volta lo sguardo su di lei, in tempo per sentirla continuare. «Un mondo nel quale il più forte vince sul più debole, dove la crudeltà è l'unica moneta di scambio ammessa. Non riesco a immaginarlo e lo respingo con tutta me stessa.»

Kate si voltò verso di lui, negli occhi una tristezza profonda e perfettamente riconoscibile. «Quando ho capito di non poter accettare la visione di mio padre, ho compreso che la mia vita sarebbe stata tutt'altro che facile. Un uomo come lui non si ammorbidisce neanche davanti a sua figlia, te lo garantisco. Sapevo che avrebbe fatto di tutto per piegarmi al suo volere, il matrimonio è solo l'ultima delle scelte che gli erano rimaste.»

«Il matrimonio?»

Lei annuì. «È lì che stavamo andando. La Crocevia doveva portarmi sul luogo delle mie nozze: Stormville. È per questo che non voglio arrivarci. Non ho nessuna intenzione di incontrare l'uomo che mio padre ha scelto per me.»

«Quindi ti ha data in sposa contro la tua volontà? Perché non riusciva a piegarti?» chiese Jake, nella voce un'incredulità spontanea e per nulla celata. Sapeva che i matrimoni combinati erano una realtà ancora esistente, su Irvania, eppure non conosceva nessuno che vi fosse stato sottoposto. Era una prerogativa delle classi nobili, qualcosa di completamente estraneo alla sua esperienza e ai suoi costumi.

Per la ragazza, invece, sembrava essere del tutto normale. Si limitò ad alzare le spalle con noncuranza. «Una volta fallito l'addestramento e l'indottrinamento, gli restava solo il matrimonio. Sicuramente non mi avrebbe tenuta nella sua casa, dopo che mi sono rifiutata di rivolgermi ancora al dio del fuoco.»

Questa volta, Jake inarcò le sopracciglia. «Ancora?»

«Sì» ammise lei, più cauta. «Sono stata educata da chierica di Dóiteáin, come mia sorella. Ma al contrario suo, il dio del fuoco non mi ha mai parlato. Probabilmente si è reso conto subito che non ero la persona giusta. O forse, ha percepito il mio odio anche a distanza.»

Una sottile stilla di preoccupazione invase il ranger, che si trovò ad analizzare minuziosamente la giovane in cerca di qualcosa che lui stesso non aveva affatto chiara. Forse, i segni di una precedente comunione con il dio; o ancora, una risposta alla domanda che aveva iniziato a ronzargli in testa alle parole di lei: chi dei due aveva rifiutato l'altro per primo? Kate era davvero mossa da sentimenti troppo buoni per lasciarsi guidare da una divinità malvagia o era stato Dóiteáin per primo a rifiutare un'adepta magari mediocre?

Non che la risposta a quella domanda avrebbe cambiato chissà quanto cose, a quel punto. La giovane sembrava schierata apertamente contro il dio e forse non spettava a lui comprendere quale fosse la radice del suo odio, se il rifiuto subito o una presa di coscienza. Eppure sentiva che, per lui, avrebbe fatto la differenza, saperlo.

Ma non ebbe l'occasione di approfondire quella faccenda. Saltellando per il ponte, CJ si avvicinò a loro con la consueta allegria, gli occhi brillanti di chi si sta palesemente divertendo, nonostante tutto. «Scusate se interrompo le chiacchiere, fratelli... anzi, fratello e sorella.» E strizzò l'occhio a Kate, strappandole un'inevitabile sorriso divertito e cancellando in parte la tristezza che pareva ammantarla. Poi tornò a rivolgersi a Jake, con finta espressione seria. «A quanto pare i nostri pesci si sono svegliati e CJ non vede l'ora di scoprire che ci facevano sulla nostra nave!»

«I nostri pesci?» chiese Kate, confusa.

Lui le sorrise con orgoglio. «Certo, i chierichetti finiti nella nostra rete poco fa. Jord li ha rimessi in sesto abbastanza da farli parlare e sono sicuro che vorrai interrogarli per bene anche tu.»

L'ultima parte della frase era rivolta a Jake, che annuì con un filo di rammarico. Avrebbe dovuto rimandare la conoscenza della ragazza a dopo. «Va bene, andiamo» rispose comunque, voltandosi poi verso Kate con naturalezza. «Per quanto mi riguarda puoi assistere all'interrogatorio, se vuoi. Sono sicuro che anche gli altri saranno d'accordo.»

Lei però scosse il capo. «Preferirei di no. Resto a vostra disposizione, ma meno li vedo d'ora in poi, meglio è.»

«Ti capisco, sorella. Anche io li trovo alquanto sgradevoli, con quegli occhietti piccoli e quegli sguardi inquietanti» le rispose subito CJ, muovendosi con irrequietezza sul ponte. Era chiaro che, dal canto suo, quella sgradevolezza non gli avrebbe affatto impedito di godersi l'interrogatorio. Fremeva dalla voglia di scoprire qualcosa in più sul culto e, sospettò Jake, anche di capire se da quella faccenda ci sarebbe stato qualcosa di concreto da guadagnare.
Lui, invece, desiderava solo ottenere delle risposte, ma temeva che sarebbe stato tutt'altro che facile.

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