21.



Il braccialetto elettronico che avevo al polso era più pesante di quel che sembrava. Era di un colore azzurrino, spesso un paio di centimetri e largo almeno tre e, cosa più importante, aveva dei lunghi sensori appuntiti che mi perforavano la carne.

Come avrei fatto a fuggire con quell'aggeggio che segnalava ogni mio movimento? Di certo non avrei potuto strapparlo via!

Dopo la mia pubblica gogna, non avevo fatto altro che pensare alla rivolta dei Ribelli. Il signor Hamilton era morto.

Il signor Hamilton era morto per me.

E chissà quanti altri avevano fatto la stessa fine. E Carter?

Stavo male, ma non potevo cedere dopo quello che era successo. Dovevo resistere.

Ancora un po' Julia, puoi sopportarlo.

Me lo ripetevo di continuo, quando entravo nelle simulazioni, quando subivo le estrazioni e quando mi lasciavo prendere dal panico.

Ancora un po'.

Il dolore che provavo all'orecchio era qualcosa di tremendo. Era vero che i Dissolti non avevano diritto a cure mediche, ma era sempre vero che ero una fonte di Nettare per il governo, il mio "benessere" andava di pari passo con gli interessi di Keller. Perlomeno per il momento.

Mi portai una mano sulla ferita e, nonostante sapessi di non avere più l'orecchio destro, mi stupii a percepirne fisicamente la mancanza. Mi sentivo umiliata.

Thiago e Lili erano morti. O almeno così credevo. Di loro non avevo saputo più nulla e quando, dopo l'estrazione del Nettare venivo portata in infermeria, non avevo più abbastanza forza per alzarmi dal letto e andare a cercarli. Quando recuperavo un po' di energie, venivo rispedita in laboratorio senza troppe cerimonie.

Di quel passo, sarei morta a breve.

Avevo perso molti chili, respiravo a fatica, la pelle era di un grigio piombato pieno di screpolature, i capelli -che ora mi arrivavano poco più su delle spalle- erano radi e sfibrati.

Dovevo trovare al più presto una soluzione.

Era notte fonda quando mi svegliai di soprassalto.

Elia mi teneva una mano pigiata contro la bocca per impedirmi di urlare.

– Fai silenzio e apri bene le orecchie. – disse – Non avrai un'altra occasione.

Aveva gli occhi cerchiati di viola e uno terrore vivido gli lampeggiava nelle pupille.

– Domani mattina io e i Ribelli ti apriremo un varco. La città è piena di Correttori ovunque, sulle mura sono appostate sentinelle ogni due metri. Quando uscirai, – e percepii che in realtà intendeva dire "se uscirai", – vedranno il varco. Noi ti copriremo le spalle. Non potrai più tornare indietro. Hai solo questa possibilità: pensi di farcela?

– Cosa ne sarà di voi? Rimarrete qui dentro e probabilmente vi condanneranno a morte!

– Non preoccuparti di questo. Allora? Pensi di farcela? Non possiamo rischiare tutto se credi di non riuscirci.

In quel momento pensai ai miei fratelli e una scarica di adrenalina mi attraversò il corpo.

– Ce la faccio. – risposi con decisione.

– Bene. Domani mattina. – Concluse.

– Elia, aspetta! – bisbigliai, afferrandolo per il braccio – Carter? – chiesi con timore.

– Sta bene. Tieniti pronta. – disse e scivolò via dal mio reparto.

   **********

Cercare Lili e Thiago era un rischio, ma se fossero stati ancora vivi avrei dovuto coinvolgerli nel piano.

Sgusciai via dal mio letto e cominciai a frugare in ogni reparto.

Mi ero quasi rassegnata quando, spalancando un divisorio di stoffa, vidi i miei compagni. Le loro condizioni erano pessime, avevano gli occhi incavati e le labbra screpolate. Ma la cosa che più mi fece impressione furono le ossa spigolose sbucargli dalla pelle.

– Ehi! – li scossi leggermente cercando di svegliarli.

I due gemelli spalancarono gli occhi. Quando mi videro, presero a piangere.

– No, non fate così. – sussurrai – Sto bene! Voi state bene!

– Ti credevamo morta. Temevamo che stesse per toccare a noi... – biascicò Lili debolmente.

– Tranquilli, non dovete più preoccuparvi. Stiamo per andarcene! – risposi.

Raccontai loro tutto ciò che era accaduto dalla prima estrazione a quel momento, la mia fuga, la pubblica gogna, la rivolta dei Ribelli e la visita di Elia.

– Dobbiamo toglierti quello. – disse Thiago indicando il mio braccialetto elettronico.

Già, me ne ero quasi dimenticata...

– Come? Guarda, è infilato nella carne.

– Non lo so, ma non puoi toglierlo prima di domattina. Non possiamo sapere se, una volta levato, il braccialetto stesso mandi una segnalazione ai supervisori.

– Non ci avevo pensato... – ammisi.

– Tieni questo. – disse Lili, porgendomi un coltello dal vassoio della cena. – Quando sarà il momento, dovrai riuscire a sfilartelo.

Nascosi il coltello nella manica della camicia da notte e tornai nel mio letto prima che qualcuno si accorgesse della mia assenza.

Mi sentivo in colpa per tutti gli altri ragazzi nella mia stessa situazione, ma non avevamo alternative. E loro non avrebbero avuto abbastanza forze per riuscire a fuggire.

Non dormii neanche un secondo.

Domani.

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