Capitolo 8.
<<Sebastian?>> aveva sussurrato Kylie, guardando oltre i libri che spostava uno ad uno della grande libreria che aveva davanti a se'.
<<Sebastian vieni fuori! Non è divertente okay?!>> aveva continuato, con un tono un po' più spazientito del precedente.
Qualcuno poi, l'aveva abbracciata da dietro e, mentre lei lasciava spazio in gola ad un grido di paura soffocato per non far rumore, la persona dietro di lei era scoppiata in una fragorosa risata.
<<Silenzio!>> aveva gridato una donna dall'altra parte del bancone, in qualche angolo della Biblioteca.
<<Scemo...>> aveva sussurrato Kylie nell'orecchio di Sebastian, sfiorandogli le soffici guancie, ricoperte da una leggera barba che iniziava a ritagliarsi spazio sul volto di lui.
Poi, si erano seduti uno di fronte all'altro, dopo aver scelto un paio di libri da leggere tra le varie categorie.
Lei aveva scelto un libro di Alessandro D'Avenia, ovvero "Ciò che Inferno non è", libro che aveva già letto, ma che continuava ad affascinarla.
Lui invece aveva trovato in un angolo quasi dimenticato, un libro che gli dava un'altrettanta impressione di vecchio e non curato, ma che l'aveva fatto incuriosire.
Con un soffio aveva fatto volar via
la polvere che sostava sulla copertina rigida spaziosa, dove la mano di Sebastian poteva poggiare senza problemi.
Poi, aveva sorriso vedendo una monoposto di Formula Uno molto grande sulla pagina, che gli ricordava quando lui era nato, nel lontano 1987, divenuto "il ragazzo di Heppenheim", e suo padre guardava la televisione dove quelle Formula Uno sfrecciavano sui circuiti.
Aveva asfissiato suo padre con la richiesta di fargli fare un giro sul suo Go-Kart e alla fine lui gliene aveva comprato uno tutto suo, dando il via alla carriera di un grande campione, allora ancora solamente un piccolo bambino ignaro di ciò che sarebbe diventato.
<<Sono felice di essere tornato in Italia, per staccare da tutte quelle critiche che mi stavano arrivando da ogni dove.>> aveva sospirato Sebastian, forse un po' giù di morale per tutte quelle colpe a lui attribuite per lo scontro in Azerbaijan.
<<Tu lo sai come è andata, solo tu hai vissuto quella situazione in monoposto, da pilota. Molti ti danno contro, ma c'è anche chi ti dà ragione. Me, ad esempio, Ecclestone, Villeneuve... Non ti curar degli altri, pensa solo alla prossima gara.>> lo aveva rincuorato Kylie, vedendolo davvero triste.
<<Mi dispiace aver reagito, m'ero fatto prendere dalla rabbia, questo lo so, ma lui mi aveva inchiodato davanti.>> continuava a ripetere, per far capire ciò che provava.
<<La gara è passata, come tutte le altre, passeranno anche i problemi. Però se vuoi vado a picchiare Hamilton, che ne dici?>> aveva sorriso lei.
Lui poi, aveva riso quasi di nascosto e l'aveva presa fra le sue braccia, ringraziandola per il suo sostegno costante.
Avevano passato quasi tutto il pomeriggio in quella Biblioteca di montagna, poi, erano tornati a casa di lei per cenare sul balcone spazioso, che nel frattempo era stato ampliato.
Quella stessa sera, i due innamorati, avevano fatto come tanto tempo prima, seduti sulle sdraio, a parlare delle stelle.
Sebastian però, non aveva più alcuna sigaretta tra le dita, e Kylie non aveva neanche una tazza di cioccolata calda, avevano soltanto l'uno le mani in quelle dell'altro.
<<"Guardate le stelle e non i vostri piedi. Provate a dare un senso a ciò che vedete, e chiedetevi perché l'universo esiste. Siate curiosi." Così ha detto Stephen Hawking. Mi sono innamorata delle stelle piano piano, proprio come ho fatto con i tuoi occhi.>> aveva risposto Kylie alla domanda di Sebastian, che le aveva posto poco prima.
<<La prima sigaretta che ho fumato è stata su questo balcone, qualche mese fa, quando ci siamo conosciuti. Non avevo mai provato, ma mi aveva regalato quel pacchetto un amico e così avevo deciso di buttarmi. Ho fatto finta che mi piacesse, eppure stavo soffocando.>> aveva riso lui, per poi tornare serio.
<<Ricordo, tenevi la sigaretta accesa tra le labbra ed ogni tanto la lasciavi fra le dita. Eri bellissimo. Sembravi voler scappare da tutto, sfuggire all'inverno. Il tuo respiro caldo pareva abbracciare il fumo. L'atmosfera era quasi soffusa, con solo la luna e le piccole stelle che rendevano la luce lieve. C'era un leggero vento, ma freddo, che rendeva un po' movimentata la situazione, e questo ti accarezzava le guancie e gli zigomi mentre guardavi il cielo scuro.
E man mano la nuvola di fumo saliva, si confondeva con la notte e la sua oscurità, e tu sorridevi compiaciuto.
Sei diventato un problema, tesoro.>> lo aveva guardato lei, sincera, dopo aver parlato con tono vile.
<<E come mai, amore mio?>> aveva risposto quasi preoccupato, lui.
<<Da quando ci sei tu, quando andiamo fuori a guardare le stelle, io guardo te. Mi piace come cerchi di capire il loro fascino, la loro importanza per me.>> aveva detto alzandosi e sedendosi sulle gambe di lui, che l'abbracciava da dietro.
<<"Tu guardi le stelle, stella mia, e io vorrei essere il cielo per guardare te con mille occhi." Finalmente posso comprendere questa citazione di Platone, amore mio, e dedicartela con piena coscenza del suo significato.>>
Hamilton, camminando per il corridoio dell'Hotel, continuava a fare avanti e indietro con passo veloce ed ansioso, aspettando che Ashley uscisse dalla camera 487, proprio accanto alla sua.
Avevano preso un aereo per San Francisco, in California, e avevano deciso di trascorrerci una settimana.
Ashley era finalmente uscita dalla stanza, aveva indosso una maglia sopra all'ombelico molto semplice e dei pantaloncini a vita alta di Jeans, stile Vintage. Lewis l'aveva guardata da testa a piedi e aveva sorriso compiaciuto, lasciandole un bacio umido in fronte, proprio sopra agli occhiali tondi a specchio che lei portava sugli occhi, nonostante la scarsa illuminazione.
Si erano poi recati ad un bar nei dintorni e avevano occupato un tavolino molto grazioso all'aperto, attorniato da vasi di piante e fiori di ogni tonalità di colore, ed un profumo incantevole.
Era straordinariamente tranquilla quella giornata, il cielo azzurro aveva tutto lo spazio a disposizione per farsi notare, poiché nessuna nuvola copriva il suo splendore. Il sole alto nel cielo mandava raggi caldi sulla pelle di Ashley, che s'era passata la mano sul braccio quasi come per scostarli e togliersi di dosso quella bella sensazione.
Dopo aver sorseggiato una tazza di Caffè Latte all'americana, per Ashley dal sapore disgustoso, avevano lasciato sul tavolino il conto e poi si erano recati alla spiaggia, mano nella mano.
Poi, dopo aver camminato in riva al mare per quasi un'ora parlando dei loro sogni, Lewis aveva accennato ad una voglia di sposarsi che sempre di più stava crescendo in lui. Lei, quasi spaventata, aveva cercato di sviare l'argomento, alludendo ad una sua contrarietà a quel pensiero di lui.
Hamilton non ne aveva fatto tanto caso, e a passo tranquillo, erano tornati nella Camera d'hotel di Ashley, più spaziosa e luminosa.
Infatti, aveva una grande porta finestra che portava ad un altrettanto balcone, che offriva una vista meravigliosa sul mare e sulla spiaggia, solita da California.
Il beige delle tende, delle cornici dei quadri, delle lenzuola, degli infissi e del lampadario si abbinavano bene alle pareti bianche e ai piccoli cactus nei vasi sempre dal color nocciola. Quella sfumatura di marrone chiaro era il colore dominante, che pur non essendo eccessivamente vivace di per sé, lasciava il giusto spazio alla luce, rendendo l'atmosfera fresca.
<<Sis, io voglio vincere in Austria. Voglio dimostrare al mondo di non essere ciò che loro pensano. Voglio fare come in Canada, partire avanti e restarci. Io voglio questo.>> aveva detto Lewis di punto in bianco, sedutosi nel frattempo sulle soffici coperte del letto, dopo averci probabilmente ragionato.
<<Tutti vogliono tutto...>> aveva sospirato Ashley.
<<Io voglio solo te.>> aveva risposto ripensandoci abbracciandola, dopo essersi alzato.
<<...E vincere il Gran Premio di Austria>> aveva riso lei.
<<Mi è venuta un'idea. Toglimi la maglia>> aveva continuato lei.
Dopo che lui aveva fatto come chiesto, quasi incerto, lei s'era alzata a prendere delle tempere in una sua borsa abbandonata per la stanza.
Aveva poi preparato vari colori, come il blu, il giallo, il verde ed un po' di rosso.
Aveva riferito a Lewis di dipingerle la schiena con le dita.
Il tocco leggero di lui l'aveva quasi fatta rabbrividire, forse per la freddezza delle tempere e forse, anche per quelle mani che scorrevano sul suo corpo quasi come fossero una melodia.
I tratti di colore vaggiavano fra le irregolarità della schiena di Ashley, con una semplicità accompagnata da un sottofondo musicale leggero, che lasciava ad entrambi una sensazione di tranquillità mista a spensieratezza.
Lewis aveva poi preso un paio di pennelli lasciati accanto alle spalle di Ashley, aveva iniziato a tirare altre linee, che combaciavano perfettamente con quelle del retro di lei.
Dopo altri cinque minuti, aveva preso il suo cellulare e lasciandola sdraiata sul letto le aveva fatto una foto alla sua opera, mostrandogliela subito dopo.
Le era spuntato un sorriso alla visione di due sagome di due busti, una rosso ed uno blu, che spiccavano al di fuori di uno sfondo nero.
L'uomo blu di spalle, a tre quarti, con le braccia attorno alla donna, rossa, abbracciata alla sagoma scura.
Si stavano baciando con delicatezza, proprio come Lewis stava facendo con Ashley dopo che lei aveva riposato il cellulare sulle coperte del letto.
Poi, lui s'era sdraiato e lei si era seduta sul sedere di lui, a cavalcioni, pronta a dipingere sulla sua schiena.
Prima però, si era fermata ad osservare i muscoli che scorrevano indisturbati e con un po' di timore li aveva sfiorati con le dita, esitando qualcosa.
Spazio Autrice:
Mh secoli e secoli che non aggiornavo eh? Non ci crederete mai ma non ho mai tempo per usare il cellulare. Ho vacanze programmate a manetta, e nulla, Wattpad resta solo un'icona del cellulare fra le tante altre per'ora.
ma sono brava e ho pubblicato.
spero vi sia piaciuto.
bacioni.
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