Capitolo 5.

Hamilton era rimasto li, nella sua disperazione incasinata e nella sua autocommiserazione. Pronunciando parole alate e fugaci, farfugliando discorsi che mai avrebbe divulgato e asciugandosi la fronte da un sudore causato da quello stato d'animo di chi non ha più alcuna speranza ed è perciò oppresso da inconsolabile sconforto; restava seduto sul letto dalle grigie lenzuola con bottiglie vuote di alcolici che avrebbero solo che peggiorato la situazione.
La persona a cui aveva inviato il messaggio s'era presentata quel giorno alla porta d'hotel -dopo un'attesa che aveva mangiato vivo Lewis, portandolo al suo avvilimento totale- proprio nel momento meno convincente della sua vita; e adesso lui non sapeva come comportarsi. E per questo ancor di più si demoralizzava, poiché fino a qualche settimana prima lui avrebbe potuto far credere al mondo di poter cavalcare le possenti onde del mare, di poter sfilare le cime innevate, di poter sconfiggere il dolore, di essere l'uomo dal motto "Still I Rise" o anche solo "No Pain No Gain."
E invece, con questo terribile autoabbattimento aveva dimostrato di essere semplicemente, umano, un uomo come gli altri.
Lewis aveva allora cercato il telecomando del televisore fra il mucchio di coperte e vestiti sparsi nella stanza, che ogni giorno, nonostante riordinata dalle cameriere dell'Hotel, era sempre peggio di quello precedente.
Non aveva trovato nulla da guardare e aveva allora preso il suo cellulare, aperto Instagram e scorrendo il feed aveva trovato una frase che lo colpì particolarmente.
"The art of being fragile"
Cit. Alessandro D'Avenia.
Non aveva la minima idea di chi potesse essere quell'autore, aveva poi svolto una ricerca sul suo Mac e aveva scoperto la sua collana di libri basati sulla riflessione di sé stessi e di ciò che noi umani abbiamo essenzialmente bisogno: risposte.
Aveva dunque deciso di voler sapere ciò di cui scriveva quell'autore, malauguratamente però Italiano. E chi meglio di un Italiano stesso avrebbe potuto leggere e far comprendere a Lewis quei libri?
E adesso, l'unica domanda che s'era posto fu: "La chiamo? Mi farò aiutare mostrandomi debole, a lei soprattutto?"

Nel frattempo, catapultati in una situazione parallela, Kylie e Sebastian erano seduti nella Ferrari di lui, concentrato a tenere stretto fra le mani il volante nero in pelle, con lo stemma del cavallino rampante che spiccava fra il buio dell'atmosfera circostante. La radio di sottofondo lasciava un gusto di tranquillità e semplicità, mentre i due innamorati si guardavano amorevolmente negli occhi, con la mano di lei poggiata sulla gamba destra di lui. Gli occhi sull'autostrada buia, non permettavano a Kylie di poter guardare Sebastian negli occhi nuovamente, ma sapeva che lui l'avrebbe portata in un luogo meraviglioso, perché alla fine sono proprio le persone a rendere belli i luoghi.
Aveva poi poggiato la testa comodamente sul sedile, sentendo dietro alla schiena la spinta dell'accellerazione del motore Ferrari, e quanto le piaceva. Aveva la tentazione di schiacciare il piede sul tappetino dell'auto, anche nella consapevolezza di non essere lei alla guida. E poi, s'era lasciata cullare dal panorama buio, con le luci delle città lontane e delle stelle in alto nel cielo. Aveva chiuso gli occhi, ed era caduta in un sonno dolce e leggero.

<<Amore, siamo arrivati...>> una voce candida le aveva sfiorato l'orecchio, risvegliandola dal sonno.

Una mano le aveva accarezzato dolcemente la guancia e poi, lei aveva riaperto gli occhi. Cosa vedeva? Un prato infinito, di un verde chiaro però non visibile dal cielo scuro ancora della notte. La luna illuminava il campo e mostrava la sagoma di una tenda, degli alberelli qua e là e una radio vecchia, forse degli anni '90 poggiata a terra.
Un sospiro di ammirazione uscì dalle labbra di Kylie, subito baciate da Sebastian, che dopo averle preso la mano l'aveva condotta alla tenda, con all'interno delle lucine bianche e tenui, e qualche coperta dai colori chiari.

<<Ti va di ballare sotto le stelle?>> aveva chiesto Sebastian, per poi mostrare il suo bellissimo sorriso.

<<Ti ho mai detto che ti amo?>> aveva risposto Kylie, ancora troppo felice per il regalo che il suo amato le aveva fatto.

<<Tantissime volte.>> poi lui l'aveva abbracciata, sfiorandole il collo con le labbra e cadendo a terra, dolcemente, e tenendola stretta fra le braccia.

<<Hai vinto tu la gara del Bahrain, io avrei dovuto farti un regalo, non tu.>> aveva ammesso Kylie, quasi leggermente dispiaciuta, nel limite del possibile relativamente alla situazione.

<<Tu sei il mio regalo più bello.>> aveva sorriso Sebastian, e poi subito dopo aveva acceso la radio.

Avevano ballato per quasi un'ora, poi, s'erano addormentati fra l'erba fresca del prato, fuori dalla tenda che gli avrebbe garantito un po' più di calore. Ma la collina era bellissima di suo, perché dormire dentro, senza ammirare le stelle?
Avevano prima contato tutti quei puntini luminosi, incerspicandosi qualche volta e ripartendo da capo.
Ogni stella, un bacio. E nelle notti senza stelle Kylie avrebbe avuto paura, e nelle giornate avrebbe stretto le mani di Sebastian.
Lui, s'era poi svegliato di colpo nella notte, forse per la leggera brezza che l'aveva fatto rabbrividire. S'era alzato lentamente e delicatamente aveva posto una coperta su Kylie, dalla pelle fredda per la bassa temperatura circostante.
Era poi andato a fare un giro, da solo, per il campo, camminando con le mani in tasca e osservando tutto intorno a se'.
Stava sorgendo l'alba e le prime luci del mattino iniziavano a mostrare tutta la meravigliosa natura creata da Dio, il pittore più bravo. I colori del cielo, azzurro lieve e rosa pastello, gli ricordavano la felicità e la leggerezza della vita che stava affrontando. Le margherite gli ricordavano le sue bambine, le sue creature più amate, che in questo momento stavano ancora dormendo, fra le braccia dei nonni.
Gli alberi gli ricordavano gli ostacoli, bellissimi nel loro insieme ma difficili da superare. E poi, guardava se' stesso, ricordandosi di essere fortunato, ricordandosi di essere felice e gentile con gli altri, ricordandosi di essere quell'uomo che voleva diventare.
Quella notte, Sebastian, aveva finalmente capito la bellezza, il fascino, l'importanza delle stelle, era riuscito a comprendere Kylie nel miglior modo possibile, ovvero comprendendo ciò che lei amava.
Aveva poi continuato sui suoi passi, arrivando fino ad un piccolo ruscello dall'acqua cristallina, dove i pesci vi nuotavano e qualche rana saltellava.
S'era seduto sulla sponda spugnosa per il muschio verde, aveva preso un bastoncino e spensierato s'era messo a giocare con l'acqua, spostando di qua e di là le foglie dentro al piccolo fiume, col ramoscello.
Gli era tornato in mente poi, un vecchio ricordo di sua moglie, ormai nascosto come tutti gli altri. S'era ricordato di quella volta in cui, sotto ad un Salice Piangente, sua moglie gli aveva detto di essere incinta, e lui, aveva provato quella felicità che mai sarebbe riuscito a spiegare, ne a parole, ne a fatti.
Ricordando quel momento gli era scesa una lacrima, che subito s'era affrettato ad asciugare con la mano, poi aveva cercato di ricomporsi, anche se sua moglie gli mancava, molto.
Ma adesso c'era Kylie, e lui l'amava più che mai, doveva solo dimenticare il passato per poter andare avanti, proprio come stava cercando di fare. Sebastian allora, aveva lanciato il ramoscello in acqua, velocemente s'era rialzato ed era tornato da Kylie, sdraiandosi accanto a lei e abbracciandola forte, quasi come per occupare una mancanza.
La mattina seguente, Kylie e Sebastian erano tornati nelle loro case di montagna, sperdute fra le valli, e s'erano dati appuntamento al parchetto del paesino.

...

<<Lewis?>> aveva chiesto una voce femminile, dopo che s'era seduta sulla poltrona nera dietro ad un tavolino, sulla prua del Motoscafo attraccata al pontile in legno nuovo.

<<Ashley, ti prego, perdonami>> aveva detto in lacrime Hamilton, seduto dall'altra parte.

<<Lewis non capisco...>>

<<Per tutto quello che ti ho fatto passare. Si insomma, io lo sapevo...>> aveva continuato lui.

<<Sapevi cosa?>>
Ashley era sempre più confusa.

<<Sapevo che mi amavi, ma io non ero pronto. Ora ho bisogno di te, ti prego, aiutami.>> lui l'aveva guardata negli occhi e allungando la mano, le aveva accarezzato il braccio dolcemente.

<<Perché mi stai dicendo questo?>> aveva chiesto Ashley.

<<Perché non sto bene ultimamente, so che posso sembrare egoista ma ti prego di capirmi. Leggeresti per me una cosa?>>

<<Se si tratta solo di questo...>> aveva detto sospirando Ashley, quasi delusa.

<<Fidati, si tratta molto, molto di più.>>

Lei s'era alzata, subito dopo di lui, che l'aveva presa per mano e l'aveva accompagnata nella sua camera d'hotel, ancora in disordine e di cattivo odore.

Spazio Autrice:
Non ho nulla da dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto, J_Livingstone non sclerare ti prego.

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