56. SOLO IL NEGATIVO

Jack si era raggomitolato in un angolo della cella. Stava morendo di sete e aveva freddo. In quel buco scuro non c'era nessun posto dove potesse rannicchiarsi e dormire un po', a parte il nudo pavimento. Ogni volta in cui chiudeva le palpebre rivedeva il corpo di Morton cadere al suo fianco, i suoi occhi vuoti, il sangue che sgorgava sul pavimento. Allora li riapriva, col cuore in gola, per impedire alla propria mente di soffermarvisi troppo a lungo, e si prendeva la testa fra le mani. Era stata colpa sua. Se non avesse insistito tanto per vedere i suoi amici e Nick, non sarebbe successo niente. Se fosse stato un po' più veloce, prima di andare da Pim, Minerva non sarebbe arrivata in tempo e nessuno si sarebbe fatto male. Nessuno sarebbe morto.

Jack aveva sempre aborrito la violenza, a differenza di Nick e Morris. Per il primo rientrava nell'ordine delle cose, secondo un principio di reciprocità – tu colpisci me, io colpisco te -, per il secondo non era qualcosa di fisico, ma faceva altrettanto male, se non di più. Le ossa rotte potevano guarire, le ferite rimarginarsi, ma difficilmente ci si dimenticava di una parola detta da Morris. Sapeva sempre come girare il coltello nella piaga, e lo faceva nel modo più doloroso possibile. Era incredibile come riuscisse a comprendere le debolezze di una persona e rivoltargliele contro, persino nelle sciocchezze. Jack ricordava quando, da bambino, Mo gli raccontava ogni genere di cose per convincerlo a ubbidirgli. Non gli aveva mai dato un solo ceffone, ma, quando a Jack era capitato di fare qualcosa che sapeva fosse sbagliato secondo le regole di Morris, era andato lui stesso a costituirsi, con le lacrime agli occhi. L'amore di suo fratello aveva sempre avuto un che di dispotico, a differenza di quello di Nick, forse per via della loro grande differenza d'età o forse per la sua naturale inclinazione a manipolare gli altri, persino quando gli voleva bene. La cosa peggiore era che Jack, a tratti, era cosciente dei meccanismi che Morris aveva fatto scattare in lui, persino da bambino, ma non era mai stato in grado di opporvisi, perché, a sua differenza, gli voleva davvero troppo bene. Avrebbe fatto qualunque cosa per renderlo felice, nei limiti della propria morale, perché lo adorava. Anche allora che il legame mentale che avevano condiviso non esisteva più e Jack era tornato a essere un intero, sentiva che quel modo di pensare era ancora in lui, da qualche parte. Nonostante Morris non fosse lì, lo strisciante senso di colpa che provava a causa dell'assassinio di Morton era qualcosa di simile, anche se amplificato all'ennesima potenza: era lui il colpevole, lui aveva ucciso Morton, anche se indirettamente, anche se non l'avrebbe mai voluto fare.

E Jack non riusciva a fare a meno di pensare a quanto i metodi di Morris e Valentino fossero simili, nonostante i metodi di quest'ultimo fossero più perversi e col solo fine di fare del male, mentre quelli di suo fratello avevano avuto quello di educarlo, quando era piccolo. Doveva essere stato difficile per lui crescere un adolescente e un bambino di otto anni. Morris era poco più di un giovane uomo, quando si era ritrovato a far da padre a due fratelli, e la naturale alterigia che aveva sempre fatto parte di lui si era amplificata, trasformandolo in un piccolo dittatore, di tanto in tanto. Non che loro fossero stati due bambini facili, non facevano altro che dargli problemi, specialmente Nick. Dunque Mo aveva dovuto aguzzare l'ingegno, com'era così bravo a fare, e aveva trovato un modo efficace di farsi obbedire, per quanto il ricatto morale fosse sbagliato e dannoso, specie quando si calcava troppo la mano.

Quel ricatto a Jack faceva venire i brividi: vedere Morris in Valentino e Minerva lo terrorizzava. Suo fratello non poteva avere nulla in comune con quei due pazzi.

Mo forse no, ma Robert sì, fu il pensiero che lo fece sussultare.

No, no. L'abbiamo sconfitto. L'abbiamo isolato nella sua mente. Mo l'ha messo in quella scatolina, non può essere fuggito. Non è nemmeno reale.

E' Mo a renderlo reale. Finché ci sarà lui, ci sarà anche Robert. L'aveva detto lui stesso, ricordi? Loro due sono inscindibili, e non è nemmeno chiaro dove cominci uno e finisca l'altro. A tratti c'è qualcosa di Morris in Robert, e viceversa.

Ma Mo l'ha sconfitto...

Non credo che Robert sia facile da tenere al guinzaglio. E se fosse lui a tenere al guinzaglio Mo?

Gli tornò in mente l'immagine di Morton accasciato a terra e Jack si premette i palmi sugli occhi, con un gemito. Non voleva pensarci. Basta. Mo stava bene, era guarito, non avrebbe più fatto quelle cose. Poteva essere stato crudele in passato, ma adesso era diverso.

Il ragazzo deglutì a fatica, cercando a tentoni la ciotola in cui gli avevano messo l'acqua. Volevano degradarlo, come un animale, ma a lui importava solo di bere.

Trovò la bacinella e bevve avidamente, per poi rinfrescarsi la nuca e il viso. Gli dolevano gli occhi e aveva mal di testa per via dell'assenza di sonno e gli incubi, e la pancia gli doleva ancora, nonostante il meccanismo di autoguarigione avesse ripreso il suo corso e la pelle avesse smesso di essere ipersensibile per via dell'eccessiva stimolazione. Valentino l'aveva davvero ridotto in fin di vita, due giorni addietro. Gli sembrava che fossero passate ere, ma almeno era consapevole che fossero stati solo due giorni... prima non si ricordava nemmeno quando fosse arrivato. A stento si ricordava il proprio nome. Da quando era pulito dai sedativi, invece, la sua memoria si era snebbiata e ricordava con più chiarezza, per quanto ciò che albergava nella sua mente fosse tutt'altro che piacevole. Tutte le persone cui voleva bene erano in prigione, sotto torture o in pericolo di vita, e lui non poteva fare niente per salvarle.

Voleva essere utile per una volta. Voleva essere lui a salvarli, lui l'eroe, ma non sapeva come si facesse. Pim aveva ragione, quando gli aveva detto che non era un granché nemmeno come spalla. Sapeva che l'aveva fatto solo per mandarlo via, quando era andato a recuperarla nel terreno delle piante carnivore, eppure quelle parole non l'avevano mai abbandonato, conficcandosi nel suo cervello come una spina velenosa. Lei gli voleva bene così, ma Jack voleva farlo per se stesso, oltre che per gli altri. Voleva dimostrargli il proprio affetto risolvendo quella situazione, che gli appariva assurda. La violenza era assurda, e tutto ciò che la riguardava lo era. Quanto avrebbe voluto che le cose potessero sistemarsi pacificamente, che la guerra finisse. Era cominciata da poco, ma aveva già mostrato il suo volto grottesco. Nessun ideale, nessuna ideologia, nessuna motivazione giustificavano l'azzannare i propri simili. Ma che fare, quando chi azzannava era sadico come Valentino e Minerva, e voleva solo farlo per amor di distruzione? Era lecito allora azzannare a propria volta?

No, pensava Jack. No. Non potrei mai. Non sono un guerriero. Non sono un assassino. 

Ma Valentino e Minerva cose come la gentilezza non le capivano o, se erano stati in grado di farlo, se n'erano dimenticati.

E come poteva Jack, che invece capiva solo quello, parlamentare con loro, convincerli ad abbandonare quella strada distruttiva? Non avevano nulla in comune, non poteva esserci un dialogo e, soprattutto, loro non lo volevano.

La porta blindata della cella si aprì con un risucchio e i neon sfarfallarono, illuminando l'ambiente circostante. Jack ne fu accecato, dopo due giorni passati al buio, e si coprì gli occhi con una mano per darsi un po' di sollievo. Udì il scivolare silenzioso della sedia a rotelle di Valentino e, un po' alla volta, riuscì a metterlo a fuoco.

L'uomo lo fissava con sguardo vuoto, come se non fosse del tutto presente. Jack, rintanatosi in un angolo della cella, lo guardò in silenzio, attendendo che fosse lui a parlare per primo. Tuttavia l'altro continuava a restare inerte, il che lo spaventava più di quando lo fissava con freddezza, prima di torturarlo.

Il ragazzo non riusciva a capire se si trattasse o no di una trappola, ma, alla fine, si alzò in piedi e si avvicinò a lui un passo alla volta, pronto ad allontanarsi al minimo cenno di vita.

- V... Valentino? – balbettò, con voce roca.

L'uomo non rispose. I suoi occhi neri sembravano due sfere prive di qualsiasi inflessione.

Jack osò posargli una mano su un braccio. Era sottile come un fuscello, avrebbe potuto spezzarlo con una semplice torsione. Ma non era quello ciò che voleva.

- Mi senti? – gli chiese, cominciando a preoccuparsi.

Qualcosa non andava.

Per quanto quella versione mansueta di Valentino fosse preferibile alla precedente, non era lui quello. Sembrava un pupazzo senza fili.

A un tratto, la mano di Valentino si rianimò e gli strinse il polso.

Jack emise un grido soffocato e cadde all'indietro, nonostante l'altro lo stesse ancora stringendo con una forza innaturale per quel corpo distrutto.

- Piccolo sgorbio – sogghignò Valentino, godendo del terrore nei suoi occhi. – Cosa pensavi di fare? Sei proprio uno stupido, fino all'ultimo.

Sgorbio?

Jack deglutì a fatica, divincolandosi da quella presa, ma quelle dita ossute erano più decise di un paio di tenaglie.

- Credevi davvero di poter fare il gentile? – lo schernì l'uomo, torcendogli la mano.

Il ragazzo urlò, implorandolo di lasciarlo andare. Avvertiva un bruciore intenso dentro il polso.

- Come? Non ti ho sentito.

- Ti prego, lasciami – farfugliò Jack, fra le lacrime e il respiro rotto. – Ti prego.

- Come si dice?

- P-per favore – rantolò il ragazzo, sentendosi ancor più umiliato.

Solo allora l'uomo allentò la presa, permettendogli di allontanarsi. Jack indietreggiò più che poté, tenendosi in grembo il polso storto. Aveva una brutta angolatura, e dovette raddrizzarlo da solo, prima che si riappiccicasse in modo sbagliato. Fu un'operazione ancor più dolorosa del colpo di Valentino, che lo osservava con un mezzo sorriso impresso sulle labbra.

- Sei sempre tu a cercartele, sgorbio – mormorò Valentino, scuotendo la testa. – Sai, ho sempre pensato che fossi inutile, ma proprio non riesco a odiarti, a differenza di altri. Se avessi potuto, ti avrei già eliminato, eppure siamo ancora qui, punto a capo. In fondo mi fa piacere vederti.

Jack scosse la testa.

- No, no – sussurrò, con un filo di voce.

- Cosa? – chiese Valentino, mentre il suo sorriso si allargava. – Che c'è? Qualcosa non va?

Il ragazzo lo guardò in viso, soffermandosi sui suoi occhi. Erano neri, sì, ma c'era un azzurro ghiaccio dietro di essi.

- Solo Mo mi chiamava sgorbio – disse, talmente piano da essere a stento udibile. – Ma tu non sei lui. Sei Robert, vero?

Il sorriso di Valentino era talmente largo da avere del disumano.

- E' la prima volta che qualcuno lo nota. Complimenti, moccioso. E' vero, ti ho dato qualche indizio, ma li avevo dati a tutti, e nessuno ci era arrivato, senza che lo dicessi esplicitamente. Povere teste bacate. E invece tu... che sorpresa. Forse non è così disgustoso essere imparentato con te, dopotutto – mormorò, avvicinando la sedia.

- Come hai fatto? – chiese Jack, indietreggiando. – Mo ti aveva confinato... ti aveva...

- Sai, a volte ci sono cose troppo radicate per essere estirpate – lo interruppe Valentino, mettendolo con le spalle al muro. – Credevate davvero di potermi distruggere? Sono troppo forte. Sono talmente forte da essere diventato un'altra persona, malgrado la mia identità e quella di Morris siano saldate alla radice. Dopo essersi preso cura di me per così a lungo, non era più lui a controllare me, ma io a controllare lui. Che dirti, Jack. L'ambizione e la sete di potere si trovano ovunque, persino in te, che vuoi fare l'eroe. Già, l'eroe – Valentino si interruppe, concedendosi una risatina. – Chi sono io per toglierti queste illusioni infantili? Gli eroi non sono mai come ce li si dipinge, vero? E' stato un duro colpo per te, scoprire che il tuo eroe, il tuo adorato fratellone, era un mostro. Povero, piccolo sgorbio. Quasi mi dispiace per te a volte, sai? Sei nato nella famiglia sbagliata. La tua vita sarebbe stata meno dolorosa, altrove. Ma in fondo sono felice di averti qui. E' stato piacevole passare assieme le ultime due settimane. La cosa divertente è che tu, per quante volte io possa farti del male, torni sempre. Sin da piccolo sei stato così. Non importava quanti rifiuti ricevessi, quante parole cattive potessi rivolgerti. Poco tempo dopo eri di nuovo lì a guardarmi con aria adorante. E devo dire che è molto appagante avere qualcuno che mi veneri in questo modo.

- Non è venerazione – mormorò Jack, senza riuscire a guardarlo in faccia. Non sapeva perché, ma non riusciva a fare a meno di provare un'immensa vergogna, di fronte a lui. Si sentiva così piccolo, un puntino di fronte a un gigante. – E' voler bene a qualcuno. Quella volta non facevi del male per piacere personale. Eri solo un fratello maggiore un po' stronzo, nulla di più. Ma io ti voglio ancora bene. Perché non... p-perché non cerchi di capire? Non sono io quello sbagliato. Sei tu.

- Voler bene – sospirò Valentino, scuotendo la testa. – Lo dici sempre. Sulla tua mente, sulle tue labbra: le parole che sento tutto il maledetto giorno. Forse con Morris possono funzionare queste cose, ma io sono Robert. Non capisco ciò che provi, e non mi interessa nemmeno comprenderlo. Trovo solo appagante il fatto di trovarti sempre disposto a cercare di avere un contatto con me. E il fatto che io senta questo nei tuoi confronti, qualcosa che va al di là della mera logica, credo che sia solo una piccola rappresentazione di cosa Morris provi per te. Ed è questo il vero motivo per cui ti ho lasciato in vita.

Il Migliore si fermò, inarcando un sopracciglio sottile. Quel sorriso inquietante, privo di emozioni, era tornato a solcargli le labbra.

- Tuo fratello ci resterebbe molto male se tu morissi, non è vero, sgorbio? Talmente male che potrei convincerlo ad arrendersi del tutto. Quel poco che rimane di lui, finalmente, sarebbe mio. E non ci sarebbe più Morris, ma solo Robert. Nessuno spazio bianco, nessuna impurità. Solo io, ovunque.

- Se sei così forte, perché non te lo sei già preso? – sibilò Jack.

- Perché per quanto io sia forte – fu costretto ad ammettere Robert. – Morris riesce a tenermi testa, ora. Una volta era debole, pensavo che avrei potuto riconquistarlo facilmente e spezzarlo, specie dopo che avevo rubato la tua mente, ma, con mia sorpresa, mi sbagliavo. Ha acquisito dei poteri che non riesco a decifrare. Delle capacità aliene. Ma avevo preso qualche precauzione, per una simile eventualità: avevo copiato parte di me stesso nelle menti di Valentino e Minerva, prima di fuggire, e da lì sono riuscito a conquistare tutta Cram, dopo che voi avevate cercato di scacciarmi. Ora vivo in loro, ma presto mi riprenderò quel corpo, e il resto della mente che mi appartiene di diritto. E tu mi aiuterai, sgorbio, volente o nolente.

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Ragazzi, questo capitolo non è stato corretto come gli altri. Purtroppo al momento non ho il pc con me e devo accontentarmi di pubblicarlo così, spero che vi piaccia comunque :) Nei prossimi due-tre capitoli c'è il botto finale :D

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