76.

Diverse squadre da quattro individui si organizzarono per appostarsi sui tetti dei palazzi perimetrali e far fuoco contro gli Automi.

Io, Carter, Michael e Liam aspettavamo di vederli comparire tenendo ben salde le armi. Avevamo agganciato al cornicione un sopporto per la mitragliatrice, sperando che bastasse per difendere il villaggio.

Non riuscivo a sentire altro che il suono sordo e ritmico del mio cuore, il respiro lento e regolare e le flebili preghiere che bisbigliavamo tra le labbra.

In lontananza, al limitare della boscaglia, intravidi un luccichio.

– Ci siamo. – dissi  imbracciando il fucile.

Pochi istanti più tardi, apparve il primo Automa. La sua corazza nera e lucida, vista dalla cima del vulcano, lo faceva somigliare ad uno scarafaggio. Ed era una metafora azzeccata: la loro capacità di resistere in situazioni estreme li rendeva simili.

Poco dopo ne apparvero altri, poi altri, poi altri ancora. Si raggrupparono tutti intorno ai piedi del vulcano e, una volta riuniti, cominciarono a salire.

– State pronti! – urlò Carter.

La squadra sul tetto del palazzo accanto a noi, lanciò il medesimo segnale ai vicini e così via, andando a creare una sorta di eco che si ripetè per tutto il perimetro.

Le macchine mortali si muovevano con estrema calma, senza la naturale fretta umana, caricandosi di un'aurea inquietante. Mi ritrovai a contare mentalmente i secondi che ci separavano dalla tempesta.

1,2,3...

Gli Automi erano sempre più vicini, sempre più veloci. A grandi falcate avanzavano con prepotenza, sollevando zolle di terra fertile. Ora riuscivo a vedere i loro scintillanti sensori rossi impiantati al posto degli occhi.

Un minuto, due minuti, tre minuti...

Iniziai a distinguere il suono cigolante dei loro ingranaggi metallici. Erano a metà tragitto eppure riuscivo a distinguere perfettamente la loro sagoma, come se si trovassero a pochi metri di distanza.

Sette minuti, otto minuti, nove minuti...

Ogni istante che passava era un macigno insopportabile all'altezza dello stomaco. Erano quasi arrivati.

– Fuoco! – urlò Carter.

Il suono delle esplosioni si alzò alto nel cielo. I proiettili che si conficcarono nel suolo smossero sbuffi di terra, annebbiando la visuale per lunghi, interminabili istanti.

Gli Automi colpiti dalle armi più potenti, capitolarono all'indietro per qualche metro. Dopo di ché, impiantarono gli artigli metallici nel suolo e si rimisero in piedi. Tutti gli altri proiettili non riuscivano minimamente a scalfire le lucide armature di quelle macchine assassine. Colpivano il bersaglio e rimbalzavano via, senza apportare alcun danno.

– Non basta! – gridai, sopraffatta dal terrore.

Liam corse alla mitragliatrice agganciata al cornicione e aprì di nuovo il fuoco. I proiettili piovvero a raffica contro gli Automi, ma anche questa volta il tentativo fu del tutto vano.

Qualcuno, da un'altra postazione, fece esplodere un colpo di bazooka. Il razzo squarciò l'aria e si precipitò sugli androidi. Questi volarono in alto e si fracassarono rumorosamente a terra.

Hanno un punto debole. Quale?

Tutte le squadre adottarono lo stesso sistema del ragazzo con il bazooka e riuscirono a far saltare in aria mucchi di ferraglia. Ben presto, però, anche questa tecnica divenne inefficace. L'intelligenza artificiale degli Automi aveva imparato a riconoscere il pericolo nei missili e, grazie alla loro estrema precisione nel calcolare le traiettorie, ad intercettali, afferrarli con il pugno per poi frantumarli.

Le macchine divennero inarrestabili, continuarono ad avanzare senza sosta. Poi sfoderarono le loro armi.

– Tutti al riparo! – aveva urlato Carter, che grondava di sudore per il caldo asfissiante e lo sforzo disumano.

Gli Automi alzarono le lunghe braccia metalliche e dagli avambracci comparvero razzi più grandi e sicuramente più potenti di quelli di cui disponevamo noi altri.

– Forza! Veloci, veloci, veloci! – urlò Liam, spintonandoci verso la porta che ci avrebbe ricondotto negli edifici.

Sentii un fischio che andava a crescere di potenza e mi lanciai per le scale, non preoccupandomi del dolore che mi sarei provocata.

Questa è ossidiana, non riusciranno a scalfirla.

Con la stessa velocità con la quale mi si era formato quel pensiero, un scoppio atroce esplose sopra di noi. Il materiale vetroso di cui era fatto il palazzo andò in frantumi, piovendoci addosso in appuntite e affilate scaglie.

Ci fu un attimo di silenzio, poi altre esplosioni.

– State tutti bene? – urlai, cercando di farmi sentire al di sopra di quel frastuono.

Eravamo ricoperti dalla testa ai piedi di numerosi tagli superficiali che bruciavano come fiamme.

– Bene! – rispose Michael.

Liam alzò il pollice e Carter annuì, intanto che cercava di riprendere fiato.

– Dobbiamo andare alla Tartaruga! – dissi.

Ci scapicollammo per tutti i piani di scale, arrivando nell'atrio del palazzo. Quello a cui stavamo andando in contro era ciò che di più mostruoso che avessi mai visto: decine di Automi alti più di tre metri, stavano massacrando gli abitanti del villaggio che non erano riusciti a nascondersi nella Tartaruga. Vidi Michael ricorrere al suo inutile ma necessario fucile, nel vano tentativo di proteggere quella gente. Sentii crescere quel senso del dovere che avevo egoisticamente messo a tacere quando eravamo ancora nell'occhio del ciclone, poco prima che scoppiasse l'inferno.

Afferrai la mia arma e feci esplodere vantaggio colpi di proiettili che non fecero altro che attirare l'attenzione su di noi.

– Non è questo il momento di fare gli eroi! – gridò Carter – Muovetevi, prima che alla Tartaruga sigillino i passaggi.

Liam afferrò Michael di perso e si avviò lungo il tunnel. L'allarme che segnalava la chiusura delle porte blindate prese a suonare. Cominciai a correre il più velocemente possibile, quando vidi a terra una bambina in lacrime. Non ci pensai due volte: la raccolsi dalla pozza di sangue e la trascinai via con me. 

Arrivai giusto in tempo per riuscire a passare nella sottile fessura che si stava pian piano richiudendo. Caddi a terra con la bambina ancora avvinghiata al collo. Guardai le ante blindate sigillarsi troncando di netto, in un suono di ossa che scricchiolano,  decine di braccia che avevano tentato di bloccare la chiusura.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top