72.

Il viaggio trascorse in totale silenzio.

Avevamo perso un'amica, una persona coraggiosa che era stata tanto forte da ribellarsi agli oppressori e dare la vita per una buona causa.

Nessuno se l'aspettava, nessuno riusciva a digerire il fatto che Samshara non si trovasse su quell'elicottero.

Nemmeno uno dei presenti aveva rivolto alcun tipo di pensiero crudele nei miei confronti, ma io continuavo a tormentarmi. Quanti avevano perso la vita a causa mia? Quanti ancora avrebbero dovuto perderla?

Guardavo il volto sconvolto di Carter e non riuscivo a darmi tregua, non riuscivo a colmare quel vuoto profondo che si era scavato nel mio petto. Avevo provato a dire qualcosa, ma sembrava quasi che non mi sentisse. O magari non aveva voglia di ascoltarmi ed io non potevo biasimarlo.

Dorian era ancora vivo, quel verme riusciva sempre a cavarsela in un modo o nell'altro e sicuramente se la stava ridendo come uno psicopatico. Il corpo di Samshara era ancora lì. Non osavo immaginare cosa le stessero facendo, forse era anche questo il tormento di Carter.

Atterrammo sul tetto di uno dei palazzi perimetrali del villaggio numero "8". Era incredibile pensare che non era passato molto tempo dalla notte che avevo trascorso insieme a Carter proprio su quel tetto. Era cambiato tutto d'allora, eravamo cambiati noi stessi. Ero cambiata io.

Scivolammo giù dal velivolo e scendemmo ordinatamente le scale a chiocciola che portavano all'interno del palazzo. Percorremmo tutta la strada che portava alla Tartaruga in un silenzio tombale. Calima e Jack erano nella sala dell'uroboro ad aspettarci. L'anziano dottore ci esaminò velocemente uno alla volta, quando non vide arrivare Samshara scoppiò in un silenzioso pianto, piegando la testa sul tavolo. Calima ci fissava, in attesa di risposte.

– Missione compiuta. – disse Liam, con tono amareggiato.

Il gruppo che era venuto a salvarci, nonostante avesse perso numerosi compagni, aveva portato a termine il compito assegnatogli.

– Missione... fallita. – sussurrò Carter; feci quasi fatica a riconoscere la sua voce: era carica di tormento, di impotenza, di disperazione. Il suo viso tumefatto era contratto in una smorfia, i capillari intorno agli occhi si erano gonfiati nel tentativo di trattenere il pianto.Tenere la testa alta gli provocava uno sforzo eccessivo, la gola era gonfia e livida. La sclera arrossata dimostrava una rabbia inespressa che sarebbe scoppiata da un momento all'altro. Mi vennero i brividi.

Gli Automi erano ancora integri, così come tutte quelle preziose ampolle di Nettare ricolme fino all'orlo.

Calima storse il naso, delusa dall'esito dell'operazione, ma fu subito pronta a correggersi per rispetto del dolore che provavano le persone che le stavano davanti.

– Andate a riposare, ne avete bisogno. – disse con estrema gentilezza, quasi a far pensare che volesse prendersi una parte di quel carico tanto pesante che portavamo sulle spalle.

Sfilammo ordinatamente verso gli alloggi comuni. Carter si infilò nel primo letto che si ritrovò davanti e Liam ebbe l'accortezza di lasciarmi il posto accanto a lui.

Le luci vennero spente e, dopo ore, iniziai a sentire le prime ronfate.

Io non riuscivo a chiudere occhio: ogni volta che lasciavo che accadesse, dietro le palpebre mi compariva il volto maligno di Dorian o il corpo insanguinato di Samshara.

Sentii un fruscio di coperte e subito dopo mi sentii premere leggermente sulla spalla affinché mi facessi più in là. Carter si era infilato nel mio letto. Affondò il viso nel mio petto e prese a singhiozzare disperatamente. Non esisteva un modo per placare le sue lacrime. Dovevo lasciare che si liberasse, che alleggerisse quel fardello pesante che altrimenti sarebbe stato costretto a trascinarsi dietro fin quando non lo avrebbe definitivamente spezzato.

Gli accarezzai la testa, infilando le dita tra i suoi riccioli impiastricciati di sangue. Era diventato un mantra, tant'è vero che finalmente, ad un certo punto, si addormentò.

Le palpebre mi divennero pesanti e cominciai a fare fatica a tenerle aperte. Nel momento in cui decisi di lasciarmi trasportare dal sonno, un pensiero mi fece accelerare violentemente il cuore: quelle Assaltatrici stavano parlando di una marcia nelle gallerie.

Qualcuno stava arrivando.

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