42. FUROR ET HUMANITAS

Mercy stava spingendo la sedia a rotelle sulla quale era costretto Valentino, costantemente collegato a delle flebo e altri tubi che contribuivano a mantenerlo in vita. Dalla sedia proveniva un ronzio, per via dei condensatori di energia che avrebbero aiutato la macchina a proseguire da sola, qualora non ci fosse stata Mercy a guidarla.

Valentino si era svegliato circa tre settimane addietro e da allora non aveva fatto altro che chiudersi in lunghi silenzi, fissando il soffitto della sua stanza con aria assente. Mercy non osava immaginare quali pensieri potessero esserci nella sua mente, in quei momenti. L'unica cosa certa era che stava meditando su come vendicarsi di Robert. A volte l'aveva sentito pronunciare il suo nome nel sonno. Ormai ne era ossessionato, il suo unico scopo di vita era diventato distruggere chi aveva distrutto lui, fargli quanto più male possibile, anche a costo di sprofondare assieme.

Minerva non faceva altro che dargli corda, ma era troppo stupida per capire che in realtà era Valentino a manipolarla. Il Ministro delle Forze Militari era sempre stata una donna dura come l'acciaio, parca di parole e avida d'azione, una guerriera rude e mascolina, che amava la violenza. Il tipico soldato feroce, che si manda in prima linea a morire con gli altri fanti, nel cruento corpo a corpo. Solo che Mercy dubitava che persino il più forte degli uomini avrebbe avuto vita facile con Minerva. Era come se, diventando una Migliore, avesse accresciuto la propria forza fisica, anziché raffinare la mente. O meglio, attraverso la mente aveva migliorato le qualità del suo corpo, rendendolo più forte, più veloce, dai riflessi talmente tesi che bastava un respiro per farle percepire la propria presenza.

Minerva non vedeva l'ora di poter ammazzare Robert, si odiava per aver sfigurato in quel modo, per non essere riuscita a ridurlo in poltiglia il giorno in cui era scappato. Non faceva altro che passarsi le mani fra i lunghi capelli arruffati, stretti in una salda treccia dalla quale cercavano di ribellarsi, e battere i piedi a terra, mentre era seduta nella stanza di Valentino e parlava con lui.

Il Ministro della Comunità la stava fomentando ancor di più, cercando di capire se potesse riuscire a spingerla a una tale rabbia nei confronti di Robert da mandarla a cercarlo nella palude anche da sola. Era talmente pieno di odio che sarebbe stato disposto a qualunque cosa pur di vendicarsi, anche a sacrificare i suoi compagni più stretti. Era sempre stato difficile da inquadrare, coi suoi atteggiamenti ambigui, nei quali non era mai chiaro se agisse per se stesso o in modo disinteressato, ma allora era chiaramente guidato dalla rabbia omicida.

In quella situazione già di per sé pessima, Mercy non sapeva cosa pensare riguardo Robert e alle sue azioni. Era sempre andata d'accordo con lo scienziato e, nonostante lo avesse trovato freddo e distante, aveva ammirato le sue capacità, quasi venerandole. Era incredibile quello che riusciva a fare. Quando lavorava con lui si sentiva come se avessero potuto fare qualsiasi cosa. Risolvere ogni problema, persino trovare una cura alla morte. Ma allo scienziato non interessava aiutare gli altri, a differenza di Mercy. Lei era stata un medico anche a città Rifugio, e si era portata quel lato del suo carattere nella nuova vita a Cram. Lo aveva tenuto stretto e l'aveva trasformato nella sua ragione di vita. Non aveva sentito più di tanto il cambiamento. L'unica cosa che le interessava era guarire il prossimo, rendere la sua vita migliore, ed era disposta anche al sacrificio personale per realizzare quell'obbiettivo. Lei e Stein non avrebbero potuto essere più agli antipodi.

Eppure, se allo scienziato non importava niente di nessuno, perché non l'aveva uccisa?

Era stata la prima a crollare, malgrado avesse detto a Valentino che Stein aveva risparmiato lei e Minerva solo perché non aveva avuto abbastanza tempo per aggredirle come aveva fatto con lui. In realtà, non aveva molto senso che Robert non l'avesse ridotta nello stesso stato in cui si trovava ora il Ministro della Comunità. Era stata la prima, avrebbe potuto farle molto più male. Eppure aveva deciso di risparmiarla, di mostrarle pietà. Non c'erano stati rabbia o odio nel suo attacco. Poco prima di svenire, Mercy aveva avvertito quasi una sorta di dispiacere provenire da lui.

Si era sempre fidata del proprio intuito, oltre che della scienza, e sapeva interpretare bene le reazioni altrui, persino quelle di una persona criptica ed ermetica come Stein. Non credeva che lui fosse scappato perché era un "traditore", come l'aveva definito il Primo. Da un po' in lei si era fatto strada il pensiero che qualcosa non andasse, a Cram. Era consapevole che Valentino e Minerva l'avevano spesso esclusa dalle loro discussioni, perché la trovavano fastidiosa, quando cercava di mediare, trovando la soluzione meno violenta e dannosa a ogni problema. Minerva non la sopportava perché Mercy le rovinava sempre il divertimento, mentre Valentino trovava irritante la sua buona fede e la guardava come se fosse una bambina stupida. Era stato anche questo che aveva spinto Mercy ad avvicinarsi a Robert, il preferito del Primo, e stringere un legame più profondo con lui, per quanto lo scienziato cercasse di mantenere dei contatti solo professionali. Mercy avrebbe voluto essere sua amica, poter parlare apertamente, e ogni tanto ci erano anche andati vicino, ma non era mai riuscita a cavare più di qualche risposta fredda o al massimo tiepida da lui. Però, per quanto gelido, Stein non era malvagio. Mercy non riusciva a credere che qualcuno in grado di dare la vita potesse essere del tutto cattivo.

Robert era intelligente, raffinato. Un uomo che lei adorava osservare mentre era nel suo elemento, per il quale aveva provato una certa attrazione, per quanto lui fosse stato indifferente, incapace di notare la sua infatuazione. Mercy era affascinata dalla sua mente, dal modo in cui lavorava, dall'elevazione del suo pensiero. Avrebbe potuto parlare con lui per ore, senza mai stancarsi, ma non aveva mai voluto imporgli la propria presenza, così si era sempre accontentata di essere solo la sua consulente in laboratorio. Aveva imparato molto dai metodi di Stein, e Robert le aveva fatto il regalo più bello, quando le aveva detto che era un piacere lavorare con lei.

Mercy non aveva osato spingersi più in là, cercare un legame reale con lui, e ora se ne pentiva. Robert se n'era andato per un motivo che lei ignorava, e non aveva neanche più un amico fra i Migliori. Malgrado apprezzassero la sua bravura nelle arti della medicina, la maggior parte di loro non amavano il suo modo di ragionare. Mercy non ne aveva mai compreso il motivo: lei aveva sempre proposto un modo molto pacifico di vedere il mondo, voleva che tutti andassero d'accordo, che non ci fossero guerre o violenza, persino le piccole scaramucce di ogni giorno le davano un grande dispiacere. E questo era scomodo. La trovavano insopportabile.

Mercy aveva creduto che il disprezzare chi dava quel tipo di messaggi fosse un tratto tipico della civiltà d'acciaio, non di quella dei Migliori. Loro avrebbero dovuto essere gli Aristoi, gli elevati. Ma non erano molto diversi dai loro antenati. Avrebbero dovuto agire come una sola mente, per portare luce nel mondo, mentre ora si trovavano a città Rifugio e stavano usando le persone che vi abitavano in un modo che a Mercy non piaceva per niente. Era vero, erano solo umani, ma quello non significava che ciò li rendesse meno degni.

Mercy non credeva in tutte le teorie del Primo, nella superiorità dei Migliori, nel loro diritto a calpestare le altre forme di vita. Lei pensava che ogni creatura, dalla più complessa alla più semplice, fosse necessaria, senza eccezioni. Non credeva che alcuni avessero un maggiore diritto alla vita, mentre altri potessero essere sacrificati. Forse lei e i Migliori avevano una vista più acuta, ma avevano molto in comune con gli umani, più di quanto fossero disposti ad ammettere, e Mercy non capiva perché ci si dovesse vergognare delle proprie origini.

Così come gli umani si vergognavano di discendere dalle scimmie, così i Migliori si vergognavano di discendere dagli umani. Però, se non ci fossero stati gli antenati, non ci sarebbero stati i pronipoti. Dunque che senso aveva rinnegare le proprie origini? Bisognava esserne felici e, invece di vergognarsi, osservare quanta strada si aveva fatto, e puntare a obbiettivi ancora più alti.

L'avevano definita un'idealista per questo, una povera ingenua. Mercy aveva risposto che sì, forse lo era, ma a lei andava bene così. Credeva fermamente in un futuro in cui le divisioni non sarebbero più esistite, un posto in cui gli esseri umani, i Migliori e persino i Viscidi avrebbero potuto vivere in armonia. Aveva sempre ritenuto che quelle creature fossero più intelligenti e sensibili di quanto Robert o il Primo fossero stati disposti ad ammettere.

Ricordava ancora il momento in cui era entrata nel laboratorio di Stein e, per caso, aveva trovato uno di quei poveretti su un tavolo. Robert gli aveva praticato delle incisioni sull'addome, ricucendole alla bell'e meglio, senza alcun interesse per la sopravvivenza della creatura, che sarebbe stata presto terminata in ogni caso. Allora Mercy aveva tranquillizzato quel poveretto, somministrandogli degli antidolorifici per aiutarlo a sopportare il dolore, e gli aveva sistemato le cuciture. Gli aveva salvato la vita, e ne era stata felice. Aveva toccato la mente di quella creatura spaventata con la propria, e le aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe salvata.

Lui era talmente terrorizzato che le aveva creduto, e Mercy, di nascosto, l'aveva aiutato a uscire da Cram, indicandogli un'uscita attraverso il canale di scolo, che passava al di sotto del Muro Filtrante ed era facile da attraversare. Il poveretto l'aveva ringraziata, accettando le scorte di medicine e cibo che lei gli aveva procurato, e se n'era andato, tremante, barcollante, ma vivo.

Si chiamava Rorian.

Mercy non aveva idea se fosse riuscito a salvarsi o meno, ma allora aveva scoperto che i Viscidi – o Sopravvissuti, come si definivano loro – non erano forme di vita ottuse e aggressive. Avevano emozioni complesse, quanto quelle di un essere umano o un Migliore. L'unica differenza fra loro era l'aspetto esteriore, nulla di più. Dentro il petto entrambi avevano un cuore, e possedevano una mente capace di pensieri astratti, riflessioni profonde, creazione di legami.

Da allora Mercy aveva imparato che non doveva credere a tutto ciò che diceva il Primo, e nemmeno a quello che diceva Robert, per quanto la addolorasse non fidarsi del suo solo amico.

Cram aveva cominciato a sembrarle sempre più una prigione. Le crepe di quel meccanismo, anziché attenuarsi, si estendevano sempre di più. Mercy si era scoperta a provare disprezzo per i metodi del Primo, di Minerva e di Valentino. Persino per quelli di Stein, nonostante sentisse che c'era ancora qualcosa di buono in lui, che persino lo scienziato sentiva alcune delle cose di cui Mercy da tempo era consapevole.

E lei continuava a ripetersi che forse era per quello che era scappato. Perché non ce la faceva più.

Ma lei non poteva imitarlo, per quanto lo desiderasse. Se Mercy se ne fosse andata, chi sarebbe rimasto a cercare di sedare l'odio di Valentino e la ferocia di Minerva? Chi avrebbe parlato col Primo, cercando di mediare per gli umani?

Aveva perso anche l'ultima fiducia che aveva nutrito in loro, nel momento in cui aveva scoperto cosa fosse davvero il Progetto Eden, quale fosse il suo scopo: genocidio. Aveva pensato che Robert era un mostro, quando lo era venuto a sapere, ma poi lui aveva distrutto ciò che aveva creato, mostrandole che, in fondo, era davvero come Mercy aveva sperato. Non voleva la distruzione. Anche lui non credeva più nelle buone intenzioni del Primo, e aveva fatto la cosa giusta.

L'annientamento del Progetto Eden era stato l'unico fatto positivo dell'esplosione a Cram.

Robert si era lasciato dietro un mondo a pezzi, che Mercy aveva dovuto rappezzare. Aveva paura che prima o poi sarebbe impazzita, a cercare di controllare i due Ministri e il Primo, e placare la paura e la rabbia degli umani, che non capivano la loro intrusione a città Rifugio.

Riparare il bunker era stato impossibile, ormai era distrutto, e i Migliori avevano deciso di trasferirsi al Rifugio, già di per sé affollato. Avevano occupato molte stanze, scacciandone i proprietari. I poveretti ora si trovavano nei corridoi. Mercy aveva detto loro che la situazione si sarebbe risolta, che avrebbero organizzato dei dormitori nei saloni più ampi del Rifugio e anche nei piani inferiori, fino ad allora poco utilizzati, ma il loro scontento era percepibile. Detestavano i Migliori, perché gli avevano fornito razioni sempre più esigue negli ultimi anni e non avevano mai fatto nulla di concreto, nonostante si fossero riempiti la bocca di promesse. E ora loro arrivavano a casa loro e gli toglievano quel poco che gli restava?

Mercy sentiva che la tensione era sul punto di scoppiare. Come quando la Terra non fa che accumulare energia, per poi dare vita a terremoti ed eruzioni, che falciavano centinaia di migliaia di vittime.

L'aria era colma di gas: sarebbe bastata la scintilla più piccola per causare l'esplosione della rivolta, e questo la terrorizzava.

Mercy non riusciva a dormire di notte, per paura che gli umani o i Migliori, mentre era nel sonno, si sarebbero scannati a vicenda.

Robert aveva deciso di andarsene nel momento peggiore. Mercy non si era mai sentita così sola in quel mondo ostile, nel quale tutti le remavano contro. Gli umani le gridavano contro ogni volta in cui cercava di spiegare loro la situazione, dicendo che volevano fatti, non parole, e i Migliori non volevano abbassarsi a collaborare con creature che reputavano inferiori.

Mercy si trovava esattamente nell'epicentro del terremoto, in una gola le cui pareti si avvicinavano sempre di più e prima o poi avrebbero finito per schiacciarla.

Aveva paura e non sapeva cosa fare.

Era il suo dovere restare, era il suo dovere mantenere la pace, l'unica cosa in cui fosse davvero brava. Però, nei momenti in cui aveva più paura del solito e veniva colta da attacchi di panico, si ritrovava a porsi la stessa domanda.

Perché non mi hai portata con te, Robert?

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Ciao ragazzi, ed ecco finalmente il punto di vista di Mercy! Spero che la dottoressa di Cram vi sia piaciuta, forse lei e Jack sono i personaggi con cui mi identifico di più :)

Ci sono grandi tensioni a città Rifugio di cui i Sopravvissuti non hanno idea. Spero che la situazione si risolva in modo pacifico. Voi ci credete?

Hm... non penso sia possibile, dopo secoli di odio reciproco. Ma potrebbe essere che mi sbagli :]

Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stella e un commento, e ci vediamo nel prossimo... col compleanno di Belgor. Se indovinate quanti anni ha, vincete una pacca sulla spalla XD Da Belgor, ovviamente XD

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