Warning! Questa storia contiene scene di sesso esplicite fra due individui di sesso maschile. Se il genere non è di vostro gradimento, non siete obbligati a leggere.
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Stavo tranquillamente camminando per le vie di Holmes Chapel quando vidi un uomo sulla quarantina che - fermo sul ciglio della strada - cercava di far ripartire la sua moto.
La moto in questione era una moto nera, davvero molto bella e di grossa cilindrata.
Potevo anche essere di fretta ma lo avrei aiutato ad ogni costo.
Il lavoro poteva aspettare per quella volta.
Mi avvicinai all'uomo a passo spedito e mi schiarii la voce. "Le serve aiuto?" Domandai cordialmente sistemandomi la bandana - o meglio, il colletto di una mia vecchia maglia - fra i capelli.
"Oh, benedetto ragazzo! Arrivi proprio nel momento perfetto" sorrise.
"Mark Tomlinson" esordì l'uomo allungandomi la mano, la strinsi cordialmente. "Harry Styles" sorrisi ampiamente mettendo in evidenzia le mie fossette.
"Styles? Il figlio di Desmond?" Mi chiese sorpreso.
Annuii.
"La mia moto non parte, non è che potresti gentilmente aiutarmi a portarla fino a casa?" Mi chiese "Abito a pochi isolati da qui" si affrettò ad aggiungere.
"Certo" sorrisi "Mi dia solo un attimo."
Lui annuì ed io afferrai il mio cellulare chiamando Kelly.
Kelly era una donna di mezza età molto simpatica che aveva una graziosa panetteria a pochi isolati da casa mia.
Dall'età di sedici anni - oltre ad aiutare mio padre nella sua officina - lavoravo in una panetteria lì vicino.
Era ovvio che avrei dovuto avvisarla.
Quel giorno non sarei arrivato presto alla panetteria, era palese.
"Fatto?" Mi chiese l'uomo.
Annuii.
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Quando arrivammo davanti a casa sua - sudati e stremati - ad accoglierci fu la moglie.
"Oh caro, cos'è successo?" Gli chiese la donna.
Mentre l'uomo spiegava l'accaduto alla moglie, io stavo aspettando che mi dicesse perlomeno cosa farmene della sua moto; avevo abbassato il cavalletto e l'avevo lasciata lì, davanti al garage.
Mi guardai intorno e mi accorsi - con stupore - che la mia casa era a pochi metri dalla loro ed io come un idiota non mi ero mai accorto di niente.
"Se volete posso darvi una mano, mio padre è, come sapete, un meccanico ed io sono piuttosto sicuro di- " esordii.
"Saresti davvero gentile visto che come ben sappiamo Desmond non è in città" mi interruppe l'uomo voltandosi verso di me.
Sorrisi.
"Per me sarebbe un piacere ma oggi non posso proprio" risposi.
"Oh, non preoccuparti, quando avrai un po' di tempo libero, magari" si intromise la donna.
"Domani?" Chiese l'uomo.
"Domani? Certo! Sarò felice di aiutarla!" Risposi.
Guardai l'ora sul mio cellulare e sgranai gli occhi. "Si è fatto un po' tardi. Devo andare, mi dispiace" dissi.
I due annuirono comprensivi.
"Domani alle cinque per te va bene?" Mi chiese la donna.
Annuì, li salutai con un cenno della mano e corsi per raggiungere la panetteria.
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"Oh tesoro, entra pure! Sono così felice che tu sia venuto ad aiutare mio marito con la sua moto" furono le prime parole che mi disse la donna - quando entrai in quella piccola ma accogliente casa - dopo avermi stretto in un abbraccio.
"Il piacere è tutto mio, signora" risposi sorridendo.
"Non mi sono presentata, sono Johanna" sorrise allungando una mano, la strinsi con un sorriso.
"Mio marito è in garage" disse.
Uscii e mi diressi verso il garage.
"Bene, cosa posso fare per lei?" Chiesi.
"Non parte per niente... ho provato ad aggiustarla ieri ma credo di aver solo peggiorato la situazione" esordì posando la chiave inglese sul tavolo.
"Mh... lasci fare a me, vedrò cosa posso fare, vada pure" risposi cercando di apparire professionale.
Quello non era il mio mestiere, fare i dolci lo era.
Sporcarmi le mani di farina era ciò che amavo, non sporcarmele di olio per freni. Usare il mattarello e i vari stampi era ciò che amavo, non stringere una chiave inglese. Ma aiutavo mio padre nella sua officina da quando avevo soli otto anni e - nonostante odiassi stare a contatto con tutti quegli strumenti - ci sapevo fare.
Osservai la moto e cercai di capire il problema; controllai il motore e tutto ciò che c'era da controllare ma ancora non riuscivo a capire quale potesse essere il problema.
Mi tolsi la camicia ormai senza maniche, mi sfilai la canottiera e controllai meglio. Sapevo che non era rispettoso ma faceva piuttosto caldo.
Avevo ancora indosso i miei skinny neri, quindi non ero del tutto nudo.
Proprio quando trovai la causa del problema e mi accinsi a risolverlo, udii dei piccoli e timidi passi avvicinarsi.
Non mi voltai, probabilmente avevano un figlio piccolo ed avevano dimenticato di avvisarmi.
Probabilmente era solo curioso, curioso come lo ero io da bambino.
"M-Mamma chiede se vuoi fare una piccola pausa" esordì una voce acuta e sottile "ha fatto la limonata".
Mi voltai trovandomi davanti un ragazzino di non più di diciassette anni ad osservarmi con occhi innocenti e timorosi.
Era dannatamente sexy con la frangia sulla fronte e gli occhiali da vista.
Io avevo appena vent'anni e lui sembrava così.. così innocente, ecco.
Sorrisi genuinamente e lo ringraziai.
Mi resi presentabile, mi asciugai le mani sulla camicia ed uscii dal garage.
In seguito avrei sicuramente dovuto buttarla.
"Oh Harry, spero non ti sia stancato troppo! Ho fatto la limonata, ne vuoi un po'?" Mi chiese la donna mentre si asciugava le mani su una pezza.
"Grazie, è molto gentile."
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"La moto è apposto, grazie mille per la limonata" sorrisi.
"Quanto ti devo?" Mi chiese l'uomo.
"Oh no, no, niente" sorrisi. "Per me è stato un piacere aiutarla."
L'uomo sorrise. "Sei stato molto gentile" intervenne la donna.
"È stato un piacere per me" dissi ed uscii da quella casa sorridendo ai due.
Quando alzai un attimo lo sguardo, notai una figura osservarmi da una piccola finestra: era il figlio dei due.
Il ragazzo sembrò accorgersi del mio sguardo puntato su di lui e chiuse di scatto le tendine.
Sorrisi scuotendo la testa.
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"Harry, il signor Tomlinson ha i freni della moto guasta, ci pensi tu?" Mi chiese mio padre da sotto un auto.
No, non era stato investito, stava solo sistemando i freni.
"Tomlinson? Di nuovo?!" Esclamai.
"Vado io se per te è un problema" si offrì mio padre dandosi una spinta con i piedi, comparendo nella mia visuale.
Si alzò in piedi pulendosi le mani su una pezza e si avvicinò a me che stavo sostituendo i pezzi di una vecchia moto d'epoca: un uomo di mezza età voleva poter riusare la moto che da giovane era stata la sua compagna di avventure.
"No, no, vado io" risposi alzandomi.
"Bene, non farlo pagare è un mio vecchio amico" rispose mettendomi una mano sulla spalla sudata.
Ero tutto sudato e senza maglia, dalla mia schiena scivolava un bel po' di sudore e io stavo semplicemente morendo di caldo.
"Però prima vado a farmi una doccia" conclusi uscendo dal garage-officina di mio padre.
***
"Ciao Harry, spero di non averti disturbato" parlò l'uomo.
"Si figuri" risposi.
"Non funzionano i freni... non capisco cosa sia potuto accadere, ieri funzionavano perfettamente e stamattina per poco non mi schiantavo contro un camion" spiegò gesticolando.
Non seppi come rispondere, mi lasciai semplicemente guidare per la seconda volta - a distanza di tre settimane - in quel garage, senza proferire parola.
Sapevo che sarei morto di caldo da lì a poco, eravamo in pieno luglio.
"La vedi quella porta lì?" Mi chiese indicandomi una porta che la scorsa volta non avevo notato.
Annuii.
"Da lì avrai accesso alle scale e subito dopo al salotto. Per qualsiasi cosa sai la strada" Mi spiegò gentilmente. "Ora ti lascio da solo, chiama se hai bisogno di qualcosa" concluse chiudendo il garage.
Posai la mia valigetta degli attrezzi e iniziai.
***
Dopo aver osservato a lungo cercando di capire se dovevo o no cambiare i pistoni, dedussi che no, non ce ne era bisogno.
La fortuna mi assisteva e non potevo esserne più felice.
Da quando avevo iniziato mi sentivo bruciare la schiena - metaforicamente parlando, si intende - sembrava come se qualcuno mi stesse fissando intensamente.
Ero rimasto solo con gli skinny e nonostante ciò sentivo ancora un gran caldo; me li sarei volentieri strappati di dosso.
"Ma dove diavolo ho messo la chiave a brugola?" Mi domandai ad alta voce. Cercai come un matto dentro la valigetta ma della chiave non c'era traccia.
"Cercavi questa?" Mi chiese una voce sottile.
Mi voltai di scatto trovandomi lo stesso ragazzo della volta precedente. Indosso aveva solo una dannata maglia che gli arrivava a metà coscia e, a giudicare dai suoi capelli teneramente scompigliati, si era sicuramente appena svegliato.
Quel ragazzo a me sconosciuto era una visione mozzafiato, per un momento pensai pure che si trattasse di una di quelle allucinazioni che si hanno nel deserto, ma avevo omesso un piccolo particolare: non ero nel deserto.
"Oh sì, grazie" sorrisi afferrando la chiave dalle sue piccole mani; lui sorrise timidamente e si sedette per terra a gambe incrociate.
Mi osservò per tutto il tempo cercando di aiutarmi come poteva, preoccupandosi se fossi stanco o semplicemente accaldato.
Era piacevole stare con lui ma ancora non sapevo il suo nome.
Ad un certo punto arrivò sua madre, la quale bussò alla porta e sorrise. "Disturbo?" Mi chiese.
"No, certo che no" risposi prontamente. Il ragazzo invece sembrava infastidito.
"Ho pensato che volessi fare una pausa, quindi sono andata a svegliare Louis per scenderti qualcosa di fresco" esordì poggiando il vassoio sul tavolino "Ma non c'era e ho fatto due più due" sorrise.
Sorrisi di rimando ringraziandola e lei uscì lasciandomi nuovamente solo con quel ragazzo.
Mi stava praticamente mangiando con gli occhi ed io lo avevo osservato varie volte. Era davvero un bel ragazzo e aveva della cosce sode e snelle ed un sedere niente male.
Com'è che si dice in questi casi? Ah sì, un culo che parla.
Era praticamente un piccolo Dio greco dall'aria tremendamente innocente.
"Io sono Louis" disse quando ormai avevo finito di aggiustare la moto.
"Harry" sorrisi pulendomi le mani e mostrando le mie fossette.
***
"Harry!" Urlò mio padre.
Mi svegliai di scatto e mi alzai barcollando dal letto, dirigendomi verso il salotto.
"Cosa c'è?" Domandai con voce più roca del solito.
"Tomlinson ha di nuovo la moto guasta" sbuffò.
"ANCORA? È già la quarta volta questo mese!" Esclamai spazientito.
Non che mi dispiacesse passare del tempo con Louis ma era stancante cercare di capire il guasto e ripararlo.
"Non so cosa dirti, Harry. Ci andrei io, ma oggi ho troppo lavoro da fare" sospirò mio padre.
"Dai, fa presto, che ti aspettano" sorrise scompigliandomi i capelli.
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"Qual è il problema questa volta?" Chiesi.
"La moto fa uno strano rombo" rispose l'uomo, rammaricato. "Non voglio dover cambiare la moto, ci sono affezionato... pensi di poter fare qualcosa?" Mi chiese, disperato.
"Vedrò cosa posso fare" dissi dirigendomi verso il garage.
Non appena entrai questo si chiuse alle mie spalle e ben presto la piccola porta che portava all'interno dell'abitacolo venne aperta.
Louis era lì, indossava una maglia bianca fino a metà coscia e fra le mani aveva una coperta. Chiuse la porta a chiave e mi raggiunse.
"Oh ciao Louis, come-"
"Prendimi qui, ora" disse senza giri di parole, gettando la coperta per terra.
Sgranai gli occhi. "Cos-" Cercai di formulare parole di senso compiuto ma lui era così fottutamente sexy e le parole che avevo appena sentito mi avevano destabilizzato.
Per un momento pensai di aver travisato, ma ciò che disse dopo mi fece capire che sì, avevo capito bene.
"Prenditi la mia verginità" continuò, serio "Ora, qui, per terra" disse in tono risoluto.
Lo guardai scioccato mentre si accingeva a togliersi la maglia leggera.
Lo fermai e lui mi guardò confuso.
"C-Cosa c'è?" Chiese con sguardo basso.
"Non posso, tu sei piccolo e poi tuo padre-" farfugliai in preda al panico e all'eccitazione.
"Mio padre non lo verrà a sapere" intervenne subito.
"Ho diciassette anni, non due" concluse cercando di convincermi.
Feci spallucce e lo feci abbassare piano fino a farlo sedere sopra la coperta. Tolsi lentamente la sua maglia e sfilai le sue mutandine di pizzo mordendomi il labbro.
Non avevo mai visto delle mutandine di pizzo stare così bene su un ragazzo; nemmeno sul mio ex ragazzo stavano così bene.
Tremò quando, tirandolo per i fianchi, lo feci stendere sulla coperta.
"Se non vuoi fare niente-" iniziai.
"No! Continua" si affrettò a rispondere e poi si coprì il volto con le mani per l'imbarazzo.
Dov'era finito quel ragazzo che meno di dieci minuti prima mi aveva chiesto di prenderlo per terra?
Iniziai a baciare piano il suo collo lasciandoci piccoli baci che, lentamente, scesero fino alla clavicola, poi sul suo petto ed infine sulle sue cosce.
Evitai di proposito il suo membro sensibile, volevo prima farlo patire.
Lui ansimava ad ogni schiocco, morso o scia di saliva che lasciavo sul suo corpo, inarcando la schiena.
Era una visione stupenda.
Portai le sue gambe sulle mie spalle e morsi piano l'interno delle sue cosce.
Sfiorai il suo sesso con la punta delle dita e lui inarcò maggiormente la schiena alla sensazione.
Stavo impazzendo, avevo un disperato bisogno di liberare il mio pene che stava dolorosamente premendo contro la cerniera dei miei skinny; mi sentivo pulsare ovunque.
Dovevo necessariamente farlo.
Mi tolsi gli skinny con un gesto rapido e veloce e feci altrettanto con i boxer.
Non aspettai, mi leccai un dito e lo infilai dentro di lui fino alla nocca, Louis sbarrò gli occhi stringendomi alcune ciocche: stava impazzendo.
Iniziai a muoverlo ad un ritmo a cui si abituò molto facilmente: dentro e fuori, lo piegavo, lo giravo e spingevo, ma non volevo aspettare molto, quindi ben presto lo sostituì con il mio membro duro e pulsante.
Lui sbarrò gli occhi e soffocò un urlo mettendosi a sedere di scatto, poi mi morse la spalla aggrappandosi con le mani alla mia schiena.
"Scusa, piccolo" dissi d'istinto.
Poggiò la testa sulla mia spalla graffiandomi piano la schiena ogni qualvolta io alzavo i fianchi per penetrarlo più a fondo e ben presto mi circondò la vita con le gambe e prese a fare piccoli saltelli, graffiandomi la schiena ad ogni affondo.
Gemette estasiato quando colpii il suo fascio di nervi ed ansimò quando capovolsi le posizioni e presi a scoparlo rudemente.
Feci uscire il mio membro quasi del tutto, per poi spingerlo dentro con un colpo secco di reni stringendo le sue cosce per avvicinarlo sempre di più; a lui piaceva e a me piacevano i gemiti che faceva, sensuali e acuti: la perfezione.
Afferrai il suo membro con la mia mano e lui, colto di sorpresa, gemette ad alta voce. Iniziai a muovere la mano portando la pelle su fino a coprire il glande e poi giù, fino in fondo, proprio come piaceva a me quando lo facevo su me stesso.
Tremò quando rifeci il movimento per la quarta volta e buttò la testa all'indietro in preda all'estasi.
Velocizzai il movimento, osservando la mia grande mano dargli piacere.
Proprio quando capii che fosse vicino, sentimmo bussare alla porta. "Harry, ti ci vuole ancora molto?" Mi chiese una voce familiare, il padre.
Lui sbarrò gli occhi e rimase paralizzato, presi il controllo della situazione e gli feci cenno di stare zitto.
Con la paura chiaramente leggibile nei suoi occhi, annuì più e più volte stringendomi la mano.
"H-Ho quasi finito" risposi cercando di non gemere, ma Louis era teso e si era stretto intorno alla mia erezione.
"Okay, appena finisci avvisami" Strepitò dall'altro lato della porta.
"S-Si" risposi.
Quando sentimmo i suoi passi farsi sempre più distanti, iniziai a spingere con più forza: dentro e fuori, ruotavo i fianchi, uscivo fuori del tutto per poi rientrare con forza mentre con la mia mano gli donavo ancora più piacere.
Venne fra le mie mani, graffiandomi innumerevoli volte la schiena, mentre io continuavo a spingere al suo interno. Gemette sentendosi ancora più vulnerabile.
Soffiò sul mio collo ed io rabbrividii a causa del suo fiato dolce e caldo che andò a sfiorarmi la pelle, facendomi venire i brividi.
E mentre continuavo a spingere i suoi respiri divennero pian piano sempre più cadenzati e poi - quando venni anch'io - si rilassò fra le mie braccia.
Caddi esausto sul suo petto e lui mi accarezzò i capelli.
"Wow..." soffiò.
Sorrisi e lo guardai negli occhi.
Per tutto l'amplesso mi ero imposto di non farlo, perché lui era solo un rapporto occasionale, solo un ragazzino che voleva provare nuove esperienze e, quando lo feci, quasi me ne pentì perché mi venne un'improvvisa voglia di baciarlo e lo feci: lo baciai dolcemente tirando piano con i denti il suo labbro inferiore, Louis schiuse le labbra e ne approfittai per far intrecciare le nostre lingue, godendomi appieno quel momento; era così inesperto e mi sentii in colpa.
Forse avrei dovuto baciarlo prima, era come se gli avessi bruciato una tappa.
Quando mi staccai, lui sorrise e poi chiuse gli occhi, stremato.
Sarebbe toccato a me pulire e portarlo in stanza senza farmi vedere.
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"Ancora, ancora, ancora!" Gemette Louis.
Erano passati due mesi da quel giorno e ancora noi ci ostinavamo a farlo nel garage di suo padre.
Louis aveva fatto in modo che anche l'auto di famiglia avesse dei guasti ed io mi ero gentilmente reso disponibile di aiutarli.
Stava saltellando sul mio membro nel modo più sensuale che gli avessi mai visto fare, ansimava rubandomi di tanto in tanto qualche bacio; in quel momento eravamo un miscuglio di gemiti, ansiti e schiocchi di labbra.
Mi abbracciò forte con una mano mentre con l'altra si dava piacere da solo.
Avvolsi le mie braccia intorno ai suoi fianchi morbidi e lo aiutai con i movimenti.
C'era un momento, mentre condividevamo quelle sensazioni, in cui mi sentivo strano, avvertivo una sensazione strana quando lui si toglieva anche solo la maglia, quando mi sbatteva contro il muro e poi arrossiva chiedendomi scusa, o quando sorrideva mettendo in mostra i suoi denti perfetti.
Sapevo cos'era quella sensazione ma non volevo ammetterlo a me stesso.
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"Oh, prendine di più, sì" ansimai con voce roca.
Quel giorno quando ero arrivato nel garage dei Tomlinson, Louis non mi aveva dato neanche il tempo di poggiare la valigetta degli attrezzi, che mi aveva sbattuto contro il muro e, successivamente, mi aveva abbassato gli skinny, arrossendo e chiedendomi scusa.
Quel giorno voleva provare qualcosa di nuovo e chi ero io per rifiutare il miglior pompino che avessi ricevuto nella mia breve vita?
Era così bello con le sue labbra intorno a me e aveva uno sguardo così innocente mentre mi teneva per le anche avvicinandomi a sé; era come se non fosse mai sazio di me e la cosa mi eccitava un casino.
Ormai era diventata un'abitudine: una volta ogni tre settimane ricevevo una chiamata dove venivo informato di guasti insoliti, entravo in garage, scopavamo e poi, dopo che Louis mi diceva cosa aveva combinato, aggiustavo la moto.
"N-non credi che i tuoi p-possano avere dei dubbi?" Chiesi, lui alzò lo sguardo puntandolo sul mio. Le sue mani erano abbandonate sulle mie anche ed era scomodamente poggiato sulle sue ginocchia.
Mi allacciò i jeans e si alzò.
"Riguardo a?" Mi chiese, sistemandosi gli occhiali.
"Tutti questi guasti sono insoliti" cominciai a parlare, aspettando una sua reazione. "Credo che potremmo provare a non so... vederci senza dover togliere freni o olio?" Proposi serio.
"Mh..." mormorò baciandomi il collo.
Morse la mia pelle e succhiò fino a quando non fu soddisfatto, poi soffiò leggermente sulla pelle arrossata facendomi venire i brividi.
"S-Si" mormorò dandomi un piccolo bacio a stampo sulle labbra.
Sorrisi genuinamente ma poi lo fissai scoppiando a ridere.
"C-Cosa c'è?" Mi chiese confuso.
"Hai- oddio! Hai- " Cercai di dire fra le risate.
"Cosa?" Chiese, controllandosi attentamente dalla testa ai piedi.
"Hai dello sperma sugli occhiali" conclusi cercando di ritornare serio.
Arrossì e si affrettò a pulirsi il vetro degli occhiali, nascondendo poi il viso nell'incavo del mio collo con un piccolo sorriso.
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