50. TENDERE UNA MANO
- Non abbiamo altra scelta – mormorò Teofane, passandosi una mano sul mento.
- Ma pa', è pericoloso. Non puoi. Ti prego – balbettò Belgor, guardandolo con occhi sbarrati. – Non possiamo andare a parlamentare. Non adesso. Ci spareranno a vista, come hanno sempre fatto. Abbiamo ucciso i loro messaggeri, nessuno accetterà di conversare con noi.
- E' stato un incidente – continuò Teofane, deciso, raccogliendo il cucchiaio che aveva posato sul bordo della ciotola. Sorbì un po' di minestra. – Belgor, dobbiamo cercare di mostrarci amichevoli. La violenza non può essere la nostra prima soluzione. Andremo da loro e gli spiegheremo che non era nostra intenzione fare davvero del male. Se mi presenterò io stesso, mi ascolteranno.
- Pa', altro che ascoltarti, ti pianteranno un proiettile in faccia! – gemette Belgor. – Possibile che non lo capisci?
Teofane non rispose, continuando a mangiare come se nulla fosse.
- Ma', digli qualcosa!
Maya, che aveva ascoltato in silenzio, lasciò cadere a terra un piatto di legno, per poi raccoglierlo. Belgor notò in quel momento che le tremavano le mani.
- Ho già parlato con tuo padre – mormorò, trattenendo a stento la rabbia. – Ma non vuole ascoltare neanche me. Lui ha già tutte le risposte, non gli serve il nostro parere.
- Maya – sospirò Teofane, scuotendo la testa. – Non è che non voglio guardare la realtà... ma che altra scelta abbiamo? Siamo meno dei Migliori e non abbiamo le loro armi. Ci ucciderebbero tutti comunque. Voglio darvi una possibilità, se posso.
- Io non voglio vederti morire! – gridò Maya, scaraventando a terra il piatto che aveva appena raccolto. – Fuggiamo, andiamo da un'altra parte. Possiamo cominciare altrove.
- Non sarà mai abbastanza lontano. Verranno comunque a prenderci.
- Potremmo costruire delle trappole, combatterli con le nostre menti.
- Non siamo abbastanza. Combattere dei Migliori è come...
- Abbiamo lo scienziato e la dottoressa adesso! Ci aiuteranno!
- Sono pur sempre solo due.
- Teofane! – urlò Maya, ormai fuori di sé. – Perché rifiuti qualunque altra possibilità? Voglio solo che ti salvi, non mi interessa degli umani o dei Migliori. Voglio solo che la nostra famiglia resti intatta e che la nostra comunità continui a vivere come ha sempre fatto.
- Maya – sospirò Teofane, alzandosi in piedi e avvicinandosi a lei. – Scappare non servirà a niente. Ti prego, io lo so. E' già successo in passato. Ci hanno sparato sulla schiena. Preferisco che mi colpiscano mentre li sto guardando negli occhi, anziché a tradimento. Almeno, forse, questo li farà esitare.
- Quelli non hanno un cuore, Teofane – sussurrò lei, sfilando la propria mano dalla sua in un moto di disperazione. – Non si può parlare con loro. Capiscono solo la legge del sangue, e non voglio che versino il tuo.
Il capo villaggio cercò di placarla, ma prima che potesse dire altro Maya se n'era già andata, camminando con decisione fuori dal baobab. Quando aveva bisogno di stare da sola si avviava al Grande Albero, ma Teofane decise di non seguirla. Non voleva imporle la propria presenza in quel momento delicato. Sarebbe tornata lei, dopo aver riflettuto.
Belgor, che aveva assistito alla scena con i pugni stretti, si alzò in piedi e decise di fare una cosa che andava contro la sua idea di fratellanza, ma dalla quale non poteva sottrarsi.
- Pa', tu vuoi troppo bene ad Aaron. Non vedi che ha ucciso di proposito quelle due guardie?
- Belgor – sospirò Teofane, passandosi una mano sul viso. – Io credo alla parola di tuo fratello. Mi ha detto che li ha uccisi per autodifesa. Non mi mentirebbe su un fatto tanto importante.
- Aaron non ha fatto altro che detestarti in tutti questi anni, e detestare anche la mamma. Riguardo me non sa se odiarmi o volermi bene, ma, per quanto io invece ne voglia a lui, mi ha sempre trattato come un idiota e non ascolta quello che ho da dirgli. Lui odia gli umani, lo capisci? Li odia. E odia ancor di più i Migliori. Darebbe la sua vita per distruggerli, talmente li odia. Darebbe quella di tutti noi, pur di vederli morti. Perché non lo vedi? Perché?
- Belgor, non voglio più sentirti dire queste cose su tuo fratello – sbottò Teofane, facendosi severo. – Aaron non è come credi. Lo conosco molto bene.
- Ma anche io sono tuo figlio. Mi conosci altrettanto a fondo. Perché a me non credi e a lui sì? Credi che venga a dirti a cuor leggero queste cose? Non pensi che sia doloroso anche per me accettare che Aaron non è come speravo fosse? Che qualcosa si è storto in lui, dopo tanto tempo passato a fantasticare sulla morte degli assassini di Siria? Non sa distinguere l'amico dal nemico, non gli interessa quali siano le intenzioni dei singoli. Li vede come una massa dalla volontà unica, con il solo scopo di distruggere la sua vita. E Aaron è un guerriero, non aspetterà che siano loro ad attaccare per primi. Farà lui il primo passo nella guerra... l'ha già fatto.
- BASTA! – gridò Teofane, interrompendo il suo discorso, mentre calava un pugno sul tavolo. – NON VOGLIO PIU' SENTIRE UN'ALTRA PAROLA SULL'ARGOMENTO, E' CHIARO?
Belgor restò in silenzio, gli occhi sbarrati. Si guardarono in silenzio, il giovane con le labbra che tremavano e il vecchio che ansimava. Si era già pentito di quello che aveva fatto, ma non poteva rimangiarselo.
Belgor spinse indietro la sedia.
- Belgor, aspetta – mormorò suo padre, in tono supplice. – Non volevo dire che...
- E invece l'hai detto. Sarò sempre un figlio di serie B per te, non è vero? Quello che penso io non conta, in confronto a quello che dice Aaron.
Belgor se ne andò, i pugni stretti, cercando di contenere le lacrime. Andò a nascondersi all'interno della cavità di un albero nella radura da meditazione, rannicchiandosi su se stesso, e solo allora si permise di piangere.
Era sempre stato il figlio cui Teofane voleva meno bene, e detestava Aaron per questo. Lui veniva ricompensato persino quando agiva in modo abominevole. Teofane gli perdonava ogni cosa. Invece Belgor passava in secondo piano, nonostante si sforzasse in tutti i modi di apparire degno agli occhi di suo padre.
***
Nick ed Eddie stavano provando le lance che avevano fabbricato, posizionando dei bersagli fatti di paglia a diverse distanze.
Nick scagliava contro di essi le lance, che erano abbastanza resistenti da non rompersi al primo colpo, ma necessitavano di un'ulteriore affilatura.
- Dovremmo trovare dei pezzi di metallo da fissare alla punta – mormorò Eddie, saggiandola con un indice. – Si smussano facilmente.
- In discarica troveremo qualcosa – gli disse Nick, raccogliendo le lance, mentre si avviavano verso casa.
Una volta che furono arrivati, mangiarono assieme un pasto veloce e prepararono degli zaini in cui riporre i pezzi metallici che avrebbero recuperato.
Stavano mettendo nelle borse un paio di provviste e delle borracce, nel caso in cui si fossero trattenuti fuori più a lungo del previsto, quando bussarono alla porta. Questa si aprì e fece capolino il volto smagrito di Jack. I suoi occhi avevano recuperato la luce vivace di un tempo, ma erano preoccupati e segnati da delle spesse occhiaie, come se stesse avendo delle difficoltà a dormire.
- Ehi, Nick – mormorò, sottovoce, salutando Eddie con un sorriso. – Posso parlarti un secondo, per favore?
Nick scambiò un'occhiata con Eddie, come per chiedergli scusa, e uscì dal baobab, chiudendosi la porta alle spalle.
- Cosa c'è? – gli chiese, notando che suo fratello aveva con sé uno zaino e indossava una tuta da esplorazione, residuo di quella che aveva avuto il giorno della sua partenza dal Rifugio. L'aveva riparata con l'aiuto di Maya, che era molto brava a cucire e ci aveva anche inserito delle imbottiture protettive di legno per fermare eventuali colpi ai punti vitali, specie attorno al collo e sul petto.
- Vedo che tu e Eddie vi siete riavvicinati – ridacchiò Jack, assumendo un'aria maliziosa. – A quando le nozze?
- Cucciolo, lo so che ci tieni alla mia vita sentimentale, ma sta andando abbastanza bene anche senza l'aiuto del mio agente preferito – borbottò Nick, dandogli una grattatina alla testa con le nocche per farlo ridere. – Smettila di cambiare discorso, però, e dimmi cosa c'è che non va. Ti vedo preoccupato.
- Ecco, vedi... io pensavo di partecipare alla missione di Teofane.
- Quale missione?
- Ecco. Sai, voleva fare una proposta di pace ai Migliori, avvicinandosi a città Rifugio.
Nick stava già per dirgli "non se ne parla", quando Jack gli posò le mani sulle spalle per prevenirlo.
- Non preoccuparti, non sarò in prima fila. Ci vado solo come aiuto-guaritore, okay? Bernie ha bisogno di me e degli altri. Le cose potrebbero mettersi male e noi dovremo essere pronti ad aiutare eventuali feriti, anche se spero che non sarà necessario. Ne ho già parlato con Mo e lui dice che va bene. Verrà anche lui, ha detto. Ti senti più tranquillo così?
- No – sbottò Nick, cominciando a scaldarsi. – Tu non ci vai, hai capito? Non voglio che ti cacci nel vespaio. Te ne starai qui, buono buono, e se proprio vuoi aiutare qualcuno ci sono già un sacco di feriti di cui occuparsi. Non è che tu non abbia nulla da fare.
- Se ne occuperanno Kehla e le sue apprendiste.
Nick scosse la testa con più vigore. Non gli interessava se Morris gli aveva dato il permesso o se ci fosse già qualcuno a occuparsi dei feriti. Non aveva intenzione di lasciare che Jack si impelagasse in quella missione che odorava di disastro a un miglio di distanza.
- Nick, ti prego – mormorò il ragazzo. – Posso farcela. Io credo in questa cosa. Voglio fare la mia parte, cercare di prevenire la guerra, se posso.
- La guerra è già decisa. Sta succedendo. Piuttosto, aiutami a preparare le armi che...
- Non vorrei usare le armi a meno che non fosse assolutamente necessario. Voglio curare la gente, non farle del male. Non mi interessa se sono Migliori o umani o Sopravvissuti. Dovrò intervenire solo se succederà qualcosa di brutto. Del resto si occuperà Teofane, sarà lui a parlamentare. Ha già contattato mentalmente i Migliori, l'incontro è previsto fra due giorni, al limitare della palude. Ci fermeremo a dieci chilometri dal muro filtrante e quella sarà terra di nessuno. Dopo, alcuni di noi si staccheranno dal gruppo principale e andranno a parlare con Valentino e Minerva, due dei ministri.
- Jack, è una pessima idea. Per favore, resta a casa.
Jack trasse un profondo sospiro, abbassando lo sguardo.
- Sapevo che mi avresti detto così. Però non sono venuto a chiederti il permesso, Nick. Ci andrò comunque, credo in quello che faccio. So che hai idee diverse dalle mie e anche io ho paura, ma almeno saprò di aver fatto il possibile per sistemare le cose.
Nick osservò il volto di suo fratello e, per la prima volta, lo vide come un adulto, non come un ragazzo impacciato e insicuro. Sapeva quello che voleva e avrebbe lottato per quello in cui credeva... solo che il mondo non si meritava un tale sacrificio da parte sua. Trovava ingiusto che fossero le persone più inoffensive a dover rischiare la vita per porre freno alla violenza altrui.
- Voglio venire anche io, Jack – mormorò Nick, in tono deciso. – Se non posso fermarti, ti accompagnerò. So che puoi farcela da solo, ma è una questione personale. Non potrei sopportare che ti accadesse qualcosa, e se provassero ad attaccarvi voglio essere lì, pronto a conficcargli una lancia nell'occhio.
- Nick...
- Avevi ragione, quando hai detto che abbiamo idee diverse. Io credo in te, ma penso anche che quella gente sia impossibile da cambiare. Dunque preferisco accompagnarti... e non ti sto chiedendo il permesso.
Jack si umettò le labbra con la lingua e annuì. Nick era nel diritto di fare quello che preferiva, almeno quanto ne aveva il diritto lui.
- Va bene. Potrai accompagnarci, però non fare niente di avventato, d'accordo?
- Ehi, quando mai sono stato avventato io?
- Non saprei. Quella volta in cui hai terrorizzato delle ragazzine che mi hanno guardato male, o quando hai preso per un orecchio un uomo che aveva cercato di rubarmi il biglietto mente eravamo in fila per le razioni, o quando...
- Okay, okay – sogghignò Nick. – Cercherò di non ammazzare nessuno, a meno che non si tratti di un'emergenza estrema.
- Bene – sospirò Jack, dandogli una pacca fraterna su una spalla. – Ti consiglio di prepararti, fra non molto partiremo.
***
- Morris, è assurdo.
Morris la ignorò, mentre si infilava i calzini stopposi che gli avevano fornito i Sopravvissuti. Erano talmente infeltriti da lasciargli delle strisce rossastre sulla pelle, e alla fine rinunciò, gettandoli in un angolo con una smorfia. Meglio restare a piedi nudi.
- Morris... - ritentò Ella, afferrandogli un braccio.
- Lo so che è assurdo – sbottò lui. – Ma Teofane vuole provarci, e non posso lasciare che crepino tutti. Se morissero, lasceremmo scoperta buona parte del villaggio. Devo esserci, in modo da garantire un buono scudo mentale a chi cercherà di avvicinarsi a Minerva e Valentino.
- Con loro non si può parlamentare. Vi stanno tendendo una trappola.
- So anche questo. E' ovvio che è una trappola, ma non importa cosa io dica o faccia. Questa gente crede nelle loro buone intenzioni. Sono dei poveri illusi, hanno ancora fiducia nel loro prossimo. Per quanto ammiri Teofane, a volte non si può cercare la pace: è solo una questione di distruggere prima di venire distrutti, e se dovessi scegliere fra questa civiltà e quella dei Migliori, non mi farei scrupoli a distruggere quella del Primo. Una mente alveare parassitica, un germe disgustoso, che trivella l'anima e la rimpiazza con illusioni insensate e sogni di megalomania.
Morris si interruppe, posando le mani sulle cosce. Aveva procurato tanto dolore a molti, da quando era venuto al mondo. Quello era il suo momento, un modo per gettarsi tutto alle spalle, cercare di riempire almeno in minima parte il vuoto che aveva creato. Non lo faceva per gli altri, ormai era tardi per tornare sui propri passi, ma per se stesso. Voleva dimostrarsi di essere in grado di fare del bene, di proteggere anziché di distruggere, per quanto in realtà l'idea di radere al suolo Cram lo allettasse. Concordava con Ella sul fatto che alcune persone erano troppo malvage per essere salvate. Ma anche lui era stato così. Se non fosse stato per persone come Jack e Teofane, che avevano cercato di vedere del buono in lui, l'avrebbero giustiziato o si sarebbe lasciato morire in quella cella.
- Voglio provare a crederci, tentare di avere fiducia persino in chi mi disgusta... fare le cose alla maniera di Teofane. E se non funzionerà, saprò di avergli dato una seconda possibilità, prima di distruggerli. Ho fatto del male a Valentino: per quanto crudele e viscido, forse ora non sarebbe così colmo di fiele, se non avessi cercato di distruggerlo. Sono stato crudele, e ora ne pago le conseguenze. L'unico modo per riuscire a fermare il cerchio dell'odio è mostrarsi superiori a questo genere di cose, non lasciandosi toccare dalla sete di vendetta.
Morris avvertì lo sguardo di Ella sul proprio viso. La guardò a sua volta, attraverso lo strato di particelle con cui percepiva il mondo. Si pentiva di non aver osservato meglio gli occhi di lei quando aveva ancora potuto vederli. Ricordava che erano di un castano molto chiaro che sembrava quasi dorato, quando i raggi del sole li colpivano. Le particelle li facevano apparire come due piccole sfere infuocate.
- Sei cambiato molto – mormorò Ella, mettendosi seduta per osservarlo da vicino.
Morris avvertì il suo respiro sul proprio volto. Era caldo come un vento estivo. Le labbra di Ella si posarono sulle sue. Erano morbide e tiepide, completamente diverse da quelle di Gretchen, che sembravano fredde persino nei momenti più frenetici della loro vicinanza. Erano labbra che volevano dare vita, non rubarla.
- Morris... sono una vigliacca– mormorò Ella, accarezzandogli i corti ricci con la punta delle dita. – Ho preferito restare in disparte, non importi la mia presenza. Non so spiegarti come mi sento, cosa provo nei tuoi confronti. Sono sempre stata affascinata da te, dalla tua intelligenza. Alcune cose che hai fatto mi hanno spaventata, ma ho sempre saputo che eri migliore di quanto mostrassi agli altri, e adesso ne sono sicura. Non ha importanza se ricambi o no quello che sento io. Sono solo felice che tu abbia trovato ciò che ti fa stare bene. Con queste nuove forze dalla tua parte potrai fare le grandi cose cui ho sempre saputo fossi destinato. A volte abbiamo bisogno degli altri per renderci conto di quanto siamo importanti, ma non dobbiamo pensare di non essere degni, mai. Ti sei riappropriato di una vita che vale la pena vivere, e anche io. Cerca di non perderla.
- Non ho intenzione di perderla – mormorò Morris, guardandola negli occhi, nonostante non potesse vederla per davvero. – Ho ancora diversi rimpianti alle mie spalle, cose che vorrei sistemare. Uno di questi era stare vicino alla bambina che avevo conosciuto al Rifugio, quella che raccoglieva i piccoli animali che riuscivano a entrare lì dentro e, invece di ucciderli come avrebbero fatto in molti, cercava di curarli e poi li liberava nella palude.
Ella sorrise.
- Te lo ricordi ancora?
- Sei cambiata da quella volta, eppure nel profondo sei rimasta la stessa. Tu ammiri me, Ella, ma io ammiro te, perché non hai permesso a nessuno di dirti in cosa credere. Io non sarò mai una persona calda, che esprime facilmente il proprio affetto, o il compagno gentile che dovresti avere. Sono un grande egoista, il più grande di tutti. Così egoista che non sono capace di respingerti.
Le passò una mano dietro la nuca e la attirò a sé, ricambiando il bacio che lei gli aveva dato prima. Immaginò di perdersi in lei e, per un breve istante, il dolore e le preoccupazioni cessarono di esistere.
Era davvero l'egoista peggiore del mondo, ma non gli importava. Erano tutti egoisti, in un modo o nell'altro. L'amore che lui poteva dare era un sentimento contorto. Pregava solo che non avrebbe finito per portarla giù con sé, se non fosse tornato da quella missione. Ma Ella era forte, molto più solida di lui. Non aveva permesso a niente di modificarla come persona - nemmeno a lui.
Era per quello che lei gli piaceva: non avrebbe mai potuto essere del tutto sua, come poteva esserlo Jack, che avrebbe dato la vita per lui, o Gretchen, che si era arresa alla sua volontà ed era incapace di ricercare qualcosa in più. Ella era un pilastro che lui avrebbe sempre e solo osservato da lontano, ammirandolo. Una statua elegante di cui avrebbe contemplato la bellezza senza mai capirla. Il suo negativo.
Quello che lui non sarebbe mai potuto diventare, per quanto ci avesse provato.
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Questo è uno dei miei capitoli preferiti... non so perché, sarà che c'è una piccola scena importante per tutti... è un punto di svolta :)
Spero che vi sia piaciuto! Lasciate una stellina e un commento, e ci vediamo nel prossimo... vi farei qualche anticipazione, ma, dato che siamo vicini alla conclusione, preferisco regalarvi delle bombe a sorpresa :D
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