11.
Fuori dalla porta, mi stava aspettando lo stesso inserviente di poco prima. Mi accompagnò di nuovo lungo i corridoi immacolati e si fermò di fronte ad un'altra porta d'acciaio. Questa, prima cigolò, poi si spalancò.
Restai impietrita.
Al centro della stanza, c'era un tavolo operatorio sul quale penzolava un enorme faro dalla luce biancastra. Una donna giovane, fasciata in un camicie bianco, mi sorrideva con finta gentilezza, intanto che batteva la mano sul tavolo per invitarmi ad entrare. L'inserviente mi spinse dentro e richiuse svelto la porta. Mi sentii invadere la schiena da dei potenti brividi di terrore, che mi scatenarono la pelle d'oca in tutto il corpo.
– Non deve aver paura. – disse la dottoressa, continuando a sorridere.
Avanzai di qualche passo e mi fermai a un metro dal tavolo.
– Mi creda, non voglio farle del male. È solo una semplice fase del test. Finirà tutto in un attimo. – disse, prendendomi una mano tra le sue e conducendomi al tavolo d'acciaio.
Mi sdraiai tremante, non potendo fare altrimenti. La dottoressa mi legò gambe e braccia con delle cinghie di cuoio "per precauzione".
Accanto a me, c'era un carrellino sul quale erano posate delle siringhe di misure diverse. Il cuore mi mancò di un battito.
– Dovrò farle un prelievo dal cuore. – disse continuando a sorridere – Senza anestetico.
— Sta scherzando? – risposi dimenandomi, cercando di liberarmi dalla presa.
— Ssh, si calmi. – disse accarezzandomi la fronte – Vede, ho bisogno di un suo campione di sangue. L'anestetico ne altererebbe la purezza, quindi dovrà resistere. Durerà poco, glielo prometto.
Iniziai a scalciare, cercando inutilmente di allentare la presa delle cinghie di cuoio. La dottoressa fischiettava noncurante delle mie proteste di terrore e, con estrema disinvoltura, mi slacciò i bottoni della camicetta. Rimasi con il petto esposto. Strofinò con delicatezza un batuffolo d'ovatta imbevuto nel disinfettante e, sempre sorridendo, afferrò dal carrellino la siringa con l'ago più lungo e spesso che avessi mai visto.
– La prego, la prego si fermi! – gridai agitandomi convulsamente.
– Non si preoccupi signorina, ci metterò un secondo.- rispose, tenendo gli occhi fissi sul mio petto. Sembrava quasi che ne traesse chissà quale piacere – Ora capisce che conoscere i dettagli di questa fase della Valutazione, avrebbe potuto compromettere la fase precedente? La paura ne avrebbe alterato i risultati. – cantilenò, mentre cercava il punto esatto nel quale perforarmi.
Senza alcuna delicatezza, mi trafisse con decisione. La sentii gemere di soddisfazione mentre io, con un urlo di dolore, svuotai i polmoni da tutta l'aria che contenevano. Spinse l'ago ancora più in fondo, fino a quando non trovò il cuore. Lo sentii con precisione, come se potessi vederlo. Quando iniziò a tirare lo stantuffo, mi mancò il fiato. Non riuscii neanche a urlare, mi dibattevo freneticamente senza ottenere risultati. Strabuzzai gli occhi quando lentamente, molto lentamente, iniziò a sfilare l'ago dal mio torace. Sentii come se mi stesse trascinando il cuore verso la cassa toracica. Quando finalmente lo estrasse del tutto, preparò una nuova siringa e mi iniettò un liquido rosa nel braccio. Continuavo ad essere scossa da fitte acute in tutto il torace, che mi impedivano di respirare. Inaspettatamente ed improvvisamente, il dolore cessò.
– Visto? Lo avevo detto che ci avrei messo un attimo. – trillò soddisfatta.
Prima di slacciare le cinghie, mi strofinò una pomata sul foro all'altezza del cuore e, dopo un leggero pizzicore, la ferita si chiuse non lasciando neanche il segno del suo passaggio, se non un rivolo di sangue che mi era colato lungo lo stomaco, fino ad accumularsi nell'ombelico. Usò lo stesso farmaco per curare il Byekorf inciso sul palmo della mano. Mi liberò e mi sorrise nuovamente, sorriso che sul suo viso sembrò un'atroce smorfia animalesca.
– Arrivederci. – disse allegra, porgendomi la fiala di sangue, come se non ci fosse nulla di macabro nel suo gesto.
Uscii in fretta e mi lasciai accompagnare dall'inserviente alla stanza dell'interrogatorio.
L'esaminatore mi fece di nuovo accomodare sulla poltroncina nera e prese la fiala contenente il mio sangue. Lo versò nel solco del Byekorf sulla lastra di vetro e ci posò sopra una piastra d'acciaio digitale.
– Tra poco apparirà il risultato.
Tutto qui? Nessuna lotta? Nessun test che riguardi la potenza fisica? In quel momento capii che non avrei potuto fare nulla per fallire volontariamente la Valutazione.
Il cuore prese a battermi all'impazzata, intanto che con tutta me stessa pregavo affinché non fossi riuscita a superare il test.
I minuti sembrarono anni, ma poco dopo sulla piastra d'acciaio apparve: "PROMOSSA".
Promossa.
Avevo superato la Valutazione.
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