35.
Lili si rifiutò di rimanere al villaggio e, dato il sangue freddo dimostrato durante l'attacco di Keller, nessuno se la sentì di obiettare. Nemmeno Samshara.
La sua spalla, grazie alla medicinali rubati ai laboratori di Beehive, era quasi del tutto guarita.
Non potevo dire lo stesso per le decine di ferite che mi ricoprivano il corpo.
Partimmo con lo zaino in spalla al tramonto del giorno dopo; muoversi al buio e con le temperature basse sarebbe stato più prudente.
Gli ingressi alle gallerie erano definitivamente crollati, ci saremmo dovuti accontentare del deserto.
E così fu.
Le prime ore di mancia furono pressoché piacevoli ma, andando avanti con il percorso, la fatica divenne sempre più difficile da sopportare. O meglio, divenne sempre più difficile da sopportare per me e per Lili. Per Carter, Liam e Samshara, sembrava assomigliasse più ad una passeggiata notturna piuttosto che ad altro.
Appena fuori dalle mura di Beehive, non credevo che avrei mai potuto vedere nulla di più grandioso del deserto. Quel terreno sabbioso che si estendeva a vista d'occhio, era stato per me simbolo di libertà. Ma come il deserto, la libertà ha un prezzo.
Prendere delle decisioni, accettarne le responsabilità e subirne le conseguenze.
– Come facciamo a sapere verso quale direzione dobbiamo andare? – chiesi con il fiato corto.
– Abbiamo un'idea approssimativa sul dove dirigerci. Faremo tappa nei villaggi per raccogliere informazioni. – rispose Liam.
Lili aveva marciato per buona parte del tempo al suo fianco, ma una volta salita la stanchezza, aveva rallentato il passo fino a ritrovarsi alla fine della coda.
– Se avessimo usato quelle maledette gallerie, saremmo quasi arrivati! – imprecò Samshara.
– Non importa, marceremo una notte in più. – rispose Carter con calma.
Anche lui era arrabbiato, lo sapevo. E lo dimostravano le nocche gonfie della mano.
– E dove riposeremo durante il giorno? Non possiamo certo sdraiarci sotto il sole cocente! – si lamentò Lili.
Samshara si fermò e si voltò di scatto verso di lei: – Spero che tu non voglia tormentarci con qualcun'altra delle tue lamentele. Altrimenti gira i tacchi e torna indietro. Sono stata abbastanza chiara?
Lili annuì intimorita e si tappò la bocca.
– Dormiremo nelle tende termiche. Ne abbiamo tre. – concluse freddamente la ragazza.
– Non corriamo il rischio di essere avvistati? – chiesi.
– Ovviamente. E ne eri a conoscenza anche prima di partire, oppure mi sbaglio?
Samshara era una delle ragazze più belle che avessi mai visto, sembrava una divinità. Ma allo stesso tempo era la persona più intollerante che avessi mai conosciuto.
Quando il sole cominciò ad albeggiare, tirammo fuori le tende e ci accampammo. Samshara aveva preteso una tenda solo per sé. Lili, senza neanche mostrarmi un minimo di solidarietà, si infilò in quella scelta da Liam.
Io e Carter, presi alla sprovvista, ci guardammo per un istante con sorpresa e cercammo immediatamente di mostrare indifferenza. In realtà, io cercai di mostrare indifferenza. Lui non tentò minimamente di nascondere un ghigno divertito.
Ci intrufolammo nella tenda e scoprii -quasi- con piacere che c'era abbastanza spazio affinché i nostri corpi non si toccassero.
– Ti dispiace se dormo da questo lato? – mi chiese.
– Nessun problema. – risposi sdraiandomi su un fianco e dandogli le spalle.
Ero talmente distrutta dalla marcia che neanche il pensiero di Carter a pochi centimetri dal mio corpo, riuscì ad impedirmi di addormentarmi.
Sembrava che avessi chiuso gli occhi solo un istante quando riaprendoli, scoprii con delusione che la luce del giorno stava affievolendosi.
Quasi scattai quando notai il braccio di Carter appoggiato sul mio corpo. Non sapevo cosa fare: spostarlo e finire con lo svegliarlo, oppure lasciarlo lì e rischiare che si accorgesse della pelle d'oca della quale ero ricoperta?
– Buon giorno. – sussurrò improvvisamente – O meglio: buona sera.
– Mh, si. Ciao. – risposi.
Mi tirai a sedere. Carter mi imitò stendendo le braccia stiracchiandosi.
– Dormito bene? – mi chiese mostrandomi un sorriso assonnato.
– Si, benissimo. – risposi d'istinto.
Carter alzò un sopracciglio divertito ed io mi affrettai ad aggiungere: – Si, come al solito.
Idiota. Sono un'idiota.
Una volta che il sole fu tramontato del tutto, ricominciammo a muoverci.
Carter, che camminava in testa alla fila, si voltava di continuo a guardarmi. Io tentavo di fingere di non notarlo, ma spesso e volentieri mi divenne impossibile non ricambiare il sorriso.
Mi sentivo terribilmente sciocca, ma non me ne poteva importare di meno.
Era notte fonda quando, finalmente, notammo gli argentei raggi lunari infrangersi contro una superficie di vetro nel bel mezzo del deserto. Era una cupola, al di sotto della quale splendevano centinaia di piccole luci che mi ricordarono i fuochi fatui dei quali avevo letto nei libri di fiabe.
– Guardate lì! – indicò Lili elettrizzata.
Quello era il villaggio "4".
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