Il Gran Casino

C'erano la luna e un esercito di ombre. La baracca con la veranda cadente sembrava una sposa cadavere. Il velo lunare la ingabbiava. La cortina si gonfiava sotto le sferzate del vento. Una folata scalzò un lembo dall'intelaiatura e la cortina sbatacchiò nella notte.

«Quanto cazzo ti ci vuole?»

Sul retro della baracca c'era un terreno che correva fino ai boschi. La voce salì, portata in alto dal vento. In risposta alla domanda: «Ci vuole il tempo che ci vuole. Se hai tanta fretta, vieni a darmi una mano.»

«Ce l'hai tu l'unica vanga.»

«Puoi usare le tue cazzo di mani.»

«Ho appena fatto la manicure.»

«Cazzone.»

La testa della vanga affondava nel terreno e tirava su mucchi di terra. L'uomo nella fossa lavorava in modo svogliato. L'altro lo osservava e non era certo più entusiasta. Si era acceso una sigaretta e tirava profonde boccate. La brace pulsava come un occhio infernale.

«Di questo passo finisci in tempo per l'Apocalisse, quando il Vecchio Barbuto lo riporta in vita», disse il fumatore.

«Se anche succede, non penso che può fare tanta strada.»

«E perché?»

«Tu che dici? Gli ho fatto zompare la testa.»

«Ma il tizio alla tivù ha detto che non gli serve mica, la testa.»

«Che tizio?»

«Il capellone con la barba che zompa da un talk show all'altro.»

«Quel fuso di corteccia? Mica ci credi, alle stronzate che dice?»

Il fumatore fece una risatina. «Col cazzo.»

Buttò fuori una nuvoletta di fumo e ripensò al Saturday Night Live. Neanche un'ora prima aveva visto il capellone barbuto trasformare l'acqua in vino in diretta tivù, poi camminare sull'acqua di una piscina. L'acqua era trasparente e le telecamere avevano indugiato per più di un minuto sui sandali del barbuto. Se anche c'era una pedana doveva essere invisibile, perché il fumatore non aveva visto niente fuorché quei cazzo di sandali che lasciavano impronte sull'acqua.

Jimmy Fallon era rimasto a bocca aperta e il fumatore con lui. Quei prodigi serbavano di certo un qualche trucchetto da illusionista, ma non era tanto quel che l'uomo aveva fatto. Ciò che aveva dato da pensare al fumatore erano state le parole del barbuto. Fallon l'aveva fatto accomodare su una delle due poltrone e il barbuto aveva iniziato a blaterare. La telecamera lo marcava stretto e c'era stato un momento in cui gli occhi del barbuto avevano riempito lo schermo. Occhi blu come quelli di un mare caraibico. Il fumatore ci aveva letto dentro un fracco di robe che gli avevano smosso le viscere.

«Quello è solo uno che vende merda», disse lo spalatore.

«Già», fece il fumatore.

Erano tre settimane che quel tizio girava per tutte le tivù della nazione, farneticando di Amore, Verità e Porgi l'altra Chiappa (quest'ultima era una battuta dello spalatore). Tutte cose buone ma trite e ritrite, che alla maggior parte della gente scivolavano addosso. A nessuno fregava più un cazzo di quelle boiate. Il mondo andava a puttane. E il motivo era che molti usavano la Bibbia come supporto per tenere in equilibrio tavoli e seggiole sciancate. Qualcuno la teneva chiusa nel cassetto del comò. Anche il fumatore ne aveva una e, da quando il barbuto aveva iniziato il suo tour televisivo, aveva inspiegabilmente preso a sfogliarla.

C'erano robe mica da ridere in quel libro. Racconti che ti facevano drizzare i peli del culo. Come la storia di quel grosso pesce che ingoiava quel tizio, che poi restava intrappolato nello stomaco del mostro per giorni. O quella dell'Angelo della Morte che faceva fuori tutti i primogeniti. E poi l'Apocalisse, il Gran Casino, i morti che tornavano in vita e le Trombe del Giudizio.

A pensarci gli venivano i brividi.

Il barbuto ne aveva parlato al Saturday Night Live. Aveva detto che la Fine del Mondo era vicina.

«Come cazzo si fa a piazzare un tizio del genere davanti a una telecamera?» fece lo scavatore. «Stanno andando tutti fuori di zucca.»

Il fumatore si accorse di aver finito la sigaretta. La mente se n'era andata a zonzo per un pezzo. Gettò via la cicca. Lo scavatore saltò fuori dalla fossa e si scrollò di dosso il terriccio.

«Lavoro del cazzo», disse.

Prese il corpo che aveva ficcato in un sacco di tela e lo trascinò fino al ciglio della buca, gli mollò un calcio e lo guardò cadere nella fossa. Fissò il suo compare.

«Cosa? Vuoi un appuntamento?» chiese il fumatore.

«Voglio che riempi 'sta cazzo di fossa», disse lo scavatore.

«Perché? Stai facendo un lavoro coi controcazzi. Ѐ una cazzo di opera d'arte.»

«Riempi 'sta puttana», disse lo scavatore, e si allontanò.

Entrò in casa e chiuse la porta. Il fumatore si accese un'altra sigaretta, recuperò la pala e iniziò a riempire la fossa. Era arrivato quasi a metà quando l'altro venne fuori come un tornado.

«Jimmy, questa la devi vedere!» urlò, e schizzò dentro.

Il fumatore mollò la vanga ed entrò in casa. Trovò l'altro davanti alla tivù, come ipnotizzato. Lo schermo mostrava un tizio che galleggiava a mezz'aria. Aveva puntati addosso una ventina di riflettori che lo seguivano mentre saliva in cielo. Era nudo e aveva le braccia spalancate. La telecamera indugiò a lungo su quel prodigio. Lo scavatore e il fumatore fissarono lo schermo. Il barbuto schizzò in aria come se avesse un razzo nel culo. Le telecamere girarono in tondo per quasi un minuto, poi si udì un urlo. La camera inquadrò una folla che guardava per aria, e subito dopo l'inquadratura subì una virata.

Ora c'era la luna, gonfia come un bubbone. Al centro di quella perla ingiallita c'era una sagoma nera. Sembrava un crocefisso. Lo spalatore schizzò fuori di casa. Guardò in cielo e vide quello che la tivù gli aveva mostrato. C'era una sagoma nera che si stagliava contro la luna.

«Cristo...» mormorò.

Il fumatore si accorse che il cielo stava cambiando. Le stelle brillavano fulgide. Si erano come accese di colpo: una serie di minuscole lampadine sparpagliate sul velluto nero.

«Che diavolo...» mormorò il fumatore.

Poi il velluto cambiò colore. Da nero divenne magenta e infine rosso. La luna sembrava un grosso occhio di serpente, la sagoma nera a fare da pupilla. Una serie di lampi illuminò la notte rossa, e poi accadde. Il fumatore comprese ancora prima di vedere. Gli bastò udire.

Straaaaatch!

Forte come un tuono.

Una mano artigliò il ciglio della fossa. Una testa sbucò fuori. Il fumatore si accorse che era posata su una seconda mano, come la portata principale di una macabra cena. La mano lanciò la testa, che rimbalzò sul terreno un paio di volte, rotolò e si fermò a due passi dai piedi del fumatore. La mandibola fece su e giù. I denti schioccavano. Il fumatore fissò la testa. La voce del barbuto gli risuonò nel cervello.

Fine dei Giorni... Resurrezione della Carne... Trombe del Giudizio...

E il fumatore le udì. Trombe come cannoni. Tuonavano in cielo.

«Non può essere...»

Il cadavere si tirò fuori dalla fossa. Strisciò qualche metro, poi si sollevò su gambe tremolanti. I jeans strappati, la maglia col logo della Harley e il gilet di pelle... Il fumatore guardò il corpo senza testa deambulare. Era il tizio che avevano ucciso, non c'erano dubbi. I tatuaggi sugli avambracci nudi glielo confermarono.

Il morto traballò fino alla testa e si chinò a prenderla. Il fumatore era troppo sconvolto per fare alcunché. Restò a fissare il morto che sollevava la testa con le due mani, se la sistemava sul collo ed esercitava pressione. Per un momento il fumatore si convinse che ce l'avrebbe fatta ma, nel momento in cui il morto staccò le mani dalle orecchie, la testa si inclinò su un lato e cadde a terra. La mandibola fece su e giù in modo convulso.

Tactactactactactac...

«Jimmy! Sta succedendo un casino del cazz...»

Lo scavatore si interruppe. Era uscito in veranda per avvisare Jimmy del cielo e di tutto il resto, e ora guardava il morto, in piedi di fronte al suo compare, che raccoglieva la testa e provava di nuovo ad avvitarla sul collo. Si ripeté la scena di poco prima. Questa volta la testa rimase in equilibrio un po' di più, poi volò a terra. Il cadavere si incazzò. Agitò i pugni e saltellò come un indigeno lanciato in una danza intorno al fuoco. La testa fissò il fumatore. Gli occhi sprizzarono odio.

Prima che si rendesse conto di cosa succedeva, il fumatore si trovò le dita del morto intorno al collo. Afferrò i polsi morti, all'interno dei quali non circolava più sangue, e provò a schiodarseli di dosso. Il morto strinse più forte. Il fumatore boccheggiò. Quel bastardo era forte. Il fumatore guardò a sinistra e vide lo spalatore. Impugnava una pistola e la puntava contro il morto. Provò a dirgli di sparare a quel figlio di puttana senza testa, ma l'altro lo anticipò. La pistola ruggì e aprì tre buchi sul petto del morto. Non servì a un cazzo. La presa non perse vigore. Il morto vibrò appena. Lo spalatore sparò ancora. Stesso risultato. Guardò il fumatore come a dire: che cazzo faccio? L'altro boccheggiò e guardò in basso. Lo scavatore seguì la direzione dello sguardo e si accorse della testa. La mandibola faceva su e giù e gli occhi sprizzavano fuoco. Lo scavatore fece un passo indietro.

«Che cazzo...» mormorò.

Spianò la pistola e aprì un buco nel mezzo di quegli occhi infernali. La mandibola si fermò, gli occhi mostrarono il bianco. Le braccia del morto si afflosciarono, il resto del corpo pure. Il fumatore tornò a respirare. Si chinò, le mani sulle cosce, tossì e prese aria.

«Che cazzo succede?» urlò lo scavatore.

Il fumatore si mise dritto. Aveva segni di dita sulla gola. Puntò l'indice verso il cielo. Lo scavatore alzò il mento e vide il cielo rosso, gonfio di stelle pulsanti, e la luna come un occhio di serpente. La pistola gli cadde di mano.

«Cristo santo...» mormorò.

Il barbuto, le sue farneticazioni e i suoi trucchetti da prestigiatore... Quel tizio non era un semplice schizzato con un ascendente magnetico, era...

Un lampo illuminò il cielo. La terra tremò e si squarciò in prossimità della baracca. L'abitazione si inclinò su un lato e, quando lo squarcio la raggiunse, ci scivolò dentro.

«Che cazzo succede?» urlò lo scavatore.

«La Fine del Mondo», mormorò il fumatore.

Una specie di barrito esplose in cielo. Il fumatore e lo scavatore guardarono in alto. Dal rosso emerse una mano grossa quanto un pianeta.

Dio... pensò il fumatore.

La mano si allungò verso la forma scura. Le dita titaniche la cinsero, si chiusero come petali di un fiore che sbocci al contrario e si ritirarono, sparendo nel rosso. Poi il Gran Casino. Dal rosso emersero quattro bestie simili a cavalli, gigantesche e scheletriche. I cavalieri che le montavano erano grossi quanto la baracca con la veranda cadente e avevano l'aspetto di zombie. Si sparpagliarono tirando briglie di fuoco e ululando. Il fumatore li vide di sfuggita, ma quel poco che vide bastò a ingrigirgli le tempie.

Iniziò a piovere. Proiettili d'acqua. Lo scavatore aprì il palmo e lo vide tingersi di rosso.

«Cristo...» mormorò.

Il mondo si tinse del colore del sangue. Una cortina semovente avvolse tutto. Uno sciame di fuoco solcò il cielo lasciandosi dietro code vermiglie, come strascichi di spose infernali. La terra borbottò e una crepa si aprì a pochi metri dal fumatore. Dalla spaccatura emerse una faccia tonda e verdognola, grossa come il culo di un elefante, dai tratti distorti. Gli occhi non erano allineati, il naso pendeva a destra, le labbra tirate fin sotto i lobi delle orecchie. Il fumatore svenne all'istante. Lo scavatore invece restò cosciente e vide emergere il resto di quell'essere. Era gigantesco e nudo. Aveva una minuscola coda, in corrispondenza dell'osso sacro, dalla punta forcuta.

Quell'essere – una via di mezzo fra un Picasso e un Adamo infernale – si tirò fuori dal crepaccio e restò lì, a ciondolare assieme alla proboscide che aveva tra le gambe. Sorrise. Pochi denti ma ben affilati. La pioggia di sangue lo colorava di rosso.

Il fumatore fece un passo indietro e urtò il suo compare. Guardò in terra e vide la pistola. Si chinò a prenderla, la spianò verso l'essere e svuotò il caricatore. Da quella distanza era impossibile mancarlo, eppure il mostro non fece una piega. Continuò a sorridere. Poi allungò la mano e afferrò il fumatore prima che questi riuscisse a schizzare via, lo sollevò e con un morso gli staccò la testa. Il fumatore scalciò per qualche attimo, poi si afflosciò.

Il mostro gettò via il corpo senza testa e si fiondò sullo scavatore.

La Fine del Mondo era iniziata.

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