43. UNA FESTA DI COMPLEANNO

Jack era seduto al fianco di Belgor e stava osservando Bernie, intento a ricucire una ferita di una Sopravvissuta, che si era fatta male mentre era andata a esplorare la palude. Aveva incontrato un Puntaspilli, che si era rannicchiato a palla, sparandole contro i suoi aculei. Uno di questi l'aveva colpita a una gamba, conficcandosi nel polpaccio. Non era stato difficile toglierlo, non era andato troppo in profondità, ma le aveva comunque procurato una ferita di cinque centimetri.

Il guaritore aveva mostrato loro come sterilizzare gli aghi col fuoco. A volte, se la ferita era particolarmente estesa o profonda, era necessario ricorrere a ferri roventi per aiutare la cauterizzazione o, con pericolo di infezione, inserire delle larve all'interno del taglio: per quanto gli fosse sembrato disgustoso all'inizio, Jack aveva realizzato che facevano un ottimo lavoro, cibandosi dei tessuti morti e contribuendo a mantenere pulita la ferita.

Per fortuna non era necessario utilizzarle con la ferita della Sopravvissuta, dato che non era grave, per quanto dolorosa. Bernie le aveva dato delle piccole foglie gialle da masticare per aiutarla a sopportare il dolore, e ora stava tenendo l'ago sopra una piccola lampada a olio, in modo da disinfettarlo. Il frammento di metallo si scurì a contatto con la fiamma, e Bernie attese che si raffreddasse. Una volta che fu possibile tenerlo in mano senza scottarsi, mise un filo disinfettato nell'acqua bollente nella cruna dell'ago, e lo usò per cucire la ferita. Jack osservò quell'operazione con occhi sgranati. Una parte di lui avrebbe voluto smettere di guardare, ma un'altra voleva assistere, spinta dalla curiosità e dalla voglia di apprendere. Quel genere di immagini cominciavano a impressionarlo sempre meno, per quanto gli capitasse ancora di avvertire un leggero tremolio alle ginocchia, quando Bernie insegnava loro a trattare le parti più cruente del mestiere. Jack non aveva ancora assistito a un'amputazione, ma ricordava bene quelle di cui il medico gli aveva parlato. Era un lavoro sanguinolento, che richiedeva una grande fermezza. Il ragazzo non era sicuro di avere lo stomaco per compiere un'azione del genere, ma sperava che un giorno ci sarebbe riuscito. Per il momento era felice di riuscire a seguire la ricucitura della ferita senza esserne troppo infastidito.

Belgor, seduto al suo fianco, passava a Bernie gli strumenti necessari, quando il guaritore li richiedeva. Jack cercava di mandare a mente tutti gli oggetti utilizzati: pinza per togliere gli ultimi residui dell'aculeo, ago ricurvo per cucire, filo, pomata e bende. Era importante tenere la ferita asciutta e controllare che non presentasse segni di infezione.

- Grazie – mormorò la Sopravvissuta al termine dell'operazione, poggiando con delicatezza la gamba a terra.

Cercò di saggiarne la forza, mentre Bernie le porgeva una rudimentale stampella fabbricata con un ramo di baobab.

- Cerca di non scaricarci sopra troppo peso, per qualche giorno. Riposati più che puoi e avvertimi qualora ci fossero dei problemi. Potresti avere un po' di febbre, ma se non si alzerà oltre una banale alterazione non dovrebbe essere pericolosa, a meno che non si estenda per un lungo periodo. In caso, dimmi...

- Sì, Bernie – lo interruppe la Sopravvissuta, con una risatina. – Me l'hai già detto un sacco di volte, non preoccuparti. Ti chiamerò, se ce ne sarà bisogno.

- Va bene – mormorò lui, un po' imbarazzato. Le porse alcune foglie gialle avvolte all'interno di un fazzoletto. – Usale come antidolorifico, ma non abusarne. Possono dare assuefazione.

- Starò attenta.

La Sopravvissuta li salutò e se ne andò zoppicando, i capelli tagliati a livello delle spalle che ondeggiavano a ogni passo.

Bernie sospirò, abbassando lo sguardo sulla scrivania e gli strumenti sporchi. Diede a Jack e Belgor l'incarico di pulirli, e i due li portarono fuori, inginocchiandosi di fronte a una fontana.

- Chi era quella? Sembrava che Bernie la conoscesse – mormorò il ragazzo, mentre risciacquava le pinze.

- Si chiama Amber, è una delle apprendiste di Kehla, la vecchia insegnante di Bernie.

- Oh, capisco. Ma perché è venuta a farsi curare da Bernie? Se è l'apprendista di Kehla...

Belgor si strinse nelle spalle, con un sorrisetto.

- Non lo so. C'è sempre stato del tenero fra loro, ma non è mai approdato a nulla. Studiavano entrambi con Kehla una volta, prima che Bernie prendesse una strada diversa. La sua maestra non approvava i suoi metodi sperimentali, e così si è allontanato dal gruppo di guaritori che frequentava, mettendosi in proprio, se così vogliamo dire. A volte mi chiedo se Kehla non mandi qui Amber per spiare il lavoro di Bernie, ma sono propenso a credere che la donna sia più guidata da un interesse personale. Lei e Belgor si scambiano delle opinioni di tanto in tanto, e si fidano l'uno dell'altra. Non gli avrebbe permesso di ricucirle la ferita, altrimenti.

Jack annuì, avvolgendo gli strumenti in un panno, mentre Belgor apriva la propria borsa, in modo da riporli al suo interno.

- Per oggi abbiamo finito. Bernie ha detto che possiamo tornare a casa.

- D'accordo. Se vuoi facciamo la strada assieme.

Belgor annuì, accostandosi a Jack, e i due, dopo aver salutato il loro maestro un'ultima volta – il medico sembrava avere la testa fra le nuvole -, si avviarono verso i rispettivi baobab.

- Perché non ti fermi a mangiare con me, Aaron e Nikita, stasera? – gli chiese il rospetto, poco prima di separarsi di fronte al baobab di Jack. – Chiedi anche a Pim.

- Come mai? – chiese il ragazzo, piacevolmente sorpreso da quella richiesta. In quelle due ultime settimane, dopo essersi ripreso dal suo soggiorno nel vaporoso limbo in cui era stato imprigionato, non aveva fatto molto. Le uniche attività cui era riuscito a dedicarsi erano state l'apprendimento dell'utilizzo delle erbe per creare composti medicamentosi, stare in compagnia di Pim e prendersi cura di Baffo e Croak. Fra i due la Stregana aveva sofferto di più la sua mancanza, e aveva bisogno che Jack le affettasse delle cavallette giganti, affinché riuscisse a masticarle bene.

Le guance di Belgor assunsero una sfumatura di verde leggermente più scura del solito.

- Oggi è il mio compleanno – mormorò.

- Non lo sapevo – disse Jack, sorridendo. Gli diede un abbraccio, rifilandogli una pacca amichevole sulla spalla. – Auguri. Quanti anni fai?

- Ventiquattro – borbottò Belgor, come se fosse scontento. – Eppure mio fratello mi tratta ancora come un ragazzino.

- Ehi, io sono sempre stato il "cucciolo", per Mo e Nick. Specialmente Nick. So come ci si sente – sogghignò Jack, passandosi una mano fra i capelli. Avevano cominciato a ricrescere, ma erano solo una sottile peluria.

- Spero non abbia in mente qualche scherzo idiota. E' stato lui a voler fare una festicciola. Fosse per me non organizzerei nulla.

- E perché? Dai, Belgor, ci divertiremo. Promesso. Posso portare la Stregana, se vuoi.

Il rospetto abbozzò un sorriso.

- Porta chi vuoi. Non ho mai avuto qualcuno da invitare ai miei compleanni. Sono felice di aver conosciuto te e Pim.

Jack non seppe come rispondere e si limitò a sorridere a sua volta.

- Anche io sono contento di averti conosciuto. Allora ci vediamo per cena. Dammi dieci minuti per mettere a posto le mie cose e ci incontreremo...

- ... vicino al baobab di mio padre – completò Belgor, cominciando ad avviarsi.

***

Poco dopo, Jack e Pim si stavano dirigendo verso il baobab di Teofane. Avevano chiesto a Morris e Nick se volessero venire anche loro, ma il primo aveva risposto dicendo che "aveva altre cose da fare", mentre Nick si era limitato a borbottare.

- Eddai, Nick, vieni anche tu. Ci divertiremo.

- Con Aaron e Nikita? Tu sei fuori di testa.

- Ma siamo amici, adesso. Non puoi restartene sempre qui rinchiuso a brontolare.

- E' che non voglio lasciare solo Morris – aveva mormorato Nick, senza alzare lo sguardo dal tavolo al quale era seduto.

Morris aveva riso sommessamente, scuotendo la testa.

- Cazzo ridi? – aveva sbottato Nick, fulminandolo con lo sguardo. – Scienziato dei miei stivali...

- Nick ha ragione – aveva sospirato Morris, assumendo un'espressione affranta. – Jack, sai bene che lui non sa interagire con altre creature senza rovesciargli addosso una serie di improperi. Lui e il suo adorabile turpiloquio. E' meglio che stia qui, con me, e passeremo il tempo a odiarci in silenzio.

Quello era stato troppo per Nick, che, pur di dimostrare che Morris era nel torto, aveva deciso di andare con i ragazzi.

Dunque furono in tre ad avviarsi verso il baobab, con Jack e Pim davanti, che proseguivano a braccetto, e Nick in seconda posizione, che brontolava come un bollitore lasciato sul fuoco, le mani cacciate così a fondo nelle tasche della felpa che sembrava sul punto di sfondarle.

- Sarà stata una buona idea portarlo con noi? – sussurrò Pim nell'orecchio di Jack. – Non mi sembra molto felice.

- Massì, Nick fa sempre così. Brontola tanto, ma in realtà non aveva voglia di starsene rinchiuso con Morris. Cos'avrebbe potuto fare con lui? Meditare? Neanche questo è il suo genere.

- Che ne sai di qual è il genere di cose che mi piace fare – borbottò l'argomento della conversazione, tirando giù il più possibile il cappuccio della felpa. – So io quel che mi piace.

- Ma certo, Nick.

- Non fare il condiscendente con me!

La loro scaramuccia non poté andare avanti, perché raggiunsero il baobab di Teofane, e Belgor li stava già aspettando. Indossava una cravatta sopra la maglietta... un'imbarazzante cravatta azzurra con dei pesci sopra, forse salmoni. Nel vedere gli ospiti si appiattì i capelli, cercando di domarli, e rivolse loro un sorriso smagliante.

- Salve – disse. – Vi stavo aspettando.

Notò che c'era anche Nick e aggrottò le sopracciglia. Jack diede una gomitata fra le costole a suo fratello, cercando di non farsi notare.

- Ma che caz... - cominciò Nick, facendo per ritornargli il colpo. Poi si ricordò che doveva mostrare un po' di educazione a Belgor e gli diede una virile pacca sulla spalla, rischiando di farlo cadere a terra. – Auguri, Belgor!

- Grazie – gemette il Sopravvissuto, massaggiandosi la parte lesa.

- Dove hai trovato quella bellissima cravatta con le trotesse? – chiese Jack, affascinato.

- Sono salmoni, Jack.

- Ah, salmoni. Certo – fece lui, abbassando lo sguardo.

- E' alta moda – si pavoneggiò Belgor, gonfiando il petto. – Una delle cose umane che ho trovato in uno dei miei pellegrinaggi nei pressi delle città. Questa è roba che rockeggiava all'epoca della civiltà d'acciaio. Avevano tutti cravatte coi salmoni.

- Davvero? – chiese Pim, perplessa. – Come fai a esserne così sicuro?

Belgor era talmente abituato che gli altri accettassero passivamente le sue ipotesi sugli umani, che non sapeva come rispondere. La sua parlantina, però, si riprese in fretta.

- Mia cara, a giudicare dai campioni di cravatte che ho raccolto in questi anni, le statistiche dimostrano una percentuale oberante di temi a pesce, come quello che hai l'onore di contemplare in questo momento.

- E quanti campioni hai raccolto? – chiese Jack, sinceramente incuriosito. Sapeva poco della civiltà d'acciaio e ogni occasione era buona per imparare.

- Con questa, uno – ammise Belgor, incrociando le braccia sul petto, mentre mugugnava per il disappunto. – Sono difficili da trovare, okay? Il fungo mangia i tessuti!

- Chi ha detto niente?

- E' un incredibile cento percento di cravatte con i pesci.

- Ah, state zitti – borbottò il rospetto, mentre Pim e Jack ridacchiavano.

***

Seguirono Belgor nella palude, superando agglomerati di radici e passando sotto le chiome pendenti di alcuni salici dalle foglie azzurre. La bioluminescenza si era risvegliata al tramontare del sole. Faceva già freddo, e Jack si strinse nel maglione, con un brivido. Quei cali di temperatura gli procuravano dei costanti raffreddori, e girava sempre con un fazzoletto in tasca. Si soffiò il naso, per poi stropicciarsi gli occhi.

- Come va? – gli chiese Pim, con un sospiro. – Il tuo corpo dovrebbe scacciare in fretta la malattia, ora.

Sì, da quando gli aveva dato il suo sangue il corpo di Jack era diventato un più forte – probabilmente non sarebbe sopravvissuto senza il suo aiuto, mentre si trovava nel limbo -, ma prendeva comunque le malattie, a differenza di lei, nonostante i germi venissero scacciati molto più velocemente. I raffreddori duravano al massimo un giorno, eppure ne aveva talmente tanti da risultare comunque fastidiosi.

- Un po' meglio rispetto a stamattina, grazie – bofonchiò Jack, con un sorriso appannato. – Sono un po' stanco, tutto qui. Domani starò già bene, grazie a te.

Pim sembrò rinfrancata e si strinse a lui. Si era fatta tagliare i capelli da una Sopravvissuta al villaggio, e ora le arrivavano alle spalle. A Jack era dispiaciuto, ma sapeva che sarebbero ricresciuti in fretta. Beata lei, lui sentiva così freddo con la testa calva. Quei pochi capelli che era riuscito a farsi spuntare sul cranio se n'erano andati quando Bernie l'aveva rasato mentre era privo di sensi, lasciandolo liscio come un lucido uovo di lucertola.

- Manca ancora tanto? – sbottò Nick, intrattabile come sempre. – Ho fame!

- Siamo arrivati – lo tranquillizzò Belgor, aggiustandosi la cravatta, mente indicava un baobab.

Sulla cima di esso c'era una luce molto intensa.

- Aaron, siamo noi! – gridò il rospetto.

Il volto di suo fratello fece capolino e li fissò con aria truce.

- Che vuoi?

- Ma come, sei stato tu a invitarmi. La festa di compleanno, ricordi? Volevi organizzarla.

- Ah, sì, sì. Vieni su.

Aaron srotolò una scaletta, ma vi diede uno strattone, quando Belgor vi posò sopra un piede.

- Ehi! – gridò il rospetto, livido di rabbia. – Senti, se è tutto uno scherzo, me ne vado.

- Non si può neanche giocare un po', adesso? – sospirò Aaron, alzando gli occhi al cielo. – Certo che sei un brontolone.

Belgor fece per risalire e Aaron ripeté la stessa operazione, strappandogli delle imprecazioni.

Jack si sentì a disagio e scambiò un'occhiata con Pim, che sembrava altrettanto dispiaciuta. Non le piaceva la piega che stava prendendo la situazione.

- C'ho fame – sbottò Nick, rendendo l'atmosfera ancor più pesante.

Jack gli rifilò un pestone per metterlo a tacere, e posò una mano sul braccio di Belgor, mentre Aaron e Nikita ridevano come due scemi, in cima alla loro tana.

- Non capisco – sospirò il rospetto, con gli occhi lucidi. Cercava di mostrarsi indifferente, ma il comportamento di suo fratello lo feriva. – E' stato lui a insistere per fare la festa. A volte riesco a parlare con Aaron, ma quando è con gli altri mi tratta come se fossi il suo giullare. Non lo sopporto.

- Su, non te la prendere. Abbiamo tempo per festeggiare... andiamo a casa mia, okay? Possiamo fare una festa lì.

Belgor sospirò, avviandosi.

Aaron e Nikita smisero di sghignazzare solo quando il quartetto si fu allontanato.

- E' arrabbiato con me perché ho votato a favore di Rob... cioè Morris, quando è stato il momento. Pensa che io sia un simpatizzante dei Migliori, adesso, e che l'abbia tradito – spiegò Belgor, mentre proseguiva. – Mio fratello non capisce. Per lui le cose sono nere o bianche, senza nulla in mezzo. Pensa che tu, Jack, sia un buon umano, e anche tu, Nick. Ma per quanto riguarda i Migliori non cambierà mai idea. E' troppo testardo.

- Io non capisco perché si debba vendicare su di te per questo. Non gli hai fatto niente – mormorò Pim, dispiaciuta per il rospetto.

- E' sempre stato così, fin da quando eravamo bambini. Per lui sono stupido e non ne faccio mai una giusta, non importa quanto mi impegni per essere imparziale. Anche io ho visto cose orribili, ma non lascio che siano l'odio e la rabbia a guidarmi. Lui invece non potrebbe vivere senza quei sentimenti. E poi, in fondo, trova ingiusto che io abbia ancora una madre, mentre lui no. Mi ha sempre guardato con occhi invidiosi, per quanto cercasse di nasconderlo. Ma che colpa ne ho io? Vorrei tanto che Siria fosse ancora viva, ma le cose non sono andate così. A volte cose brutte succedono, e non ci si può fare nulla. La vendetta non serve a niente. E' facile fare di tutta l'erba un fascio, ma è anche sbagliato e limitante. Lui però non lo capisce. Non vedrebbe la verità nemmeno se gliela sbattessero in faccia: il mondo è più complesso di quello che crede.

***

Quando raggiunsero la casa di Jack, il ragazzo e Pim si affaccendarono per preparare un piatto da condividere tutti assieme, con formaggio di capra, pane, radici, frutta e verdura, e anche qualche cosciotto di Puntaspillo.

Jack posò la Stregana sul tavolo, servendole una ciotolina con le sue cavallette tritate, e la creatura cominciò a mangiarle con aria soddisfatta: aveva addestrato bene il suo umano.

Belgor, all'inizio cupo, si rianimò durante il proseguimento della cena, arrivando ad abbandonarsi alle sue famigerate pacche sulle spalle, tanto violente quanto quelle di Nick, e a grasse risate. Anche Nick si mollò, abbassando il cappuccio e la benda che gli copriva il volto. All'inizio sembrava che si vergognasse e teneva lo sguardo basso, poi cominciò anche lui a partecipare alla conversazione, finché non si trovò a suo agio. Nessuno era lì per giudicarlo, volevano solo divertirsi assieme.

Jack, che aveva pensato alla svelta a un piccolo regalo da fare al rospetto, era salito in camera, per poi frugare nella cassapanca, dove c'erano i vestiti e i suoi pochi averi. Nick spesso trovava oggetti curiosi all'interno dei filtri delle fontane, e aveva recuperato il quadrante rotto di un orologio, arrivato fino al villaggio dopo aver percorso un viaggio lunghissimo. Al suo interno si era formato uno strato di condensa, il vetro era crepato e le lancette storte, ricoperte da minuscoli funghi azzurrini, ma Jack aveva deciso di tenerlo comunque. Quegli oggetti rari lo avevano sempre incuriosito, aveva un sacco di paccottiglia anche quando si trovava al Rifugio, solo che per lui quelli erano tesori. Per Belgor avevano un valore aggiuntivo, vista la sua passione per la storia degli umani e la loro società.

Il ragazzo scese con l'orologio in mano e lo diede al rospetto, che si emozionò a tal punto da stringerlo in un abbraccio spaccacostole.

- Grazie! Non avevo mai visto nulla del genere! Cos'è?

- Si chiama orologiorgio – mormorò Jack, con un sorriso.

- Orologiorgio? – ripeté Nick, con una risatina.

- Perché, non ti piace?

- Va benissimo – sogghignò lui, versandosi un po' di linfa liquorosa nel bicchiere e mandandola giù, per poi riprendere a ridere, mentre confabulava con Pim.

- E' un oggetto molto antico. Non li usavano più nella civiltà d'acciaio, era considerata una cosa per gli hippie-ster.

- Ah, capisco, capisco – commentò Belgor, picchiettandovi sopra con l'indice. – Grazie, Jack! Non mi hanno mai fatto un regalo così interessante.

- Figurati. Tutto merito di Nick.

- Ho un talento nel trovare orologiorgi – ridacchiò lui, scuotendo la testa.

Jack si allontanò per riempire la caraffa ormai vuota al lavandino che si trovava accanto alla porta. Non fece in tempo ad aprire il rubinetto, che una figura fece irruzione nel baobab. Era Aaron.

- Cosa vuoi? – sbottò Belgor, seccato. – Sei venuto a rovinarmi la festa?

Suo fratello lo guardò con aria confusa, poi si voltò verso Jack.

- Devi venire con me.

- Che succede? – chiese il ragazzo. C'era una certa urgenza nella voce del Sopravvissuto, non li stava prendendo in giro.

- Ci sono degli umani.

- Degli umani? – ripeté Pim, inarcando le sopracciglia.

- Sono arrivati da città Rifugio. Bernie ha bisogno di te e Belgor, ci sono molti feriti. Anche Pim deve venire. Abbiamo bisogno di tutte le persone che sanno qualcosa di medicina.

Anche la ragazza aveva cominciato ad imparare qualcosa come guaritrice, nonostante preferisse aiutare gli esploratori e accompagnarli nella palude, vista la sua profonda conoscenza del posto e la sua forza.

- Come mai? Che è successo?

- Ancora non lo sappiamo, ci sono molti feriti e il nostro aspetto li spaventa. Forse vedere dei loro simili li aiuterà a calmarsi, e ci racconteranno qualcosa. Per il momento pa' e altri Sopravvissuti stanno cercando di tenerli a bada con la loro mente, ma è tutto talmente caotico che è difficile controllarli.

Jack guardò Belgor e Pim, che annuirono, alzandosi in piedi.

- Nick, torno appena posso– mormorò.

- Non serve. Vengo anche io con te, voglio dare una mano. Forse non so niente di medicina, ma posso tranquillizzare gli umani.

Aaron esitò, e Jack pregò mentalmente che non tirasse in ballo l'aspetto di Nick, ma per fortuna il Sopravvissuto non vi accennò in alcun modo, nonostante temesse che gli umani si spaventassero di fronte alla possibilità che i terrificanti Viscidi potessero trasformare in mutanti anche loro.

- D'accordo, vieni. Ma facciamo in fretta!

___

Ecco, finalmente il compleanno di Belgor il Magnifico! :D *agita bandierina e suona vuvuzela*

La gente critica le cravatte con le trotesse solo perché ne vorrebbe una.

Comunque, speriamo che le cose vadano bene, nonostante la situazione stia precipitando in fretta. La gente del Rifugio ne aveva abbastanza dei Migliori, e alcuni sono fuggiti... ma gli altri? Cos'è successo?

Lo scoprirete nella prossima puntata! *vuvuzela x2*

PS: breve storiella divertente. Mentre caricavo il capitolo, in basso salta fuori una scritta tipo "attiva l'applicazione", riguardo Wattpad. Forse influenzata dalla mia recente visione di Berserk, ho letto "attiva l'apocalisse", per poi rendermi conto che no, non si può attivare l'apocalisse da Wattpad. Forse.

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