Capitolo 11. Destini Incrociati - Parte Seconda

La notte discese, placida, sul fiume argentato. I membri della ciurma si ritirarono sottocoperta uno dopo l'altro, soddisfatti di aver goduto del fresco e degli allegri canti condivisi con i compagni. Sul ponte della Crocevia rimasero solo gli avventurieri, che si divisero equamente l'onere di vigilare sulla nave addormentata per le ore restanti. Anche il giovane mozzo misterioso scese dabbasso e ben presto il druido ne archiviò il ricordo, con indifferenza. Qualunque cosa si celasse dietro quella voce triste non lo riguardava e una volta saziata la curiosità, Spock tornò a concentrarsi sulla distesa scura intorno a lui, che rimase pacifica per tutto il resto della nottata.

Quando il cielo cominciò finalmente a tingersi di morbide sfumature rosee e l'umidità prese a ritrarsi, adagio, in favore del tepore dell'aurora, la vita sulla Crocevia si riaccese a poco a poco e ben presto l'aria fu nuovamente satura di grida e passi frenetici sulle travi lisce del ponte.

Poco dopo l'alba, anche Morven risalì sopraccoperta e raggiunse il timoniere sul cassero. Qualche minuto dopo, gli avventurieri lo videro indicare con preoccupazione il profilo dei monti all'orizzonte, sotto il quale potevano già intuirsi i primi segni della presenza del deserto. Da quello che riuscivano a cogliere del dialogo tra i due, sembrava che il paesaggio sarebbe mutato a breve, e che i verdeggianti prati incolti che ancora sfilavano accanto alla nave sarebbero presto scomparsi in favore di una distesa di sabbia calda e priva di vita.

«Sembra temere parecchio questo deserto» mormorò Ben dalla murata di babordo, facendo un cenno ai compagni.

Jake annuì. «Non ne so molto, ma da quello che si dice è un posto nel quale nessuno avrebbe davvero il piacere di finire. Suppongo che il capitano tema la possibilità di dovervi sbarcare per un imprevisto. E come dargli torto? Sole a picco e niente acqua per chilometri. Decisamente non la migliore località di villeggiatura.»

«Non è solo questo.» Spock scosse il capo, distogliendo lo sguardo dal paesaggio per rivolgerlo ai compagni, seduti quasi tutti intorno a lui. «Non è un luogo comune, lo avverto chiaramente anche a questa distanza.»

«Sono molte le leggende che ne parlano» esordì il nano, schiarendosi la gola. Nessuno lo interruppe, poiché tutti bramavano di sapere a cosa sarebbero andati incontro di lì a poco. Sette paia di occhi si concentrarono dunque sul suo viso, in attesa. «Alcune raccontano che proprio a causa del deserto sia stato eretto il muro che divide le terre naniche dal resto del continente; si dice che la pietra sopravviva alla sua nefasta influenza grazie alle più potenti tra le magie conosciute su Irvania. E poi c'è chi, invece, sostiene che il muro stesso sia la causa di quella desolazione.»

«Quest'ultima ipotesi mi è nota» intervenne Jord, seduto con la schiena alla murata e le gambe distese verso i compagni. «A Ileyn si dice che il muro eretto dall'antico popolo abbia prosciugato la terra dei dintorni, lasciandovi solo rocce e sabbia. Ma l'ho sempre trovata una teoria bizzarra, a dirla tutta.»

«Come può un muro prosciugare la terra?» chiese Jake, perplesso. «E perché mai qualcuno avrebbe dovuto erigerlo a tale scopo?»

«Si racconta una storia particolare, dalle mie parti» rispose il nano, osservando poi il resto del gruppo in attesa di una conferma per poter andare avanti. La ottenne. Mettendosi più comodo, a gambe incrociate e con il busto sollevato, Dad cominciò a raccontare.

«Si dice che un tempo regnasse sul trono di Arfnar un re avido e potente. Molto prima della Grande Guerra e dell'Era delle Razze Unite, migliaia e migliaia di anni orsono, egli teneva sotto il suo controllo quasi tutti i territori che ancora oggi guardano al grande Mare del Nord; il suo dominio era esteso e assoluto, riconosciuto da ogni clan dei nani di Irvania. Ma egli, si narra, era anche tanto paranoico da temere che un giorno qualcuno dall'esterno sarebbe venuto a derubarlo dei suoi possedimenti, e a sottrarre ai nani ciò che pensava spettasse loro di diritto. Così, fece chiamare a corte i migliori architetti e maghi del regno e commissionò loro un'opera fuori dal comune: un muro talmente alto che nessun invasore avrebbe mai potuto valicarlo; così imponente, da rendere vana qualunque arma d'assedio. E vi fece infondere la magia più antica e potente allora conosciuta, affinché ogni tentativo di espugnarlo diventasse vano. Ma opere di questo tipo esigono spesso un prezzo elevato, e la leggenda vuole che a pagare lo scotto furono le terre al confine con Arfnar, che vennero prosciugate per dar vita a quella meraviglia. Si dice che il muro esista da allora, e che nessuno fu mai in grado di penetrare quelle terre passandoci attraverso.»

«Che storia strana» commentò Ben, in piedi con la schiena poggiata alla parete della cabina del capitano. «Strana e poco credibile. Chi sprecherebbe tante risorse per tirare su un muro quando si può raggiungere Arfnar passando dal nord, dal mare?»

«Forse a quell'epoca erano pochi a saper navigare» suggerì Eco, che ascoltava il discorso dei compagni e intanto osservava l'operosità della ciurma che muoveva intorno a loro.

«Con grande probabilità si tratta solo di una leggenda, infatti» precisò Dad. «Ma è interessante vedere come molti hanno cercato di spiegare un evento così particolare e misterioso come la comparsa del deserto. E poi, sono convinto che in ogni leggenda alberghi sempre un fondo di verità.»

«Vera o no, CJ l'ha comunque trovata una storia bellissima!» ridacchiò l'halfling, che adorava sentirsi raccontare antiche leggende fin da quando era bambino.

«Anche secondo me era interessante» si aggiunse Jake, in piedi con le braccia posate alla murata e un occhio sempre vigile a ciò che li circondava. «Almeno dà un'idea di quanto antico sia quel muro. E il deserto di conseguenza. In tutte le leggende sono collegati?» chiese poi, rivolgendosi al nano.

Lui annuì. «Non ne conosco nessuna che li ipotizzi scollegati.»

«Anche nei miei studi li ho sempre trovati menzionati insieme. È una cosa alquanto interessante» disse Jord.

«Bah, dipende dai punti di vista» intervenne Daniel. Lo stregone sedeva sul bordo di una botte, e muoveva i piedi con nervosismo. Odiava stare fermo con le mani in mano e quella discussione lo stava trattenendo fin troppo. «In ogni caso, si tratta di fatti antichi, che non hanno nulla da spartire con quelli che ci interessano oggi. Io, da parte mia, spero solo di arrivare a Stormville al più presto, inizio a mal sopportare tutto questo ondeggiare.»

«Potrebbero...» cominciò Ben, ma una voce alterata lo distrasse.

«Ragazzo, ti vuoi muovere? Non abbiamo mica tutto il giorno!» gridò il nostromo qualche passo davanti a lui, e anche gli avventurieri si volsero, incuriositi.

Al centro del ponte, il giovane mozzo con cui Spock aveva parlato alcune ore prima stava trasportando un pesante barile sottocoperta, incitato dalle urla del nostromo che pareva non dargli tregua. «Dopo quella ti aspettano altre due botti, così impari a perdere tempo!» continuò il vecchio, mentre il ragazzo già spariva dentro la botola.

«Non vi sembra un po' strano, quel mozzo?» chiese Eco, che sedeva sulla murata e assisteva alla scena da ben prima che il nostromo urlasse e attirasse l'attenzione degli altri. Aveva infatti istintivamente seguito i movimenti del giovane per tutta la mattinata, incuriosito dal mondo in cui pareva sempre fuori posto; nonché dall'episodio che ricordava di aver visto alla taverna. I segni del colpo sul viso erano poco evidenti, ma la tristezza che aveva letto su quel volto sottile continuava a emergere ad ogni suo gesto. Lo aveva scorto a contemplare spesso il passaggio con uno sguardo malinconico, e l'ultima volta era stato notato anche dal nostromo, che per quello aveva deciso di metterlo a lavoro ancora più duramente.

«Non mi è parso così diverso dagli altri» rispose Daniel, lieto di cambiare argomento. «Cosa dovrebbe avere?»

«Non lo so...» mormorò Eco, passandosi una mano sulla peluria sottile e ordinata del volto e continuando a osservare la scena. Il mozzo era risalito sul ponte e aveva caricato in spalla un altro pesante barile, dimostrando notevole forza nonostante il corpo esile. «Ha delle fattezze particolari, atipiche. Qualcosa in lui non mi torna.»

«Forse è straniero» ipotizzò Jord, guardandolo a sua volta. A distanza, era difficile farsi un'idea precisa di quella figura anonima.

«Cosa ci trovi di strano?» chiese Ben, seguendo a sua volta i movimenti del giovane. Neanche lui, però, riusciva a trovarvi nulla di particolare.

«È solo una sensazione, è difficile da spiegare... Non mi convince del tutto. Anche il modo in cui l'equipaggio lo tratta. Sembrano trovarlo strano anche loro, come se non riuscissero a comprenderlo del tutto.»

«Forse perché non si aspettano una donna a bordo vestita da uomo» esclamò Spock con tranquillità.

«Cosa? Una donna?» mormorò perplesso il mezz'elfo con la piuma. «Ne sei sicuro?»

«Mai stato più certo di così.»

«Strano, una donna vestita da giovane mozzo» osservò Jake, cercando di scorgere nell'esile figura un segno di ciò che diceva il druido. «Non è una cosa che si vede poi tanto spesso.»

«Be', in qualche ciurma effettivamente donne se ne trovano. È raro, ma non impossibile» ammise Eco. Poi tornò a osservare la figura, in cerca anche lui di qualche segno rivelatore.

«In ogni caso, non si spiega perché finge di essere un ragazzo» continuò Daniel per lui. «Non c'è certo nulla di male a fare il marinaio, neanche per una donna.»

«In tempi antichi si pensava che portassero sventura alla nave» ribatté il nano. «Magari teme che la ciurma le si rivolti contro, se lo rivela.»

«Lo trovo difficile da credere» ribatté lo stregone. «Chissà se Morven è a conoscenza della sua presenza. Ha detto di fidarsi ciecamente della ciurma...»

«...eppure la donna non sembra andare d'accordo con gli altri. Come se fosse qui da poco» proseguì Eco, continuando con naturalezza il discorso del compagno. «Secondo voi ha qualcosa a che fare con il carico? Magari è stata mandata per sorvergliarlo e il capitano ha scelto di non informarci?»

Ben scosse il capo. «Non mi sembra il massimo arruolare degli uomini e non metterli a parte di tutti i dettagli del lavoro. Dovremmo sapere se possiamo contare su un'altra forza a bordo.»

Un'idea iniziava ad affiorare nella mente di Eco. «E se...» cominciò, ma un nuovo grido lo interruppe. Questa volta proveniva dalla coffa.

«Capitano, strana perturbazione avvistata a prua!» urlò il marinaio di vedetta, sbracciandosi per farsi notare dal cassero.

La voce del capitano si udì subito dopo. «Riporti i dettagli, marinaio» esclamò Morven, alternando lo sguardo dal marinaio in cima all'albero maestro alla direzione che questi indicava. Anche gli avventurieri si sporsero per osservare quello che la vedetta segnalava.

Oltre la prua, a diversi chilometri dalla loro posizione, il profilo delle prime dune si scorgeva su entrambe le sponde del fiume, anche se a tratti e reso sfocato da quello che pareva un banco di nebbia, che vi vorticava intorno. Le propaggini del deserto si mostravano in netto contrasto con gli ultimi cenni di campi verdeggianti, e nel punto in cui i due ecosistemi convivevano in aperta ostilità, quella strana nebbia copriva del tutto l'azzurro del fiume, nascondendo il percorso del Drago d'Argento.

«Sembra che una fitta nebbia si sia sollevata poco prima del Ponte di Mezzana, a circa 6 miglia da qui!» gridò il marinaio. «Fino a poco fa non c'era, si è alzata del tutto all'improvviso!»

«Timoniere, faccia rallentare la nave. Non voglio che la nebbia venga attraversata finché non comprendiamo di che si tratta» ordinò Morven. Poi, mentre il timoniere dava i comandi alla ciurma, scese rapido sul ponte e raggiunse gli avventurieri in poche vigorose falcate.

«Ci sono incantatori tra voi, dico bene?» chiese in tono imperioso.

«Sì, signore. Io, il druido e il chierico» rispose prontamente Daniel. Fremeva dalla voglia di mettersi in azione.

«Bene, voglio che analizziate quello strano fenomeno e mi diciate velocemente di cosa si tratta.»

Lo stregone annuì, poi mosse rapido verso prua, seguito da Spock e Jord.

«Suppone possa essere un'imboscata?» chiese Jake, pronto a scendere sottocoperta per recuperare il resto dell'equipaggiamento.

«Non lo escluderei» confermò Morven. «Ma finché non sappiamo se quella nebbia è magica, la nave da qui non si muove.»

«Capitano, se mi permette» cominciò Dad, attirando l'attenzione di Morven e dei compagni rimasti. «Quella sembra tutto fuorché una nebbia naturale.» E mentre lo diceva, il fronte nebbioso si mosse e assunse una forma squadrata, discendendo sull'acqua fino a coprire con precisione solo la zona del ponte, a diversi chilometri dalla loro posizione, e lasciando liberi gli argini intorno ad esso.

Ai lati, il deserto era ora di nuovo perfettamente visibile, e trasmetteva ancor più inquietudine accanto a quel fenomeno del tutto innaturale.

Davanti a loro si estendeva una barriera densa e completamente bianca, che sembrava invitarli a trovare il coraggio per attraversarla.

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