37.

Nico -il ragazzo della spedizione- era ricoperto di ferite, ma era ancora in piedi.

Stava parlando animatamente con Dimitra che continuava a chiedergli dei suoi compagni.

– Non ce l'hanno fatta. Gli uomini di Dorian li hanno massacrati. – disse con frustrazione.

Chi è Dorian?

– Come hai fatto a sopravvivere? – chiese Carter.

– Mi hanno lasciato andare, volevano che diffondessi un messaggio.

Nico si lasciò cadere su una sedia e cominciò a singhiozzare disperatamente.

Dimitra gli poggiò una mano su una spalla, ma il ragazzo non sembrò neanche accorgersene.

– Qual è il messaggio? – chiesi.

– Hanno detto che dobbiamo smettere di cercarli, altrimenti li uccideranno.

– Chi? Uccideranno chi? – chiesi con una buona dose d'ansia nella voce.

– I bambini. Parlavano dei bambini.

Sono ancora vivi!

– Dobbiamo andare. – dissi risoluta, afferrando la manica di Carter.

Ma lui non si mosse.

– Julia... – mi bloccò.

Lo guardai negli occhi e rividi quella strana luce che detestavo. Aveva pena per me.

– Cosa c'è? Non guardarmi in quel modo.

– Se continuiamo a cercarli li uccideranno, hai sentito cosa ha detto...

Lasciai la presa dal suo braccio e mi allontanai di qualche passo. Non potevo credere che volesse arrendersi.

– Non possiamo lasciarli! Non importa cosa dicono, dobbiamo andare a riprenderceli!

Carter cercò di avvicinarsi continuando a guardarmi con la compassione dipinta negli occhi. Gli sfuggii dalla presa e lo fulminai con lo sguardo.

– Perché fai così? Ti faccio pena? – sibilai con rabbia – Puoi restare qui se vuoi, io vado a cercarli.

– Non andrai da nessuna parte, non te lo permetterò. – rispose con decisione.

– Tu non sei nessuno per me, non hai alcun diritto di dirmi quello che devo o non devo fare. Io vado a salvare i miei fratelli. – a quelle parole, la sua espressione compassionevole si trasformò in una smorfia di dolore.

Mi voltai e mi incamminai verso la mia stanza per infilarmi i miei vestiti e andare via il prima possibile, lontana dal villaggio. Carter mi raggiunse e mi bloccò la strada parandomisi davanti.

– Li farai uccidere se uscirai da questa cupola. Ti farai uccidere! – imprecò.

– Devo correre questo rischio.

– Ha ragione. – si intromise Samshara – Da quando in qua diamo agli Assaltatori tutto questo potere su di noi? Non possiamo tirarci indietro davanti alle loro minacce. Sappiamo che li ucciderebbero comunque, dobbiamo continuare la nostra missione.

Ero sorpresa. Samshara, quella che dal giorno del mio arrivo al villaggio "3" mi guardava dall'alto in basso, aveva appena preso le mie parti?

– È un rischio troppo grande. – continuò Carter, imperterrito.

– Lo è ancora di più restare fermi a guardare. – affermai.

Carter si prese la testa tra le mani.
Dopo qualche istante tirò su il viso, ma la sua espressione era cambiata. C'era qualcosa che non andava e non riuscivo a capire cosa.

– Partiamo domani sera. – decise.

Girò i tacchi e si allontanò senza degnarmi di uno sguardo.
Non me ne feci una malattia, mi diressi nella mia stanza e mi strappai di dosso quel ridicolo vestitino. Mi tuffai sul letto sperando di riuscire a prendere sonno, ma avevo dormito tutto il giorno così rimasi sveglia a fissare il soffitto, fino a quando non calò la luna e arrivò l'alba.

Sono ancora vivi.

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