7.
Il Correttore ci consegnò la lettera.
Erano passati tre giorni da quando Michael era stato arrestato; non dormivo da allora.
Michael Wax subirà la pubblica gogna seguita dalla Punizione il giorno 12 aprile alle ore 18:00.
Così recitava la lettera firmata e timbrata dal presidente Keller. La stessa lettera era stata ricevuta dai parenti delle altre persone arrestate durante la retata. Il processo si sarebbe tenuto al confine fra i quartieri ricchi e quelli poveri. Avrei voluto con tutta me stessa potermi astenere dal partecipare, ma non era consentito dalla legge. E non avrei mai potuto lasciare Michael ad affrontare da solo la pubblica gogna. Avrei solo voluto poterlo risparmiare a Claudia, Georg, Tiffany, Lucas e tutti gli altri bambini della casa. E a Carla.
La mattina seguente indossammo i nostri abiti migliori. Mi ero acconciata i capelli in una lunga treccia castana dalla quale sfuggivano i ricci ribelli, mi ero infilata un abito a fiori trovato qualche anno prima in un secchione dei rifiuti e delle scarpe basse senza suole. I bambini indossarono vestiti troppo grandi per loro, mentre i due vecchi proprietari dell'orfanotrofio erano mascherati con i loro abiti peggiori, decorati unicamente dal loro strafottente sorriso di soddisfazione.
Arrivammo davanti al Palazzo di Giustizia con largo anticipo, così come tutto il resto della città. Alcuni, come me, erano in pena per i propri familiari. Altri invece erano in trepidante attesa. Nonostante il gran numero di gente presente, l'aria suonava di un silenzio assordante. Riuscivo solo a sentire il battito del mio cuore. Delle resistenti transenne in metallo separavano gli abitanti di lusso da quelli di umili origini. Il grande Palazzo nel centro, faceva da intramezzo tra le due diverse caste sociali.
Intravidi, poi, tra la folla quel ragazzo, l'Assaltatore. Mi fissava. Mi innervosii e distolsi lo sguardo, non avevo né tempo né coraggio per pensare a lui in quel momento. Non riuscii neanche ad averne paura.
Un rumoroso rullo di tamburi squarciò il silenzio. La folla si voltò di scatto verso il trambusto per ammirare la fila di Dissolti coperti da mantelli scarlatti, che si avvicinava al palco eretto davanti al Palazzo. Al centro della fila notai Michael e rimasi stupita. Ogni attimo in cui avevo immaginato quella scena, mi ero raffigura un Michael tremante con il volto rigato dalle lacrime. Quello che invece vidi, era un Michael fiero; teneva la testa alta e la mascella contratta in una smorfia di rabbia. Avrei dovuto avere paura di quell'atteggiamento, invece mi sentii gonfiare il petto d'orgoglio: volevo che Michael li sfidasse.
Gli imputati salirono in silenzio gli scalini che portavano in cima alla piattaforma e si allinearono uno accanto all'altro, disposti difronte alla folla eccitata. La fila veniva aperta e chiusa da due Correttori che, ricevuto il segnale, strapparono le mantelle ai Dissolti lasciandoli completamente nudi. Alcuni caddero a terra per l'umiliazione, altri tentarono di coprirsi; Michael e pochi altri rimasero impassibili.
Il presidente Keller fece il suo ingresso dal Palazzo di Giustizia, applaudito da ogni cittadino dei quartieri di lusso. Indossava un elegante abito nero, un paio di scarpe di pelle lucida e un cappello color avorio. Teneva i lungi capelli grigi legati dietro alla nuca e un paio di occhiali a mezzaluna calati sul naso. Raggiunse con decisione gli imputati e lanciò loro un'occhiata di disprezzo.
– Cari cittadini, – esordì, – grazie per essere qui presenti in questa giornata davvero, davvero molto spiacevole. Questi... signori, sono accusati di disobbedienza. Vi starete sicuramente chiedendo il perché, non è vero? Ecco, diciamo che sono stati scoperti in possesso di oggetti non autorizzati.
Un Correttore raggiunse il presidente e gli consegnò un fascicolo di fogli.
– Ecco, ecco. – disse sistemandosi gli occhiali per riuscire a leggere meglio – Sì, in possesso di oggetti non autorizzati. – confermò.
Camminò su e giù sulla piattaforma per qualche secondo, facendo suonare il pavimento ad ogni colpo dei suoi tacchetti di lusso.
– Qual è la Punizione, signori? – chiese al pubblico, allargando le braccia per incoraggiarlo a rispondere.
– Amputazione! – urlarono in coro.
Era consuetudine che ai Dissolti venisse amputato un orecchio, per permettere ai normali cittadini onesti di riconoscere il loro stato sociale.
Mi sentii svenire.
– Sì, sì. Amputazione. – accettò il presidente, unendo le mani davanti al volto come a simulare una preghiera – Correttori? – chiamò.
Gli uomini vestiti in armatura bianca metallica si avvicinarono agli imputati: uno per ogni Dissolto. Questi sfilarono dal cinturone il coltello affilato e aspettarono il segnale del presidente.
— Ma prima, chiariamo un concetto: da oggi in poi queste persone non esisteranno più, saranno unicamente corpi vaganti. Non avranno diritto a nulla, il loro nome svanirà. Dissolveranno come nebbia. — Keller alzò la mano facendo cenno ai Correttori.
La gente dei quartieri bassi mantenne un rispettoso silenzio, mentre tutti quanti gli altri erano febbricitanti, eccitati, rumorosi.
I Correttori iniziarono ad amputare ai Dissolti l'orecchio destro e cominciarono le urla.
Non guardai Michael, guardai a terra e mi resi conto che stavo muovendomi. Stavo raggiungendo il palco e quando alzai gli occhi, vidi un mare di corpi agonizzanti in un'immensa pozza di sangue. L'odore metallico mi arrivò alle narici provocandomi un conato di vomito. Senza neanche accorgermene presi a spintonare la gente per farmi largo, fino a quando mi sentii afferrare per un polso. Mi voltai e vidi l'Assaltatore mimare un "no" con le labbra.
Udii l'urlo di Michael e svenni.
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